Diritto-penale-dello-sport-1 PDF

Title Diritto-penale-dello-sport-1
Course Giurisprudenza
Institution Università degli Studi di Torino
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tutte le informazioni sul diritto penale dello sport in modo da dare una conoscenza generale della materia...


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DIRITTO PENALE DELLO SPORT 08/11/2016 [email protected] testo: Utet - Agostino Guardamania Diritto Penale dello Sport Portare a lezione: legge 401/1989 aggiornato alla legge 46/2014 legge 376/2000 Codice penale In questo corso affrontiamo: la parte relativa all’ordinamento sportivo (di natura privatistica) che vincola le persone e in alcuni casi si pone addirittura al di sopra dell’ordinamento statale; i soggetti dell’ordinamento sportivo, quindi il profilo della responsabilità per danno; la legge 401/89 sulla violenza negli stadi; la normativa sul doping. L’origine della parola sport nasce dal latino e indicava l’attività di chi usciva dalle mura della città per andare a divertirsi (attività ludica). Perché un’attività ludica diventa rilevante a fini penali? Perché sono intervenuti due fattori: da un lato gli interessi economici, che hanno preso piede nell’attività sportiva, e dall’altra parte lo sviluppo tecnico e tecnologico che ha provocato un aumento del rischio per l’atleta. Un altro passo è stato che gli interessi economici hanno risvegliato interesse da parte della criminalità organizzata, perché anche attraverso lo sport si può controllare il territorio. Si sono trovati investimenti su squadre di calcio fatti dalla criminalità organizzata. Da un lato abbiamo avuto con i sempre maggiori interessi di chi ha disponibilità di denaro nello sport lo sviluppo delle norme in materia penale: abbiamo avuto una serie di misure di prevenzione, che il nostro legislatore appronta per privare di proventi chi è sospetto di criminalità organizzata e a questo si collega l’ablazione del denaro. Questo meccanismo, che nasce con Pio La Torre, quattro anni fa è stato esteso a chi è sospetto di incentivare la criminalità violenta negli stadi. Lo sviluppo della tecnologia, dall’altra parte, ha innalzato il rischio dell’esercizio dell’attività sportiva (in particolare il doping genetico). Questo ha portato a elaborare ed ampliare i confini della responsabilità per i danni alla salute e quindi all’introduzione delle figure che sono le figure di garanzia (il medico sportivo  sono soggetti su cui grava l’obbligo di impedire un determinato evento). Per limitare la violenza negli stadi, noi assistiamo ad un fenomeno legislativo, che consiste nel duplicare figure di reato già esistenti, che vengono delimitate spazio-temporalmente a una violenza sportiva, che ne aumenta la pena. La condotta è identica, si differenzia la pena e viene utilizzata una tecnica legislativa diversa (non si utilizza l’aggravante). Il legislatore duplica una norma, anziché aggiungere una circostanza aggravante, perché è possibile annullare l’effetto dell’aggravante e non si ottiene l’effetto voluto; quindi l’ordinamento si è attrezzato per tutelare i singoli e la collettività da questo aumento del rischio prodotto da tale violenza. Si può considerare per questo come branca autonoma del diritto penale. Come convivono l’ordinamento statale e sportivo? È corretto parlare di ordinamento sportivo? Le norme dell’ordinamento sportivo verranno in rilievo quando si parla di colpa nell’attività di gioco, per individuare se esistono responsabilità nel momento in cui si danneggia l’integrità fisica di un avversario. Ci sono reati sportivi costituiti come reati propri e altri come reati comuni. Quando parliamo di ordinamento sportivo intendiamo una cosa diversa dall’ordinamento statale: parliamo di un’insieme di norme legate al CIO e che

