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Title Accollo
Author Luca Candela
Course Diritto commerciale
Institution Università degli Studi di Ferrara
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Accollo del debito delle società da parte del socio...


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Pra t ic a di bila nc io – I l c a so del m ese di Fabio Landuzzi*

L’accollo del debito della società da parte del socio: i riflessi contabili In questo articolo, ci si interroga se, quando il creditore della società non coincide con la persona del socio, l’istituto dell’accollo del debito della società (che è il debitore accollato) da parte di un socio o di un terzo accollante, possa in ultima analisi condurre ad una medesima rappresentazione patrimoniale in capo alla società stessa; oppure, se il diverso atteggiarsi della situazione giuridica conduca ad una rappresentazione contabile differente nelle scritture della società al cui vantaggio l’operazione viene eseguita.

Premessa L’accollo (art.1273, c.c.) è configurato giuridicamente come un contratto con cui un soggetto (detto “accollante”) assume la titolarità del debito che la propria controparte (il debitore “accollato”) ha nei confronti di un terzo creditore (detto “accollatario”). Assumendo che il debitore accollato sia una società di capitali e che il soggetto accollante sia uno dei soci oppure un terzo interessato all’ingresso nella compagine sociale, l’effetto che il contratto di accollo può produrre è nella sostanza quello di liberare – nel caso dell’accollo c.d. “privativo” o “liberatorio” – o comunque di alleggerire – nel caso dell’accollo c.d. “cumulativo” – la posizione della società debitrice, la quale beneficia di un arricchimento patrimoniale derivante dalla sottrazione ad una propria situazione di debito. Il risultato prodotto dall’accollo non pare allora essere in ultima analisi diverso da ciò che si verifica nel caso più comunemente affrontato e trattato in dottrina ed in giurisprudenza; ci si riferisce alla fattispecie in cui il creditore della società coincide con la persona del socio e questi, al fine di patrimonializzare la società, compie la c.d. “remissione del debito”, ossia la rinunzia al proprio credito a cui consegue uno speculare effetto di aumento del patrimonio sociale13. La rinuncia al credito del socio è uno strumento assai utilizzato nella prassi proprio per capitalizzare la società, anche allo scopo di realizzare la copertura di perdite maturate nell’esercizio, di operare la ricostituzione del capitale e quindi rimuovere talvolta le condizioni di cui agli artt.2446 o 2447, c.c. (artt.2482-bis e 2482-ter, c.c., per le Srl).

Strumenti di patrimonializzazione della società e accollo del debito da parte del socio La dotazione di fondi alla società da parte dei soci a titolo diverso da quello di mutuo, quindi senza diritto alla restituzione14 e comunque senza imputazione al capitale sociale, può avvenire in forme differenti15; nella prassi societaria è assai frequente il * 13

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Dottore Commercialista e Revisore contabile Secondo il Principio contabile Oic 28, in contropartita alla cancellazione del debito, l’operazione produce l’iscrizione nel Patrimonio netto della società debitrice di una Riserva di capitale per Versamento soci. Per una completa trattazione della distinzione fra apporti di capitale e finanziamenti soci, si rinvia allo Speciale Finanziamento soci allegato a questa rivista, n. 10/2007. Per una trattazione completa si veda in questa rivista, n. 09/2008, Il Patrimonio netto e gli apporti dei soci fuori capitale, di A. Corsini.

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ricorso alla formula del versamento a fondo perduto che si sostanzia nell’immissione diretta da parte dei soci di somme di denaro in società. Tuttavia, può di frequente accadere che il socio sia titolare di un diritto di credito verso la società, vuoi a fronte dell’erogazione di un precedente finanziamento (quindi, un credito di natura finanziaria), vuoi talvolta a fronte di una vendita di beni o di una prestazione di servizi (quindi, un credito di natura commerciale). In questi casi, nulla osta a che il socio, anziché immettere liquidità in società a titolo di versamento a fondo perduto, per poi ricevere il pagamento del proprio credito, possa direttamente dare esecuzione alla c.d. remissione del debito, ossia alla rinunzia unilaterale ed irrevocabile all’esazione del proprio credito, così da produrre un immediato ed equivalente arricchimento patrimoniale della società che vede ridurre il proprio debito rilevando in contropartita l’iscrizione nel patrimonio di una riserva di capitale avente natura di versamento soci a fondo perduto. Dal punto di vista contabile, il Principio Oic 28 non sembra fare distinzioni fra i due casi; infatti, si legge testualmente che “ha natura di riserva di capitale quella che viene ad essere costituita con la rinuncia al credito vantato dai soci”. Dunque, l’operazione viene riflessa in questo modo nelle scritture contabili della società che beneficia della rinuncia del socio al proprio credito: Debiti verso Socio

