Dialogo Platonico PDF

Title Dialogo Platonico
Course Filosofia del linguaggio - Semantica
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Appunti sul dialogo platonico del corso di Filosofia della Comunicazione...


Description

IL DIALOGO PLATONICO Si può ipotizzare che Platone abbia inventato questo genere basandosi sul modo in cui la sfera pubblica era in quel periodo, della fioritura democratica e poi perché Socrate praticava il dialogo in questo modo. Ciò significava un luogo in cui le idee si confrontavano, le opinioni si confrontavano in modo agonistico. è il frutto del dialogare socratico, anche se si stacca dal suo maestro ma comunque c’è un rapporto di continuità. Il primo distacco si manifesta dal fatto che Platone scrive mentre Socrate no. Per Socrate lo s implicava la pretesa di avere una , non era una verità generata in quel momento, generata nel senso di conosciuta da una singola persona. Il fatto che gli s implica il fatto che si presentano vari punti di vista su un problema e quindi il lettore non vive la lettura in modo passivo con l’idea che poi troverà una verità pronta e fatta, ma soprattutto nei primi dialoghi che sono veri e propri dialoghi socratici, alla fine non si arriva mai a una conclusione. Quindi la forma del dialogo implica che , Socrate si definiva appunto s . Nella filosofia ottocentesca una figura che ha sicuramente subito influenza da questo modo socratico nella sua forma poi platonica di scrivere è il filosofo danese Kierkegaard che è un filosofo della prima metà dell’ottocento che non firmava mai le proprie opere. Questo perché lui diceva che nemmeno lui aveva una verità però presenta tante diverse posizioni e dice se volete potete far dialogare fra di loro i miei diversi pseudonimi. La forma del dialogo implica quindi che e quindi il lettore è portato ad identificarsi con uno o più personaggi e posizioni. Da questo punto di vista possiamo dire che Socrate assume una posizione parricida nei confronti della scrittura sapienziale, cioè uccisione del padre rifiuto dell’autorità. Prima della filosofia, come sapere critico, c’erano gli scritti sapienziali . Solo il dialogo quindi secondo Platone e Socrate è adeguato alla dialettica delle idee e soltanto l che è nascosto nell’anima. Le domande servono per mettere in crisi il sapere costituito. Il paradosso sussiste nel fatto che i dialoghi di Platone sono orali ma sono stati scritti, però sono stati scritti nella forma dialogica. Platone cerca di spiegar questo che potrebbe essere un paradosso in un Fedro che è un altro dialogo in cui c’è la descrizione di un altro mito dell’invenzione della scrittura. È un breve dialogo tra il re . Questo dio avrebbe appena inventato la scrittura e cerca di farla provare al re. Il dio del commercio si presenta al dio degli egizi e gli riferisce la sua invenzione, cerca di fargliela provare sostenendo che la scrittura aumenta la memoria, però il si ribella e presenta le sue . Testo fino a ‘’non il farmaco della memoria, ma del ’’: provate ad immaginare di non poter prendere appunti durante la lezione e di dover andare all’esame ricordando solo quel che si è sentito, non ci sarebbe uno sforzo di capire maggiormente? Questo è quello che Platone non sopportava, cioè la p e. Pensare di poter trovare all’esterno quello che tu puoi trovare dentro di te, quello che ti viene detto non è una verità ma sono soltanto degli appigli per ricordare quello che tu hai già dentro di te… Testo fino a della sapienza poi tu procuri ai tuoi discepoli l’apparenza non la verità: quindi non è vero che la scrittura aiuta la memoria, anzi la f (tanto l’ho scritto, lo ricordo dopo), e poi non è vero che lo scritto fa aumentare la sapienza ma anzi fa aumentare l’apparenza. Testo fino a invece che sapienti: quando uno mi fa tante domande e mi fa arrivare alla risposta, io con la risposta a . Testo fino a : se si prende un libro di una lezione e si cerca di capire da soli ma non si comprende quello che c’è scritto, alle domande ideali il libro continuerà a

