Filosofia-estetica-della-musica PDF

Title Filosofia-estetica-della-musica
Author Alessandro Perrone
Course Estetica
Institution Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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Summary

ENRICO FUBINI MUSICALE DAL SETTECENTO A CAPITOLO PRIMO DAL RAZIONALISMO BAROCCO DEL SENTIMENTO 1. Armonia e melodramma Nascita in contemporanea e del melodramma dovuta alla loro vicendevole implicazione. Semplificazione razionale sonoro a opera di Cartesio e Leibniz (16461716), spirito razionalistic...


Description

ENRICO FUBINI “L’ESTETICA MUSICALE DAL SETTECENTO A OGGI” CAPITOLO PRIMO DAL RAZIONALISMO BAROCCO ALL’ESTETICA DEL SENTIMENTO 1. Armonia e melodramma Nascita in contemporanea dell’armonia e del melodramma dovuta alla loro vicendevole implicazione. Semplificazione razionale dell’universo sonoro a opera di Cartesio e Leibniz (16461716), spirito razionalistico che porta a ridurre la molteplicità a poche e chiare leggi fondamentali. Ma già nella seconda metà del ‘500, Gioseffo Zarlino (1517-1590) riuscì a ricondurre il mondo plurimodale della polifonia rinascimentale ai soli due modi maggiore e minore. Ciò trovava la sua propria legittimità nella natura stessa del suono, natura come fonte di ogni legittimità: divisione dell’ottava basata su rapporti semplici. Consonanza e dissonanza. Lo scopo era quello di ottenere il maggior effetto possibile sull’ascoltatore, provocando movimenti dell’animo. Idea pitagorica che la musica abbia una sostanziale affinità con l’animo umano, perché fatti entrambi di numero. “Muovere gli affetti” e discorso musicale fondato sul nuovo linguaggio armonico-melodico. Nella pratica ci fu un avvicinamento importante tra musica strumentale e musica melodrammatica (vocale), ma nella teoria si aprì un grande dibattito: venne messa in dubbio l’autonomia della musica strumentale. Intellettualismo umanistico che privilegiava il linguaggio verbale.

2. Musica, scienza e filosofia Zarlino e l’individuazione di un vocabolario degli affetti nelle figure armoniche da una parte. Peri, Monteverdi e Vincenzo Galilei e la l’accento sul valore melodico della musica dall’altra (recitar cantando). Spettro che va da musica come parte integrante della parola a causa prima della corruzione dell’essenzialità tragica e poetica del testo. Querelle in ambito letterario e umanistico, mentre gli scienziati teorici dell’armonia proseguivano il loro lavoro. Cartesio (1596-1650) e il “Compendium Musicae” e “Le passioni dell’anima”: vuole spiegare il meccanismo acustico e fisiologico per il quale la musica produce i suoi effetti sui sensi e attraverso i sensi sull’anima. Ricerca sui parametri ritmici e intervallare. Piano prettamente materialistico-scientifico, esclusione della metafisica. Relazione meramente meccanica tra suono e animo. Porterà all’affermazione dell’autonomia della musica. Altri teorici propendevano per una concezione pitagorica e metafisica sull’affinità tra musica e anima: Marsenne proseguì gli studi di Cartesio, intuì che le frequenze armoniche multiple sono

un dato naturale di ogni corpo vibrante, idea di un Dio architetto, legame tra Trinità e triade maggiore; Keplero e “Harmonices Mundi”, natura come unione del mondo naturale e soprannaturale, ordini necessariamente paralleli e concordi secondo la metafisica seicentesca, musica incarna il punto d’incontro tra universo armonico e armonia dell’anima; Kircher e la codifica della teoria degli affetti (Affektenlehre), la retorica del nuovo linguaggio armonicomelodico e la sua cristallizzazione e istituzionalizzazione.

