Il-simbolismo PDF

Title Il-simbolismo
Author Amina Talmoudi
Course Letteratura Italiana quinto anno
Institution Liceo (Italia)
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Il simbolismo Naturalismo e simbolismo a confronto Gli anni che vanno dal 1849, ossia la conclusione del movimento rivoluzionario per l’indipendenza nazionale o per l’istaurazione di regimi liberali o democratici, fino al 1896, ossia la piena affermazione della rivoluzione industriale, sono in Europa segnati da due correnti artistiche pressoché contemporanee: il Naturalismo e il Simbolismo. Per l’Italia si parla invece del periodo che va dal 1861 al 1903, anno dell’ascesa al potere di Giolitti. Con l’affermazione del Naturalismo e del Simbolismo finisce la letteratura romantica. Nel naturalismo viene meno la partecipazione romantica ai destini della società: lo scrittore diventa uno specialista che osserva in modo distaccato e neutrale, come farebbe uno scienziato, i meccanismi sociali, limitandosi a descriverli. Nel Simbolismo il processo di estraneità dell’intellettuale si converte in una specializzazione linguistica, che fa della poesia un linguaggio assoluto, ripiegato su se stesso e spesso di ardua decifrazione, quindi lontano dalla vocazione “popolare” e dalle tendenze storicistiche del Romanticismo, egli si sente superiore al contesto. […]Il decadentismo si basa invece sull’estetismo, ossia sul culto della bellezza e dell’arte, la sua principale parola d’ordine è irrazionalismo: il poeta rivelerebbe una verità superiore concepita intuitivamente o misticamente e dunque in modi del tutto sottratti alla razionalità. Di qui la predilezione del simbolo. Sul piano politico i decadenti appoggiano le nascenti ideologie nazionaliste e imperialistiche. In Italia i massimi esponenti del decadentismo sono D’Annunzio in particolare con la pubblicazione del romanzo “Il piacere (1889)” e Pascoli che pubblica nel 1891 “Myricae”. Ovviamente il simbolismo (decadentismo), basandosi sull’irrazionalità, rifiuta nettamente una concezione deterministica della vita. L’esperienza della folla e la perdita di aura e aureola: il nuovo ruolo dell’intellettuale Nelle società capitalisticamente più avanzate il poeta o l’artista non solo fa esperienza della folla, ma diventa uno della folla. Subisce un processo di massificazione. Perde la propria funzione privilegiata capace di orientare l’opinione pubblica. Anche la sua stessa arte diventa merce. Essa perde l’aura e il poeta stesso l’aureola. In un poemetto Baudelaire stesso scrive di aver perso la sua aureola nel fango e di non averla raccolta, proprio perché egli si mostra consapevole di non aver più alcun ruolo e questa consapevolezza determina la modernità e la qualità della sua poesia. Baudelaire inoltre paragona il suo mestiere a quello di una prostituta: entrambi si vendono, entrambi diventano merce, vendono qualcosa che non dovrebbe essere venduto, uno l’amore, l’altro l’arte. Ora l’intellettuale consapevole di non aver più un ruolo nella società diventa un intellettuale-scienziato. In risposta a questa perdita di aureola ci sono due modi di agire. Uno è quello di declassamento sociale, ossia lo scrittore di avvicina alla massa assumendo posizioni democratiche o rivoluzionarie. L’altro, che tenderà a prevalere in Italia, è quello di recuperare i tradizionali privilegi e dunque alimentare un disprezzo per le masse, rivendicando il valore dell’arte. A loro volta questi due modi diversi di rispondere si possono esprimere o con il recupero dei valori della tradizione e lottando contro la massificazione del prodotto letterario, l’altro è l’estetismo, ossia la celebrazione dell’arte, in maniera intuitiva. In Italia assistiamo al fenomeno del divismo, ossia l’artista diventa un mito che si offre al consumismo di massa mantenendo però la propria distinzione e ostentando la proprio superiorità e raffinatezza rispetto alle masse. Un