Alternative Dispute Resolution Unitn PDF

Title Alternative Dispute Resolution Unitn
Author Matteo Girardello
Course Risoluzione alternativa delle controversie civili e penali
Institution Università degli Studi di Trento
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Summary

Sbobine appunti corso di ADR...


Description

TO DO: -inserire articoli -controllare parole rosse con altri compagni Struttura del corso  3 moduli: teorico (mercoledi), mediazione e negoziazione pratica (giovedì e venerdì). Materiali appunti, manuali di ausilio, materiali su moodle. Prof. Luiso, V manuale di dir proc. Civile Esame prova scritta, tre domande che cercherà di coprire tutta la tematica affrontata in queste ore di lezione (una per ogni modulo). 09/10 ADRquesta dicitura ed il suo acronimo sono ormai espressione ormai diffusa in altri OG: si sostiene che il movimento ADR sia nato negli USA e abbia avuto diffusione negli altri ordinamenti giuridici. ADR è una espressione contenitore di tutta una serie di metodi. Se dovessimo tradurre in italiano questa espressione, dovremmo dire che la nostra clinica riguarda i metodi alternativi al processo giurisdizionale di risoluzione del conflitto. Laddove in realtà in inglese si parla di “alternative dispute resolution”, e ovviamente in italiano traduciamo come “alternativa”, vedremo che c’è stato chi laddove ha visto l’acronimo ADR ha interpretato quella A in modo diverso dalla prima lettera dell’aggettivo alternativo, ma come la prima lettera dell’aggettivo appropriato, adeguato. Ma l’espressione è nata come alternative dispute resolution, quindi la traduzione non può che essere metodi alternativi al processo giurisdizionale di risoluzione dei casi. Ci sono una serie di parole chiave in questa espressione che vanno esaminate 1. “Conflitto” che cos’è un conflitto? Brainstorming in classe: - Controversia che è collegata ad una pretesa giuridica di uno o più soggetti - Contrasto tra interessi. - Nel conflitto c’è un obiettivo da raggiungere che può essere comune ma non necessariamente entrambe le parti lo possono raggiungere. - Situazione di avversità tra due soggetti - Situazione di incertezza - Situazione in cui le parti sostengono posizioni apparentemente inconciliabili. Allorché si verifichi un conflitto, che piani coinvolge il conflitto? Un piano è quello economico, ma c’è anche quello emotivo-personale (es. conflitti familiari), psicologico, imprenditoriale (il conflitto può incidere sulla strategia imprenditoriale: devo rimanere in rapporto contrattuale nascente dal contratto di fornitura con quel soggetto oppure no nel futuro), dimensione collettiva (il conflitto è comunque inserito nella comunità), dimensione comunicativa anche, c’è una crisi comunicativa (la comunicazione si interrompe, c’è un aspetto linguistico-comunicativo, che da manifestazione esterna dell’aspetto piscologico-emotivo ecc.). Da tutto quello che abbiamo detto, emerge che il conflitto è un fenomeno molto complesso, che involge una crisi che attiene a sicuramente a pretese giuridiche tra loro contrastanti, interessi tra loro inconciliabili (o apparentemente inconciliabili) e che si muove su piano diversi e tutti questi piani sono coinvolti nel momento in cui sorge un conflitto. 2. “Processo giurisdizionale” 3. Aggettivo “alternativi” 4. “metodo” Se il conflitto è complesso, diventa altrettanto complesso il metodo di risoluzione del conflitto. Data la definizione di conflitto e che piani interessa un conflitto, il problema è chiedersi che metodi ci sono per risolvere questo conflitto e quando si ha la soluzione di questo conflitto? I piani interessati dal conflitto sono tanti, tenendo conto della complessita del conflitto noi dovremmo dire olisticamente il conflitto è risolto quando tutti i vari piani in cui sia

