Diritto-Amministrativo-no-cap.-14-Clarich-2015 PDF

Title Diritto-Amministrativo-no-cap.-14-Clarich-2015
Course Diritto amministrativo
Institution Università di Pisa
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IL DIRITTO AMMINISTRATIVO E LE SUE FONTI Introduzione Il diritto amministrativo può essere definito, in prima approssimazione, come quella branca del diritto pubblico interno che ha per oggetto l’organizzazione e l’attività della pubblica amministrazione. In particolare, i rapporti che quest’ultima instaura con i soggetti privati nell’esercizio di poteri ad essa conferiti dalla legge per la cura di interessi della collettività. La pubblica amministrazione è un concetto che “non si presta ad essere definito, ma soltanto ad essere descritto”, e la descrizione di un fenomeno dipende dai diversi angoli di visuale dai quali si pone l’osservatore; da qui la necessità di tenere conto dei metodi e dei contributi di una pluralità di discipline non giuridiche che prendono in considerazione la pubblica amministrazione e gli strumenti di intervento di cui essa dispone per la cura di interessi economici e sociali della collettività. La sociologia analizza le relazioni fattuali di potere interne ed esterne agli apparati burocratici e la varietà dei bisogni e degli interessi della collettività di cui essi si fanno carico. Va ricordata l’analisi di Max Weber dei tipi storici di potere, definito come la possibilità per specifici comandi di trovare obbedienza da parte di un determinato gruppo di uomini. Secondo M.W., il potere si presta ad essere classificato in base a tre criteri di legittimazione: il potere tradizionale fondato sul carattere sacro delle tradizioni (monarchie ereditarie); il potere carismatico fondato sulla forza eroica o sul valore esemplare di una persona (dispotismo); il potere razionale fondato sulla legalità di ordinamenti statuiti (Stato di diritto). Quest’ultimo modello si connota per la presenza di un’amministrazione burocratica impersonale, preposta alla cura di interessi e che agisce entro limiti posti da regole giuridiche certe. Essa è strutturata in uffici, ordinati secondo i principi di competenza e di gerarchia, nei quali opera un corpo di funzionari di carriera e specializzati (selezionati e promossi in base a criteri di competenza e di merito). Questo modello è funzionale all’economia capitalistica fondata sul calcolo razionale: la stabilità delle regole (principio della certezza del diritto) e la prevedibilità dell’azione dell’amministrazione costituiscono per le imprese un elemento essenziale per poter valutare la convenienza delle scelte di investimento. Secondo M.W., “ciò che occorre al capitalismo è un diritto che possa venir calcolato al pari di una macchina”. La sociologia studia anche la struttura degli apparati burocratici e del personale che in essi opera. Le scienze politiche analizzano il ruolo degli apparati burocratici all’interno del circuito politico rappresentativo, cioè come strumenti per realizzare le politiche pubbliche decise dal parlamento, e più in generale per inquadrare i rapporti tra classe politica, burocrazia e potere economico. Esse mettono in evidenza come la burocrazia non sia in realtà un attore neutrale nei processi decisionali, confinato a un ruolo di mera esecuzione degli indirizzi politici, essa assume spesso un ruolo attivo di elaborazione e di condizionamento delle politiche governative. Le scienze politiche ed economiche analizzano le situazioni nelle quali è giustificato l’intervento dei pubblici poteri sotto forma di regolazione; la teoria della regolazione pubblica, regulation, analizza le ragioni e le modalità di intervento dei poteri pubblici in campo sociale ed economico. Si distinguono generalmente due modelli di regolazione pubblica, la prima indirizzata a promuovere scopi sociali (social regulation), come la tutela della salute o le provvidenze e le misure di inclusione sociale a favore delle fasce più deboli della popolazione; la seconda indirizzata a massimizzare l’efficienza economica e il benessere dei consumatori (economic regulation). La regolazione economica considera l’istituzione di apparati pubblici come rimedio alle situazioni di insuccesso o di “fallimento del mercato” in relazione alle quali viene individuata una gamma di interventi correttivi consistenti soprattutto in misure di tipo autoritativo. Quanto ai fallimenti del mercato, si tratta di situazioni nelle quali il mercato deregolamentato, cioè retto esclusivamente dal diritto privato, non è in grado di tutelare in modo adeguato gli interessi della collettività. Si pensi ai danni da inquinamento ambientale che non possono essere contrastati in modo efficace facendo affidamento soltanto sulla responsabilità civile dell’inquinatore, o allo squilibrio, non superabile con i 1