esempio ne è Gabriele d’Annunzio. Charles Baudelaire e i fiori del male Lo stesso hanno in cui viene pubblicato il romanzo “Madame Bovary” di Gustave Flaubert che sarà di grande ispirazione per il naturalismo, esce anche “Les fleurs du mal” di Charles Baudelaire. Con questa raccolta di poesie si può dire che ha inizio la poesia moderna. In quest’opera si possono rintracciare due diversi approcci, due diverse risposte alla dimensione sociale che vive l’artista, quella di esclusione ed estraneità. La prima visione è costituita dal simbolismo, ossia il bisogno di trovare un significato cercando delle corrispondenze con tutto il naturale; la seconda è quella allegorica, ossia rappresenta la fine dell’armonia

con il mondo, con la natura stessa che è diventata una “seconda natura” artificiale. Nelle poesie simboliche, che sono in minoranza rispetto a quelle allegoriche, Baudelaire utilizza la figura retorica della sinestesia, secondo cui più percezioni vengono mescolate, i sensi si confondono, un collegamento privo di logica (alogico) mette in relazione l’uomo, o meglio le sue sensazioni, con la natura. C’è una tendenza all’allusività, al non dire, all’oscurità, alla musicalità (la forma) che prevale sull’elemento semantico. Le poesie allegoriche invece ancora sfruttano una corrispondenza razionale con il mondo tramite la figura retorica dell’allegoria, dunque possono essere interpretate in senso concettuale e razionale, ma mettono in risalto la scissione dell’artista rispetto alla società in cui vive. Caratteri generali del Decadentismo Proprio da “I fiori del male” prenderà ispirazione la nuova poetica del Decadentismo. Il poeta infatti cerca di istaurare con il mondo un rapporto sensuale, ossia basato sui sensi e non più sulla ragione. Da qui deriva la rinuncia ad una comunicazione logica, fondata sul senso comune, sulla comunicazione semantica. Questo accade proprio perché il poeta è un “veggente” che si impossessa di una verità oscura e infinita, che è sconosciuta alla maggior parte delle persone, e può comunicarla solo tramite delle allusioni, delle suggestioni musicali, delle parole magiche. La poesia tende a sciogliersi in musica, un’arte fonosimbolica, nella quale il suono assume un valore fondamentale. Lo stesso linguaggio poetica si specializza e diventa specifico e separato dalla poesia, si fonda su se stesso, è autoreferenziale. I rapporti con la realtà solo regolati da esperienze mistiche, aldilà della logica. Vengono predilette infatti figure retoriche come la sinestesia che da l’idea di questa confusione dei sensi, la metafora, ma anche l’analogia, che accosta elementi che logicamente mai si potrebbero paragonare. Prevale infatti l’andamento del sogno, della fantasia, dell’inconscio, che obbedisce solo alle associazioni dettate dall’io interiore. Viene dunque utilizzato il verso libero, fautore di una poesia “pura”, ossia che è separata da ogni preoccupazione di tipo morale, civile o comunicativo, è fine a se stessa. Il poeta è un vate, un sacerdote, ha capacità oniriche, oracolari, profetiche, la poesia è posta come una religione. “La differenza fra lingua corrente e lingua poetica si fa radicale” di Hugo Friedrich Friedrich mette in risalto che con il Decadentismo si può parlare di “drammaticità aggressiva”. Infatti il lettore, leggendo le opere decadenti, si trova vittima di uno choc, non è rassicurato, ma allarmato. Tutto ciò deriva da uno scarto fra la lingua corrente e la lingua poetica. Infatti la lingua poetica non fa coincidere il significato semantico con quello che il poeta vuole dire, o meglio alludere: “il vocabolario usuale s’innalza a significazioni inconsuete”, “la sintassi si smembra ovvero si riduce a espressioni nominali volutamente primitive”, anche le stesse figure retoriche vengono maneggiate in un modo nuovo. La poesia dunque non può più essere compresa dalle parole che vengono utilizzate, cercare