emersa una crisi trovano una composizione. In questo senso va bene la parola sintesi: ci vuole una soluzione che tenga conto delle varie caratteristiche del conflitto. Quali sono i metodi per risolvere questo conflitto? Nell’utopia noi immaginiamo che il conflitto venga risolto in tutti i vari piani, tuttavia non è detto che in concreto tutti queste tensioni vengano appianate e che si abbia una composizione su tutti questi piani. Immaginiamo tutti i metodi che vengono in mente, ancorchè non siano metodi soddisfacenti per tutti i vari piani. - Compromesso tra le parti che segue a un metodo dialogico: le parti confliggenti e raggiungono quella sintesi che si può definire compromesso. Il dialogo può essere non solo sull’oggetto del conflitto ma anche sullo stesso metodo di risoluzione dello stesso: ci accordiamo quali metodi utilizzeremo per risolvere questo conflitto. - il processo giurisdizionale davanti al giudice statale - coinvolgendo una persona terza (non giudice) che risolva il conflitto (  arbitrato) - Contratto ( simile a compromesso) - meno civilmente la coercizione con l’uso della forza - evitare il conflitto. Mettiamoli in ordine: evitamento, alterego rispetto all’evitamento è la coercizione; abbiamo poi la possibilità di risolvere il conflitto con il negoziato con la controparte (= dialogo) per raggiungere che cosa? Negozio o un contratto attraverso il quale risolvere il conflitto; posso poi coinvolgere un terzo perché possa aiutarmi a gestire meglio il tavolo di negoziato con la controparte: questo accade con la mediazione: noi abbiamo un soggetto terzo che è un mediatore che è li per aiutare (anche prendendo in considerazione che vi è una crisi comunicativa e la presenza di un piano emotivo di conflitto) le parti a negoziare un accordo conciliativo. Possiamo avere il coinvolgimento del terzo che è più invasivo rispetto a quello del mediatore: il terzo può non limitarsi a sedersi con le parti al tavolo di negoziato e cercare di agevolare il dialogo, ma il terzo può fare delle proposte: in questo caso ove il terzo ha un ruolo più attivo, anche propositivo siamo di fronte ad una conciliazione: connaturata nella mediazione è una prognosi del terzo rispetto alla più giusta soluzione della controversia (metodo di risoluzione della controversia molto sentito e con una sua autonomia nell’OG tedesco, in altri ordinamenti, invece tra mediazione e conciliazione non c’è una reale distinzione). In alcuni contesti, soprattutto quello internazionale, non si distingue tra mediazione e conciliazione. Proseguendo nella nostra attività di classificazione verso un sempre più incisivo coinvolgimento del terzo abbiamo sicuramente l’arbitrato. Nell’arbitrato noi abbiamo il fatto che le parti, dialogando tra loro, decidono di accordarsi sui metodi di risoluzione del conflitto, decidendo di attribuire ad un terzo (in questo caso l’arbitro) il potere di decidere della controversia e quindi di emettere quell’atto, il lodo, con il quale l’arbitro decide sulla controversia. Ancora più invasivo è l’ultimo metodo: processo davanti al giudice statale, ove noi abbiamo la soluzione della controversia per il tramite dell’intervento di un soggetto terzo che non è scelto dalle parti ma è predeterminato dalla legge, sulla base dei criteri normativi di competenza. Il terzo, il giudice, è chiamato a decidere del conflitto. Questa è la carrellata che noi abbiamo individuato. Quattro parole chiave queste che sono i punti focali di questo corso e ciascuno di questi deve essere oggetto di nostra interpretazione per capire che cosa intendiamo quando parliamo di metodi alterativi al processo giurisdizionale di risoluzione delle controversie. Qual è il minimo comune denominatore di tutti questi strumenti (che risolvono per la verità assai diversamente il conflitto) fatta eccezione per la fuga e la coercizione (che è vietata anche guardando i delitti di ragion fattasi, ergo l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni). La vincolatività della decisione anzitutto: all’esito del metodo di risoluzione del conflitto, qualunque esso sia, vi è

