Gammopatie Monoclonali PDF

Title Gammopatie Monoclonali
Course Sistematica III
Institution Università degli Studi di Sassari
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Gammopatie monoclonali e mieloma multiplo...


Description

(Oggi concludiamo questo percorso sui tumori del sangue e del midollo osseo poi proseguiremo con delle lezioni un po’ trasversali nelle quali parleremo del trapianto di cellule staminali, di un paio di metodiche che usiamo in laboratorio e di qualcosa che facciamo nel nostro istituto in ambito di ricerca. Lezioni che serviranno un po’ meno per l’esame)

Le Gammopatie Monoclonali E’ un capitolo molto particolare perché facciamo riferimento a una condizione estremamente frequente. La gammopatia monoclonale è un termine molto ampio, che fa riferimento a condizioni eterogenee e che culmina in un tumore particolare che si chiama Mieloma Multiplo. Se però, prendiamo le forme più benigne, in realtà rappresentano una condizione molto frequente. Cosa vuol dire Gammopatia Monoclonale? Non è una patologia, è un’alterazione di laboratorio che è presente in almeno il 3% della popolazione. Gammopatia Monoclonale vuol dire che noi abbiamo un clone di plasmacellule che produce delle gammaglobuline monoclonali; esiste quindi un clone di plasmacellule che produce un clone di immunoglobuline con caratteristiche identiche le une rispetto alle altre. Di fatto è solo un’alterazione di laboratorio che ricorre in alcune patologie. Si svela attraverso l’elettroforesi: infatti eseguendo l’elettroforesi a cento persone, tre di queste avrebbero una gammopatia monoclonale, eseguendola invece a cento individui oltre i 70 anni, la si riscontrerebbe in 1/10. In queste condizioni è presente una cosiddetta componente monoclonale che solitamente è un anticorpo completo: in alcuni casi ci sono solo catene leggere (catene leggere libere, fLC), in casi rarissimi solo catene pesanti, quindi solitamente l’anticorpo monoclonale è costituito da un anticorpo completo. La gammopatia monoclonale possiamo ritrovarla in tre contesti particolari: •

Secondarie (raramente) a diverse condizioni: ad esempio possono ricorrere in neoplasie, in malattie autoimmuni ed epatopatie, nelle quali è abbastanza verosimile, dal punto di vista biologico, che ci possa essere un clone di plasmacellule, magari di origine inizialmente reattiva, che produce questi anticorpi.

Molto più importanti invece sono le due situazioni rappresentate da: • •

Mieloma Multiplo (forma rara ma più grave) MGUS, è un acronimo inglese che sta a significare Gammopatia Monoclonale di significato indeterminato, che dal punto di vista quantitativo rappresenta una condizione molto frequente di tipo benigno. Esiste tutta una serie di esami che ci consentono di svelare la componente monoclonale: ELETTROFORESI: permette di valutare la presenza di una gammopatia monoclonale. IMMUNOFISSAZIONE: indica esattamente qual è il tipo di componente monoclonale. Trovando quindi all’elettroforesi la segnalazione di un picco monoclonale in zona gamma, bisogna confermarla con un’ immunofissazione, che potrà confermare ad esempio che si tratti di una componente monoclonale di tipo IgGk, e quindi qual’ è il sottotipo di componente monoclonale.

