In principio era Satana Adolfo Francia PDF

Title In principio era Satana Adolfo Francia
Author Al Boss
Course Criminologia
Institution Università degli Studi dell'Insubria
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Saggio scritto dal professore Adolfo Francia sulla nascita e l'evoluzione della criminologia...


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Criminologia - In principio era Satana IL GOVERNO DI SATANA IL QUADRO STORICO DELLA RAPPRESENTAZIONE DEL DIVERSO: La chiesa alto-medievale aveva sempre negato l’esistenza delle streghe e ne aveva ufficialmente proibita la persecuzione. Nel “Canon Episcopi”, raccolta generale di leggi e disposizioni ecclesiastiche del 13esimo secolo, fenomeni come il volo notturno e le riunioni a cui partecipavano solo donne, seguaci di Diana e di Erodiade, costituivano solamente illusioni e fantasticherie collettive dovute al permanere di un culto pagano. Queste fantasie però suscitavano allarme sociale e per questo venivano stigmatizzate (=Disapprovate con fermezza). Lo stigma era quello dell’eretico, mentre la sanzione, del tutto informale e non penale, consisteva nell’isolamento e nell’espulsione dalla comunità parrocchiale. Credere nelle illusioni diaboliche non era ancora reato, ma solo peccato. Tuttavia, tale sanzione non prevedeva solamente l’interdizione dai sacramenti e il divieto di

partecipazione a cerimonie religiose, ma prevedeva delle vere e proprie persecuzioni che potevano giungere all’esilio o addirittura al linciaggio. Il controllo sociale spettava alla comunità ecclesiastica locale, senza l’intervento di nessun’altra autorità esterna. Mediante la sanzione informale la Chiesa riuscì a contenere le fantasie popolari per un lungo periodo. I primi segni dell’ossessione che colpì l’Europa si manifestarono nel 12esimo secolo nel corso della crociata contro gli Albigesi (mezzodì della Francia) e i Valdesi (protestanti), colpevoli, secondo i Domenicani (ordine fondato proprio in quell’occasione insieme all’Inquisizione) di praticare la stregoneria. Essi, di fronte alla pericolosità di quest’ultima, chiesero a Papa Alessandro 4° di concedere loro il diritto di giurisdizione sulla stregoneria, il quale avrebbe comportato il passaggio da una sanzione informale (=interdizione dai sacramenti e il divieto di Criminologia - In principio era Satana IL GOVERNO DI SATANA

IL QUADRO DIVERSO:

STORICO

DELLA

RAPPRESENTAZIONE

DEL

La chiesa alto-medievale aveva sempre negato l’esistenza delle streghe e ne aveva ufficialmente proibita la persecuzione. Nel “Canon Episcopi”, raccolta generale di leggi e disposizioni ecclesiastiche del 13esimo secolo, fenomeni come il volo notturno e le riunioni a cui partecipavano solo donne, seguaci di Diana e di Erodiade, costituivano solamente illusioni e fantasticherie collettive dovute al permanere di un culto pagano. Queste fantasie però suscitavano allarme sociale e per questo venivano stigmatizzate (=Disapprovate con fermezza). Lo stigma era quello dell’eretico, mentre la sanzione, del tutto informale e non penale, consisteva nell’isolamento e nell’espulsione dalla comunità parrocchiale. Credere nelle illusioni diaboliche non era ancora reato, ma solo peccato. Tuttavia, tale sanzione non prevedeva solamente l’interdizione dai sacramenti e il divieto di partecipazione a cerimonie religiose, ma prevedeva delle vere e proprie persecuzioni che potevano giungere all’esilio o addirittura al linciaggio. Il controllo sociale spettava alla comunità ecclesiastica locale, senza l’intervento di nessun’altra autorità esterna.