di donare un senso, un significato. Il contenuto è la drammaticità, l’aggressività delle espressioni, delle “forze formali” . “Lettera del veggente” di Rimbaud In questa lettera Rimbaud esprime appieno i caratteri della nuova poetica. In primis egli afferma che il poeta deve “fare l’anima mostruosa”, ossia deve coltivare la sua anima sperimentandone tutte le tendenze oltre ogni limite morale, deve vivere in modo sregolato, staccarsi dalle conformità, dalle regole sociali, deve diventare “un mostro”. Inoltre deve anche farsi “veggente”, ossia abbandonare ogni tipo di contatto logico con la realtà, ma intuire, comunicare in modo mistico in un “disordine di tutti i sensi”. Egli è il “sommo Sapiente” ossia il poeta-sacerdote, colui che vede l’ignoto tramite delle visioni. Il poeta comunica ciò che vede nel modo in cui lo vede, se ha forma allora lo comunicherà con una forma, se è informe lo lascerà tale. Il suo obiettivo è quello di “far sentire, palpare, ascoltare le sue invenzioni”, ossia dotarsi di una lingua che dia importanza ai sensi, che sarà “dall’anima per l’anima, riassumerà tutto: profumi, suoni, colori”. Rimbaud sottolinea anche l’importanza del materialismo, ossia dell’assenza di Dio, di una verità rivelata, sganciandosi da qualsiasi valore morale. La poesia inoltre non “ritmerà più l’azione; sarà più avanti” , è un avanguardia, è fine a se stessa, autonoma, non ha più nessun messaggio morale, civile, religioso. La sua arte è ovviamente

elitaria, c’è disprezzo nei confronti della massa, dei “più”, dato il linguaggio rarefatto, è la massa che causa l’estraniamento del poeta nella società moderna. “Mallarmé risponde ad un intervista” di Mallarmé In questa intervista Mallarmé sottolinea come la nuova poetica sia staccata dalla cultura ufficiale, come non obbedisca ad alcuna regola, quando c’è “sforzo verso lo stile”, non c’è arte, ma solo “versificazione”, ossia tecnica. Infatti l’alessandrino parnassiano è criticato data la sua rigidità, pesantezza, mentre il simbolismodecadentismo da più aria alla poesia, più fluidità e mobilità. I parnassiani presentano il contenuto in modo diretto, come “vecchi filosofi e dei vecchi retori”, quando invece Mallarmé pensa che “non debba esserci altro che allusione”. Occorre “suggerire” non nominare, “evocare poco a poco”. La poesia è inoltre “creazione” , ideazione di una realtà altra, sovrannaturale, un paradiso artificiale, creato tramite il fare la propria anima mostruosa. In simbolismo è una risposta diversa alla perdita di aura e aureola rispetto al naturalismo, che invece imita la realtà, la descrive con distacco scientifico. I Décandents Il movimento dei “décadents” nasce a Parigi nella prima metà degli anni ottanta, precisamente con la pubblicazione di “Languore” da parte di Verlaine. Affermando “Io sono l’Impero alla fine della decadenza”, affiorava il concetto di raffinatezza ed eleganza proprie delle epoche storiche di decadenza, come quella contemporanea all’autore. Nella poesia decadente viene messo in risalto quell’aspetto che Nietzsche definiva “dionisiaco” che si contrappone all’ “apollineo”. Apollineo è tutto ciò che è armonico, equilibrato, che esalta l’arte e la ragione come capacità riordinatrici della realtà (rinascimento e Ariosto). Dionisiaco invece è tutto ciò che riguarda l’ “ebbrezza”, l’energia, il disordine, la mancanza di controllo della ragione, che viene superata, il “fare l’anima mostruosa”. La realtà contemporanea ai Décadents ha distrutto il dionisiaco tramite la mercificazione dell’arte: obiettivo dei poeti moderni è il suo recupero. L’artista decadente è un soggetto isolato ed eccezionale, ha valori aristocratici e raffinati che lo contrappongono alla volgarità della borghesia e della vita quotidiana. Egli è un “dandy”, si vuole distinguere, fa una vita sfarzosa. Egli collega il mistero dell’anima a quello dell’universo (io e tutto). I decadenti affermano