a Riserva di capitale

Accade però spesso che, mentre fra il socio e la società non vi é alcuna situazione creditoria, la società ha debiti verso soggetti terzi (es. fornitori o istituti di credito). In questa fattispecie, l’istituto dell’accollo del debito della società da parte del socio (o anche di un terzo interessato ad entrare nel capitale sociale), potrebbe prestarsi come formula idonea a produrre in capo alla società gli stessi effetti benefici di un versamento a fondo perduto, nella misura in cui il risultato dell’accollo fosse quello di liberare la società accollata dalla propria situazione di debito di cui si farebbe carico il socio (o il terzo) accollante. Per comprendere se ed in che forma la soluzione dell’accollo del debito della società (che assume la veste di debitore accollato) da parte del socio o del terzo (che assume la veste di accollante) può prestarsi a raggiungere gli stessi effetti di un versamento a fondo perduto in termini di effettiva capitalizzazione della società, occorre in primo luogo soffermarsi sulla natura giuridica del contratto di accollo e sugli effetti che esso produce per le parti che vi partecipano.

La natura giuridica del contratto di accollo L’accollo è disciplinato dall’art.1273, c.c., ed è definito come il contratto fra il debitore (accollato) ed un terzo (accollante) in virtù del quale quest’ultimo si assume un debito del primo verso un soggetto creditore (accollatario). Secondo la dottrina e la giurisprudenza16 prevalenti, l’accollo ha natura giuridica di contratto a favore del terzo ex art.1411, c.c., dove il terzo si identifica nel creditore (accollatario). L’accollo produce così una modificazione soggettiva del rapporto debitorio, in cui si inserisce – vedremo con quali effetti – la figura dell’accollante; in linea di massima, l’oggetto dell’accollo è infatti rappresentato dalla posizione del debitore originario la quale viene rilevata dall’accollante. L’adesione a questa tesi dottrinale che attribuisce all’accollo la natura di contratto stipulato a favore del terzo, produce subito un primo punto fermo; secondo lo schema 16

Si veda Cassazione sentenze nn.9982/04, 4604/00 e 8044/97.

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civilistico di cui all’art.1411, c.c., il contratto a favore di terzo produce immediatamente effetti tra lo stipulante (nel caso, il debitore accollato) ed il promittente (nel caso, l’accollante), mentre la dichiarazione del terzo (nel caso, il creditore accollatario) di volerne profittare17 assume la natura di mera condizione sospensiva; il suo verificarsi, ossia solo il consenso del terzo, comporta l’acquisto da parte del terzo stesso del diritto che discende dal contratto18. Secondo la ricostruzione, seppure non unanimemente condivisa in dottrina, operata dalla Corte di Cassazione19, l’accollo è quindi un contratto stipulato a favore del terzo creditore accollatario, che produce immediatamente effetti fra i contraenti (l’accollato e l’accollante), ma che solo con la dichiarazione di adesione del creditore stesso può estendere su questo soggetto i propri effetti. La dottrina ha allora distinto: I. l’accollo “interno”: quando il contratto stipulato fra accollato ed accollante spiega effetti solo fra le due parti. Si parla anche di “accollo semplice” in quanto, mancando ogni forma di adesione del creditore, il rapporto si esaurisce fra l’accollante e l’accollato, senza alcun effetto giuridico nei confronti del creditore20. In capo al debitore accollato, quindi, si genera un diritto di credito verso l’accollante il quale si sostanzia nella pretesa di ottenere da questi o i mezzi necessari per adempiere al pagamento del proprio debito verso il creditore, o la pretesa di ottenere il rimborso delle somme impiegate per il pagamento del debito stesso o infine la pretesa che l’accollante adempia agli obblighi di pagamento del debito accollato direttamente a favore del creditore. In questa fattispecie, il terzo creditore non partecipa al contratto che, pur non spiegando alcun effetto nei propri confronti, è comunque tale da produrre un beneficio a suo favore (di qui, la configurazione che trattasi comunque di un contratto riconducibile allo schema del negozio a favore di terzo) in quanto, seppure in modo meramente casuale, gli consente di avere una maggiore garanzia di esazione del proprio credito. II. L’accollo “esterno”: intervenendo l’adesione del creditore al contratto di accollo, si realizza una vera e propria modificazione soggettiva nell’originario rapporto debitorio in essere fra l’accollato ed il creditore. A sua volta, nell’ambito dell’accollo esterno, si distingue fra: a) l’accollo “cumulativo”: quando l’accollante diviene, assieme all’accollato, contitolare del debito nei confronti del creditore accollatario; e b) l’accollo “liberatorio o privativo”: quando l’adesione del creditore comporta anche la liberazione piena ed irrevocabile dell’accollato, così che l’accollante si sostituisce all’accollato nella situazione di debito verso il creditore. E’ abbastanza evidente che, seppure tutte le forme in cui l’accollo può perfezionarsi siano volte a perseguire lo stesso scopo (che è quello di alleggerire o liberare la posizione debitoria dell’accollato realizzando nel contempo una situazione favorevole al creditore accollante) diversi sono gli effetti che il contratto può spiegare fra le parti e quindi i riflessi patrimoniali che può produrre su ciascuna ed in primis sul debitore accollato. In linea di massima, con l’accollo “interno”, si ha un effetto di mitigazione dell’esposizione debitoria dell’accollato in quanto gli viene riconosciuto il diritto di pretendere dall’accollante la dotazione dei mezzi finanziari per il pagamento del 17 18