Mediante la sanzione informale la Chiesa riuscì a contenere le fantasie popolari per un lungo periodo. I primi segni dell’ossessione che colpì l’Europa si manifestarono nel 12esimo secolo nel corso della crociata contro gli Albigesi (mezzodì della Francia) e i Valdesi (protestanti), colpevoli, secondo i Domenicani (ordine fondato proprio in quell’occasione insieme all’Inquisizione) di praticare la stregoneria. Essi, di fronte alla pericolosità di quest’ultima, chiesero a Papa Alessandro 4° di concedere loro il diritto di giurisdizione sulla stregoneria, il quale avrebbe comportato il passaggio da una sanzione informale (=interdizione dai sacramenti e il divieto di partecipazione a cerimonie religiose) alla sanzione formale (=vera e propria condanna penale comminata dal foro laico); il papa tuttavia respinse tali richieste. Dopo la selvaggia repressione dell’eresia albigese e valdese, si assistette ad un notevole aumento del potere dell’apparato ecclesiastico, anche dal punto di vista giuridico che culminò con l’istituzione del Tribunale dell’Inquisizione, organo alle dirette dipendenze del papato, avente l’onere di vigilare e reprimere ogni tipo di trasgressione delle direttive della Chiesa.

Per capire cosa spinse la Chiesa a rendere formale il controllo sociale nei confronti degli eretici e delle streghe bisogna partire dalla Bibbia e dalle interpretazioni che vengono date di quest’ultima dagli apostoli, in particolar modo dall’apostolo Paolo. Nella lettera ai Galati, ad esempio, quest’ultimo raccomanda ai propri confratelli di ricondurre sulla retta via chi sbagliava, stando ben attenti a non cadere anche loro in errore; nella lettera a Timoteo raccomanda di non insegnare una dottrina diversa e non dare ascolto a coloro che la professano in quanto solo quello che lui ha detto corrisponde a verità. Da questi e altri scritti si apprende come il seme della contestazione fosse già all’interno della Chiesa fin dal principio e come da esso stesse germogliando l’eresia. Nella Chiesa degli albori (primordi), che andava strutturando la sua organizzazione gerarchica, sia le questioni di fede sia quelle di carattere rituale erano caratterizzate da interpretazioni, idee di leader dei gruppi ecclesiali. Ogni mutamento di idee era recepito dalla gerarchia come un attacco mortale al potere, un pericoloso colpo all’ortodossia e chiunque osasse mettere in discussione l’esattezza delle idee di un suo superiore ecclesiastico era considerato un delinquente della peggior specie, soprattutto se riusciva ad avere dei seguaci.

Agostino affermava che chi si metteva al di fuori delle gerarchie agiva sotto l’impulso dello spirito del male, da Satana e per questo dovevano morire al rogo con la sola compagnia del loro maestro. Satana era, per la dottrina cristiana, il “signore di questo mondo” fino alla venuta di Gesù, destinato ad essere definitivamente sconfitto dalla seconda venuta di Cristo. Nel frattempo, egli tentava di ostacolare, con tutti mezzi, l’opera di evangelizzazione dei cristiani. La figura di Satana è già presente, in modo incompleto e frammentario, nell’antico testamento; in maniera più precisa la ritroviamo negli apocrifi, in particolare in Enoch I, il quale racconta di angeli decaduti che si erano trasformati in spiriti malvagi e demoni, esseri incorporei e invisibili, sempre all’opera per distruggere ed uccidere, che dipendevano da un capo, appunto Satana. Per i padri della Chiesa le divinità pagane erano demoni e coloro che le adoravano servivano di fatto Satana. Anche se un cristiano si arrischiava a criticare nuove pratiche o credenze dopo che essi avevano ricevuto la sanzione ufficiale della Chiesa, si riteneva che anch’egli dovesse essere stato istigato da una divinità pagana che operava come un demone.

Le pratiche magiche, anche quelli di magia bianca, anche la divinazione o gli oroscopi, che venivano visti di buon occhio nel mondo romano, vennero bollate come pagane e quindi come forme di adorazione del demonio, indipendentemente dal fatto che il potere civile le considerasse reato o meno. L’eretico, quindi, era spinto a deviare dalla vera fede sempre e comunque da Satana. Fu la Chiesa dei primordi, impegnata nell’opera di conversione di una società che presentava ancora strati di popolazione dedita ai vecchi culti o ai culti di origine orientale, a preparare il terreno alla demonizzazione successiva. Tale conversione fu compiuta perlopiù da missionari predicatori; pratiche pagane non sempre furono stroncate spietatamente, anzi molte furono addirittura incorporate nella pratica della Chiesa che diede prova di grande tolleranza e buon senso mentre l’aggressività contro gli eretici si limitava alla minaccia dell’eterna dannazione. Con il passare degli anni, però, l’atteggiamento della Chiesa induceva ad atteggiamenti volti ad agire animati da rabbia e violenza. Nonostante ciò rimaneva comunque qualche voce isolata come quella di Firmino Lattanzio che affermava che la Chiesa non si sarebbe dovuta imporre con la violenza in quanto non si

