51 L\'e Reputation PDF

Title 51 L\'e Reputation
Course Strategia e comunicazione dell'imprese
Institution Università Telematica Pegaso
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“L’EREPUTA TION” ROF. ANDREA QUINT PR TILIA NI

L’eReputation

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Indice 1

INTRODUZIONE AL CONCETTO DI eREPUTATION ------------------------------------------------------------- 3

2

CASI DI VIGILANTISMO --------------------------------------------------------------------------------------------------- 6

3

DIFFUSIONE DEL SENTIMENT NEGATIVO ------------------------------------------------------------------------ 11

BIBLIOGRAFIA ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------14

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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1 Introduzione al concetto di eReputation L’uomo può da sempre essere considerato un individuo alla perenne ricerca di legami. Con il termine “rete sociale”, oggi più comunemente “social network”, si può fare riferimento a un qualsiasi gruppo di persone legate dalle più disparate relazioni quali possono essere il rapporto di lavoro, la condivisione di una passione o più genericamente il legame di amicizia reale. Se nel mondo precedente all’avvento del Web 2.0 le relazioni sociali erano mantenute vive tramite il contatto diretto, incontrandosi o telefonicamente, oggi il metodo più accessibile e utilizzato al mondo è l’utilizzo di software o servizi internet che permettono l’aggregazione di amici, parenti, colleghi di lavoro e vecchi compagni di scuola in una unica enorme piazza virtuale. Le aziende stanno sempre più comprendendo l’imprescindibile necessità di integrare il monitoraggio dei contenuti di queste fonti all’interno della loro “business intelligence”, abilitando così la possibilità da un lato di servirsene per finalizzare differenti tipi di azioni o strategie (quali ricerche di marketing, Customer Relationship Management), dall’altro di poter venire a conoscenza e di rispondere tempestivamente ad eventuali minacce alla propria immagine (brand management e brand reputation). Focalizzando per un attimo l’attenzione sulle strategie di comunicazione, assume grande rilevanza il processo di interazione tra utenti, processo grazie al quale vengono scambiate opinioni ed esperienze: il cosiddetto passaparola. Il passaparola (altresì detto WOM, Word-Of-Mouth, o nel caso specifico, eWOM, electronic Word-Of-Mouth) viene diffusamente considerato come la principale fonte di informazione per le decisioni di acquisto. Il suo potere di influenzare le scelte è stato ulteriormente incrementato dalle possibilità offerte dal Web 2.0, rendendolo infatti non più un atto di comunicazione che avviene in Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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modalità privata e one-to-one, ma capace di operare su una base assolutamente one-to-many, con i social network che abilitano la condivisione su larga scala di recensioni o esperienze pubblicate online da singoli individui. Dati questi presupposti, non sorprende quindi come diverse piattaforme 2.0, visti anche i grandi bacini di utenza di cui sono dotate, siano da un lato sottoposte a studi e analisi focalizzati sulla diffusione dei contenuti e della opinion leadership all’interno dei rispettivi network, dall’altro sempre più coinvolte e utilizzate da vari brand come mezzo di comunicazione, promozione ed engagement dei consumatori finali. Tuttavia, se per le operazioni di marketing la diffusione di dati personali e opinioni su scala globale può rappresentare una incommensurabile fonte di dati su cui basare le decisioni, i social network hanno creato nuovi rischi e pericoli sia per gli individui quanto per le aziende stesse. Per un’azienda uno dei rischi più concreti è quello del danneggiamento, sovente faticosamente riparabile, della reputazione del proprio marchio o dei propri prodotti. Inoltre, talvolta, le conseguenze possono estendersi in maniera preoccupante anche dal mondo virtuale a quello reale. A fronte del successo esplosivo ricevuto dai social network e dell’immensa mole di dati pubblicati e scambiati dagli utenti attraverso queste piattaforme, i nuovi pericoli e rischi nati grazie a queste tecnologie si sono rivelati di notevole impatto sociale. Proprio la diffusione di dati personali degli iscritti fa intendere quanto sia concreta la probabilità che la privacy degli utenti venga violata. Senza dimenticare che talvolta risulta difficile, se non impossibile, eliminare in maniera definitiva i dati pubblicati online: anche se otteniamo la cancellazione dai server del social network in cui questi sono stati pubblicati non si può avere la certezza che questi non siano già stati precedentemente copiati da terzi e ripubblicati in altri siti oppure memorizzati in locale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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Il rischio concreto è quindi quello di vedere violato il diritto principe della privacy, riconosciuto anche dall’art. 2 della Costituzione, ovvero il diritto all’oblio. In tema di privacy molto è stato discusso (si veda ad esempio il “Memorandum di Roma” - Garante per la protezione dei dati personali oppure “La risoluzione approvata nella Conferenza internazionale delle Autorità di protezione dei dati personali di Strasburgo dell’Ottobre 2008”) tuttavia il fenomeno può essere fronteggiato solo impartendo precise raccomandazioni sia agli utenti che ai fornitori dei servizi. I documenti precedenti identificano inoltre il furto di identità tra i rischi inerenti l’utilizzo dei social network. Molto spesso questo tipo di reato è preliminare ad altre tipologie di illeciti. A tale proposito, nel 2007, l'European Network and Information Security Agency (ENISA) ha pubblicato il suo primo “position paper”. I “position paper” sono documenti di approfondimento che ENISA realizza sui temi significativi dal punto di vista dei rischi emergenti per mezzo dei quali vengono forniti anche suggerimenti per gestire le relative minacce. In questo ambito vengono identificati rischi dovuti a virus, phishing, infiltrazioni della rete, utilizzo abusivo di profili utente e attacchi reputazionali anche basati su furto di identità. Senza entrare nel merito del concetto di brand reputation, ampiamente discusso in lezioni precedenti, in questa sede si può affermare che questo riconosce il potere di accesso all’informazione delle persone e la situazione di aumentata trasparenza in cui si trovano le aziende al tempo del Web. Più che alla semplice opinione positiva che le persone hanno sulla qualità dei prodotti o dei sevizi, la reputazione ha che fare con la capacità di entusiasmare gli animi e mobilitare le persone. In essenza, dipende dalla capacità di creare veri e propri sostenitori. In questo senso, la reputazione è legata in maniera intrinseca alla raccomandazione e al passaparola che è in grado di suscitare.

