Connecting-television-4 PDF

Title Connecting-television-4
Author Oriana Caringi
Course Comunicazione d'impresa
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 35
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Summary

Connecting TelevisionLa televisione dopo la televisione“la televisione non è solo una tecnologia o un semplice apparecchio- come un tostapane- che ha trovato posto nelle nostre case per più di cinquant’anni. In realtà, funziona sia come una tecnologia sia come strumento di cultural storytelling” A. ...


Description

Connecting Television La televisione dopo la televisione “la televisione non è solo una tecnologia o un semplice apparecchio- come un tostapane- che ha trovato posto nelle nostre case per più di cinquant’anni. In realtà, funziona sia come una tecnologia sia come strumento di cultural storytelling” A. Lotz Molti studiosi provano a capire se la televisione stia finalmente uscendo dalla condizione di isolamento. In realtà la posizione predominante del medium non sembra intaccata. Anche nel caso come in Italia in cui la rivoluzione è stata annunciata epocale nella transizione al digitale terrestre in realtà la posizione del broadcaster generalista non viene posta in dubbio come anche le abitudini di consumo del modello televisivo tradizionale. La metafora della televisione dopo la televisione allude ad un pluralità di possibili alternative evolutive del mezzo e non scommette sulla scomparsa della forma broadcast, ma sposta la sua attenzione sulla trasformazione della forma culturale. Acquisire la consapevolezza delle trasformazioni del medium impone la necessità di interrogarsi sulla sua definizione. Esempio di youtube si può definire televisione? Non si tratta di riposizionare la funzione del medium in un contesto competitivo esterno, non è un nuovo medium a minacciare la televisione ma è lo stesso medium. Definizione di televisione  television set: piattaforma di distribuzione e dispositivi tecnologici utilizzati per l’accesso;  television programs: tipologie di contenuto organizzate e distribuite attraverso le differenti piattaforme;  television business: modelli produttivi, organizzativi e regolamentari che consentono di valorizzare la distribuzione dei contenuti; (chi paga per che cosa)  television: medium in se stesso, cioè l’insieme delle pratiche culturali, economiche, politiche e sociali che si sono storicamente sedimentate intorno ad una configurazione tecnologica del mezzo e alle forme di visione che ha reso disponibili. Nel passato la visione era collettiva, il pubblico era ispezionabile e prevedibile e le interfacce erano assenti. Dalla televisione come un flusso unidirezionale, coerente,controllato da una programmazione centralizzata si è passati alla televisione come un’esperienza bidirezionale, frammentata, controllata dall'utente. Da un pubblico di massa si è passati a spettatori individualizzati; e da un luogo di memorizzazione pubblica si passa a un luogo sempre più personale dove emergono forme di espressione sia pubbliche che private. Questi cambiamenti non hanno intaccato le caratteristiche temporali del medium televisivo, che fanno riferimento alla sfera dell’immediatezza e della continuità, ma hanno trasformato radicalmente l’esperienza relativa alla messa in sequenza, all’interpretazione e alla ripetizione. La forza strutturante del medium, inizialmente sorretta dalla configurazione tecnologica dei television set, che lasciava poche possibilità di sottrarsi al flusso organizzato imposto dai broadcaster, sta evaporando in un contesto in cui è il singolo contenuto – e il desiderio di appropriarsene, di manipolarlo e di condividerlo – che orienta la scelta, i tempi e le modalità di visione, la tipologia di schermo (tv, pc o mobile) e il livello di coinvolgimento (engagement medium).

