fenomenologia-dello-spirito PDF

Title fenomenologia-dello-spirito
Course Filosofia
Institution Liceo (Italia)
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Spiegazione semplificata della Fenomenologia dello Spirito Filosofia 3 pag.

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Hegel: La Fenomenologia dello Spirito Rappresenta la rassegna delle tappe attraverso le quali lo spirito si manifesta nella storia: studio intorno ai fenomeni intesi come i momenti in cui lo spirito raggiunge una definizione di sé, attraverso le varie filosofie delle diverse epoche. Questa rassegna è parallela all’evoluzione della coscienza individuale: ogni individuo che si presenta al mondo, tende a seguire queste stesse tappe, ma il filosofo raggiunge il sapere assoluto e tutto il compendio della realtà, anche se potenzialmente tutti sono chiamati ad arrivarci. Parallelismo: quando Hegel ripercorre il romanzo di formazione dello spirito, prefigura quello del singolo individuo, con un duplice punto di vista. Questo percorso segue sempre un ritmo triadico: la dialettica è il movimento stesso della realtà, e dato che non esiste il reale se non grazie allo sviluppo, quest’ultimo deve essere descritto attraverso i tre momenti della dialettica. Quindi, ogni tappa dello spirito, è da un lato la tesi, poi l’antitesi e la sintesi, e per arrivare a ogni tappa (per esempio dalla coscienza all’autocoscienza) bisogna seguire un percorso dialettico fatto di questi tre momenti. Coscienza, che equivale a certezza sensibile, percezione e intelletto: la prima tappa è la vera coscienza di qualcosa. Innanzitutto si ha sensazione del qualcosa, sensazione visiva che predomina su tutto, nel momento in cui il Soggetto la percepisce, come se l’oggetto fosse sulla ribalta perché impressiona gli organi di senso. Questa è un’esperienza anche del bambino, e inizia il percorso verso la coscienza e si vede come un Soggetto: l’oggetto impressiona il soggetto, poi si passa all’elaborazione di questo attraverso le categorie del soggetto. La percezione è di conseguenza un’impressione accompagnata dalla coscienza: so di percepire una cosa; il soggetto ha elaborato la percezione attraverso forme a priori tali che riguardano il proprio intelletto conoscitivo: è il suo intelletto che fa di sensazioni sparse un mondo ordinato. Dalla percezione si passa poi a dire il fatto che il Soggetto è al centro di un mondo e ciò che pare completamente separato dal Soggetto è in realtà tale perché esiste un Soggetto che lo codifica e lo elabora. Siamo quindi passati da una certezza sensibile alla presenza di un intelletto, centro del mondo percepito: il punto di partenza è un oggetto percepito, ma poi per definirlo bisogna passare attraverso la centralità del soggetto; ribaltamento. L’intelletto è la sintesi, attraverso la quale si costituisce la piena coscienza matura, che non coincide con la percezione, né con la certezza, né con solo l’intelletto, ma con tutti e tre questi momenti. Un individuo è cosciente grazie a questa maturazione: dall’impressione alla percezione, dalla percezione all’intelletto. L’autocoscienza rappresenta un’antitesi rispetto alla coscienza e al contempo rappresenta una tappa evolutiva fondamentale: la consapevolezza della propria centralità assoluta nel mondo. Una volta che il Soggetto assume questa consapevolezza, lui si intende come il padrone del proprio campo: allora è talmente tanto centrale che tenta di allargarlo per averne il totale controllo, quindi dato che questo lo fanno tutti gli individui, inevitabilmente queste autocoscienze vengono al conflitto tra di loro - momento dialettico. Non c’è maturazione e quindi autocoscienza senza conflittualità, perché quando il Soggetto assume l’autocoscienza, inevitabilmente qualche altro Soggetto è allo stesso punto: quando c’è il conflitto, scaturisce la lotta (due eminenti individui, due popoli, due capi tribù, o la conflittualità di ogni relazione). In genere emerge uno tra i due che è più forte, data dal fatto che a una certa, uno dei due si consegna al più forte, e quindi si determina un rapporto asimmetrico di un superiore e di un inferiore. In tal modo, il conflitto viene