sarebbe potuto costringere nessuno a rimanere cristiano con la forza, perché la mancanza di pietà non proveniva da Dio. La presa di potere da parte della Chiesa si ebbe con l’imperatore Costantino che cercò di imporre universalmente la religione cristiana. Il primo esempio di esecuzione capitale per delitto di eresia si ebbe nel 385 quando a Treviri (Germania) fu mandato a morte Priscilliano, accusato di eresia, con 6 dei suoi discepoli. Nonostante l’indignazione ripercorsa quell’episodio, il principe della

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Chiesa

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condanna formale da parte dello Stato era passato. Nel 5° secolo Giovanni Crisostomo raccomandata la distruzione delle sette eretiche, anche se non approvava l’applicazione della pena capitale. Il rigore delle pene fu giustificato dall’esigenza di salvezza gli eretici stessi: la distruzione del corpo ne avrebbe, infatti, evitato la dannazione eterna. Il gruppo immette tutto il male nell’eretico ed esso, violentemente espulso attraverso la morte, li purificava e santificava trasformandoli da crudeli dispensatori di sofferenze a benefattori. L’eretico era quindi una vittima espiatoria: come Cristo moriva sulla croce, convogliando su di sé tutto il male del mondo, così il corpo dell’eretico assumeva su di sé tutto il male del

gruppo, salvandolo e riconducendolo purificato sulla via della salvezza. A sancire formalmente tale linea di condotta fu papa Leone I che nel 447 dichiarò che lasciare in vita i Priscilliani equivaleva a tollerare la distruzione delle leggi umane e divine. L’influenza dottrinale della Chiesa consentì il passaggio dalla sanzione informale, rappresentata dal disprezzo, dall’additare l’eretico quale peccatore, alla sanzione formale attraverso la produzione di una serie di editti che punirono l’eresia con pene che comportavano spesso la morte. Questo perché la religione annunciata da Cristo è la vera, l’unica. Professare una diversa religione o professare la stessa religione ma in modo diverso da quello che diceva la Chiesa cattolica ed apostolica è di per sé un male sociale, indipendentemente dalle sue manifestazioni. Sorge così la necessità della difesa della fede ortodossa concepita come difesa sia dei singoli sia della società nel suo complesso. Al fianco degli imperatori cristiani si posero papi e padri della Chiesa: è quest’ultima che dirige, sollecita, ordina, prescrive e sono gli imperatori che puntualmente eseguono. La casta sacerdotale sostituì piano piano la funzione del giurista classico; il presupposto su cui si basa il nuovo diritto è la fede cattolica.

La lotta all’eresia divenne una lotta per la “difesa sociale”. Non si poteva rivestire nessuna carica importante senza essere fedeli; nacque così la figura del deviante, colui che deviava dalla linea della religione cattolica, l’eretico. L’atteggiamento che la Chiesa tenne nei confronti della punizione degli eretici fu ambivalente in quanto riservando alle gerarchie ecclesiastiche le prerogative spirituali del potere, demandava allo Stato la responsabilità legislativa e giudiziaria in materia che considerava come primo suo dovere quello di conservare tra i suoi sudditi l’integrità della fede. Man mano che i decenni passavano e il potere ideologico si consolidava, l’atteggiamento della Chiesa divenne sempre più tollerante. Nell’Alto Medioevo, infatti, la Chiesa romana manifestò una sostanziale tolleranza, specie nei confronti di quei barbari che, da poco convertiti, contaminavano l’ortodossia con le ritualità e le credenze della loro religione precedente. Non esistendo un atteggiamento ufficiale gli eretici furono trattati a volte con rigore a volte con clemenza a seconda del vescovo che questi incontravano ai quali spettava, insieme a speciali commissioni di visitatori pastorali, in virtù delle disposizioni dei vari Concili, la repressione.