Figura 1

Cosa vuol dire picco monoclonale? In un tracciato elettroforetico normale si ha un picco maggiore nella zona dell’albumina, poi α1, α2, β e infine un profilo policlonale di γ. Nella figura 1 a destra è rappresentato il tracciato elettroforetico di un’ MGUS in cui si nota l’emergenza di un picco di minime dimensioni in zona gamma, che però non ha più un assetto gaussiano, mentre sulla sinistra si riscontra un mieloma in cui si riconosce un’enorme componente monoclonale in cui il profilo gaussiano morbido diventa un picco di dimensioni maggiori rispetto a quello dell’albumina. Questo è il corrispettivo laboratoristico dato dalla presenza di un clone di plasmacellule che, per definizione, produce un’ enorme quantità di anticorpi tutti uguali fra loro, che non saranno utili a niente, anzi creeranno dei danni. Come già detto, all’elettroforesi seguirà l’immunofissazione, che ci consente di definire esattamente il sottotipo di componente monoclonale. Come funziona? Si fa incubare il siero del paziente con degli specifici anti-sieri rappresentati da sieri anti-IgA, anti-IgM, anti-IgG, anti-IgD e poi anche anti-κ e antiλ. Il sottotipo monoclonale più frequentemente riscontrato è quello IgGκ. Quindi l’immunofissazione rappresenta l’esame con cui dovrete sempre arricchire dal punto di vista diagnostico, la scoperta all’elettroforesi di una componente monoclonale. La gammopatia monoclonale di incerto significato (MGUS) è una condizione molto frequente, è presente infatti nell’1% della popolazione generale e nel 10% della popolazione al di sopra dei 70 anni. Le caratteristiche principali di tale condizione sono rappresentate dalla presenza di una componente monoclonale di piccola entità, in un paziente del tutto asintomatico, quindi un paziente che non deve avere nessuno dei segni clinici, al contrario riscontrabili in un paziente affetto da mieloma. Pertanto, di solito si tratta di pazienti anziani, asintomatici, senza alcun segno di danno d’organo e con una componente monoclonale piccola, la quale sarà inferiore ai 30 g/L, contrariamente a quanto si riscontra nel mieloma in cui saranno presenti valori superiori a questo.

Una particolarità è rappresentata dal fatto che circa il 5-10% delle MGUS prima o poi si trasforma in un mieloma multiplo, pressappoco l’1% all’anno, cioè un soggetto con MGUS ha un rischio annuo dell’1% che questa condizione evolva in un mieloma multiplo. Non si tratta di una cosa semplice da spiegare al paziente, in quanto, oltre ad essere una condizione abbastanza complessa dal punto di vista biologico, è necessario che gli si spieghi che potrebbe anche essere una situazione stabile, per la quale il paziente potrà essere monitorato anche per trent’anni senza manifestare alcun tipo di evoluzione, oppure potrebbe nel giro di 3-4 anni portare alla comparsa di un tumore quasi incurabile, che è appunto il mieloma multiplo. Perciò è vero che si tratta di una condizione tendenzialmente benigna, ma potrebbe anche rappresentare una fase pretumorale, ovviamente in relazione al fatto che questo clone di plasmacellule rimanga quantitativamente stabile oppure si espanda diventando importante. Riguarda i l 3% nella popolazione generale, e sale oltre il 10% negli ultra settantenni.

MIELOMA MULTIPLO Il mieloma multiplo è una neoplasia che ha quelle caratteristiche che abbiamo visto prima: abbiamo cioè un clone di plasmacellule che è quantitativamente importante e che dà dei sintomi. E’ una malattia neoplastica acquisita che si localizza elettivamente a livello midollare, ed è un tumore nel quale le cellule proliferanti sono rappresenti delle plasmacellule, quindi delle cellule tendenzialmente indolenti che però portano a gravi conseguenze. Questo anche perché si tratta di un tumore a crescita lenta, subdola, e di solito il paziente arriva alla diagnosi quando ha già il mieloma da parecchi anni. Epidemiologia Alcuni dati indicano un’incidenza di circa 5/100.000 abitanti all’anno, in realtà è un tumore molto sottostimato che negli ultimi anni è aumentato tantissimo. Una particolarità che sembra una contraddizione è che solo il 90%, e non il 100%, dei casi ha una componente M (componente monoclonale o paraproteina) documentabile: la questione è che il mieloma nella stragrande maggioranza dei casi ha una componente monoclonale completa, quindi un anticorpo completo, che potrebbe essere per esempio un IgGκ o un IgAλ. La componente monoclonale nel mieloma può quindi essere IgG, IgA, IgD ma non IgM, perché se noi abbiamo un IgM allora parliamo di una forma particolare che è la malattia di Waldenström, che è una malattia a cavallo tra un mieloma e un linfoma. Di fatto una componente M è documentabile solo nel 90% dei casi, perché in realtà più o meno nel 10 % dei mielomi la componente monoclonale è costituita dalle sole catene leggere, che sono quindi κ o λ. Questo tipo di mieloma prende il nome di mieloma micromolecolare o mieloma di Bence Jones. Il problema dal punto di vista laboratoristicodiagnostico perciò sta nel fatto che l’elettroforesi si presenterà normale, quindi saranno presenti i segni del mieloma, ma si dovrà prestare più attenzione proprio a causa della normalità dell’elettroforesi. Esiste poi anche una forma rarissima di mieloma non secernente, nella quale abbiamo delle plasmacellule talmente indifferenziate che non producono componente monoclonale, perciò anche qui saranno presenti tutti i segni del mieloma senza la produzione di componente M. Anche in questo tumore come in tutte le altre neoplasie che abbiamo visto fin ora, c’è un’ evoluzione sequenziale in cui si parte da una fase totalmente pre-clinica, si passa per una fase di MGUS per poi passare ad un mieloma asintomatico fino ad arrivare al mieloma vero e proprio. In casi rarissimi si può trasformare in una malattia ancora più aggressiva che si chiama leucemia plasmacellulare, evoluzione molto rara del mieloma (meno dell’1%). Questa evoluzione è associata all’acquisizione di una serie di alterazioni genetiche sequenziale che coinvolgeranno molte linee cellulari. Questo avviene nel momento in cui queste plasmacellule, che sono presenti solo a livello midollare, vanno in circolo causando una leucemia, una malattia che quando si presenta è gravissima. Fino a qualche anno fa si diceva che solo alcuni mielomi provengono da un MGUS, mentre un recente studio americano ha dimostrato che in realtà tutti i mielomi sono preceduti da una fase di