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Ex art.1411, co. 2, c.c.. Ciò, in virtù del principio della intangibilità della sfera giuridica dei soggetti secondo cui in nessun caso un negozio giuridico può intaccare la sfera giuridica di un soggetto che ne sia rimasto estraneo. Si veda Cassazione sentenza n.9982/04. Così si esprime la Cassazione con sentenza n.8044/97.

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debito; con l’accollo “esterno”, invece, si ha addirittura una modificazione soggettiva del rapporto debitorio sino a giungere, nel caso dell’accollo “privativo”, alla immediata e piena liberazione dell’accollato dal proprio debito verso il terzo accollatario. Ciò che in ultima analisi distinguerà l’accollo fra interno ed esterno, sarà pertanto la volontà delle parti e l’adesione o meno al contratto del terzo creditore accollatario. La Corte di Cassazione21 ha peraltro affermato che si applica anche all’accollo esterno “cumulativo” la disposizione contenuta all’art.1268, co.2 c.c. in tema di “espromissione”, secondo cui il creditore che ha aderito all’accollo non può rivolgersi al debitore accollato senza aver prima richiesto l’adempimento all’accollante. In sostanza, nel caso di accollo “cumulativo” viene riconosciuto, per via analogica, un diritto dell’accollato alla preventiva escussione dell’accollante da parte del creditore.

L’accollo del debito come strumento di capitalizzazione della società: aspetti controversi e possibili soluzioni La ricostruzione della natura giuridica del contratto di accollo, consente di focalizzare ora l’attenzione sulla possibilità di utilizzare questo strumento come mezzo di capitalizzazione della società, vuoi anche al fine di ricostituire il capitale sociale eroso da perdite d’esercizio. Si può ipotizzare il caso in cui una società sia debitrice nei confronti di alcuni istituti di credito di somme ricevute a titolo di finanziamento a lungo termine. Nell’ambito di un piano di ristrutturazione del debito, potrebbe essere quindi proposto alle banche da parte dei soci, oppure da parte di terzi interessanti all’ingresso nel capitale della società, l’assunzione del debito di finanziamento a proprio carico e, quindi, la capitalizzazione della società debitrice. Un’ipotesi di questo tipo dovrebbe quindi configurare un’operazione attraverso cui, da una parte, ai soci (o ai terzi) viene traslato il debito della società verso le banche e, in seconda battuta, i soci (o i terzi) procedono ad una capitalizzazione della società. Lo strumento giuridico dell’accollo, in cui il debito della società (accollata) viene assunto da un socio o da un terzo (accollante), parrebbe quindi prestarsi in modo idoneo a realizzare gli scopi sopra esposti. Ma è proprio così? La dottrina non è infatti concorde sull’effettiva utilizzabilità dell’accollo come strumento idoneo a pervenire alla capitalizzazione della società debitrice, a maggior ragione quando il terzo accollante non è un socio della società, bensì un soggetto esterno alla compagine societaria che intende utilizzare lo strumento dell’accollo proprio come mezzo di ingresso nel capitale della società stessa. La dottrina che si orienta in senso favorevole all’utilizzo dell’accollo del debito come mezzo di capitalizzazione della società22, fa perno principalmente sulla formulazione di un accollo “esterno privativo”, ossia un accollo che si perfezioni con l’adesione del creditore e la liberazione piena del debitore originario (accollato). Occorre tuttavia distinguere gli effetti che si producono in funzione della posizione dell’accollante rispetto alla società (accollato): ¨ se l’accollante è già socio della società, si può ritenere che l’effetto della liberazione definitiva del debitore (la società accollata) dal debito si atteggi ad un atto avente spirito di liberalità, o meglio la cui causa sia da individuare nella politica imprenditoriale del socio volta al sostentamento della società partecipata. In questo caso, allora, la “sopravvenienza attiva” – seppure impropriamente denominata tale - di cui la società accollata beneficia per effetto dell’accollo, parrebbe avere tutti i requisiti per rappresentare un vero e proprio 21 22

Si veda la citata sentenza n.9982/04. Si veda C.Busi, Azzeramento e ricostituzione del capitale nelle società per azioni, in Notariato, 5/95.