La procedura consisteva in frequenti visite pastorali nei luoghi dove si sospettava che operassero gli eretici nel corso delle quali venivano individuati due o tre parrocchiani a cui veniva affidato il compito, sotto giuramento, di denunciare al proprio vescovo chiunque fosse riconosciuto deviante dalla vera fede, il quale lo avrebbe poi esaminato e, in caso di grave ostinazione all’errore, lo avrebbe consegnato al braccio secolare per la punizione. Tale sistema però non diede i frutti sperati a causa, in particolare, della scarsa collaborazione di parroci e parrocchiani. Si decise così di istituire una figura di giudice straordinario, l’Inquisitore, da affiancare al giudice ordinario (cioè il vescovo); mentre quest’ultimo esercitava il proprio potere nell’ambito della propria diocesi, l’inquisitore lo esercitava universalmente nei limiti della delega pontificia. Gregorio 9° formulò nel 1231 una serie di regole pubblicate dal senatore romano Annibaldo in cui comparì per la prima volta il termine “inquisitore”; tali regole furono diffuse in tutta Europa diventando la base della nuova procedura. Lo stesso Gregorio fece ricorso allo strumento inquisitoriale per stroncare una rivolta

contadina nello Steding che, alla fine dell’11° secolo, si rifiutavano di pagare certe decime che gli erano state imposte dall’arcivescovo di Brema. Con il passare degli anni fu affinata la procedura che prevedeva il ricorso alla tortura. L’inquisitore venne affiancato da un compagno che ne condivideva le decisioni, a loro volta sottoposte al vaglio del vescovo. L’andamento del processo fu subordinato al controllo di un consiglio formato da frati, chierici e giuristi per evitare il più possibile gli arbitri. L’accusato non aveva diritto di essere assistito da un difensore. L’estensione del mandato inquisitoriale alla magia e alla stregoneria avvenne per l’intervento del pontefice Giovanni 12° personalmente terrorizzato dalle streghe con l’estravagante del 1326. Questo pontefice attaccata alle prerogative temporali della Chiesa e sostenitore della teocentricità del potere sentì la necessità di formalizzare la reazione sociale contro le streghe. I primi documenti in cui si descrive di riunioni configurabili come sabba avvenute a Tolosa e a Carcassonne risalgono al 1335, anno successivo alla morte di Giovanni XII, ma il fenomeno della caccia alle streghe ebbe ufficialmente intorno alla seconda metà del XV secolo.

Nel dicembre 1484 Papa Innocenzo 8° promulgò una bolla chiamata “Summis desiderantes affectibus” (desiderando con estremo ardore) in cui affermava che la stregoneria si era largamente diffusa e stava diffondendo terribili effetti sul popolo di cristo per questo autorizzava gli inquisitori domenicani Kramer e Sprenger ad estirparla con gli strumenti da loro ritenuti più idonei. Non essendo semplice individuare le streghe e i loro crimini, nacque la necessità di una disciplina che permettesse di riconoscerle; venne così realizzato il “Malleus Maleficarum” (il martello delle streghe) scritto dagli inquisitori tedeschi Kramer e Sprenger e pubblicato nel 1486. Nel luglio 1542, Paolo 3° fondò la “Congregatio Sanctae Inquisitionis haereticae pravitatis” che avrà il compito di sostituire la vecchia Inquisizione medievale e che ne innoverà, affinandole, le procedure repressive. LA “CLINICA” DEMONOLOGICA: La trattatistica demonologica assunse caratteristiche di una “criminologia clinica” ad uso del potere e della repressione che serviva ad individuare categorie di comportamenti indesiderati da sanzionare. La trattatistica demonologica del 15°-16° secolo fu preceduta da alcune esperienze letterarie