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temporaneamente spento, ma quello che perde accetta la superiorità dell’altro: l’inferiore fa da servo al superiore. Ma poi tutto si evolve per rovesciarsi nel suo contrario: il servo permette al signore di vivere, di avere un sostentamento. Mentre il servo ha nel padrone il proprio riferimento dialettico, il padrone non ne ha uno altrettanto importante. Il servo matura una coscienza di sé è un’identità totalmente nuova e coscienza della sua forza: l’autocoscienza del servo corrisponde a un momento di snodo secondo il quale l’umanità capisce che la libertà è una condizione INDIFFERENTE alla condizione fisica. La libertà è un fatto totalmente interiore, una condizione che prescinde dalle condizioni esteriori, o in catene o su un trono. Questo corrisponde al momento in cui si sviluppa lo stoicismo, in cui l’individuo sa che egli è libero in se stesso e l’unico campo d’azione su cui esercita la libertà è unicamente se stesso. Ciò vale per OGNI individuo. Non si può essere fermi alla tappa della libertà, ma si deve procedere con l’esasperazione di questa al punto che chi ne gode pensa di essere immune a ciò che c’è di esterno a lui. La libertà si sviluppa al punto tale che sorge una nuova consapevolezza, espressa dallo scetticismo: libertà non solo dai fattori esteriori, ma finanche nei confronti della VERITÀ, menefreghismo assoluto. Ma poi la situazione si rovescia perché anche la pretesa che non esista la verità, è una verità: la contraddizione in seno allo scetticismo. Nella coscienza della verità deve rientrare la condizione per cui la libertà non può essere assoluta poiché rischia di diventare smarrimento, e anche lo scettico deve fidarsi delle sensazioni che possiede. Se devi fidarti per forza di una verità, accade che si inizia a ritenere questa verità irraggiungibile: non alla nostra portata. Si sta sviluppando il cristianesimo: c’è per forza una verità, ma sfugge perché trascendente e non si può possedere. Da un lato si percepisce che bisogna avere una IDENTITÀ, ma dall’altro si è sopraffatti dalla COSCIENZA INFELICE perché si è consapevoli di non poter mai arrivare all’identità di riferimento, dopo un’abnegazione di sé. L’individuo è portato a svuotare la propria individualità: Medio evo con pratiche di devozione, ascetiche, e attraverso ciò si ottiene l’annullamento dell’individualità a vantaggio dell’universalità, confluendo in questa esperienza trascendente, cioè dio. Quando ciò avviene, accade che si fa il salto dalla coscienza infelice alla Ragione, quindi individui adulti: coscienza di essere un sé molto più grande e più vasto di ciò che si pensa inizialmente, e quindi alla fine si capisce già ciò che si vuole essere e IL SOGGETTO STESSO È L’ASSOLUTO: la piena maturità è l’accettazione di sé che è indipendente da tutto. IL SOGGETTO È GIÀ CIÒ CHE VUOLE ESSERE, IL DIO: questo corrisponde al passaggio da medio evo a Umanesimo e Rinascimento: l’uomo ha la potenza di dio e dal Rinascimento nasce il Naturalismo e l’interesse per L’UMANITÀ. La coscienza finalmente si rappresenta come coincidente con TUTTA la realtà: nascita della scienza, che rispecchia la ragione e l’uomo scopre queste leggi che si basano sulla sua stessa ragione, quindi c’è nella natura la stessa razionalità del Soggetto. Inizialmente scopre solo che il mondo razionale, ma l’apice è quando l’uomo capisce di poter cambiare il mondo a suo vantaggio: non solo ragione osservativa, ma anche attiva. L’adulto non comprende solo la natura, ma vuole anche veramente fare ciò che vuole nel profondo: questione di scegliere cosa fare della propria vita. Libertinismo: non c’è un’etica prestabilita, ma ognuno deve poter scegliere. I libertini sono filosofi anticonvenzionali, mentre il romantico Rousseau vuole fare del proprio sentimento

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il metro con cui valutare la realtà: l’unica legge della realtà è il perseguimento del proprio obiettivo. Don Chisciotte è un altro esempio che rappresenta la fase dello spirito della ragione che vuole a ogni costo cambiare le sorti del mondo. Egli si scaglia contro i mulini a vento inavvertitamente, perché pensa che solo volendo si possa cambiare la realtà e si pone antagonisticamente nei suoi confronti. Il suo slancio è destinato a un fallimento: l’idea che la ragione voglia cambiare la realtà a ogni costo col semplice desiderio, è sempre scissa dualisticamente, tra la volontà e la realtà che hanno leggi differenti. La scissione si chiude quando si comprende che il corso stesso del mondo sana le scissioni: non serve imporre la propria volontà al mondo, poiché si ritrovano già realizzate quelle cose che si pensa di dover attuare - la virtù è il corso del mondo: le cose cambiano nel suo corso. Questo concetto lo riconosce l’uomo saggio e filosofo, che è apparentemente passivo ma in realtà comprende appieno la realtà più di tutti, perché la accetta e SMETTE di contrapporsi ad essa. La ragione vuole smettere di cambiare la realtà e la accetta per quello che è: LA RAGIONE DIVENTA COSÌ SPIRITO, attuazione della ragione con un ampliamento delle prospettive.

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