la superiorità dell’arte, che viene venerata, diventa oggetto di culto. Si sviluppa il culto della bellezza, dell’estetica, della forma, la vita stessa deve ispirarsi a criteri estetici. D’Annunzio (poeta italiano decadente che si afferma con “Il piacere” del 1889 insieme a Pascoli con “Myricae” del 1891) afferma che “il verso è tutto e può tutto […] può infine raggiungere l’Assoluto”, proprio per questa sua capacità creatrice, di ideare un nuovo mondo. In “Controcorrente” di Human, viene messo in evidenza come la vita di basi interamente sull’arte, sul culto dell’estetica. Nell’estratto “Salomè” il protagonista dell’opera Des Esseintes arriva anche a provare piacere sessuale guardando il quadro di “Salomè” del pittore Moreau. Egli lo contempla, è incantato, immerso in un viaggio mistico, trova delle affinità visive con i suoi sensi che lo conducono al piacere sessuale. Nella prefazione a “Il ritratto di Dorian Gray”, opera simbolo del decadentismo in Gran Bretagna, Oscar Wilde afferma che “L’artista è il creatore di cosa belle”, “coloro che scorgono brutti significati nelle cose belle sono corrotti senza essere affascinati. Questo è un errore. Coloro che scorgono bei significati nelle cose belle sono le persone colte. Per loro c’è speranza”. Con ciò Wilde mette in primo piano il valore dell’arte assoluto, foriera solo di “cose belle”, alla quale non deve essere attribuito alcun significato, solo la forma conta, non ci sono messaggi da veicolare. Infatti “non esistono libri morali o immorali. I libri sono scritti bene o scritti male. Questo è tutto.” L’artista ammira e prende ispirazione dalla musica, che è l’arte più sganciata dalla realtà, quella che la rappresenta in modo meno logico, irrazionale. Infine conclude la sua introduzione con una frase molto significativa: “tutta l’arte è completamente inutile”, mettendo in risalto la perdita di aura dell’arte e la mancanza di scopi pedagogici, morali, religiosi, civili… “L’albatro” di Charles Baudelaire In questo componimento si delinea il radicale cambiamento della condizione dell’artista nella società di massa. Il poemetto è infatti allegorico, non simbolico, dato che la condizione dell’artista paragonata a quella

dell’albatro è chiaramente spiegata. Significativo è l’inizio con la parola “spesso” che indica quasi una routine, qualcosa a cui l’artista è abituato ormai. È infatti la sua condizione sociale, quella per la quale il popolo-marinaio “per divertirsi”, dunque senza alcun senso, lo deride. Infatti il poeta ha delle “grandi ali bianche”, che rappresentano il suo candore, la sua purezza, ma anche l’enormità del suo talento. Altro colore significativo è l’azzurro, infatti il poeta-albatro si definisce “re dell’azzurro”: l’azzurro rappresenta l’ideale, il mare infinito, che si contrappone al grigiore della realtà. Queste grandi ali bianche sono la più grande caratteristica mentre vola, mentre compone la sua arte, ma su terra, come quando viene messo sulla stiva, diventa “uno storpio”, goffo, le ali gli sono da ingombro. Nelle ultime righe si legge anche la parola “esule”, che suggerisce il ritorno dell’idea titanica romantica. Nella ballata del marinaio di Coleridge l’uccisione dell’albatro segnata il distacco dell’uomo e della natura, ora invece esso simbolizza l’allontanamento dell’artista dalla società. “Corrispondenze” di Charles Baudelaire La poesia è il manifesto del simbolismo. Quando Baudelaire afferma “La natura è un tempio”, vuole dire che la realtà non è più studiabile in modo materiale, non si può operare con la ragione, ma bisogna farsi veggente, cogliere il noumeno e non il fenomeno. Il poeta stesso arriva a conoscere questo mistero ma non lo veicola chiaramente: prima di tutto perché questa rivelazione è solo per un élite, in secondo luogo perché spesso non dispone dei mezzi per veicolarla, le sue sono infatti “confuse parole”. La realtà è una “foresta di