un atto vincolante tra le parti che fissa per il futuro la loro regola di condotta. E in questo senso la controversia è risolta, magari internamente non è risolta da chi subisce l’atto (ed è quindi soccombente rispetto alla pretesa giuridica). Dobbiamo fare delle distinzioni: ad un certo punto l’atto che esce da questi metodi sarà diverso a seconda del metodo prescelto. Qui dobbiamo indagare ciascuno di questi aspetti per poi fare una distinzione tra i vari metodi: Metodi di natura negoziale a) Le parti siedano al tavolo di negoziato e vogliono raggiungere la stipulazione di un contratto (che ha forza di legge), che fisserà la loro successiva regola di convivenza. In particolare se noi scorriamo il c.c. abbiamo una disposizione che si occupa di un contratto che mira alla risoluzione di un conflitto: il contratto di transazione. Il principio di atipicità dei contratti permette più tipologie di contratti che mirino alla risoluzione del conflitto, ma almeno un contratto di questa species lo tipizza. Il contratto di transazione (art. 1965 c.c.) è quel contratto con cui le parti facendosi reciproche concessioni pongono fine ad una lite già cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Qui vediamo che la causa del contratto è la risoluzione della controversia. Pur tuttavia, l’art 1965 c.c. al co 2 ci dice anche che con queste reciproche concessioni le parti possono creare, modificare o estinguere rapporti diversi da quello che è oggetto della contestazione tra le parti e della controversia. b) Peraltro è vero che il c.c. tipizza questo contratto di transazione quale contratto di risoluzione di una controversia già sorta, ma in fondo le parti nella loro autonomia contrattuale potrebbero stipulare anche altri contratti risolutivi della controversia. Potremmo immaginare anche contratti atipici che raggiungono questo scopo, purchè tale contratto rispetti i limiti di cui al 1966 c.c.: le parti devono avere la facoltà di disporre del diritto oggetto del contratto. Quello che esce da questo metodo è un contratto, che ha quindi forza di legge, ed è un atto vincolante per le parti che stabilisce la loro regola di condotta e in questo risolve la controversia. c) Un altro contratto che possiamo immaginare finalizzato alla risoluzione di una controversia è il contratto, non esplicitato nel nostro c.c. ma che trova una sua disciplina nel BGB, è il negozio di accertamento: negozio attraverso il quale le parti determinano in modo definitivo tra di loro l’esistenza/contenuto/limiti di una determinata situazione giuridica soggettiva sostanziale. Causa di questo contratto sarebbe proprio l’accertamento. Da questo negozio di accertamento nascerebbe per le parti che lo stipulano l’obbligo giuridico di intendere in quel determinato modo la situazione giuridica soggettiva sostanziale. Figura che è stata controversa nel nostro OG. La dottrina ha dibattuto sulla sua ammissibilità nel nostro OG. Una dottrina oggi minoritaria nega che nel nostro ordinamento possa avere albergo questo negozio di accertamento e sostiene che l’attività accertativa sarebbe attività tipica, esclusiva del giudice, non sarebbe una attività che può essere svolta dalle parti. Altre dottrina e giurisprudenza (, maggioritaria, afferma l’ammissibilità di tale contratto atipico in virtù dell’autonomia negoziale riconosciuta dall’art 1322 c.c. Non solo, tale dottrina afferma che l‘art 1321 c.c. laddove ci da la definizione di contratto, il verbo regolare interpretato estensivamente andrebbe ad includere anche l’accertamento. La Cass. 1636/2019 afferma che il negozio di accertamento è ammissibile ed ha come scopo/causa di chiarire una situazione giuridica soggettiva obiettivamente incerta. d) Ancora potremmo immaginare la possibilità che le parti arrivino a stipulare un contratto con la tecnica dell’arbitraggio. Siamo a metà strada qui tra un negoziato tra le parti e un coinvolgimento di un terzo. Le parti stipulano un contratto ma non ne determinano l’oggetto e lasciando ad un terzo la determinazione della prestazione. La determinazione del terzo avviene

