2017 0512152301 renato-barilli-fenomenologia-degli-stile-e-storia-della-cultura PDF

Title 2017 0512152301 renato-barilli-fenomenologia-degli-stile-e-storia-della-cultura
Course Storia dell'arte contemporanea
Institution Università di Bologna
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Summary

L'autore si pone il problema della dialettica nell'arte in modo da identificare ciò che le è proprio da ciò che invece la lega all'altro...


Description

Scienza della cultura e fenomenologia degli stili Renato Barilli Il concetto di cultura Il testo affronta fin dalle prime righe l’analisi dei termini che costituiscono il titolo del volume: “Scienza della cultura e fenomenologia degli stili”. Afferma il Barilli che paradossalmente, i vocaboli più diffusi e comuni (come cultura e stile) appaiono invece complessi e di difficile comprensione, poiché col tempo si sono caricati di valenze multiple e ambigue. In prima analisi lo studioso si sofferma sulla capacità dei significati dei vari termini di generarsi prima di tutto a livello materiale, come intervento strumentale volto alla modificazione dell’ambiente circostante; ciò corrisponde infatti al loro significato “letterale”. Ne è un esempio la parole stile: il suo antenato materiale, come ci dimostra un’accurata ricerca nel vocabolario, è il termine latino stilus, un’asticciola metallica, appuntita ad un estremità, usata in passato come strumento pratico per scalfire le tavolette ricoperte di cera, antichi mezzi che fungevano da supporto per la scrittura. In epoca romana era uno strumento che faceva parte della quotidianità di tutti in giorni e non delle occasioni solenni. Oggi il termine, in italiano, mostra una traslazione di significato dal piano materiale a quello ideale, infatti racchiude in sé l’antica significazione pratica, ovvero la capacità dei diversi scribi di una determinata epoca di sviluppare uno stile grafico personale. Tuttavia è necessario non contrapporre uno stile individuale a uno collettivo, ricordiamo infatti che ciascuno di noi, ieri come oggi, formula un “stile”, apparentemente fondato solo su scelte espressive personali, mescolando inconsapevolmente anche lo stile di una determinata epoca. Da un significato di tipo materiale-pratico (inizialmente grafico scrittorio per quanto riguarda il termine stile) si passa poi, attraverso un processo di trasposizione ideale e metaforica, ad un’accezione di significato più ampia ed eterogenea, che spazia a vari settori disciplinari (da quello verbale, a quello vestiario o alimentare, fino a quello artistico). Lo stile ha quindi una natura plurale, sia a livello generale (come lo stile di una generazione o di uno strato sociale) che a quello individuale, inoltre sviluppandosi e modificandosi velocemente, appare come un fenomeno (o meglio come fenomeni) di natura instabile ed intermittente. Ecco perché si parla di fenomenologia degli stili, intesa come disciplina sistematica che indaga e studia gli stili, carpendoli come fenomeni artistici di rapida cangiabilità, in connessione logica fra loro, individuandone se è possibile i caratteri ricorrenti. Oggi definire correttamente il significato di cultura appare un compito arduo e complesso anche per una persona sufficientemente “acculturata”. Per carpire il significato ampio e ambiguo del termine cultura, Barilli afferma la necessità di iniziare la ricerca dalle sue radici pratico-materiali. La cultura, nel mondo latino, era un intervento tipicamente materiale-lavorativo; si trattava della coltivazione dei campi, ovvero dell’agri-coltura. Appare quindi necessario ricondurre l’origine del termine alle sue radici materiali; essa è peculiare solo dell’uomo, proprio perché legata alla proprietà tipicamente umana di saper “lavorare”, il che è reso possibile attraverso l’assunzione di strumenti extra-organici (o protesi) capaci di estendere e potenziare il corpo umano. L’uomo, fin dalle sue origini, ha colto la possibilità, e l’utilità, di agire sull’ambiente, per procacciare cibo, per difendersi dalle intemperie, per aggredire i suoi stessi simili o proteggersi dalle loro insidie, prolungando la dotazione naturale con corpi aggiunti, capaci a loro volta di dar luogo a sequenze sistematiche e ordinate di intervento (ossia il lavoro inteso come cicli di applicazione intelligente di una tecnica, dal greco “thechn”). Inoltre è necessario sottolineare che l’uomo non solo è in grado di assumere protesi capaci di implementare le capacità fisiologiche del suo corpo e ma è capace anche di variarle nel tempo, modificandone le caratteristiche funzionali ed evolvendole a suo favore. In questo senso l’uomo ha la facoltà di interrogarsi su possibilità alternative, prime immaginandole e poi dando corso ad esse, in una dimensione sperimentale e di ricerca. In altre parole l’intero continente della cultura si fonda su basi di materiale e pratiche che trovano poi una successiva trasmigrazione su un piano più alto, di tipo ideativo e noetico. L’uomo, a differenza degli altri animali, è l’unico in grado di avvalersi di una memoria extra-organica, fatta di suppellettili (o protesi) durevoli nel tempo, che conservano un sapere tecnico e pratico capace di tramandarsi alle generazioni successive. La cultura, appare inevitabilmente divisa in due ambiti funzionali, uno che potemmo definire materiale, e che riguarda la sfera delle pratiche tecniche e degli interventi materiali (delle idee materializzate 1