sono slegate dal territorio; le leggi dello Stato italiano valgono per tutti coloro che si trovano sul territorio italiano; il legame legge-territorio nell’ordinamento sportivo manca, l’ordinamento sportivo è un ordinamento sovranazionale, che obbliga i tesserati di una società indipendentemente dalla loro nazionalità. La nascita dell’ordinamento sportivo viene fissata nel 1884 a Parigi quando all’esito del Congresso Nazionale degli Sport atletici i partecipanti avevano sottoscritto il progetto di riorganizzare le Olimpiadi: viene fondato il Comitato Interministeriale dei Giochi Olimpici  è un’organizzazione permanente, priva di soggettività internazionale. Il CONI fondato nel 1907 ha il compito di portare gli atleti alle olimpiadi e organizzare l’attività sportiva a livello nazionale rispetto alla soprannazionalità del CIO: l’attività del CONI è regolamentata dalla legge 426/42, con cui lo Stato italiano riconosce una rilevanza allo sport nell’ordinamento sportivo. Si può parlare di ordinamento sportivo? Bisogna cominciare parlando di ordinamento. L’ordinamento è un insieme di norme (teoria di Kelsen). Santiromano dice che l’ordinamento non può essere solo un insieme di norme, quindi occorre che ci sia un momento precedente alla norma, che è l’istituzione che pone o scrive la norma; è necessaria dunque un’istituzione, che abbia un’organizzazione (il Parlamento): allora per avere un ordinamento dobbiamo avere le norme e l’istituzione. Nell’ambito dello sport troviamo le caratteristiche dell’ordinamento: il gruppo organizzato (il CIO), una volontà comune espressa dai partecipanti del 1884 e la norma, che è la Carta Olimpica, che regola come fare a organizzare i Giochi e le regole da rispettare per chi partecipa ai Giochi. L’ordinamento statale è più importante dei singoli ordinamenti giuridici, quindi si arriva poi in concreto a vedere che è inevitabile che vi siano interferenze tra organi statali e che vi siano delle materie in cui troviamo regolamentazione statale e regolamentazione sportiva, e questo si verifica nella materia patrimoniale. In materia di diritti si verifica nel cd. vincolo di giustizia sportiva, che è una clausola arbitrale, in cui gli atleti si impegnano a non adire la giustizia statale per le controversie relative all’attività sportiva. Questo ha portato da un lato ad una serie di situazioni particolari dall’altro all’intervento del legislatore statale, che non poteva tollerare che materie statali venissero gestite privatamente. Nel 1999 con legge 242 lo Stato interviene riordinando il CONI e specifica che le norme dell’ordinamento sportivo rimangono sempre inquadrate nell’ordinamento generale, e quindi al di sotto dell’ordinamento statale. La conseguenza è che l’ordinamento sportivo è sottoposto all’ordinamento statale e deve conformarsi ad esso, ha libertà solo nell’organizzazione dell’attività sportiva. La regola sportiva non può essere applicata in assenza di un intervento statale, che è l’unico a possedere la giuridicità. La Corte di Cassazione interviene per fare un elenco delle materie di competenza sportiva. Fonti del diritto sportivo. Abbiamo aree di interferenza per cui vi è un doppio sistema di fonti: da una parte le fonti che emanano dagli ordinamenti sportivi (Carta Olimpica, Norme della Bada, Direttive delle raccomandazioni del CIO, Statuti e ordinamenti delle organizzazioni sportive nazionali); dall’ordinamento sportivo nazionale (Principi fondamentali, Direttive del Coni, Statuti e ordinamenti delle organizzazioni sportive nazionali); dalle fonti di diritto statuali (Costituzione e leggi costituzionali, usi, regolamenti, ecc.). La norma sportiva promana dall’ordinamento sportivo e occupa uno spazio che allo Stato è indifferente. L’efficacia e l’obbligatorietà della norma sportiva dipende dall’adesione spontanea dei soggetti, che decidono di rispettare tali norme (accettazione della regola) e di accettare la sanzione. Gli enti che hanno il potere normativo sono: CIO, Federazioni Internazionali Sportive, CONI, Federazioni sportive nazionali. Soggetti del diritto sportivo. In questo caso parliamo solo in relazione all’ordinamento sportivo nazionale. I soggetti sono persone fisiche e persone giuridiche. In capo al CONI sono rimasti aspetti pubblicistici, che hanno come fine di rilevare come penalmente rilevanti alcune condotte. I soggetti interessati possono avere compiti in materia organizzativa, all’attività sportiva in senso stretto e all’attività funzionale dell’attività sportiva (agonistica, non agonistica, amatoriali, ludiche). I soggetti interessati all’organizzazione sono coloro che dettano le regole di organizzazioni (CONI; Regioni; Enti pubblici territoriali; Federazioni sportive). Atleti,