3. La crisi

del “recitar cantando”

Nuova

invenzione del melodramma, nato nel segno della concordia, tra letterati e musicisti diventò presto il pomo della discordia. Il mito del teatro greco come modello originario di un corretto rapporto musica-poesia serviva a legittimare il nuovo linguaggio e le sue nuove forme di spettacolarità. Ritorno a un linguaggio originario, primitivo: la musica non ha che il compito di riconoscere la musicalità intrinseca della parola per sottolinearla. Tentativo di ricondurre l’espressione ad un’unità perduta, ma sotto l’egida del linguaggio verbale. Polifonia corruttrice la semplicità della musica greca. Anche qui c’è analogia con l’antica dottrina pitagorica dell’ethos musicale, almeno nelle intenzioni della Camerata fiorentina. Tuttavia, in pochissimi anni si arrivò alla dimensione teatrale e spettacolare della musica. Melodramma delle origini come momento di rottura col passato, ma solo di passaggio. Giustiniani, Giovanni Battista Doni e la critica al noioso “stile recitativo”, troppo poco variegato. La musicalità dei madrigali irrompe con la sua attenzione alla fonetica e alla semantica delle parole poetiche. Si inizia a delineare la dialettica recitativo/aria, due momenti separati e con funzioni diverse. Paradossalmente la musica ritrova una sua dimensione autonoma, sganciandosi dall’appoggio della poesia. Nello spettacolo tutto proteso verso il pubblico, un nuovo senso del flusso temporale degli eventi e soprattutto degli affetti veniva forgiato. Nascita musica strumentale, le cui forme nacquero dalla danza, dalle arie dei melodrammi e dalle ouverture teatrali.

4. Musica e poesia Non è un caso che la teoria degli affetti si sia sviluppata soprattutto nel mondo tedesco, in cui si è maggiormente perpetuata la pratica musicale. Ma in Italia, patria del melodramma, e in Francia il problema della musica rimase legato alla sua funzione di accompagnare il testo poetico/liturgico o l’azione teatrale. Nascita di uno dei più grandi dibattiti estetici musicali. La posizione della cultura ufficiale fu di condanna verso il melodramma, ma quest’ultimo si affermò sempre di più come elemento fondamentale della vita sociale del tempo. Alla base della condanna del melodramma e della musica in particolare si può scorgere un motivo più generale dell’estetica del tempo: la condanna dell’arte in quanto arte. Per lo spirito razionalistico-cartesiano che domina nella cultura seicentesca, l’arte e il sentimento

non assolvono nessuna funzione essenziale nella vita dell’uomo, sono solo forme inferiori di conoscenza. Nelle classificazioni gerarchiche delle arti, la poesia è al primo posto, la musica all’ultimo. La musica si rivolge ai sensi, la poesia alla ragione. Quindi dall’unione delle due non può che nascere un assurdo, un insieme incoerente, corrotto. Opera pone impedimenti sia al poeta che al musicista, attori si muovono sulla scena in modo ridicolo e innaturale. Censura estetica e morale: musica solamente diletto dei sensi, non comunica alla ragione. Per una mentalità rigidamente razionalistica c’è dunque un’inconciliabilità originaria tra musica e poesia, tendono in direzioni diverse. Musica “tutta orecchi e niente mentale”.

5. L’imitazione della natura Ricorrenza del principio dell’arte come imitazione della natura nei dibattiti del periodo. Nel ‘600 per natura è sinonimo di verità, mentre nella seconda metà del ‘700 è sinonimo di sentimento, spontaneità ed espressività; il concetto di imitazione passa da procedimento per rendere piacevole la verità di ragione a sinonimo di coerenza, di legame tra arte e realtà. Per i filosofi di questo periodo, la musica, oggetto di piacere e divertimento, non potrà mai esercitare una funzione più elevata che quella di stimolo emotivo.

6. Raguenet e Lecerf: la polemica tra Francia e Italia Melodramma francese: Lully, austera semplicità, rispetto delle unità di tempo, luogo e azione, gesto aulico degli ambienti aristocratici di corte. Melodramma italiano: spettacolo più popolare, musica si sviluppò con più largo margine, sfogo alla vena melodica e al virtuosismo (--> opera buffa). 1698, abate Raguenet, melo francese migliore dal punto di vista razionalista, coerenti e avvincenti. Tuttavia loda la musicalità del melo italiano, nonostante la sua scarsa aderenza alle regole drammatiche. Lecerf, ammiratore di Lully, conservatore moderato, osservanza delle regole di naturalezza, semplicità, che porta ad aderenza al buon gusto. Cattivo gusto della musica italiana, che non urta l’orecchio, ma il cuore. Gli italiani si abbandonano al piacere prodotto dal bel suono. Raguenet evoca le sue emozioni, si appella al suo gusto, mentre Lecerf tratta una questione di principio, si lascia guidare dalla ragione, dalla dottrina. Avrà comunque la meglio Raguenet, visto che il principio di imitazione della natura rimarrà intatto. Per lui arte e artificio coincidono, in opposizione alla natura. I francesi la domano, limitandola, riducono la varietà, privilegiano la monotonia.