Scienza della cultura e fenomenologia degli stili Renato Barilli in oggetti), e un altro che concerne a cultura ideale o progettuale, ossia il momento in cui l’uomo immagina delle possibilità future e alternative. Lo strato “ideale” segna il momento in cui si allontana dal confronto diretto, fisico, materiale con la natura: quando la funzione degli strumenti viene tradotta in simboli e sottoposta a studio, a riflessione, in vista di un loro miglioramento, oppure di una abrogazione o sostituzione radicale con strumenti più efficienti. I rapporti reciproci fra lo strato materiale e quello ideale 1: - rapporti di tipo “orizzontale” fra settori disciplinari appartenenti al medesimo strato, - rapporti i tipo “verticale” fra i due diversi strati della cultura, materiale e ideale. La nozione più importante e utile per comprendere i rapporti di tipo verticale tra i due strati, è quella dell’ omologia (intesa come identità funzionale), formulata da Lucien Goldmann nel 1967, nel suo Per una sociologia del romanzo. Tale formulazione permette di sancire uguale dignità ai due momenti, quello materiale-tecnico e quello noetico, respingendo ogni ipotesi di determinismo, intesa come mera subordinazione degli uni e degli altri. In questo senso l’ipotesi di Goldmann si inserisce in un vasto settore della cultura contemporanea di impronta marxista. L’opera del Barilli si spinge alla ricerca dei rapporti omologici sussistenti tra le opere, o le operazioni, di determinate epoche, e la tecnologia materiale prevalente in esse ( tecnomorfismo, ossia gli operatori visivi di una determinata epoca storico-culturale, devono dare forma ai procedimenti tecnologici del medesimo periodo storico). Lo storico dell’arte introduce qui la nozione panofskyana di “forma simbolica” nei confronti dell’introduzione, epoca rinascimentale, della prospettiva, che sottolinea come lo spazio rinascimentale fosse una costruzione culturale, frutto congiunto diversi interventi in vari settori disciplinari della cosiddetta cultura “alta”. Barilli, riprendendo e condividendo appieno il pensiero di Marshall McLuhan, supera il concetto di “forma simbolica” attribuito alla prospettiva rinascimentale, individuando nella scoperta della stampa a caratteri mobili di Gutenberg, la correlazione omologica (o identità funzione) fra lo strato basso e quello alto della cultura. Si noti, come afferma lo stesso McLuhan, che l’invenzione gutenberghiana della stampa non “determina” la prospettiva rinascimentale. Lo strato della cultura “alta” o simbolica Ciò che distingue l’uomo dagli altri animali, non è tanto la capacità di possedere abitudini generalizzate quanto la sua facoltà di “significare” (creare segni o meglio simboli nel senso fisico del termine, con l’intento di creare una corrispondenza con l’idea ad esso relativa) un’idea. La capacità segnica è dappertutto, nelle cose, tra gli animali, mentre quella simbolica è peculiare dell’uomo, infatti il ricorrere a simboli altro non è che estendere la capacità di una strumentazione extra-organica alla dimensione ideale. L’uomo infatti possiede un sistema di memorizzazione esterno, fatto di oggetti e protesi extra-corporee, che gli consente un’elevata capacità di immagazzinamento delle nozioni, gli animali invece sono in grado di ereditare il sapere solo se questo è già contenuto nel loro patrimonio genetico. La memorizzazione e la simbolizzazione sono due nozione convergenti che comunemente vengono utilizzate per richiamare alla mente la cultura umana e che intendono, in ultima analisi, la capacità dell’uomo di produrre il nuovo, di avanzare nuove idee, che a loro volta si concretizzano in nuovi strumenti di lavoro. L’essere umano infatti, diversamente da quanto accade agli animali, ha a portata di mano il sapere accumulato dai suoi predecessori, così facendo può dedicare gran parte del suo tempo e delle sue energie ad arricchirlo, senza attendere la sua conversione in memoria organica, come avviene nel mondo animale. Il Barilli continua affermando l’impossibilità di scindere in maniere netta i due strati, materiale e ideale, poiché quest’ultimi si alimentano vicendevolmente in una serie di azioni e reazioni: le idee, le innovazioni modificano il modo di produrre, ma ne sono a loro volta influenzate, stimolate e condizionate. Ecco allora che risulta chiara l’omologia (o identità funzionale) fra idee materializzate in strumenti pratici, e 1 Rapporti verticali che la ricerca artistica, e la ricerca critico-storiografica, stabiliscono con lo strato della cultura materiale, ossia la tecnologia. Rapporti orizzontali che legano l’ambito delle arti ad altri ambiti dello strato “alto” della cultura.