tecnici, allenatori, massaggiatori, medici sportivi, ecc sono soggetti che partecipano in senso lato alla manifestazione sportiva e i medici e i medici sportivi perché rivestono una posizione di garanzia per coloro che esercitano un’attività sportiva. Il CONI ha personalità giuridica di diritto pubblico: ha una serie di riflessi sulla qualifica di pubblico ufficiale. Sulle Federazioni sportive (enti di diritto privato) ci sono degli ambiti di diritto pubblico come la filiazione delle società sportive. Questa divisione ci porta a delimitare le materie di esclusiva competenza della Giustizia Sportiva: su ciò che riguarda la regola di gioco e sui comportamenti rilevanti sul piano disciplinare. Nella giustizia sportiva vale il principio della responsabilità oggettiva; nella giustizia penale vale il principio della personalità della pena [la materia del doping è gestita da entrambe le giustizie]. Le società sportive per allargarsi e ampliare il controllo sui tesserati impongono ai tesserati di adire la giustizia sportiva per tutte le controversie che concernono i rapporti fra tesserati e società sportiva. Il vincolo di giustizia sportiva è stato ritenuto valido, ma con alcune limitazioni: se si discute di diritti disponibili, l’atleta ha la scelta se adire o la giustizia statale o la giustizia sportiva. Caso Catania. Il 30 Marzo del 2003 (Partita di Calcio Cosenza – Siena) Martinelli viene squalificato; il 5 Aprile si gioca Napoli – Siena e Martinelli non gioca; il 12 Aprile si gioca la partita Catania – Siena e Martinelli gioca; a fine campionato il Catania viene retrocesso e a qualcuno viene in mente che il 12 aprile aveva giocato Martinelli, che non aveva scontato la squalifica. La Commissione disciplinare dà torto al Catania e allora il Catania fa ricorso al TAR della Sicilia, che dà ragione al Catania attribuendogli due punti. È dovuto intervenire un decreto legge 280/2003 per ristabilire ordine nella graduatoria del campionato di calcio. Questo ha portato un intervento, si sono fissati dei principi, vi è sì autonomia dell’ordinamento sportivo, ma è necessario indicare le materie di competenza del giudice sportivo e del giudice ordinario per evitare tali situazioni. Nel 2011 sentenza 49 interviene la Corte Costituzionale: sancisce liceità del vincolo di giustizia sportiva in materia disciplinare. Nel 2014 il CONI con una deliberazione ha sancito la procedura per la materia disciplinare. Il vincolo di giustizia sportiva è illegittimo ogni volta che riguarda un diritto indisponibile: può riguardare solo un diritto disponibile. La legge del 2003 stabilisce che i rapporti economici restano di competenza del giudice ordinario. Le controversie che hanno ad oggetto di atti del CONI e delle federazioni vedranno la possibilità di adire il TAR del Lazio dopo aver esaurito i gradi di giudizio interno. Con la legge 401/89 si regolamentano i rapporti tra processo penale e processo sportivo: questa legge stabilisce l’indipendenza del processo sportivo dal processo penale e viceversa. Vi è l’obbligo di trasmettere gli atti al giudice penale da parte del giudice sportivo. Questo non vale al contrario: perché vige il principio di riservatezza durante le indagini nel giudizio penale. Un altro punto da sottolineare è il diverso regime di utilizzazione degli atti nel processo penale e nel processo sportivo: nel processo penale ci sono dei limiti nell’utilizzazione degli atti, questo non vale nel processo sportivo (ad esempio, Processo Juventus). Chi è l’atleta? L’unica norma a carattere generale che parla di atleta è l’art.3 della legge del 1942 istitutiva del CONI. La dottrina afferma che l’atleta è non solo colui che pratica esercizio sportivo, ma anche colui che intende praticare con altri l’attività sportiva, definendosi vincitore. Il tesseramento è caratteristica per definirsi atleta. L’atleta dilettante non è un lavoratore. La legge 23 Marzo 1981 sancisce il carattere oneroso della prestazione. È stato creato la figura del dilettantismo oneroso: atleta retribuito attraverso forme di borse di studio o rimborso spese. Altri soggetti sono allenatore atletico, ufficiale di gara, ecc.