MGUS, ed è d’obbligo che ci sia in principio un piccolo clone di plasmacellule che progressivamente si arricchisce dal punto di vista quantitativo. Nonostante sia un tumore con andamento indolente, causa molti disastri, perché origina dalla plasmacellula che è la tappa linfoproliferativa terminale della linfopoiesi B, ed è quindi una cellula molto matura e molto ben differenziata.

Patogenesi La patogenesi è complessa ed è determinata da vari fattori. Sono presenti, come in tutti gli altri tumori visti finora, delle alterazioni genetiche acquisite, ed inoltre si è visto che questo tumore è fortemente sostenuto dal microambiente midollare, che sostiene e induce la proliferazione delle cellule tumorali . Un’espressione clamorosa di questo aspetto è il legame fra plasmacellule tumorali e osteoclasti, che creano una sorta di loop, una sorta di corto circuito, nei quali si alimentano a vicenda; tutto ciò è mediato da alcune citochine ,in particolare le IL6. Avremo quindi le plasmacellule tumorali che attivano gli osteoclasti, che esercitano un’attività di erosione dell’osso, portando i pazienti ad un elevatissimo rischio di lesioni ossee, e che inoltre alimentano le plasmacellule. Ricapitolando: questi due tipi cellulari, entrambi con un effetto negativo, si alimentano a vicenda attraverso la mediazione di citochine, tra le quali un ruolo molto importante è ricoperto dall’interleuchina 6. Fino a qualche anno fa, si pensava che sul mieloma ci fosse ben poco da capire dal punto di vista molecolare, in realtà il mieloma è un tumore con un panorama molecolare estremamente complesso che va ad interessare diversi cromosomi. (Il tumore con più mutazioni in assoluto nello stesso paziente è il melanoma mentre il mieloma si trova più o meno a metà). In un paziente con mieloma ci sono più mutazioni che in un paziente con leucemia acuta. Nella figura è presente uno schema che si usa molto in oncologia, in cui sono rappresentati con dimensioni maggiori i geni mutati più frequentemente in un tumore, come ad esempio i geni KRAS e NRAS. Come abbiamo visto anche negli altri tumori, quanto più questa storia clinica si arricchisce, tanto più diventano preferenzialmente espresse alcune mutazioni, quindi è importante ricordare che un’acquisizione sequenziale di più mutazioni genetiche vanno a conferire l’evoluzione clinica di questi tumori. [DOMANDA: E’ importante l’età di insorgenza dell’ MGUS? Nel senso che: se si sviluppa in un giovane è più probabile che evolva in mieloma? RISPOSTA: Non necessariamente, perché non è detto che nel giovane sia progressiva, più che altro preoccupa di più perché ha molto più tempo per evolvere prima o poi in mieloma. Un’ MGUS che si presenta in un ultra settantenne ha meno probabilità perché il rischio è dell’1% all’anno, quindi vuol dire che un 35enne che ha un MGUS (molto raramente si trova in pazienti così giovani) ha molti anni potenzialmente per giocarsi rischi o evoluzioni in mieloma, quindi preoccupa in questo senso. DOMANDA: Se l’MGUS ha delle variazioni che sono molto blande a livello dell’elettroforesi, ed essendo l’elettroforesi un esame non di routine, come faccio io a sapere che questo paziente ha un MGUS? RISPOSTA: L’MGUS di solito viene svelata per caso, per esempio si fa l’elettroforesi per un altro motivo, (viene ad esempio utilizzato come un indice indiretto di flogosi o comunque, per un motivo o per un ’altro è un esame che viene richiesto spesso) e casualmente può venir fuori una diagnosi di MGUS. E’ quindi una diagnosi casuale perché non c’è sospetto clinico in quanto l’MGUS è totalmente asintomatica. Vi dico una cosa: non ci deve essere una grandissima fretta di scoprire una gammopatia monoclonale se non nel giovane, perché pensate che il mieloma ormai quasi sempre