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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2 Casi di vigilantismo Sono molti i casi di famose aziende che in passato si sono trovate costrette ad affrontare una crisi reputazionale causata da una scarsa attenzione verso i siti 2.0. Per introdurre il problema provate ad immaginare di essere l’amministratore delegato di una famosa multinazionale che fattura milioni di dollari. Un pomeriggio, vi passa inosservato un commento apparso in un non meglio precisato blog che accusa la vostra azienda di sfruttare lavoro minorile in una qualche parte del globo. La mattina successiva quel singolo commento sarà stato rimbalzato in oltre un centinaio di altri siti e diffuso in maniera massiva tramite social network quali Facebook o Twitter. In particolare su Facebook saranno già stati creati gruppi, con migliaia di fan, che incitano al boicottamento dei vostri prodotti, mentre su Twitter circoleranno tweet a cui vengono associati i peggiori hashtag quali #boycott e #child-labour. In aggiunta, la natura stessa del Web renderà difficile ripulire il vostro brand da queste macchie, in quanto la rete è in essenza un enorme archivio dalla lunga memoria. Il rischio risulta quindi quello di trovarsi a convivere con un passato che non vuole passare. Nel 2009, Domino’s Pizza, probabilmente il leader mondiale nella consegna di pizza a domicilio, è stata messa in ginocchio dalla pubblicazione su YouTube di video girati da due dipendenti che si riprendevano mentre svolgevano rivoltanti azioni durante la preparazione delle pizze. I video, anche se girati per scherzo, in un solo giorno hanno ricevuto quasi un milione di visualizzazioni, provocando un immediato crollo della reputazione dell’azienda. A causa della