normali strumenti negoziali, tra un’impresa monopolistica in un determinato mercato e i consumatori. I principali casi di fallimento del mercato che giustificano l’intervento dei pubblici poteri sono: 1 I monopoli naturali, come le infrastrutture non facilmente duplicabili. Esse pongono chi gestisce l’attività in una situazione di “potere di mercato” che impedisce o altera lo sviluppo di un mercato concorrenziale e che consente extraprofitti dovuti alla rendita di posizione. I rimedi più frequenti consistono nel sottoporre l’impresa monopolista, o le imprese dotate di notevole forza di mercato, a una serie di vincoli. 2 I beni pubblici, come la difesa esterna o l’ordine pubblico, dei quali beneficia l’intera collettività, inclusi coloro che non sarebbero disponibili a farsi carico di una quota proporzionale di costi essendo impossibile o troppo costoso escluderli dal godimento. Il mercato non è incentivato a produrli spontaneamente nella misura adeguata e dunque da sempre gli Stati se ne sono fatti carico direttamente traendo dalla tassazione le risorse necessarie. 3 Le esternalità negative dovute, per esempio, a produzioni industriali inquinanti i cui benefici vanno a vantaggio dell’impresa, ma i cui costi gravano sull’intera collettività. Da qui l’imposizione di limiti massimi e di regimi autorizzatori per le emissioni inquinanti, la previsione di standard qualitativi minimi per gli impianti industriali, l’irrogazione di sanzioni in caso di violazione delle prescrizioni. 4 Le asimmetrie informative tra chi offre e chi acquista beni e servizi circa le caratteristiche qualitative essenziali di questi ultimi, come nei rapporti tra istituzioni finanziarie o imprese quotate in borsa e piccoli risparmiatori non in grado di valutare i rischi degli investimenti proposti. A tutela di questi ultimi vengono istituiti sistemi di vigilanza sulle imprese con l’attribuzione ad autorità di regolazione di poteri di regolazione, autorizzatori, prescrittivi, ispettivi e sanzionatori. 5. Le esigenze di coordinamento per esempio relative al sistema dei pesi e misure o al traffico stradale che richiedono la fissazione di standard uniformi e di regole di comportamento al cui rispetto sono preposte autorità pubbliche. Le misure autoritative necessarie per prevenire e correggere i fallimenti del mercato si prestano ad essere classificate secondo il criterio che muove dalla maggiore alla minore intrusività rispetto alla dinamica del mercato. Il principio che dovrebbe guidare il regolatore nella scelta degli strumenti correttivi è quello secondo il quale vanno preferiti, tra gli strumenti astrattamente idonei a tutelare l’interesse pubblico, quelli meno restrittivi della libertà di impresa. In ogni caso, vanno preferiti, ove possibile, regimi di autorizzazione vincolata a quelli che lasciano all’amministrazione ampi spazi di valutazione discrezionale e che dunque attribuiscono minori certezze ai soggetti privati. Sempre nell’ambito delle scienze economiche, va menzionato l’indirizzo della “public choice” affermatosi negli Stati Uniti. Per spiegare il funzionamento effettivo degli apparati pubblici è errato muovere dall’ipotesi che gli apparati pubblici, e i burocrati ad essi preposti, agiscano sempre e necessariamente per il perseguimento di obiettivi di interesse pubblico. E’ più realistico muovere dall’ipotesi che anche il loro comportamento è animato da “self-interest”. Gli apparati pubblici agiscono come attori in un’arena pubblica nella quale le decisioni sono il frutto di scambi e negoziazioni tra i vari gruppi politici e sociali e i rappresentanti degli interessi organizzati che mimano in qualche modo il mercato. In base a questo approccio, si tende a porre in evidenza, accanto alle situazioni di “market failures”, quelle di “government failures”, cioè le inefficienze strutturali e gli effetti negativi dell’azione dei pubblici poteri. E’ sempre incombente il rischio della cattura del regolatore da parte dei soggetti regolati. Anche gli apparati amministrativi tendono ad essere influenzati nelle loro decisioni da interessi soprattutto economici (le varie lobby) deviando così dalla loro missione di cura dell’interesse pubblico generale. Da qui la necessità di un disegno istituzionale atto a prevenire o, quanto meno, limitare questo rischio. Dal punto di vista macroeconomico, lo Stato nelle sue varie articolazioni può essere considerato come un meccanismo di gestione e redistribuzione delle risorse alternativo al mercato. La regolazione pubblica (e i suoi strumenti amministrativi), con l’imposizione ai privati di obblighi comportamentali (e oneri economici) in funzione del raggiungimento di interessi pubblici, costituisce uno strumento alternativo alla tassazione per la realizzazione di obiettivi di interesse pubblico. Così, per esempio, in materia ambientale una riduzione dei livelli di inquinamento può essere perseguita vuoi imponendo limiti 2