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Scienza della cultura e fenomenologia degli stili Renato Barilli le idee colte contenute nei libri. Le articolazioni interne del sistema culturale delle arti (o fattori, criteri di variazione): - l’incessante ricerca del nuovo, si traduce nell’inevitabile impulso primario di giungere a un’espansione sempre più piena delle proprie facoltà, con il conseguente intento e fine di implementare le strumentazioni extra-organiche. Nel campo dell’arti questo diviene non un mezzo ma un fine ultimo di ricerca. - il concetto di generazione, nozione innanzitutto di ordine bio-fisiologico, riferita a coloro che nascono in un arco di tempo abbastanza addensato e che si distinguono da un precedentemente addensamento per il fatto di venire circa venticinque anni dopo (ovvero lo spazio di una generazione) . Indubbie differenze di natura culturale, soprattutto per quanto concerne il settore artistico-estetico, tra una generazione precedente e la successiva; queste infatti si possono descrivere come polarità antitetiche, legate tra loro da un nesso di attaccamento o avversione al nuovo. Un’indagine storiografica accurata ci può condurre all’individuazione delle cosiddette nebulose di addensamento anagrafico (i protagonisti degli “ismi” delle varie tendenze artistiche del XIX e XX sec.): gli Impressionismi nacquero “attorno al 1840”; i Simbolisti, in pittura come in letteratura, “attorno al ‘60”. I Cubo-Futuristi “attorno all’80”. Gli informali “attorno agli anni ‘10”; la generazione che diede luogo alla Pop Art nacque tra il 1930 e il 1935. (N.B artisti fuori generazione, ne sono un esempio le personalità di Gauguin e Matisse, il primo, che nato nel 1848, non poté inserirsi a pieno titolo nella movimento dei suoi fratelli maggiori, gli Impressionisti, né unirsi con facilità al gruppo di Pont-Aven (Bernard e Anquentin). Anche Matisse, nato nel 1869, si può considerare un fuori generazione, non fu un Simbolista ed ebbe notevoli difficoltà ad accettare la nuova tendenza, promossa da Picasso e Braque, del Cubismo. - Tipi di rapporti instauratesi tra le varie generazioni (o schemi formali di variazione ): continuità, opposizione, rottura, proseguimento, incremento, etc. [Schemi formali di variazione di carattere quantitativo: fase di transizione e fase di normalizzazione. Schemi formali di variazione di carattere qualitativo: fase del “richiamo all’ordine” e “chiuso-aperto”]. Nascita e sviluppo dello spazio “moderno” Alle origini dell’età moderna si individua una tipica omologia, ossia un’identità funzionale, tra lo strato della cultura materiale (della tecnologia) e i diversi ambiti disciplinari del sapere della cultura alta; stiamo parlando, da una parte dell’invenzione della stampa a caratteri mobili, ovvero la tipografia, attribuita convenzionalmente a Gutenberg nel 1450 circa; e dall’altra della scoperta della prospettiva rinascimentale. L’uso e la diffusione della prospettiva in età quattrocentesca dimostra come si raggiunse anche un’indubbia omologia fra arte e scienza, ossia fra gli strati alti del sapere (matematica, filosofia, pittura); lo studioso che per primo ne studiò il valore simbolico di tale scoperta fu Erwin Panofsky. La prospettiva rinascimentale2 venne teorizzata per la prima volta, nel 1435, da Leon Battista Alberti, nel suo Trattato della pittura; e descritta come una piramide visiva. Il saggio panofskiano, La prospettiva come “forma simbolica”, dimostra come in età rinascimentale nacque una concezione mentale dello spazio fondata sulla omogeneità matematica. Lo spazio infatti si configura attraverso punti che si estendono in ciascuna delle tre dimensioni; la prospettiva infatti permise all’uomo quattrocentesco di riportare la percezione della realtà tridimensionale in uno spazio bidimensionale, ossia il quadro. La prospettiva non rappresenta la realtà, ma la realtà come pensata dalla mente, dall’uomo. Il Barilli si sofferma con attenzione sulla teoria prospettica dell’Alberti sottolineando che la nascita del punto di fuga, come punto in cui convergono tutte le rette perpendicolari al piano ideale, e da cui si desume la costruzione della piramide ottica, non fece altro che sconvolgere, non solo le varie nozioni della fisiologia umana sul funzionamento 2 La teoria prospettica albertiana è una semplice applicazione alla visione delle leggi della geometria euclidea. Possiamo considerare il fascio delle linee convergenti in un punto (punto di fuga) come una piramide, di cui quell’ideale piano di proiezione sia la base e possiamo immaginare di tagliare la piramide in tanti piani paralleli alla base. Avremo così tante sezioni della “piramide visiva”. I lati della piramide sono triangoli; tagliando i lati parallelamente alla base avremo, come insegna Euclide, tanti triangoli simili i cui lati sono proporzionali. Poiché la piramide è vista in profondità (come guardandovi dentro dalla base, in modo che il suo asse unisca il vertice-punto di fuga- il nostro occhio), il teorema delle proporzioni ci dà la legge matematica del degradare delle grandezze secondo la distanza.