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tardiva reazione, la polarità delle discussioni in rete relative al brand è passata da un 81% di positività ad un 64% di negatività successivamente al fatto. Di rilievo è anche il fatto che nei giorni successivi alla pubblicazione del video, cercando su Google con keyword “dominos”, ben cinque dei primi dodici risultati trattavano l’argomento. La vicenda si è conclusa con il licenziamento dei due dipendenti e un messaggio di scuse ufficiali del CEO in persona pubblicato su YouTube. L’anno successivo Domino’s Pizza dimostra di aver imparato la lezione trovandosi nuovamente a dover gestire una potenziale minaccia (crisis management) e risolvendo la situazione con successo. Un ragazzo pubblica una foto della sua pizza con il formaggio quasi completamente attaccato al coperchio della scatola. Sarà ancora una volta il CEO della società in persona ad apparire in uno spot televisivo utilizzando proprio la foto incriminata per avviare una campagna di comunicazione che mostra ciò che l’azienda non dovrebbe fare. Un esempio più serio è quello rappresentato da Whole Foods Market, società Texana che ha creato una catena di supermercati di cibi naturali con grande successo. Nel 2009 il brand è stato nel mirino di una massiva campagna di boicottaggio tramite Facebook, Twitter, YouTube e Flickr in seguito alla dichiarazione da parte del CEO della società che il diritto alla salute non è per tutti e, in aggiunta, non può neppure essere considerato come tale. Contrariamente al caso precedente, questa volta non ci sono state azioni mirate a correggere il calo di reputazione dovuto all’azione dei social media, ma il CEO ha continuato a mantenere ferma la propria posizione.

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Il rischio di non gestire tempestivamente, o di non gestire affatto, le conseguenze di un’ondata di indignazione dei social media può portare a conseguenze ben peggiori di quelle relative ad una macchia sulla reputazione. Per inquadrare meglio il problema è utile concentrarsi per un attimo sugli individui piuttosto che sulle aziende. Nel 2010, il New York Times solleva il caso prevalentemente cinese dei “motori di ricerca” di persone fisiche. Nel 2006 circolava un video che ritraeva una eccentrica donna asiatica di mezza età, abbigliata con un vestito leopardato e con tacchi a spillo molto alti, che teneva dolcemente in braccio un gattino bianco. Nelle riprese seguenti, il gattino viene posato a terra e ucciso violentemente a colpi di tacco. Il video è stato accolto con innumerevoli commenti di disgusto e indignazione che ben presto si sono trasformati in richieste di informazioni per cercare di identificare la donna. Attraverso i vari forum cinesi (tra cui il più utilizzato, Mop) sono stati sufficienti sei giorni affinché nome, indirizzo e numero di telefono della donna fossero stati resi di pubblico dominio. Come conseguenza, la donna ha lasciato il Paese per una destinazione ignota. Con il termine vigilantismo (o anche eVigilantism) si fa riferimento proprio all’utilizzo della rete come mezzo per punire, nel mondo reale, soggetti che si sono resi colpevoli non necessariamente di comportamenti illegali, quanto piuttosto di atteggiamenti non etici. Non è certo difficile pensare come questo fenomeno si sia allargato dagli individui alle aziende. Molti attivisti utilizzano qualsiasi media per esprimere la loro indignazione per disoneste o irresponsabili pratiche di business. In questo caso, gli utenti offesi hanno a disposizione un potente mezzo per coalizzarsi e punire fisicamente le compagnie coinvolte organizzando, ad esempio, attacchi mirati a mettere fuori servizio i server o ad oscurare i relativi siti Web. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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Per reagire efficacemente alle minacce della propria reputazione online è fondamentale acquisire la capacità di saper “ascoltare” il buzz della rete e di integrare la conoscenza ricavata all’interno dei processi decisionali e di risk management. Quest’ultimo aspetto è abilitato dalle cosiddette piattaforme di ascolto. La recente esplosione dei contenuti user-generated sul Web ha infatti creato, in modo particolare, un interesse sempre maggiore per la Sentiment Analysis, una tecnica per estrarre opinioni favorevoli o sfavorevoli riferite ad un soggetto di interesse, sia esso il brand di un’azienda o un suo prodotto (Si ricordano i servizi di alerting semantico: Google Alert, Trackur, SocialMention, etc.). Per fare un esempio, la possibilità di rilevare in maniera rapida il diffondersi di opinioni sfavorevoli (tramite servizi di alerting semantico) rappresenta un valido aiuto ai fini della gestione del rischio. Tuttavia, i manager sono ancora convinti che gli strumenti attualmente presenti sul mercato siano immaturi e, poiché le decisioni critiche dovrebbero essere prese in relazione alle informazioni derivanti da questi strumenti, si mantengono ancora molto cauti sul loro impiego. In particolare, è richiesta una valutazione oggettiva della qualità dei dati prodotti da un’analisi automatica della Web Reputation e di prove concrete di come questa possa essere la base di informazioni su cui prendere delle decisioni. Le difficoltà nella realizzazione di strumenti affidabili dipende principalmente dal fatto che il riconoscimento e l’interpretazione delle opinioni è un compito che richiede un alto grado di intelligenza e un’approfondita comprensione del testo, necessitando altresì di conoscenza di dominio così come di conoscenza linguistica. Nello specifico, l’estrazione di un’opinione da un