massimi alle emissioni, vuoi introducendo una tassa ambientale a carico di taluni tipi di imprese. La microeconomia elabora a sua volta una serie di strumenti concettuali utili per inquadrare il fenomeno burocratico. In particolare, la teoria del “principale-agent” studia i meccanismi e gli incentivi per far sì che l’attività dell’agente, delegato dal principale a compiere una certa attività, venga posta in essere nell’interesse di quest’ultimo e non venga piegata all’interesse egoistico dell’agente. Anche gli apparati burocratici possono essere considerati come agenti del parlamento che nella veste di principale attribuisce ad essi, per legge, funzioni e risorse per la cura di interessi pubblici. All’interno dei singoli apparati pubblici, poi, i dirigenti possono essere considerati come agenti incaricati di svolgere la propria attività in funzione degli obiettivi individuati dai loro principali, cioè i vertici politici. A loro volta i vertici politici, scelti in base al metodo elettorale, sono in qualche misura agenti dei cittadini elettori e occorre individuare strumenti di responsabilizzazione in modo da evitare l’autoreferenzialità della classe politica. Un problema di agenzia si pone anche nei rapporti tra dirigenti, ai vari livelli, degli uffici e i loro sottoposti. Questi ultimi potrebbero essere tentati a sollecitare o accettare compensi non dovuti o altri favori dai privati con i quali intrattengono rapporti in relazione ad atti amministrativi ed altri adempimenti. La regolazione pubblica dovrebbe dunque individuare gli strumenti (regole, incentivi, sanzioni) per allineare gli interessi dell’agente a quelli del principale. Se le discipline non giuridiche mirano a ricostruire la sostanza dei fenomeni e degli interessi, alla scienza giuridica spettano alcuni compiti specifici. I fenomeni devono essere colti nella loro dimensione giuridica, devono cioè essere inquadrati nel contesto delle norme vigenti. Spetta dunque al giurista anzitutto il compito di procedere a una ricognizione delle fonti normative che disciplinano una determinata materia. Il materiale normativo deve essere poi riordinato e organizzato in modo sistematico tramite l’elaborazione di categorie e concetti giuridici. Il diritto pubblico generale abbraccia le varie discipline giuridiche che si occupano dell’ordinamento dello Stato e del complesso dei poteri pubblici. Distinzione tra diritto costituzionale e diritto amministrativo: il primo riguarda i rami alti dell’ordinamento, i diritti dei privati e le fonti del diritto; il secondo riguarda i rami bassi, cioè quel complesso poliedrico di apparati pubblici, ciascuno dei quali dotato di una gamma più o meno ampia di poteri. Il primo trova fondamento e una disciplina positiva nelle costituzioni scritte; il secondo è regolato in prevalenza da fonti normative subcostituzionali e dai principi di derivazione giurisprudenziale. Tuttavia, il diritto costituzionale e il diritto amministrativo sono strettamente legati; due sono i nessi che possono essere messi in luce in sede introduttiva. 1 Il diritto amministrativo non è altro che il diritto costituzionale reso concreto (Fritz Werner). Così, per esempio, il grado di tutela dei diritti di libertà e dei diritti sociali si misura non solo e non tanto dalla Costituzione, quanto piuttosto dalle leggi amministrative che attuano il disegno costituzionale e dalla concreta applicazione che esse ricevono ad opera principalmente degli apparati amministrativi. Il diritto alla salute, definito dall’art. 32 come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, trova poi svolgimento e attuazione pratica nella legislazione istitutiva del Servizio sanitario nazionale e più in generale nella legislazione sanitaria. In modo ancora più tangibile, il livello delle prestazioni garantite dipende anche dalle risorse finanziarie messe a disposizione direttamente o indirettamente in una determinata fase storica, a questo riguardo si è parlato anche di “diritti finanziariamente condizionati”. Del pari, il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione sancito dall’art. 21 Cost. è condizionato dalla legislazione amministrativa sul sistema radio-televisivo e sulla stampa che, come più volte stigmatizzato dalla Corte Costituzionale, non ha garantito un sufficiente grado di pluralismo. Ancora, la libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.) è in molti casi subordinata al rilascio di concessioni o di altri titoli abilitativi discrezionali da parte di autorità amministrative ed altre limitazioni previste dalle leggi del settore. L’effettività della tutela giurisdizionale, garantita in astratto dall’art. 24 Cost., è minata da carenze organizzative degli apparati giudiziari che non consentono la conclusione dei processi in tempi ragionevolmente contenuti (giustizia ritardata equivale a giustizia negata). In linea generale, il corpo delle leggi amministrative, che nel loro 3