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Scienza della cultura e fenomenologia degli stili Renato Barilli degli occhi, riducendoli ad un semplice ed unico punto, ma anche la psicologia della percezione dell’uomo quattrocentesco. Lo spazio diviene commensurabile, matematico, fatti di punti che si dispongono e si individuano nel sistema degli assi cartesiani, la prospettiva rinascimentale altro non è che uno spazio mentale atto a rappresentare il mondo e la realtà. Marshall McLuhan, nel suo La galassia Gutemberg, individua le corrispondenze funzionali individuabili tra un istituzione mentale diffusosi e sviluppatesi fra i vari settori della cultura alta, come la prospettiva rinascimentale, e un’invenzione afferente allo strato materiale e tecnologico, come la stampa a caratteri mobili: 1) la stampa accentuò la diffusione della pagina, dello spazio piano quadrangolare, cosicché nello settore simbolico delle arti visive si diffuse, come supporto materiale privilegiato, il quadro. 2) L’utilizzo dei caratteri tipografici mobili, cioè staccati fra loro, risulta omologo alla concezione del punto come elemento costituente lo spazio della rappresentazione. 3) L’esercizio della lettura di pagine a stampa risulta assai favorevole allo stabilirsi di un punto di vista, è una pratica capace di imporre dal basso, con paziente azione subliminale , quella che sarebbe altrimenti una mera costruzione teorica del sapere ideale. Barilli sottolinea inoltre che l’uso della prospettiva, e di tutte le omologie ad essa correlate, fra strato ideale e materiale, fu un processo di diffusione e applicazione assai lungo e permanente, di circa quattro secoli, dall’età quattrocentesca fino alla sua destituzione ad opera di Cézanne. L’ipotesi tecnomorfa, per la quale gli operatori del sistema delle arti visive si vedono esponenti dei cambiamenti e mutamenti che avvengono nel strato materiale e tecnologico dl sapere, mostra come in un tale arco cronologico non siano avvenute rivoluzione tecnologiche tanto clamorose, da influenzare e determinare una variazione qualitativa nel sistema di articolazione delle arti. Sulla scorta di quanto scritto da McLuhan la tecnologia della stampa ebbe due fasi di azione: la prima vede configurarsi tale tecnologia come un elemento agente entro l’ambito della comunicazione e della trasmissione del sapere (diffusione del libro stampato); la seconda invece la rivoluzione apportata dalla macchina alimentata dall’energia termica. Esiste, secondo lo storico canadese un’omologia tra la stampa, identificata come tecnologia informativa, e la macchina a vapore, intesa come tecnologia di locomozione e produzione. Il fattore tecnomorfo, nell’analisi degli avvenimenti culturali e artistici, che vanno dalla metà del Quattrocento circa, alla seconda metà del XIX secolo, appare irrilevante; in questo ampio arco temporale infatti non sono avvenute scoperte tecnologiche