simboli”, è ignota, intricata. Introducendo “i profumi, i colori e i suoni” che “si rispondono”, il poeta afferma che si può conoscere solo con i sensi. Infatti la poesia è caratterizzata da diffuse sinestesie come “profumi freschi come carni infantili”… ritorna anche il tema del paradiso artificiale rappresentato come “gli abbandoni dello spirito e dei sensi”. In questa poesia dominano dunque le corrispondenze fra la natura e l’uomo fatte di sensazioni, percezioni, odori, dimensione dell’eternità e dell’infinitezza. “Arte poetica” di Paul Verlaine Verlaine inizia questa poesia con un verso molto significativo: “la musica, prima di ogni altra cosa”. Affermando ciò, il poeta dona un’importanza fondamentale alla musica, l’unica fra le arti che si distacca maggiormente dalla realtà e la rappresenta in un modo più vago. Verlaine infatti preferisce “l’impari”, il dionisiaco, il non equilibrio, il “vago”, il “solubile nell’aria”, l’allusione che non determina un rapporto e non denota un significato. Le stesse parole “pesi e posi” sono un ecolalia, ossia un gioco di parole che non assume nessun significato se non quello di bellezza stilistica. La confusione che deve dominare nell’ “arte poetica” è rappresentata da “l’incerto si unisca al preciso”, la vaghezza da “dietro veli”, da “non colore, ma solo sfumatura”. Entra in scena anche la dimensione del “sogno”, onirica, distaccata dalla realtà. L’intera poesia è un accostamento insensato di suoni. Vi è anche un critica alla tecnica, ai tecnicismi, che si contrappongono all’ “azzurro” ideale della poesia simbolista, infatti “tutto il resto è letteratura”. “Le vocali” di Arthur Rimbaud In questo sonetto il poeta immagine un colore per ogni vocale, dunque c’è un accostamento privo di significato fra il suono e la percezione visiva, ci sono accostamenti anche ad immagini. “io dirò” è un futuro che rappresenta l’incertezza che si contrappone alla dimensione dell’equilibrio apollinea. La parola “alchimia” rappresenta l’irrazionalità, il distacco dalla realtà. “Languore” di Paul Verlaine Sono l’Impero alla fine della decadenza, che guarda passare i grandi Barbari bianchi componendo acrostici indolenti dove danza il languore del sole in uno stile d’oro. Soletta l’anima soffre di noia densa al cuore. Laggiù, si dice, infuriano lunghe battaglie cruente.

O non potervi, debole e così lento ai propositi, o non volervi far fiorire un po’ quest’esistenza! O non potervi, o non volervi un po’ morire! Ah! Tutto è bevuto! Non ridi più, Batillo? Tutto è bevuto, tutto è mangiato! Niente più da dire! Solo, un poema un po’ fatuo che si getta alle fiamme, solo, uno schiavo un po’ frivolo che vi dimentica, solo, un tedio d’un non so che attaccato all’anima! Il sonetto, tratto dalla raccolta Allora e ora, associa lo stato d’animo di languore del poeta al quadro storico di decadenza dell’Impero romano invaso dai barbari. Il poeta associa per analogia il proprio stato d’animo di languore alla fi ne della decadenza dell’Impero romano, cioè a un’epoca di debolezza morale e di evasione nei piaceri della vita. La malattia che lo affligge è la solitudine, la noia, la passività, che non gli fanno desiderare né di vivere né di morire. Una condizione che si riflette nella sua poesia, ridotta ad acrostici indolenti, svuotata di ogni contenuto morale o sociale, diventata puro esercizio formale. Niente più da dire, in sintesi (Tutto è bevuto, tutto è mangiato!); la sua poesia è da gettare alle fiamme. “Il pomeriggio di un fauno” di Stephane Mallarmé Questa poesia rappresenta appieno il viaggio onirico nella dimensione del “sogno” del poeta. Non c’è alcuna oggettività, ma solo allusioni, sensazioni, il disorientamento, non si può adottare una comprensione di tipo semantico. La poesia si basa sulla musicalità, sulla percezione dei suoi, non più sulla ragione, sulla descrizione....


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