A star is born - lezione analisi \"A star is born\" PDF

Title A star is born - lezione analisi \"A star is born\"
Author Camilla Renzi
Course Storia ed Estetica del Cinema
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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lezione analisi "A star is born"...


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Il musical - A star is born

Film sul divismo e star system, è un film di genere, in particolare è un musical, genere nato dopo l’avvento del sonoro, il quale fa morire alcuni generei tra cui la comicità salpastick, ma fa nascere anche altri generi come il musical, il quale è un film in cui la musica ha un ruolo strutturale nell’organizzazione del racconto: quando personaggi cantano e ballo fanno progredire il racconto. Ci sono tre principali sottogeneri del Musical: • fairy tale musical = musical fiabesco (es mago di oz) • Backstage musical o show musical = musical spettacolo, raccontano la preparazione di uno spettacolo • Falk musical = musical con ambientazione in luoghi rurali e country (es Sette spose per sette fratelli) Il musical generalmente presenta un happy end e negli anni 30 3 40 il musical offre per ogni problema un’unica soluzione: l’amore di coppia o l’inserimento in una comunità. A star is born (1937) di William Wellman, è il primo di quattro/cinque remake (ultimo con Lady Gaga). Quello che vediamo è il secondo, un remake del 1954 di George Cukor, regista dallo “stile invisibile” (“il mio stile coincide nella totale assenza di stile”). È il suo primo film a colori e il suo primo film in cinemascope (formaot panoramico). Colore e formato ci dicono qualcosa del periodo: siamo in una fase già di crisi della Golden age del cinema hollywoodiano. Nel 1954 hollywood inizia a manifestare i primi sintomi di una crisi come la concorrenza della tv, in quanto in questo anno iniziano le trasmissioni a colori. Il cinema per reggere il passo con questo concorrente diventa “ancora più grande”, si potenzia allargando lo schermo (formato panoramico): se la tv è il piccolo schermo il cinema è il grande schermo, e diventa sempre più grande. Altra ragione della crisi di hollywood è dovuto da un cambiamento demografico; il pubblico è sempre più composto da giovani. Tra le motivazioni della crisi del ’54 c’è anche la sentenza Paramount del 1948, che multa la Paramount per condotta monopolistica e spezza la concentrazione verticale sancendo che le major non possono più controllare le sale cinematografiche a favore del libero mercato. Ciò inizia a fare sentire le sue conseguenze portando, unita ad altri fattori, ad una crisi di Hollywood: si creano realtà che realizzano film più in linea con il nuovo pubblico. A inizio anni ’50 Hollywood crea film metacinematograici, in particolare Viali nel tramonto,

Singing in the rain e A star is born. Terzo remake è quello degli anni ’70, del 1976 di Pierson con Barbara Streisand, sposta l’ambientazione nella musica rock. Il film che vediamo è un musical e un film sul divismo (rimando alle fasi del divismo di Morin del 1957), Morin paragona il divismo a un culto religioso a partire dal nome “star” = stelle, che stanno in cielo e sono irraggiungibili per i comuni, i quali venerano le stelle che sono per loro attraenti, che brillano. Morin interpreta il divismo come un culto pagano: la posta dei fan è paragonata alla preghiera, il fan club alla chiesa, i festival dei corpus domini, i doni alle star delle offerte, i suicidi dei sacrifici umani. Il film ha per protagonista l’attrice del mago di oz, Dorothy Gale. La primissima cosa che si vede nel film è, dopo i titoli di testa, sono i riflettori, le luci, rimando alle stelle che brillano (il film è pienissimo di fonti luminose). Si sta svolgendo uno spettacolo di varietà in cui è attesa la star Norman Maine, ci sono i fan fuori dal teatro che attendono l’arrivo delle star, ci sono giornalisti di moda che fanno la cronaca circa l’abbigliamento delle star. Si annuncia l’arrivo di Norman Maine: tutti lo aspettano. Il suo ingresso in scena è improvviso: compare ubriaco tra le ballerine (film sul divismo che comincia raccontando di un divo in crisi). Anche l’ingresso in scena nel film della protagonista femminile, Ester Blodgett, è anche suo “buttato via”, entra in scena sistemandosi le calze dietro le quinte, il suo volto viene mostrato in ritardo. Due personaggi principali: un divo in declino e una cantante che ancora non è nessuno. I badanti del divo lo smettono a letto ubriaco, lui si sveglia e vuole trovare la ragazza. La cerca e la trova in un locale dove lei ha appena finito di esibirsi. Lui propone a lei il "mito di Pigmalione”, le suggerisce di sognare in grande e di restare a Los Angeles. lei da a retta a lui e decide di mollare la sua band, fa dei provini e ottiene delle piccole parti, iniziando a scalare di posizione nello star system. L’aspetto fisico della ragazza viene “modificato”, il suo volto è stato assemblato a tavolino (truccata in un certo modo, parrucca bionda, naso raddrizzato…) per conformarla a dei canoni estetici. L’attrice quando ha fatto il mago di Oz è stata vittima di una serie di critiche molto simili a quelle che le vengono poste nel film dai truccatori; inoltre anche la vera Dorothy Gale ha fatto la gavetta che ha fatto il suo personaggio del film e davvero è stata