di regola secondo equo apprezzamento del terzo, salvo che non volessero il suo mero abitrio. E’ un altro modo per risolvere il conflitto: io arrivo alla stipula del contratto, nasce però una controversia sulla prestazione del contratto e le parti decidono che sia un terzo a determinare l’oggetto della prestazione. e) Questo negoziato può essere realizzato quando le parti non riescono da sole a raggiungere la stipula di un contratto, le parti confliggenti possono dare procura ad un soggetto terzo ( il negoziatore), invece di sedersi direttamente al tavolo di negoziato. Non abbiamo un terzo che decide sulla controversia, ma un terzo negoziatore professionista che negozia per una delle due parti e abbiamo un altro negoziatore professionista che negozia per la controparte. Metodi che comportano il coinvolgimento di un terzo: a) Mediatore: colui che si siede al tavolo o con le parti confliggenti personalmente o con le parti che partecipano al tavolo mediante negoziatori, e cerca di moderare questo tavolo e di facilitare il negoziato. Quindi facilitare la stipulazione di contratto. Questo atto è risultato dell’attività di chi? A chi comunque è imputabile il risultato? Alle parti, il mediatore è stato solo li per aiutare a comunicare (differenza conciliazione). b) Conciliazione: abbiamo già detto, terzo propone soluzioni Tutti i metodi che abbiamo elencato fino a questo momento sono metodi in cui la soluzione del conflitto proviene dalle parti stesse. E’ per questo che questi metodi sono detti metodi autonomi di risoluzione di controversie perché provengono dalle parti stesse. Qual è però la condicio sine qua non perché si arrivi al raggiungimento di questo atto vincolante tra le parti che fissa la regola di loro condotta per il futuro? Ci deve essere in consenso tra le parti. Se non c’è la convergenza delle parti non si può pervenire ad una soluzione di questo tipo. Questo è un vantaggio o svantaggio? Dipende perché se abbiamo il consenso delle aprti molto più probabilmente il conflitto verrà risolto su diversi piani e non su un piano solo: se hai manifestato il consenso, siccome è un consenso che proviene dalla parte confliggente vuol dire che il contenuto dell’atto risolutivo della controversia la soddisfa; lo svantaggio è però che è appunto necessario il consenso della controparte, se no quell’atto con forza vincolante non lo raggiungo e il conflitto non lo risolvo. In modo affatto diverso si atteggiano gli altri metodi di risoluzione del conflitto (processo davanti al giudice statale/arbitrato). Questi ultimi sono definiti metodi eteronomi perché l’atto che ne esce è un atto vincolante tra le parti che fissa la regola di condotta per il futuro ma viene stabilita da un giudice privato o statale. Deriva da un soggetto terzo e non dalle parti stesse. 16/09 Se il metodo di risoluzione della lite è autodeterminato, ciò significa che vi sia stato accordo tra le parti, e questo è un vantaggio, ma proprio perché tale regola di condotta deve discendere da un accordo, questo può anche essere uno svantaggio, perché non è detto che ci sia. Quando parliamo di metodi eteronomi, in particolare quello eteronomo per eccellenza, cioè il processo, dobbiamo pensare alle caratteristiche del processo, per capire le differenze rispetto ai metodi autonomi. c) Processo: Il giudizio si apre con una domanda giudiziale, ex art. 2907, con cui viene chiesta al giudice la tutela giurisdizionale di un certo diritto soggettivo. L’oggetto coincide con quel diritto soggettivo, nell’ambito di una certa pretesa giuridica, che chiamiamo posizione giuridica. Questa domanda giudiziale comporta come conseguenza l’obbligo per il giudice, ex art. 112, di corrispondenza tra richiesto e pronunciato. Quindi i confini del processo civile sono delimitati dalla domanda giudiziale, quindi determinati dalla posizione giuridica oggetto della domanda giudiziale. Lo scopo del processo è quello di giungere ad un accertamento sulla posizione