7. Il sentimento della natura Cos’è di preciso l’imitazione musicale della natura? L’abate Du Bos fece uno dei primi tentativi coscienti per conferire alla musica la dignità di arte. Lo stile è l’elemento proprio dell’opera d’arte. Per lui la musica ha un suo campo d’imitazione, quello dei sentimenti. Mentre le parole sono segni arbitrari istituiti dagli uomini, i suoni sono i segni stessi della passione istituiti dalla natura da cui essi hanno ricevuto la loro forza. Si distacca dai suoi contemporanei. Riscatto musicale. Musica e poesia si integrano vicendevolmente. Preannuncia la teoria dell’unità originaria dell’espressione artistica (Rousseau, Herder, Nietzsche), in particolar modo quella musicale. Con Batteux affiora la frattura tra ragione e sentimento, tra spirito e cuore.

8. Le ragioni del cuore Pascal e la scoperta dell’autonomia del gusto, della creatività del genio. Ancora per molto tempo permane uno sfondo intellettualistico, il cuore è commosso solo se la musica passa dalle orecchie al cuore ma attraverso l’intelletto. Non è più possibile ignorare o negare la musica, ma solo venire a patti con “l’avversario”, nelle sue forme più sottomesse alla parola. La via maestra già indicata dal primo classicismo è quella della rigida separazione tra forma (musica) e contenuto (poesia): la prima è la concessione al piacere sensibile, la seconda si rivolge allo spirito/ragione. No piacere per il piacere: condanna alla musica italiana e barocca, ma anche alla strumentale. Funzione esclusivamente accessoria della musica. Etica del giusto mezzo, evitare l’eccesso, l’artificio tecnico. Tuttavia il razionalismo del 1730 era ormai lontano dalle sue origini cartesiane e per sopravvivere si è dovuto piegare a compromessi: musica accettata come accompagnamento del testo letterario, anche come aiuto o sollecitazione della memoria.

9. Il pitagorismo nella musica Filone di pensiero razionalista sulla natura dell’armonia, da Pitagora a Zarlino a Rameau. YvesMarie André: musica è arte del tutto autosufficiente, si concentra sui suoi aspetti immutabili (quindi non gli stili). Va contro la cultura estetica del momento, la quale accentuava la separazione tra intelletto e sensibilità. Per André il fine della musica è duplice: vuole piacere all’orecchio, che è il suo giudice naturale, ma vuole piacere anche alla ragione, che presiede essenzialmente ai giudizi dell’orecchio. Per mezzo del duplice piacere, essa vuole stimolare nell’animo i moti più consoni a potenziare tutte le sue facoltà. Cuore e ragione sono due aspetti complementari ed entrambi necessari della nostra personalità. La relatività del gusto musicale si traduceva in un declassamento della musica. André vuole applicare anche alla musica il suo schema di divisione del bello in tre generi: I – bello musicale assoluto, indipendente da qualsiasi istituzione, anche divina; II – bello musicale naturale dipendente dall’istituzione del Creatore ma indipendente dalle opinioni e gusti umani; III – bello musicale artificiale e arbitrario, ma dipendente dalle leggi eterne dell’armonia. Riprende schema medievale di origine platonica. Riconoscimento di due diversi mondi musicali, uno accessibile all’uomo e archetipico, l’altro creato dall’uomo per il suo piacere, convenzionale. L’uomo, corpo e spirito, vibra all’unisono con la musica. Privilegia la voce umana rispetto agli strumenti. Per lui la musica agisce evocando, non descrivendo o imitando come la pittura.