09/11/2016

Responsabilità dell’atleta. Nella rubrica dell’art.42 si parla di responsabilità per dolo e per colpa. ma non vi è una definizione generale di responsabilità: bisogna riferirsi a ciò che è stato detto nelle varie sentenze e dalla dottrina; la responsabilità è una reazione dell’ordinamento dinanzi alla lesione delle proprie norme poste in essere dai consociati. Per responsabilità sportiva si considera la responsabilità connessa all’attività sportiva. La responsabilità può essere disciplinare, consistente nella violazione delle regole dell’ordinamento sportivo ed è una responsabilità di carattere oggettivo (è irrilevante l’elemento psicologico in capo all’agente), o civile, per danno risarcibile, o penale, a cui consegue direttamente una sanzione, non un obbligo di risarcimento del danno (all’esito del processo penale, la sanzione civile può essere quantificata a seguito della sanzione penale). Per illecito sportivo s’intende la violazione di norme sportive, che si dividono in norma di tecniche di organizzazione e regola tecnica di gioco, che regola lo svolgimento della gara. Questa differenza è fondamentale per distinguere tra evento dannoso punibile e reato non punibile. Con riguardo al diritto sportivo, valgono i principi generali del diritto penale (principio di legalità e principio di colpevolezza; elemento oggettivo, elemento soggettivo e nesso di causa). Le ipotesi di responsabilità dell’atleta sono: aver posto in essere condotte lesive dell’altrui incolumità; aver compiuto atti fraudolenti per scopi personali o di lucro; fare uso di sostanze dopanti. Bisogna distinguere tra attività agonistica e non agonistica: l’elemento distintivo è l’organizzazione. La prima ha alle spalle e viene svolta una organizzazione. I titoli di reato di queste forme di responsabilità si dividono in responsabilità per colpa o per dolo. Si ha colpa ogni qual volta si ravvisa una violazione della norma oppure ogni qual volta il soggetto viene meno ad una posizione di garanzia (la posizione di garanzia si ha quando in capo ad un soggetto vi è l’obbligo di assicurare che una attività rischiosa si svolta in situazione di sicurezza, quindi quando venga prevenuto un aumento del rischio connesso all’esercizio di quella attività. Egli risponde quando non esercita la sua attività). Il grosso problema è la prova del nesso di causa quando si parla di colpa. Caso Curi. Curi, giocatore del Perugia calcio era morto durante un incontro e si era scoperto che aveva una patologia cardiaca che il medico non aveva segnalato. Nel 2002 le Sezioni Unite della Cassazione (Sentenza Franzese) hanno stabilito che il principio meramente statistico non è sufficiente e che bisogna cercare un modo per accertare con sicurezza l’esistenza del nesso di causa: la Cassazione ha mutuato questo concetto dalla filosofia, ha detto che bisogna utilizzare il metodo della controfattualità, ossia contro il fatto, dunque bisogna chiedersi che cosa sarebbe successo se l’agente avesse tenuto il comportamento considerato corretto. Questo non basta, perciò si fa l’esempio della morte del deserto. Bisogna introdurre un correttivo, altrimenti si irrigidisce il metodo di accertamento del nesso di causa rischiando di assolvere tutti: evidenza del momento, quali erano le circostanze di fatto di quell’evento? Nel caso Curi sia l’arbitro sia il medico sportivo sono stati assolti. Questo discorso vale ogni qual volta si deve riconoscere la responsabilità del medico sportivo. Ci può essere responsabilità penale sia nei confronti degli atleti, ma anche nei confronti dei terzi: ad esempio caso di un rally in cui viene investito il pubblico. Quando l’evento lesivo riguarda i terzi, la non punibilità non vale. Bisogna tener presente come parametri legislativi le norme codicistiche e le norme di prevenzione dettate ad hoc oltre che dalle Federazioni anche da una serie di leggi che hanno disciplinato alcuni sport. La violazione della norma interna, cioè tecnica, non implica necessariamente responsabilità penale e quindi una responsabilità per colpa in capo all’agente. Bisogna