La visione più radicale ed estrema dell’idea che la forma sia prevalente al messaggio afferma che “il medium è il messaggio” questo comporta che non si può dare un messaggio senza medium e che le differenti forme che il messaggio assume, all’interno di un singolo medium, determineranno il significato e l’efficacia dello stesso. Secondo McLuhan la televisione, a differenza della radio e del cinema, è un medium freddo che richiede un livello elevato di partecipazione e di «completamento» da parte del pubblico e promuove un coinvolgimento sensoriale esteso, in cui la dimensione prevalente è quella tattile. (determinismo tecnologico) “La forma a mosaico dell’immagine televisiva esige partecipazione e coinvolgimento in profondità dell’intero essere, come il senso del tatto. Viceversa l’alfabetismo, estendendo il potere della vista all’organizzazione uniforme del tempo e dello spazio, sul piano psichico come su quello sociale, apportò una capacità di distacco e di non coinvolgimento” McLuhan Williams (tecnologia determinata) egli elabora agli inizi degli anni ’70 cerca di ribaltare il nesso casuale tra evoluzione tecnologia e trasformazione sociale. Sono le persone che determinano l’avanzamento delle tecnologie. Introduce il concetto di flusso. «In tutti i sistemi avanzati di broadcasting,l’organizzazione tipica del contenuto e l’esperienza che se ne fa, è quella della sequenza o del flusso (flow). Questo fenomeno, il flusso pianificato, è probabilmente l’elemento caratteristico del broadcasting, sia come tecnologia sia come forma culturale». (R. Williams,1974). «La differenza del broadcasting rispetto a … altri sistemi di comunicazione non sta soltanto nel fatto che tali eventi o altri analoghi siano accessibili da casa, premendo un pulsante; ma nel fatto che l’effettivo programma offerto consiste in una sequenza o un insieme di sequenze alternative di questi o di altri eventi simili, fruibili nella stessa unità spazio-temporale e attraverso un’unica operazione». Gli spettatori non debbono far altro che accendere il televisore ed esporsi al flusso dei programmi e dei commercials, anche perché la configurazione del television set tende a limitare qualsiasi forma di interferenza e di esercizio diretto del controllo. La televisione diviene una presenza elettronica quasi ininterrotta, che si innesta negli spazi comuni della casa e si integra con altre attività come mangiare e svolgere le faccende domestiche o i compiti di scuola. La linearità sul piano temporale del flusso incorpora le interruzioni, che alimentano l’aspettativa di un continuo alternarsi tra programmi e commercials e si combinano con i tempi personali di entrata o uscita rispetto alla esposizione al mezzo televisivo e di dislocazione dell’attenzione rispetto ad altre attività che si svolgono in parallelo nello stesso ambiente domestico. Lo stesso Williams nel momento in cui analizza la formula culturale broadcast della network era statunitense, non dimentica di osservare le innovazioni tecnologiche e le trasformazioni degli usi sociali che annunciano una fase di transizione. Ciò che viene posto in discussione è la natura stessa del medium che, sulla base delle innovazioni tecnologiche nei sistemi di distribuzione e del processo di progressiva autonomizzazione dei comportamenti di consumo dei pubblici, sta mutando la sua configurazione industriale oltre che la sua forma culturale. Il medium broadcast comincia a minacciare se stesso.

Nella fase di transizione definita multichannel i telespettatori:  possono scegliere tra un numero elevato di canali,  possono liberarsi, attraverso le formule pay (subscription channels), dall’invadenza delle interruzioni pubblicitarie.  sono abilitati dal telecomando ad assumere un atteggiamento esplorativo  possono sfuggire alla schedulazione rigida attraverso i VCR. La necessità di prendere le misure rispetto a un comportamento decisamente più selettivo delle audience impone ai broadcaster la prima grande evoluzione – e sofisticazione – nei sistemi di monitoraggio che si incardina nella distribuzione dei (Nielsen) People Meter presso panel rappresentativi della popolazione televisiva. Questa nuova forma del medium televisiva pone sempre più nelle mani del telespettatore la possibilità di decidere cosa vedere, quando vedere nell’ambito di una offerta sempre più vasta. Uricchio sostiene che il medium sta transitando da una situazione in cui il flusso è producer controller ad una dimensione user generated. il flusso non è una condizione di default del sistema (basta accendere lo schermo e posizionarsi per la visione) ma una «condizione che richiede una selezione attiva» (Uricchio, 2009). Anche se il flusso rimane tendenzialmente il criterio attorno al quale si organizza l’esperienza di visione, la forma che gli assegna il medium – strutturandolo in canali, generi, intervalli temporali – vede erodere la sua capacità di incidere in maniera uniforme nella disponibilità quotidiana della quota maggioritaria della popolazione. Rispetto alla dicotomia forma e contenuto la fase multichannel rappresenta il momento in cui il contenuto emerge come criterio determinante per la costruzione dell’esperienza di visione.