CAPITOLO SECONDO L’ILLUMINISMO E GLI ENCICLOPEDISTI

1. L’unità tra arte e ragione: Rameau 1683-1764. Come musicista rientra nella tradizione di Lully e fu presto riconosciuto come musicista dell’aristocrazia conservatrice, portabandiera del gusto classico. La cultura del tempo aveva posto una rigida barriera tra arte e ragione, tra sentimento e verità, tra piacere dell’udito e imitazione razionale della natura. Non avendo cultura filosoficoletteraria, affrontò la musica con approccio fisicomatematico, ponendo se stesso in diretta successione col filone Pitagora–Zarlino-Cartesio-Marsenne. La musica, se può essere razionalizzata nei suoi principi, rivelando un ordine eterno e immutabile, non può essere solo piacere dei sensi estranea al nostro intelletto. Esigenza unitaria. Unità irraggiungibile senza l’aiuto della matematica. Ogni corpo vibrante produce un accordo maggiore (IV, V, VI armonico), da cui deriva tutto. Perfetto accordo tra ragione e sentimento. La musica ci piace proprio perché essa esprime attraverso l’armonia il divino ordine universale, la natura stessa. Nei termini di imitazione della natura, egli intende per natura un sistema di leggi matematiche e non i quadri idillici e pastorali a cui si riferivano generalmente i filosofi del tempo. Si pone idealmente fuori dalle polemiche in cui suo malgrado si trova immerso. Trovava assurdo pretendere che una nazione possa essere più favorita di un’altra nella musica, in quanto la differenza è nel gusto. L’armonia rappresenta il primum ideale da cui derivano tutte le altre qualità della musica, compreso il ritmo stesso. Venne criticato dagli enciclopedisti, in quanto privilegiava l’armonia (valore essenziale e musica strumentale). Rifiutò anche di stendere le voci musicali dell’”Enciclopedia”. Rimarrà un importante punto di riferimento per il pensiero romantico, preannunciando la musica come linguaggio privilegiato per l’espressione non solo dei sentimenti individuali, ma anche della divina e razionale unità del mondo.

2. Gli enciclopedisti e il mito della musica italiana Opera italiana poco conosciuta all’inizio. Dalla rappresentazione del 1752 della “Serva padrona” di una mediocre troupe di Buffoni, suonò come lo squillo di battaglia che diede inizio alla celebre querelle tra buffonisti e antibuffonisti. Fu una versione aggiornata della precedente disputa tra lullisti e ramisti e si prolungò poi nella lotta tra gluckisti e piccinnisti. Da una parte i difensori del gusto aulico e classicheggiante della tradizione francese (involontariamente Rameau) e dall’altra gli enciclopedisti, che contribuirono nonostante tutto a formare la base per la futura concezione della musica come espressione privilegiata dei sentimenti. Si schieravano a favore della musica italiana. Complessa varietà di posizioni all’interno del gruppo stesso. Per loro la musica ha sempre occupato un posto di non secondaria importanza. Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), il teorico più accreditato dai buffonisti, amava l’opera italiana per la sua melodiosità, spontaneità, naturalezza. Ama il canto come effusione del cuore. Aborre la musica francese per il suo carattere artificioso, astruserie armoniche. Aborre anche la musica strumentale, la polifonia, il contrappunto, in quanto contrari alla natura. L’opposto di Lecerf: natura equivale a sentimento e immediatezza istintiva, non ragione e tradizione. Teoria sull’origine del linguaggio che giustifica il concetto di musica come