classificare gli sport: sport a violenza necessaria (in cui è caratteristico il contatto fisico fra gli atleti); gli sport a violenza eventuale; sport senza violenza; sport pericolosi. Per tutte quelle attività che derivano da un’attività agonistica non programmata (attività meramente ludiche) si applicano i normali criteri di affermazione della responsabilità. Il concetto delle attività agonistiche per cui è prevista l’impunibilità è l’accettazione del rischio: questo ha aperto a delle critiche per cui si sono posti dei limiti  la giurisprudenza di legittimità del 1928 espandeva il concetto di accettazione del rischio (molto permissiva) perché avendo accettato il rischio hai consentito ciò; la giurisprudenza di merito invece era più rigorosa richiedeva la violazione della regola, ci doveva essere una colpa specifica. Il diritto allo sport trova la sua copertura costituzionale nell’art.32 della Cost. (diritto alla salute). In questo caso la giurisprudenza

mette due paletti; uno che l’atleta accetta il rischio a patto che la regola tecnica venga rispettata; l’altro che corrisponde al tipo di competizione. Nel caso in cui il danno viene cagionato e l’attività sportiva è un mero pretesto, avremo colpa, dolo o niente? La testata di Zidane, ad esempio, è al di fuori dell’attività di gioco, in questo caso l’attività sportiva diventa un mero pretesto per violare una norma: in questo caso la violazione e la responsabilità sarà sempre per dolo. In caso di danno in cui l’attività sportiva è un mero pretesto, il reato sarà sempre per dolo. Nel caso di violazione di una norma durante un’attività sportiva a violenza necessaria o eventuale: possiamo avere una violazione della regola tecnica che o non genera responsabilità o genera responsabilità a titolo di colpa o genera responsabilità a titolo di dolo. La Cassazione, che ha un compito nomofilattico, fa riferimento al concetto di funzionalità dell’azione lesiva nell’attività di gioco. Questo ci dice come non si possa dettare regole astratte per definire gli eventi non rilevanti penalmente, dolosi o colposi; bisognerà dare un giudizio di fatto. Bisogna valutare in caso di violazione del danno il tipo di gara, le condizioni psicofisiche degli atleti e l’elemento psicologico dell’agente. C’è un’area detta di rischio consentito che non è punibile se si cagiona un danno nell’attività sportiva (area di liceità dell’attività sportiva). La fonte del rischio consentito è stata oggetto di varie interpretazioni: c’è chi ha individuato tale fonte nella consuetudine; c’è chi invece ne fonda le radici nella funzione di utilità sociale (questo non è tipico solo del rischio consentito, ma è la stessa ratio delle scriminanti del codice penale); altri rinvengono la fonte nell’art.68 del TU delle leggi di pubblica sicurezza nella richiesta della presenza della polizia ogni volta che si deve svolgere una attività sportiva (è una teoria infondata perché questo TU riguarda esclusivamente le attività di sicurezza pubblica e dei corpi di polizia); altri si sono spostati sul fronte delle scriminanti codificate (è una manifestazione dell’art.51 comma 1, esercizio di un diritto, e l’art.50, consenso dell’avente diritto); in questa teoria il limite dell’art.51 risiede nel considerare lo sport diritto; l’art.50 trova il suo limiti nei diritti indisponibili, in particolare l’art.5 che afferma che non si può disporre del diritto all’integrità fisica. Il rischio consentito elimina l’antigiuridicità del fatto per cui opera come scriminante (il rischio consentito è una scriminante di creazione giurisprudenziale non codificata, anche se opera come una scriminante codificata). Dunque il rischio consentito rappresenta il punto di equilibrio fra potere e dovere dello Stato di sanzionare chi viola una norma tecnica e l’interesse legittimo di pratica sport a non vedersi sanzionato nel momento in cui rispetta la norma tecnica. Questo non vale in caso di danno ai terzi o danni durante all’attività sportiva non violenta. Riassunto. 1) Esistenza ...


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