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versamento a fondo perduto del socio accollante, come tale anche utilizzabile per una ricostituzione del capitale sociale eroso dalle perdite di gestione. In questa ricostruzione, secondo l’opinione di quanti vedono nell’accollo uno strumento idoneo a perseguire i fini di capitalizzazione della società, la rilevazione contabile dell’operazione presso la società accollata avverrebbe allora nello stesso modo in cui viene rilevato un comune versamento di denaro a fondo perduto.23 ¨ Se, invece, il terzo accollante è un soggetto non già socio della società accollata, di certo la “sopravvenienza attiva” generata in capo alla società non può essere utilizzata dall’accollante a fronte della sottoscrizione del capitale sociale della società medesima24; bensì, così atteggiata l’operazione, non può che intravvedersi un atto di mera liberalità che, in ultima analisi, produce effetti benefici ad esclusivo favore dei soci della società accollata, sotto forma di un componente straordinario di reddito della società stessa. Ecco allora che se, in un caso come questo, il terzo accollante intende utilizzare l’accollo come strumento di sottoscrizione del capitale sociale della società, si deve necessariamente pensare alla stipulazione di un accollo verso corrispettivo; in altri termini, la causa dell’accollo non sarebbe più la liberalità, bensì la corrispettività. In questo modo, con il perfezionamento dell’accollo la società accollata verrebbe a sostituire al debito verso il creditore accollatario – da cui è liberata – un debito nuovo verso l’accollante di importo pari, o inferiore, a seconda di quanto convenuto, rispetto a quello traslato all’accollante stesso. A questo punto, sì che l’accollante sarebbe titolare di un credito verso la società accollata, e potrebbe utilizzare questo credito per la compensazione di quanto dovuto a fronte della sottoscrizione del capitale della società, come pure eseguire un ulteriore versamento a fondo perduto mediante la rinunzia alla parte residua del credito sorto in relazione all’accollo. Dal punto di vista contabile, secondo questa ricostruzione, e facendo l’ipotesi di un terzo che intende entrare nel capitale della società essendo disposto ad accollarsi un suo debito in contropartita, si potrebbero proporre le seguenti scritture:

F All’atto della sottoscrizione del capitale sociale: Sig. X c/ sottoscrizione

a Capitale sociale

F In relazione alla stipulazione dell’accollo “verso corrispettivo” del debito della società da parte del soggetto che ha sottoscritto il capitale sociale: Debiti verso Banche

a Debiti verso Sig. X per accollo

F A fronte della compensazione fra il credito della società per la sottoscrizione del capitale ed il debito della società verso l’accollante: Debiti verso Sig. X per accollo

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a Sig. X c/ sottoscrizione

Il Principio contabile Oic 28 fra le operazioni suscettibili di produrre apporti iscrivibili a titolo di riserva di capitale menziona infatti anche le donazioni dei soci, a cui non parrebbe discostarsi più di tanto anche l’accollo del debito. In questo senso, Trib. Verona, decreto del 09/11/90: “I terzi accollanti non possono essere considerati sottoscrittori di azioni mancando nel bilancio della società poste attive idonee a consentire ad essi l’attribuzione di nuove quote di capitale, atteso che tutta la sopravvenienza attiva può ovviamente essere utilizzata, a mente dell’art.2442, c.c., dai soli soci della società ed in proporzione alle rispettive quote di partecipazione”.

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La dottrina che, diversamente, non ritiene che l’accollo possa essere strumento idoneo a perseguire i fini suddetti25, intravvede il punto di debolezza della suesposta ricostruzione proprio nell’iscrizione del credito dell’accollante verso la società accollata. In sostanza, a giudizio di questa dottrina, in assenza di un’espressa pattuizione in merito, l’accollo non produce alcun debito dell’accollato verso l’accollante; un simile effetto potrebbe derivare solo da una specifica clausola con cui l’accollato si impegna a corrispondere all’accollante una somma a titolo di corrispettivo della assunzione del proprio debito. Solo in questo modo, alla traslazione del debito originario, si accompagnerebbe la nascita di un nuovo debito dell’accollato verso l’accollante. Questa ricostruzione, però, si presterebbe a dubbi di legittimità in quanto condurrebbe alla creazione ad hoc di un credito ritenuto soggetto a possibili vizi di fittizietà, il che potrebbe allora inficiare la legittimità del suo successivo impiego in compensazione di quanto dovuto per la sottoscrizione del capitale della società. Nel tentativo di addivenire ad una conclusione, ad avviso di chi scrive, sembrano esservi ragioni sufficienti per preferire l’adesione alla teoria più permissiva e quindi ritenere che l’accollo possa essere utilizzato, con le dovute cautele, come strumento di capitalizzazione della società da parte dei soci. In questo contesto: - quando fossimo in un’ipotesi di accollo “interno” oppure di accollo “esterno cumulativo”, s...


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