vittima di critiche sul suo aspetto fisico. Dopo la seduta Norman la spinge a presentarsi per quello che è veramente. (non a caso nell’ultimo remake è stata scelta Lady Gaga: lei che si trucca tanto interpreta in un film sul divismo una senza trucco). La giovane prosegue la sua passeggiata nei vari dipartimenti dello studio system. Passa dal reparto costumi, a quello fotografia, a conoscere l’addetto stampa (responsabile dell’immagine pubblica dei divi: nella Golden Age Hollywood imponeva conformità al fuori scena dell’attore, doveva comportarsi come si comporta in scena, evitare scandali eccetra). Ultima stanza in cui entra è una sala di produzione in cui c’è il produttore (non c’è regista, ma il produttore, il quale sta analizzando il film prima di approvarlo). Alla fine della passeggiata rimane incastrata nell’ingesso girevole degli studios: riferimento metaforico al sistema hollywoodiano che “incastra” i divi. Alla ragazza viene anche imposta una nuova identità anagrafica, le viene cambiato il nome -> l’assemblaggio della diva continua. Dopo tutta la fatica fatta a prepararla, deve girare una scena in cui le si vede solo il braccio. Alla prima del film della ragazza. Nel film, che è metacinematografico, si sono parecchie scene di cornice nella cornice. Ci sono tanti specchi e riferimenti allo specchio. Alla prima del film in cui la ragazza è sul palco c’è un sistema della cornice nella cornice nella cornice che fa quasi perdere, non si capisce più in quale piano si è. La ragazza si esibisce per 18 minuti (al posto di doppiare la canzone l’attrice canta e una voce sopra racconta ciò che sta cantando -> espediente per le versioni non in inglese del film) in cui racconta la sua storia: diventa una ballerina di fila, gli abiti sono sempre gli stessi, cambiano solo minimamente i colori, bianco nero e rosso che vengono combinati in modo diverso, poi il balletto è sempre uguale (rimando alla produzione hollywoodiana). Il numero musicale è lunghissimo e telescopico (immagine nell’immagine), in questo caso storia nella storia: nel film stanno proiettando un film in cui lei è una attrice teatrale in cui si mostra la vita tramite un flashback dell’attrice nello spettacolo nel film nel film. Norman e la tipa decidono di sposarsi; lo comunicano al produttore, presentato come figura quasi paterna (diversamente dall’addetto stampa, il quale è crudele). I due si sposano in segreto per sottrarsi ai gossip. Nel momento in cui si sposa apprendiamo il vero nome di Norman, anche lui ha cambiato nome una volta divenuto un divo.

Dopo il matrimonio vanno nella casa dei due sposi, villa attrezzata con uno schermo mobile per vedere le preview a casa con gli amici. Norman viene licenziato dalla sua casa di produzione e finisce per fare da segretario alla moglie, candidata agli oscar. Durante gli oscar si vede il palco con affianco lo schermo che mostra ciò che si vede sul palco: tentativo del regista di attirare l’attenzione sui modi in cui un divo viene reso tale. Lei vince l’oscar, lui ubriaco le interrompe il discorso. Nel film non solo la storia di lei si rispecchia con la vera storia dell’attrice, almeno fino al mago di Oz, ma Norman rappresenta il declino dell’attrice Judy g. Difatti il produttore è il terzo marito dell’attrice, la quale esausta dal suo lavoro (sottoposta a interventi, a prendere esilaranti e tranquillanti per essere sempre attiva eccetera, ha tentato il suicidio, e tossicodipendente e inaffidabile, non si presenta sul set…) sta vivendo un periodo di declino come Norman. Qui il rapporto tra vero e falso è quindi mantenuto in un equilibrio ambiguo....


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