Il contenuto emerge come criterio determinante per la costruzione dell’esperienza di visione. Questo processo evolutivo. Libera la televisione dal presupposto che il canale di distribuzione (il tv set domestico) sia un aspetto caratterizzante del contenuto che viaggia attraverso di esso. Sulla base di questa logica i dirigenti televisivi – e, di fatto, tutti i media executive – operano in realtà nel business dei contenuti, nel cui ambito il contenuto può essere definito come «una unità di informazione o un prodotto di intrattenimento che può essere venduto o sponsorizzato e successivamente distribuito attraverso una ampia gamma di canali e piattaforme» (Askwith). Vengono disposti in senso orizzontale i segmenti di offerta che, per la loro qualità e/o per la specificità dei pubblici di riferimento, possono consentire alle audience di inseguire una pluralità di preferenze e interessi (dallo sport al gossip, ecc.). Esplode la quantità dei contenuti che trovano espressione, più o meno definita, in formati «televisivizzabili». Le piattaforme di distribuzione (satellite, digitale terrestre ospitano l’espansione dell’offerta e lavorano a nuovi modelli sostegno economico (subscription, pay per view). Anche i broadcaster più tradizionali cominciano ad abituarsi all’idea che il processo di affrancamento della audience dalla dipendenza rispetto al producer controller flow è ormai inarrestabile e provano a ripensare la propria collocazione in un contesto profondamente mutato. In questo nuovo regime – l’era del narrowcasting – la vecchia audience di massa non solo si è frammentata, ma ha anche guadagnato un maggior potere di intervento nella creazione della propria sequenza di programmazione, nella definizione dei modelli di interpenetrazione (zapping durante la pubblicità, passaggio veloce da un canale all’altro) e, grazie al videoregistratore, nella individuazione della propria strategia per ripetere e recuperare i programmi (Uricchio, 2010). La convergenza digitale e le trasformazioni nel regime temporale del medium La prevalenza di metafore che tendono a descrivere l’evoluzione dei sistemi mediali come un processo in cui i vecchi media, come la televisione sono sostituiti dai nuovi media, come il computer, deriva da una visione che tende a ricondurre il concetto di medium alla solo determinante tecnologica. Jenkins afferma che è opportuno ricorrere a: “un modello dei media che lavora su due piani: nel primo un medium è un set di tecnologie che abilitano la comunicazione, nel secondo, il medium è un set di protocolli associati – o pratiche sociali e culturali che sono evolute attorno la tecnologia […] I sistemi di distribuzione non sono altro che tecnologie: i media sono anche sistemi culturali. A partire dal 2005 con l’avvio di quella fase contrassegnata dal web 2.0, le generazioni più giovani, in particolare, sembrano aver rimosso la televisione broadcast dalle loro abitudini di consumo ed entrano in contatto con i contenuti televisivi quasi solo attraverso la mediazione di piattaforme di online video aggregation (YouTube) o attraverso il peer to peer o attraverso l’accesso di piattaforme streaming illegali. La televisione è proiettata in un contesto in cui le pratiche di fruizione di tipo televisivo trovano spazio in altri ambienti di comunicazione (come il world wide web) o sono declinate su altri schermi personali (pc e handhelded device). I contenuti televisivi subiscono un processo appropriazione creativa (cut, remix, share) proprio delle culture partecipative. I social media ospitano i discorsi sulla televisione (social television) e favoriscono l’engagement dei pubblici.

