55308-Dispensa.matrimonio PDF

Title 55308-Dispensa.matrimonio
Course Diritto ecclesiastico
Institution Università del Salento
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Summary

riassunto corso diritto ecclesiastico...


Description

. Sono costituzionalmente illegittimi - per violazione del supremo principio del diritto alla tutela giurisdizionale, desunto dagli art. 2, 3, 7, 24, 25, 102 cost. - gli art.: 1 l. 27 maggio 1929 n. 810 "limitatamente all'esecuzione data all'art. 34 comma 4, 5, 6 del Concordato", 17 l. 27 maggio 1929 n. 847, "nella parte in cui le suddette norme prevedono che la Corte d'appello possa rendere esecutivo agli effetti civili il provvedimento ecclesiastico col quale è accordata la dispensa dal matrimonio "rato" e non consumato, e ordinare l'annotazione nei registri dello Stato civile a margine dell'atto di matrimonio". Sussiste la rilevanza della questione, dovendosi avere riguardo non già alle concrete modalità di svolgimento del giudizio davanti alle autorità ecclesiastiche, ma al contrasto fra la struttura del procedimento canonico ed i principi che, nell'ordinamento statuale, presiedono alla tutela giurisdizionale dei diritti ed all'esercizio della difesa. Le norme denunciate riservando ai "dicasteri ecclesiastici" la competenza a pronunciarsi, in via amministrativa, sulla risoluzione del rapporto matrimoniale mediante un provvedimento che viene a far cessare gli effetti civili del matrimonio canonico trascritto, incidendo sullo "status" dei coniugi, configurano una alternativa alla giurisdizione statuale che, benché disposta con norma concordataria, va sottoposta a verifica circa la sussistenza del diritto alla tutela giurisdizionale. Il provvedimento di dispensa si riflette sul rapporto, e non sull'atto, sciogliendo con effetto "ex nunc" un rapporto instaurato sulla base di un matrimonio validamente contratto; e, pur essendo minuziosamente disciplinato nelle modalità procedimentali, non ha carattere giurisdizionale. Appartiene allo Stato la disciplina del vincolo matrimoniale, derivante da matrimonio civile, o da matrimonio canonico trascritto agli effetti civili; e fra le ipotesi di scioglimento (o di cessazione degli effetti civili) figura anche quella di mancata consumazione (art. 3 n. 2 lett. F l. 1 dicembre 1970 n. 898). La riserva per la dispensa dal matrimonio "rato" e non consumato, pur essendo stata fatta salva dalla l. n. 898 cit., benché disposta da norma concordataria fornita da copertura costituzionale, incidendo sulla giurisdizione dello Stato, deve confrontarsi con il supremo principio della tutela giurisdizionale. Tale tutela, pur considerata nel suo nucleo più ristretto ed essenziale, non può dirsi realizzata in un procedimento il cui svolgimento e la cui conclusione trovano collocazione nell'ambito della discrezionalità amministrativa, non venendo ad essere garantiti alle parti un giudice e un giudizio in senso proprio. Resta, conseguentemente, assorbita l'ultima delle questioni sollevate, riguardante la legittimità dei limiti posti ai poteri di cognizione del giudice dello Stato per conferire esecutività al provvedimento di dispensa "super rato" che per effetto della pronuncia viene eliminato dall'ordinamento.

. Il rescritto pontificio con il quale viene accordata la grazia della dispensa da matrimonio rato e non consumato, di cui il nuovo accordo tra lo Stato italiano e la Santa Sede del 1984 non prevede più la possibilità di riconoscimento nell'ordinamento della Repubblica, non ha natura giurisdizionale ed è insuscettibile di delibazione, anche come sentenza straniera.

. A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 1982, con la quale sono stati dichiarati illegittimi l'art. 1 l. 27 maggio 1929 n. 810 e l'art. 17 l. 27 maggio 1929 n. 847, nella parte in cui tali norme prevedono che la Corte d'appello possa rendere esecutivo, agli effetti civili, il provvedimento ecclesiastico di dispensa dal matrimonio rato e non consumato ed ordinarne l'annotazione nei registri dello stato civile a margine dell'atto di matrimonio, sono venute meno le norme che davano rilevanza nell'ordinamento statale alla detta dispensa ecclesiastica, e di conseguenza la pretesa di far valere agli effetti civili tale causa di scioglimento del matrimonio canonico non ha più tutela

giudiziale, sicché la domanda relativa è improponibile; nè rilevano in senso contrario le modifiche al Concordato lateranense di cui alla l. 25 marzo 1985 n. 121, che non contiene alcun riferimento all'esecutività agli effetti civili dei suddetti provvedimenti di dispensa, nè la nuova disciplina di diritto internazionale privato, che ha lasciato immutata l'applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia (nella specie, la S.C., nell'affermare il suddetto principio di diritto, ha cassato la pronuncia della Corte d'appello che, ritenuto che il provvedimento di dispensa fosse assimilabile ad una sentenza straniera, aveva accolto la domanda di delibazione).

. A seguito di Corte cost. n. 18 del 1982 ed ai sensi dell'Accordo, con Protocollo addizionale, stipulato il 18 febbraio 1984 tra la S. Sede e l'Italia, è inammissibile, oltre che infondata, la domanda di dare esecutorietà civile al rescritto pontificio che dispensi i coniugi dal matrimonio rato e non consumato; ogni norma (o principio) che, nondimeno, ciò avesse a consentire, sarebbe peraltro illegittima, con riferimento agli art. 2, 3, 7, 214, 25 e 102 della Carta costituzionale.

Ritenuto che il procedimento canonico di dispensa dal matrimonio rato e non consumato ha carattere sostanzialmente giudiziale e non amministrativo e che il rescritto pontificio concedente la dispensa è in realtà una sentenza, e ritenuto altresì che la dottrina canonistica ha da sempre considerato lo scioglimento del matrimonio rato e non consumato come un divorzio a tutela della salvezza delle anime, può delibarsi, quale sentenza straniera, il provvedimento papale che concede la dispensa "de qua", tutte le volte che ricorrano le condizioni previste dall'art. 797 c.p.c.

. A seguito della sentenza della corte costituzionale n. 18 del 1982 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della l. 27 maggio 1929 n. 810, limitatamente all'esecuzione data all'art. 34, comma 4 e 5 del concordato e, dell'art. 17 della l. 27 maggio 1929 n. 847, è venuta meno la possibilità di rendere esecutivo nell'ordinamento italiano il provvedimento dell'autorità ecclesiastica di dispensa dal matrimonio rato e non consumato con la conseguenza che l'ordinanza della corte di appello che abbia provveduto al riguardo, ove impugnata in sede di legittimità, deve essere cassata senza rinvio....


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