ri , mentre invece con una persona davanti riformula lo stesso concetto con altre parole tarate su di te, sul tuo modo di comprendere. Riprendi testo da aiutarsi da solo: dice che et , io posso dire determinate cose solo a certe persone. Mentre invece se metto qualcosa finire in tutte le mani possibili e ci sono persone che non sono in grado di capire quello che c’è scritto, quindi di sicuro lo fraintenderanno. Prendi testo da chi deve parlare e chi deve tacere: il Fedro, in realtà, è un discorso sull’amore inteso come . Il punto di partenza della domanda del Fedro è: l’idea della disseminazione, nel senso della conoscenza cioè è giusto che è una cosa che io so la metta a disposizione di tutti quanti e non mi interessa dove vada a finire? Oppure io devo s l’interlocutore in modo tale che quello che i èl ? Per Platone chiaramente è la seconda, Platone è un come molti dei filosofi antichi. Se invece si pensa alla parabola del buon seminatore raccontata nel in cui Gesù parla le folle, quello viene indicato come primo esempio di della storia. In quel caso lì io lascio all’interlocutore la l e do a tutti indistintamente, cosa che per Platone non era corretta. Testo fino a giardini di Adone: i erano dei giardini fittizi che venivano creati nelle festività ed erano dei semi farlocchi che f , per cui erano delle installazioni temporanee. Socrate dice se questa seme è importante, è giusto che io lo butti via per un’occasione del genere? Oppure devo prestare attenzione a dove andrò seminarli? lo scritto non produce dei sapienti ma

i, che sono coloro che conoscono s è . Queste obiezioni di Platone si fondano sulla sua teoria delle idee. Platone dice che a queste idee, quindi a questi universali, che io nel mondo sensibile vedo nella sua apparenza è ciò che è l’ideale. L’idea di giustizia di cui io vedo poche forme nel mondo, ha una sua esistenza autonoma al di là, in un mondo altro. Platone rende reale, rende esistente, ciò che dice quella definizione e ne costruisce un prototipo è un’idea esistente in un mondo aldilà. Come arrivo a questa o già visto le idee nell’altro mondo. Quindi la conoscenza è . La conoscenza è un processo attraverso cui si arriva Se ad una definizione in particolare io ci arrivo perché leggo nel testo la definizione (es giustizia =), per me restano parole vuote perché non è qualcosa a cui io sono arrivato attraverso uno stavo dentro di me, questo è il motivo per cui lui dice che la scrittura è apparenza del sapere, perché se io leggo quello che c’è scritto e lo ripeto non vuol dire che io so, ma semplicemente ho ripetuto quello che ho letto per iscritto. Quindi la scrittura non accresce la sapienza, ma l’apparenza del sapere. Platone paragona l’autore del testo al padre e per comprendere un testo c’è bisogno del padre. Dice che la s , le immagini della pittura che vediamo sembrano vive ma in realtà sono chiuse nel silenzio e non sono in grado di rispondere a nessuna domanda, se ho dei dubbi non posso interrogare il testo quindi. Quindi i discorsi scritti se non si capiscono continuano a ripetere sempre lo stesso discorso. Inoltre finiscono nelle mani di tutti e così arrivano in contatto anche con chi non è in grado di comprenderli e non sono competenti e non hanno un’adeguata capacità di affrontarli. Quindi li interpretano in maniera sbagliata.

Un’altra indicazione a proposito della concezione che Platone aveva della scrittura si trova in quella che viene chiamata set ra che è stata considerata fino a qualche tempo fa cioè non scritta da Platone stesso e uno dei motivi per cui era considerata tale era il fatto che dopo le prime battute troviamo un’affermazione paradossale che suona in questo modo: e questo è sembrato un indizio del fatto che la lettera fosse falsa perché Platone scrisse molte opere. Mi realtà pare che questa lettera sia autentica. Come interpretare questa affermazione quindi? C’è in particolare o (uno dei maggiori filologi antichisti è Giovanni Reale) che hanno sviluppato questa ipotesi: Platone ha avuto un atteggiamento simile a Pitagora, si , di iniziati in cui insegnava delle dottrine che pretendeva non venissero scritte ed erano comunicate agli allievi più fedeli che avevano dato prova della loro moralità, intesa in senso di conoscenza (non comportamento). La . Platone ha scritto quello che gli sembrava fosse possibile di poter scrivere e l per stimolare la ricerca e non ha preteso di imporre verità cristallizzate. Ha anche s

. Questo è quello che dice nella lettera VII....


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