impianto essenziale risalgono in molti casi ad epoche lontane, è rimasto per lungo tempo poco in linea con la Costituzione vigente. La Corte Costituzionale ha provveduto a dichiarare incostituzionali disposizioni contenute nelle leggi amministrative di settore, in particolare per le disposizioni di matrice illiberale contenute nel Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e per altre leggi che attribuivano alle amministrazioni privilegi ed esenzioni dal diritto comune ingiustificati. 2 Il diritto costituzionale passa, il diritto amministrativo resta (Otto Mayer). L’affermazione mette in luce il disallineamento temporale dei mutamenti costituzionali rispetto alle riforme amministrative. Proprio perché incidono solo sui rami alti dell’ordinamento, i primi possono verificarsi anche in modo rapido in seguito a moti rivoluzionari, sconfitte militari e, più in generale, rotture della Costituzione. Le riforme amministrative, al contrario, mirano a modificare l’organizzazione e il modo di operare di apparati burocratici caratterizzati da strutture, personale, prassi operative e cultura istituzionale formatesi lentamente, per stratificazioni successive, e strutturalmente poco permeabili al cambiamento. Il diritto pubblico è un diritto intimamente connesso con la struttura politica propria di ciascun ordinamento e regola istituti direttamente collegati alla sovranità dello Stato. Esso costituisce quella branca del diritto legata maggiormente alla storia, alla cultura e alle tradizioni nazionali e che è dunque più resistente a innesti e trapianti di istituti in vigore in altri ordinamenti. Anche il processo di integrazione degli ordinamenti nazionali all’interno dell’Unione europea sconta la maggior resistenza del diritto pubblico a influenze esterne e a spinte armonizzartici. Il diritto amministrativo italiano ha acquisito peraltro, anche per scelta consapevole del legislatore nazionale, una dimensione europea sotto cinque profili principali: la legislazione amministrativa, l’attività, l’organizzazione, la finanza, la tutela giurisdizionale. 1 L’art. 117 Cost. stabilisce che la potestà legislativa dello Stato e delle regioni deve esser esercitata nel rispetto, oltre che della Costituzione, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. Questo vincolo condiziona sempre di più la legislazione amministrativa settoriale statale e regionale che in molte materie è ormai nient’altro che la trasposizione, con gli adattamenti e le integrazioni necessarie, delle direttive europee. 2 L’art. 1 legge n. 241/1990 include tra i principi generali dell’attività amministrativa (economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità) anche i principi generali dell’ordinamento comunitario. Questi ultimi sono ricavabili sia dai Trattati e dalle altre fonti del diritto europeo, sia dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (proporzionalità, tutela del legittimo affidamento, ecc.). La pubblica amministrazione è menzionata anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ora incorporata come protocollo allegato al Trattato di Lisbona e avente valore giuridico equiparato a quello del Trattato. 3 Il diritto europeo condiziona l’assetto organizzativo e funzionale degli apparati pubblici. Così numerose agenzie e autorità indipendenti sono state istituite in Italia specie nell’ultimo ventennio in attuazione di direttive europee. Esse hanno dato origine in taluni casi a una vera propria rete integrata di organismi istituiti in ciascun Stato membro che svolgono in modo coordinato la propria attività in gran parte allo scopo di curare l’attuazione del diritto europeo in particolari materie, si pensi al Sistema europeo delle banche centrali del quale fanno parte in modo organico le banche centrali nazionali. A livello nazionale opera un dipartimento per le Politiche europee operante presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Con la legge 24 dicembre 2012, n. 234 sono stati istituiti un Comitato interministeriale per gli affari europei, al fine di coordinare le linee politiche del governo nel processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti dell’Unione europea, un comitato tecnico di valutazione degli atti dell’Unione europea e nuclei di valutazione degli atti dell’Unione europea istituiti dalle amministrazioni statali. Molte regioni si sono dotate di propri uffici a Bruxelles. 4 Il diritto europeo impone, poi, agli Stati membri vincoli sempre più stringenti alla finanza pubblica che condizionano in ultima analisi l’operatività delle pubbliche amministrazioni e l’attuazione dei loro programmi di intervento. Un salto di qualità si è avuto in seguito alla crisi finanziaria esplosa nel 2008 che ha quasi travolto alcuni Stati sovrani, incapaci di far fronte ai costi crescenti dell’indebitamento, mettendo anche a repentaglio la stessa moneta unica europea. Nel 2012, gran parte degli Stati europei hanno sottoscritto il Trattato sulla 4

stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’Unione economica e monetaria (Fiscal compact) e il Trattato istitutivo del meccanismo europeo di stabilità (Trattato MES). Sulla base degli impegni così assunti, è stato riscritto l’art. 81 Cost., introducendo il principio del pareggio di bilancio, ed è stata approvata una legge organica in materia di finanza pubblica volta a garantire il raggiungimento degli obiettivi di stabilità complessiva del quadro finanziario. 5 Il diritto europeo esercita un’influenza sul diritto processuale amministrativo. Il Codice del processo amministrativo stabilisce che la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo. La direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007, in natura di procedure di ricorso negli appalti pubblici, in particolare, ha imposto al legislatore italiano di prevedere un rito sp...


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