giuridica, quindi di giungere a una pronuncia su una domanda giudiziale che sia stabile, e quindi a produrre un effetto di giudicato sostanziale. Come si persegue questo fine? Il processo si svolge attraverso una serie di fasi, che passano attraverso la fase introduttiva, di trattazione, istruttoria, e la fase conclusiva. Il giudice dovrà risolvere una quaestio facti, ovvero una ricostruzione storica che chiameremo accertamento storico descrittivo e una quaestio iuris, dovrà cioè individuare la norma generale ed astratta da applicare alla fattispecie, e fissare una regola di condotta valevole per il futuro. Abbiamo nel processo un accertamento storico descrittivo, in questo consiste la ricostruzione della fattispecie concreta che si è verificata nello scorrere della vita e che è stata indicata come causa di quella controversia. Proprio su questa ricostruzione storica poggia poi l’applicazione della norma astratta, attraverso il meccanismo della sussunzione una volta ricostruita la fattispecie concreta io individuo come giudice la norma generale e astratta che debbo applicarvi e tramite quella applicazione della norma generale e astratta arrivo a realizzare quello che è un accertamento che vale per il futuro, cioè l’accertamento incontrovertibile dell’esistenza o inesistenza di quella posizione giuridica che è quello che mi fissa la regola di condotta per il futuro per le parti fino a quel momento confliggenti e che quindi diventa vincolante per le parti stesse. In tutto questo procedimento, o meglio processo (perché tutto questo svolgimento di parti caratterizzate da questo tipo di procedimento, cioè ricostruzione del fatto e applicazione della norma generale e astratta), ebbene questo iter procedurale non è un procedimento ma un processo perché è caratterizzato dall’osservanza del principio del contraddittorio: parliamo di processo e non di procedimento ogniqualvolta il procedimento veda applicato in seno ad esso il principio del contraddittorio. Sia il convenuto che l’attore devono aver avuto la possibilità di dire e contraddire con riguardo all’oggetto della domanda giudiziale), noi abbiamo la fissazione della regola di condotta futura delle parti sempre ed esclusivamente da parte del giudice, terzo, imparziale ed indipendente, il quale fissa la regola sulla base dei criteri della norma del diritto/equitativi (art. 113 c.p.c.) questo è il modo attraverso il quale il giudice determina la regola per il futuro di condotta delle parti confliggenti. Una regola per il futuro che in quanto fissata dal giudice in seno a questo processo è una regola che è fissata in modo autoritativo dal giudice. Siccome il giudice è espressione del potere giurisdizionale, che è un potere autoritativo dello Stato, in questo si giustifica il fatto che la regola da lui fissata sia vincolante per le parti indipendentemente dal fatto che una di esse non abbia acconsentito a quella regola. Di qui dicevamo una caratteristica che differenza il processo (metodo eteronomo di risoluzione della controversia) e metodi autonomi di risoluzione della controversia. Qui essendo il giudice espressione del potere giurisdizionale dello Stato, nel momento in cui decide la controversia per il tramite di questo processo applicando le norme di diritto o il criterio equitativo, ebbene questa regola di condotta per il futuro è vincolante per le parti indipendentemente dalla loro cooperazione e dal loro consenso. Nel processo, anzitutto, le regole procedurali sono fondamentali e la loro osservanza è richiesta a pena di invalidità della pronuncia del giudice che fissa la regola di condotta per il futuro. Perché l’osservanza delle regole procedurali nel processo è condizione di validità della pronuncia del giudice. La sentenza del giudice che fissa la regola di condotta per il futuro in modo vincolante, non è frutto di un consenso tra le parti, di accordo tra le parti circa quella regola di condotta, quindi è di tutta evidenza che se c’è un terzo che impone la soluzione di controversia fissando attraverso la norma di diritto/criterio equitativo la regola di condotta per le parti, beh allora è chiaro che se questa imposizione deve arrivare da un processo in cui le regole procedurali sono state rispettate. Ancora, potrebbe il giudice, in spregio al 113 c.p.c., utilizzare un criterio diverso per risolvere quella controversia? Potrebbe decidere la controversia sulla base delle norme applicabili ma

sulla base di valutazioni di opportunità? Si può affermare che ci deve essere in un certo qual modo un criterio oggettivo per determinare come si è arrivati al segno del dictum del giudice. Qui il problema è che il giudice può valutare l’opportunità della soluzione nella controversia? E’ nella posizione di svolgere queste valutazioni di opportunità? Le valutazioni di opportunità si correlano ad una v...


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