si tratta solo quando diventa sintomatico, nell’anziano almeno, perché essendo un tumore molto indolente se lo si tratta molto precocemente non serve a niente. Se capita di fare diagnosi è necessario un monitoraggio nel tempo per valutare se questa componente monoclonale aumenta.]

Epidemiologia L’epidemiologia dimostra che questo è un tumore dell’anziano, con una mediana di diagnosi fra i 65 e gli 80 anni. Le diagnosi nel giovane sono rare, mapossibili.

Quadro clinico Il quadro clinico è dominato da un acronimo inglese che è CRAB che ci dà informazioni su tutta la storia di questi pazienti, e nel quale: •







C sta per Calcemia. Si ha una situazione di ipercalcemia dovuta al riassorbimento osseo operato dagli osteoclasti che quindi rilasciano calcio; R sta per Renal insufficiency (insufficienza renale), a causa di un accumulo renale degli anticorpi monoclonali in cui esercitano vari danni. A sta per Anemia (presente nel 70% dei pazienti). Dovuta al fatto che le plasmacellule infiltrano il midollo e lo sostituiscono, tanto è vero che a volte c’è pancitopenia. B sta per Bone lesions, cioè lesioni ossee legate all’erosione ossea (presente nel 90% dei pazienti).

Ci sono poi altre manifestazioni cliniche come l’iperviscosità, data da una componente monoclonale molto importante, raggiungendo anche valori di 5-8 g/dl, che porta a dei sintomi tipici come la confusione (che però può essere anche dovuta all’ipercalcemia). Possono esserci inoltre infezioni ricorrenti.

Il mieloma fino a qualche anno fa era una malattia totalmente incurabile, con una storia clinica lunga, spesso anche di dieci anni o più, nella quale si presentava in primo luogo una fase pre-mieloma, seguita poi dalla fase di malattia vera e propria che segnava il punto di inizio del trattamento, il quale

induceva una serie di remissioni, le quali nella migliore delle ipotesi duravano solo alcuni anni, e avevano delle recidive con una quota di malattia sempre più imponente fino ad arrivare ad una malattia refrattaria. Da qualche anno, si inizia a dire che almeno nel giovane, probabilmente questa malattia è curabile. Il mieloma è infatti una delle malattie per la quale c’è stata un’esplosione farmaceutica incredibile, forse la più clamorosa negli ultimi anni nell’ambito oncologico e si pensa che probabilmente, più o meno il 10% dei pazienti con mieloma sia curabile: questa non è una certezza, in quanto si può parlare di cura solo con delle casistiche di lunga durata, mentre i dati disponibili al momento sono ancora un po’ immaturi. Come si concretizza la malattia ossea nel mieloma? Sicuramente l’aspetto dominante dal punto di vista patogenetico è il riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti che ha diverse conseguenze tra cui: • • • • •

fratture patologiche spesso spontanee osteoporosi ipercalcemia dolore osseo compressione del midollo spinale, che è un’emergenza gravissima: se un paziente ha un crollo vertebrale che si spinge verso il canale midollare può dare un quadro neurologico molto importante.