epocali, tali da determinare una variazione verticale, ossia tra strato alto e materiale della cultura, ma si contano solo variazioni a livello orizzontale, tra i vari settori disciplinari del sapere e le varie articolazioni del sistema delle arti. Lo stesso McLuhan sottolinea quanto sia ampia e frequente la sfasatura esistente tra l’avvento della nuova tecnologia, ossia la stampa, e del suo omologo ideale e teorico, ossia la prospettiva rinascimentale, e la sua assimilazione completa a livello mentale e psicologico. Osserviamo infatti che la nascita e lo sviluppo della prospettiva prima, e della stampa poi, accadde durante l’Umanesimo: il secolo della rifioritura della retorica, dell’eloquenza, dell’antropocentrismo; gli operatori culturali dell’epoca, i cosiddetti artisti “nati attorno al 1400, quali l’Alberti, il Masaccio, il Beato Angelico, Paolo Uccello, Filippo Lippi, Domenico Veneziano, ma anche i loro successori, i “nati tra il ’20 e il ’30 (Piero della Francesca, Andrea del Castagno, il Pollaiolo, il Verrocchio, Andrea Mantegna, il Crivelli, Antonello da Messina, Cosmé Tura) e quelli “attorno al ’40 e al ‘60” (Botticelli , Signorelli, il Ghirlndaio, Perugino, Pinturicchio), assimilarono a livello mentale la nuova innovazione tecnologica e la sua omologia, ma senza assecondarne le implicazioni logiche (forza del disegno anatomico che perdura nel tempo a rimarcare la centralità del uomo quale padrone del cosmo, le generazione successive non apportarono variazioni allo schema, promosso dai loro predecessori, anzi ne furono i “normalizzatori”, irrobustirono le innovazioni, portate alla luce dai protagonisti della prima generazione, le accentuarono sotto il profilo quantitativo). La fig. di Leonardo da Vinci: innovatore in seno ad una generazione tanto normalizzante quanto fu quella dei “nati attorno al ’40 e al ‘60”; fu il primo artista proto-cinquencentesco (nacque nel 1452) a favorire la congiuntura fra la pratica della prospettiva (prospettiva aerea) e le sue implicazioni interdisciplinari a livello ideale. Il Barilli sottolinea una certa similarità fra l’artista fiorentino e Paul Cézanne: entrambi vengono in 4

Scienza della cultura e fenomenologia degli stili Renato Barilli tempi precoci e si trovano inseriti in uno spazio generazionale che non gli compete. Cézanne, tra gli Impressionisti, cioè tra coloro che perfezionano il sistema prospettico moderno adeguandolo al responso fotografico; Leonardo, tra coetanei come Botticelli e Signorelli, che esasperano forme chiuse, cioè gli eccessi del disegno umanistico. Il dato innovatore apportato da Leonardo, iniziatore della prospettiva aerea, verrà colto, solo parzialmente però, dalla generazione successiva, poiché i tempi non sono ancora maturi per comprendere lo sforzo innovatore del procedimento leonardesco. La seconda maniera vasariana si c...


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