Bombardare-auschwitz-riassunto PDF

Title Bombardare-auschwitz-riassunto
Course Modern History
Institution Sapienza - Università di Roma
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Riassunto del libro

Bombardare Auschwitz - Perché si poteva fare, perché non è stato fatto. di Umberto Gentiloni Silveri

Visto dagli occhi dei deportati (vedi le testimonianze raccolte nel capitolo 1), il non-intervento degli aerei alleati per fermare la macchina di morte nazista appare come indifferenza verso lo sterminio (e almeno in parte, Gentiloni Silveri sembra condividere questo punto di vista). Questo punto di vista mette in discussione la qualità della “vittoria finale” perseguita dagli alleati. Il loro obbiettivo è raggiungere la fine della guerra il più presto possibile. Questo obbiettivo si può raggiungere depotenziando l’apparato industriale tedesco, bombardando le industrie collegate alla macchina bellica. Bombardare anche i campi di concentramento e sterminio non era funzionale a una vittoria in tempi rapidi. Non erano obbiettivi strategici.

Gentiloni Silveri insiste sulle numerose fughe di notizie dal campo; è difficile pensare che gli alti comandi alleati non fossero a conoscenza della realtà dei campi: - luglio ’43 - Jan Karski, che aveva partecipato alla Resistenza polacca [e non era né un ebreo, né un deportato], informa il presidente Roosevelt in persona dello sterminio sistematico (non una “banale” persecuzione) degli ebrei polacchi. Altre testimonianze dello sterminio da parte di combattenti della Resistenza polacca si hanno già dal ’42 (!).

- primavera ’44 - Walter Rosenberg (usa poi lo pseudonimo Rudolf Vrba) e Alfred Wetzler, riusciti a evadere da Auschwitz, scrivono i Protocolli di Auschwitz (anche noto come Rapporto Vrba-Wetzler). [Il titolo è un ironico riferimento al falso storico dei Protocolli dei Savi di Sion]

- estate ’44 - aerei alleati da ricognizione sorvolano e fotografano il campo di Auschwitz-Birkenau. [Le foto verranno rese note solo nel ’79] - luglio ’44 - l’esercito russo libera il campo di Lublino. È il primo contatto diretto e inequivocabile con la macchina di morte nazista.

Testimonianze importanti ma posteriori alla fine della guerra: 1979 - esce un rapporto CIA di Brugioni e Poirier sulle foto effettivamente scattate su Auschwitz dagli aerei alleati nell’estate del ’44. I due trovano le foto calcolando la traiettoria degli aerei da ricognizione diretti alle industrie tedesche. Queste foto nello stesso ’79 vengono simbolicamente donate dal presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter al sopravvissuto e (futuro) premio Nobel per la pace Elie Wiesel. 1980 - la sopravvissuta Lili Jacob nel ’45 aveva trovato nel suo campo, appena liberato dagli americani, un album fotografico dei nazisti che documentava tutta la storia della deportazione del convoglio di ebrei ungheresi di cui faceva parte. Conservatolo gelosamente, nel 1980 lo dona al museo ebraico di Gerusalemme. È l’unica testimonianza fotografica superstite della Soluzione finale. 2004 - alcune foto fatte nel ’44 dall’aviazione inglese, la RAF, vengono digitalizzate e pubblicate in rete.

Motivi contro il bombardamento dei campi: 1) bombardare i campi, con un impiego di risorse (soprattutto economiche) non indifferente, avrebbe ritardato la fine della guerra. 2) opinione di Speer: Hitler avrebbe ordinato di fucilare sul posto, in caso fossero mancati i campi; bombardarli non avrebbe impedito ai nazisti di perseguire l’Endlösung (= Soluzione finale). 3) difficoltà tecniche: i bersagli erano troppo piccoli, e pieni di civili innocenti. Tralasciando che alcune testimonianze (nel capitolo 1 del libro) dicevano che avrebbero accettato la morte per porre fine a quell’orrore, l’obiezione più efficace viene dal sopravvissuto e premio Nobel per la pace Elie Wiesel: gli americani non si sono fatti scrupoli a bombardare intere città tedesche. Le prime due tesi però restano valide. Tentare di impedire l’Olocausto avrebbe avuto un costo non indifferente. Forse avrebbe fatto perdere la guerra agli alleati? Ma Gentiloni Silveri non sta scrivendo per fare storia controfattuale, cosa che probabilmente avrebbe reso questo libro meno un dito in c*** e più interessante, ma si limita a sproloquiare per cento pagine e girare intorno a una tesi (che malgrado come viene posta, è valida): non si può dare retta a chi dice che non si sapeva abbastanza. Si sapeva ma si è deciso di non intervenire. C’è anche da dire che durante la guerra e nell’immediato dopoguerra il problema dello sterminio ebraico non aveva la risonanza che ha oggi, anzi, era quasi messo da parte (lo schifo). La sensibilità verso lo sterminio che conosciamo è nata nel 1961, col famoso processo a Adolf Eichmann, comandante nazista sfuggito a Norimberga e rifugiatosi in Argentina. Scoperto dall ’intelligence israeliana, fu portato e processato a Gerusalemme, e condannato a morte. Il messaggio ultimo del libro di Gentiloni Silveri (che malgrado come messaggio sia valido, come anche la tesi di fondo è valida, il libro rimane di infimo livello) viene affidato alle parole del sopravvissuto a Auschwitz Piero Terracina: non bisogna lasciare che la “scusante” della strategia bellica permetta di non intervenire per fermare tragedie umane dove avvengono, perché avvengono, anche adesso (si accenna anche al terrorismo di Daesh [ISIS]). A volte preservare dei valori civili è importante quanto vincere una guerra.

Lore von K...


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