Le lesioni ossee si organizzano più o meno in tutte le ossa, soprattutto sullo scheletro assile, con tipica localizzazione vertebrale, ma anche su femori e omeri. Si ha perciò una perdita completa della bilancia fisiologica tra osteoblasti e osteoclasti, che in questo caso genera un massivo riassorbimento osseo. Due proteine da citare sono il rank ligand (RANKL) e la osteoprotegerina (OPG), in quanto l’attività osteoclastica in questi pazienti è totalmente sregolata dal fatto che queste due proteine hanno una completa alterazione della loro funzione fisiologica, dipendente dall’azione delle plasmacellule tumorali. Si è capito, quindi, che gli osteoclasti e le cellule del mieloma, tramite una serie di molecole particolari, hanno una sorta di dialogo molto forte tra loro, che rende il microambiente midollare adatto ad alimentare fortemente le cellule tumorali. Nell’immagine a sinistra troviamo una frattura spontanea dell’omero, nella quale si può evidenziare una rarefazione dell’osso attorno alla rima di frattura, quindi verosimilmente era presente una lesione osteolitica che si è poi complicata con una frattura spontanea. Al centro, si vedono delle lesioni osteolitiche del cranio, che all’apparenza possono sembrare rilevanti ma che in realtà non causano danno al paziente.

A destra, abbiamo un crollo vertebrale, visto in risonanza, che è uno degli esordi più tipici del mieloma; eseguendo una biopsia nella zona di lesione ossea si evidenzia la presenza non solo di osteolisi ma anche di plasmacellule tumorali, che appunto mediano l’osteolisi. Altri sintomi di questa malattia: •

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Insufficienza renale: molto frequente, si presenta in almeno 1/3 dei pazienti, in particolare 2/3 di questi presentano un’insufficienza moderata e il restante terzo un’insufficienza severa. Questo dipende sostanzialmente dal fatto che la componente monoclonale, soprattutto se si tratta di catene leggere, causa un danno molto importante a livello tubulare che è parzialmente reversibile con le terapie. Anemia: frequente ed estremamente variabile. Iperviscosità: meno frequente, si ha una enorme componente monoclonale che rende il sangue più denso; è presente circa nel 5% dei pazienti con mieloma, ed è molto più frequente nei pazienti con la malattia di Waldenström (caratterizzata dalla presenza di grandi quantità di IgM che sono più grandi rispetto agli altri anticorpi, e quindi danno più facilmente iperviscosità).

Questi sintomi sono spesso accompagnati da affaticamento cronico e da una tipica sintomatologia neurologica: con vertigini, confusione e disturbi visivi; inoltre si presenta un aumento della tendenza al sanguinamento, data dall’interferenza di queste proteine anomale con i fattori della coagulazione. “Giusto una curiosità sulla plasmaferesi, è la terapia di scelta per l’iperviscosità sintomatica da mieloma multiplo. E’ una tecnica attraverso la quale molto rapidamente si può eliminare dal circolo la componente monoclonale (non si tratta perciò di una cura bensì di una soluzione temporanea che blocca i sintomi dell’iperviscosità).” Si tratta quindi di pazienti asintomatici, in cui il mieloma viene diagnosticato a seguito di accertamenti per secondarietà, come ad esempio una visita ortopedica a causa di un crollo vertebrale spontaneo, oppure nefrologica per via di un’insufficienza renale. Ricordiamo che, al contrario di una leucemia acuta che si sviluppa nel giro di poche settimane, il mieloma rappresenta un tumore subdolo, che può anche svilupparsi in 2 o 3 anni. Un accenno su: l’Amiloidosi E’ una condizione, molto difficile da studiare, in cui si ha un deposito anomalo di alcune proteine, le cosiddette proteine dell’amiloide, in vari tessuti dell’organismo. E’ una malattia molto complessa perché estremamente pleomorfa e molto difficile da diagnosticare; è degna di menzione perché frequentemente si associa a mieloma. Quando si pensa che in un paziente con mieloma ci possa anche essere un’amiloido...


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