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testo e la sua valutazione del grado di positività o negatività, sono operazioni soggette ad errori a causa dell’incertezza dovuta all’impiego di tecniche di elaborazione del linguaggio naturale.

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3 Diffusione del sentiment negativo In un recente studio (2012) condotto dal Gruppo di Sistemi Informativi del Politecnico di Milano su imprese operative nel comparto turistico della città di Milano (quest’ultima considerata nella sua globalità destinazione turistica) si è cercato di dimostrare come, sebbene i messaggi pubblicati dagli “influencer”, individui dotata di un’elevata capacità di persuasione nei confronti degli altri, ottengano ampia diffusione, anche il contenuto stesso del messaggio può giocare un ruolo determinante ai fini della diffusione indipendentemente dalla centralità dell’autore (si parla in questo caso di influence). Lo studio del Politecnico di Milano assume importanza nel contesto della eReputation in quanto è una dimostrazione di come le aziende debbano reagire in maniera tempestiva alle possibili minacce derivanti da commenti negativi sui social media per arginarne efficacemente gli effetti. Mentre vari studi hanno sottolineato le differenze tra i social media e i media tradizionali, i risultati evidenziano alcune interessanti caratteristiche comuni: 

Anche se il numero assoluto di tweet contenenti sentiment positivo è maggiore del numero di quelli contenenti sentiment negativo, in media i tweet negativi sembrano essere maggiormente retweettati ed attirare maggiore attenzione.



Le analisi mostrano come i tweet siano volatili, visto che circa quattro su cinque dei retweet avvengono entro un’ora da quando sono scritti. Come anticipato, questo aspetto è particolarmente critico per le aziende, perché mostra che il monitoraggio dei social media deve essere un processo che avviene quasi in tempo reale.

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Oltre all’ascolto, le aziende dovrebbero sfruttare i nuovi strumenti a loro disposizione, quali appunto internet e social media, in maniera attiva, educando il consumatore sui propri prodotti. In quest’ambito, l’azione di educare si riferisce nel mettere a conoscenza il cliente finale di come un prodotto viene preparato, quali ingredienti/materiali sono stati impiegati e quali sono gli standard qualitativi seguiti e il loro significato. Obiettivo di questa attività dovrebbe quindi essere quello di indirizzare il consumatore verso scelte di garanzia qualitativa del prodotto e di sicurezza, cercando in tal modo di difendersi da prodotti presenti a basso costo sul mercato ma di qualità scadente. Per le aziende, includere campagne di educazione del consumatore tra le proprie strategie di marketing dovrebbe essere quindi visto come un obiettivo strategico. Questo tipo di strategia è necessariamente accompagnata da un forte grado di trasparenza dell’azienda nei confronti del consumatore. Investire nella qualità e cercare di differenziarsi è indubbiamente una strada strategicamente difficile da intraprendere ma che, nel medi...


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