linguaggio dei sentimenti. Giustificazione teorica e filosofica della polemica su musica italiana e francese, fino ad allora questione di gusto. Passato mitico, uomo allo stato di natura, in cui musica e parola erano un nesso inscindibile e l’uomo poteva esprimere nel modo più completo le sue passioni e i suoi sentimenti. Progressivo distacco storico tra lingua e melodiosità. Il canto melodico ricostruisce questa unità. Ma le lingue nordiche si prestano ormai solo ad essere scritte e lette, mentre le lingue orientali e meridionali si prestano ad essere parlate e udite. Armonia e melodia sono contrastanti. Armonia è corruzione, atto arbitrario, “invenzione gotica e barbara”, frutto di una convenzione sociale, non imita la natura, ormai posta in contraddizione con la ragione. La melodia non rappresenta direttamente le cose, ma eccita nell’anima gli stessi sentimenti che si provano vedendo le stesse cose. Per Rousseau la comprensione della musica è un fatto storico e culturale:, al contrario di Rameau, per il quale la musica ha comprensibilità universale. Una sola cosa avvicina Rameau e Rousseau: l’aspirazione a restituire alla musica la sua dignità di arte e la sua autonomia espressiva. D’Alambert era ancorato alla tradizione razionalistica, per lui la musica è all’ultimo posto tra le arti. Come lui Voltaire. Entrambi contro il sentimentalismo di Rousseau, a favore del razionalismo cartesiano di Rameau. Ancora diversa è la posizione di Diderot: teoria dei rapporti e inconscio. La percezione dei rapporti inerenti ai suoni ci riporta a un elemento istintivo e originario più vicino al sentimento che all’intelletto. La nostra percezione dei suoni avviene in modo più diretto e immediato, prima e al di là di ogni convenzione linguistica. Musica non legata ad apparenze del mondo esterno, ci presente l’essenza delle cose. Kant (1724-1804) sostiene un duplice sguardo sulla musica: secondo la ragione rimane l’ultima delle arti, ma secondo piacere potrebbe essere al primo posto. È la lingua universale della sensazione, comprensibile da ogni uomo. Finalmente l’asemanticità della musica è vista come un elemento positivo dal punto di vista estetico. Ma il contributo maggiore lo diedi in generale con l’influenza diretta sul pensiero formalista dell’800.

3. Musica vocale e musica strumentale Il pensiero di Rousseau sulla musica fu un punto di non ritorno. In Italia, l’Algarotti si fece portavoce della tendenza conservatrice, tendente a riformare l’opera secondo la tradizione francese. La musica può raggiungere la sua piena espressione solo accompagnando la parola. Si ispira a D’Alambert. La riforma di Gluck rappresenterà l’attuazione artistica di questi principi. Per l’Arteaga l’eccellenza dell’opera si fonda sul libretto. Il progresso della musica strumentale si è insinuato anche nel melodramma, portandolo a rovina. Dà la colpa a Metastasio, che con le sue bellezze liriche ha contribuito a favorire l’emancipazione della musica strumentale. L’Eximeno ha come principale obbiettivo polemico ogni concezione matematica della musica (Rameau). Ha una concezione edonistica, le regole della musica si fondano sul piacere uditivo.

Musica e linguaggio hanno origine comune, ovvero l’istinto. La musica è contenuta nello stesso linguaggio e rappresenta la prosodia, l’accento e la quantità delle sillabe. Legare le due origini si è rivelata l’unica via per reinserire la musica nel vivo del contesto artistico e fondarne l’autonomia. Manfredini fu tra i primi difensori della musica strumentale in Italia. La separazione di musica e poesia è la conseguenza del progresso dell’una e dell’altra. Musica pura come livello più alto della sua evoluzione. Tra l’altro, per lui armonia e melodia sono tra loro complementari.

4. Estetica e storiografia Estetica empiristica inglese e concezione storiografica. Principio soggettivo del gusto come organo di giudizio e primi tentativi di compilare una storia della musica, anche se in mancanza di materiale e metodo. Burney: impostazione razionalista, ma anche empirista, vista la rivalutazione della musica sul piano della civiltà e della cultura, musica è “lusso necessario”. Musica inserita nel generale corso della civiltà, quindi in continuo progresso. Hawkins: mentalità razionalistica, il giudizio dell’opera viene commisurato a principi astratti e prestabiliti. Culmine della musica con la polifonia e il contrappunto.

5. Bach e l’illuminismo In ambiente tedesco la disputa estetica era concentrata sullo stile della musica strumentale, in particolare sul contrappunto. Nella cultura tedesca la musica strumentale era accettata da teorici e filosofi. Per questo la musica di Bach fu incomprensibile per i razionalisti e gli illuministi. Secondo Scheibe, l’arte di Bach aveva snaturato la musica con eccessiva artificiosità e ampollosità, va contro la ragione: è questa una critica aderente al razionalismo francese, contro il contrappunto. Bach aveva invece una concezione pitagoricoteologica della musica. Mattheson e l’attenzione posta agli elementi tecnici e al fatto acustico come valore autonomo. Quantz sostenne l’imprescindibilità della conoscenza tecnica per qualsiasi critico. Era empirista, ragione e buon gusto sono le categorie critiche indispensabili. Impressione soggettiv...


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