i sistemi di distribuzione broadcast in digitale (DVB-T; DVB-S) soppiantano definitivamente l’analogico. Prevale un approccio multipiattaforma (digital broadcasting, IP -based) rispetto ai canali di distribuzione, e multidevice (tv, pc, second screen device) rispetto ai terminali di accesso. Gli schermi diventano terminali internet enabled e cominciano a ospitare servizi televisivi non lineari (on demand). Il complesso percorso che sta portando lo schermo televisivo a divenire un connected device, in grado di dialogare e competere con altri dispositivi personali procede in parallelo con una serie di altre innovazioni tecnologiche che prendono atto delle trasformazioni strutturali cui il medium è sottoposto. Si produce una profonda alterazione del regime temporale attraverso il quale vengono gestiti l’accesso e le modalità di fruizione dei contenuti, rispetto all’esperienza di visione che ha caratterizzato per decenni la televisione di flusso. “Attraverso l’uso delle tecnologie per il timeshifting, gli spettatori della televisione broadcast conformano la programmazione alle loro esigenze di orario e la espongono ai momentanei desideri dei loro click, poiché sono in grado passare rapidamente dai programmi live a quelli registrati. In questo modo, aggirano il flusso commerciale accuratamente pianificato in cui i network sta-tunitensi inseriscono i loro prodotti televisivi”.(Gillan,2011) Si verifica quindi la tendenza verso la tv anytime, ovvero l’affrancamento delle audience dai tempi della programmazione televisiva broadcast, grazie all’introduzione di tecnologie di timeshifting tv, che disarticolano l’idea di flusso tv e la ritualità del consumo ad esso collegato si integra con le pratiche di consumo di contenuti video attraverso differenti device in qualunque momento e in qualsiasi luogo, secondo le logiche di Placeshifting,un termine proprio dei nuovi media che fa riferimento alla capacità degli spettatori di far transitare la programmazione dai television set agli hard disk e ai dispositivi mobili (Gillan, 2011: 135, tr. nostra). Consentono il consumo di contenuti video attraverso divverenti device (pc, second screen, game console, connected television) e i qualsiasi luogo. Se osserviamo la fase terminale del processo evolutivo di questi decenni dobbiamo prendere atto che l’esperienza di visione è fondata su nuovi canoni, come l’asincronia, e fa riferimento alle scelte su cosa vedere, quando vedere, su quale schermo e a quale costo. Amanda Lotz suggerisce l’espressione personcasting. Le varie esperienza di visione si compongono in mix profondamente differenziati e in perpetua definizione sulla base delle appartenenze generazionali, delle competenze tecnologiche e della disponibilità di capitale economico e culturale. La rottura dell’uniformità nelle pratiche di visione altera radicalmente il modo in cui la televisione svolge la funzione di cultural storytelling. L’evento televisivo non è più confinato entro i tempi e le modalità codificate dai broadcasting ma viene appropriato individualmente e gestito su molteplici piattaforme e ambienti comunicativi. L’estrema segmentazione dei gusti e delle pratiche di consumo impone alle media companies di imparare a promuovere e gestire insieme con le audience una esperienza di flusso radicalmente differente rispetto a quella esemplificata dal potere di definizione proprio della forma broadcast. “il flusso odierno è più circolare, con ciascuna piattaforma che incoraggia gli spettatori ad accedere a un’altra che, si spera, chiederà loro di tornare al prodotto in onda. Il fatto che i network investano nella

circolazione continua dei propri prodotti su più piattaforme non vuole affatto dire che il flusso non conta più, come dovrebbe essere evidente da tutti i materiali che i network e i loro conglomerati mediali confezionano rispetto ai diversi segmenti della narrazione (Gillan, 2011). Le pratiche di transmedia storytelling rappresentano una strategia potenzialmente molto efficace per alimentare una diversa tipologia di flusso “circolare”. Questa strategia vuole promuovere un’esperienza di coinvolgimento delle audience nei mondi narrativi e nelle esperienze di visione proprie di ciascun format, attraverso la declinazione su una pluralità di piattaforme (second screen device app) e una differenziazione delle esperienze di fruizione. Impone un approccio morbido e flessibile, che cerca il coinvolgimento e promuove la creatività dei pubblici per ottenere l’accesso alle risorse di tempo e di attenzione, sempre più difficili da conquistare nell’ambiente mediale contemporaneo. La televisione come engagement medium In questo momento nessuno riesce a prevedere quale sarà la configurazione tecnologica del televisore nei prossimi anni, quale user experience sarà promossa dalle interfacce e come la televisione broadcast lineare riuscirà ad integrarsi con la Connected Television non lineare in un unico ecosistema più complesso e ricco di opportunità sia per i producer che per il pubblico. La televisione classica disponeva di una configurazione formale talmente potente (disciplinante) da poter quasi ignorare il telespettatore. La nuova televisione richiede engagement da parte delle audience.  

perché le funzioni di control e choice sono definitivamente nelle mani di chi guarda la televisione. perché la possibilità di valorizzare (economicamente) contenuti che non possono più essere presupposti come uniformi e universalmente acquisiti riposa sul coinvolgimento dello spettatore.

Secondo Askwith l’engagement: “Non è un processo che avviene di fronte al televisore. Né è la semplice descrizione del modo in cui uno spettatore guarda la televisione, o di ciò che prova mentre la guarda. L’engagement descrive, piuttosto, l’ampio sistema di investimenti materiali, emozionali, intellettuali, sociali e psico-logici che uno spettatore forma attraverso le sue interazioni con l’expanded television text (Askwith 2007) Concepire la tv come engagement medium significa dare articolazione operativa e produttiva al desiderio delle audience di contribuire a diverso titolo alla costruzione dello stesso programma, chiudendo il cerchio del reciproco riconoscimento tra chi fa televisione e chi vuole cooperare ed interpretare e creare il senso di ciò che sta accadendo sullo schermo. Comporta inoltre una netta inversione rispetto al modo in cui la televisione broadcast osserva le audience e le valorizza nel proprio business model. “Un modello di questo tipo deve intendere la televisione non come un modo per aggregare audience che, successivamente, verranno vendute agli inserzionisti pubblicitari, ma come un medium che attinge a piattaforme mediali, contenuti, prodotti, attività e spazi sociali per fornire alle audience un ampio range di opportunità per interagire con il contenuto televisivo” (Askwith 2007) I format televisivi, anche se distribuiti su piattaforme broadcast, promuovono l’engagement dei pubblici sia prevedendo una estensione delle esperienze di visione sui second screen device e sui Social Network, sia attivando forme di coinvolgimento partecipativo (twet post) durante la visione del programma.

L’engagement dei pubblici trova prevalentemente espressione sotto forma di hashtag su twitter o di commenti su Facebook, sia nella fan page sia all’interno delle singole cerchie relazionali. In parallelo procede la sperimentazione volta a individuare le sinergie più opportune tra le piattaforme di social television, che oggi utilizzano prevalentemente la logica del check-in sui prodotti audiovisivi, e i SNS “generalisti”. Il processo che sempre più tende a trasformare la televisione in un engagement medium suggerisce anche alle media compagnie l’adozione di strategie che puntino ad incoraggiare l’attivo coinvolgimento delle audience rendendo disponibili applicazioni accessibili su schermi diversi in sincronia o meno con l’esperienza di fruizione o sollecitando le conversazioni sui social media. L’attività di social media listening tende a supportare anche una attività di influence, che si esplicita sia attraverso un tentativo di infiltrazione e di colonizzazione degli spazio del web 2.0 sia attraverso l’esplicita promozione di pratiche partecipative che si appropriano di istanze creative e sociali già autonomamente gen...


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