tra cui “De operatione daemonum” opera dello statista bizantino Pselli. L’opera riporta il dialogo tra due personaggi: Timoteo e il Trace, a cui si aggiunge Marco, eretico pentito. La prima parte del dialogo riguarda i costumi, la legge e la condotta degli eretici Euchiti (eretici che ritenevano la preghiera continua l’unico mezzo per contrastare il diavolo presente fin dalla nascita nell’uomo) ed Entusiasti (eretici aventi visioni ed immaginazioni folli) presso i quali aveva trascorso un lungo periodo di tempo il Trace. Quest’ultimo racconta le cerimonie che venivano celebrate, rappresentanti il rovesciamento dei riti cristiani: la comunione consisteva nel mangiare sterco, il battesimo avveniva nel sangue di neonati che venivano poi bruciati vivi ed il Dio di costoro era Satanel, figlio maggiore di Dio. Essi si abbandonavano a riti blasfemi quali l’incesto e l’infanticidio. Ad un certo punto del dialogo il Trace porta come testimone delle sue affermazioni Marco, un monaco che fu eretico e abiurò, entrando nella Chiesa cattolica; da quest’ultimo viene tratta la descrizione delle 6 specie di spiriti capaci di insinuarsi nell’uomo facendo sorgere in lui fantasie che lo tormentano causandogli la malattia mentale e passioni perverse.

Tali fenomeni vengono definiti dai medici “disordini della materia”, ma tale definizione, secondo il Trace è ingannevole e dovuta al fatto che i medici guardano solo il corpo, tendendo a trascurare l’anima. Essi la pensano così perché, a differenza dei religiosi, non hanno esperienza diretta con il demonio. Inoltre, la disciplina che praticano li induce ad essere scettici, spontaneamente materialisti e positivi. Per questo motivo il clero ha la necessità di creare una “clinica” alternativa, la “clinica demonologica” che passa attraverso la percezione del magico e dell’inspiegabile attraverso i sensi e rappresenta la prova della veridicità dell’esistenza dei demoni e del loro influsso sulla psiche umana. La discussione sulla magia e stregoneria trovò uno dei suoi punti fermi in una presa di posizione risalente al 1398 della facoltà di teologia di Parigi che in 28 articoli affermò l’esistenza della magia e la distingueva in naturale ed eretica. La prima poteva continuare ad agire indisturbata (salvo alcune eccezioni), mentre la seconda no, in quanto sottintendeva sempre un patto con i demoni. Doveva passare ancora mezzo secolo perché l’attenzione del clero, che fino ad ora era stata

rivolta verso l’eresia propriamente detta, si spostarsi su quel tipo di eresia particolare è intorno alla metà del ‘400, infatti, che quest’ultimo (il clero) si accorse che il suo potere poteva essere messo in discussione da persone che facevano ricorso al demonio per affermare il loro culto sacrilego. Il primo autore che si dedicò all’individuazione e alla definizione dei nuovi reati fu il domenicano Nyder che realizzò il Formicarius e il Preceptorum, sive orthodoxa ed accurata Decalogi explicatio. Un’opera di grande interesse nella costruzione della “criminologia demonologica” fu il Flagellum maleficarum di Mamoris, primo autore ad introdurre nella letteratura demonologica il termine sabba. In quest’opera, incentrata essenzialmente sul problema del potere dei maghi e della realtà della magia facendo riferimento a “casi clinici”. Mamoris sottolinea come l’illusorietà della magia e della stregoneria è opera del demonio che si impegna in prima persona facendo leva su istinti e passioni per contrastare la vera fede e diffondere il suo culto. Anche alcuni autori italiani diedero importanti contributi alla ricerca in campo demonologico, tra questi troviamo Visconti, professore a Milano, autore del Lamiarum sive

striarum opuscolum pubblicato nel 1460 nel quale sottolineò la centralità della partecipazione della donna alla nuova eresia. Verso la fine del XV secolo le credenze popolari sulle streghe apparivano ordinate e composte nei numerosi scritti demonologici che erano stati realizzati, mentre le testimonianze, le confessioni delle accusate costituivano la prova “scientifica” della realtà di questa nuova eresia. Chi sono streghe e maghi e che cosa fanno lo spiega Innocenzo VIII; quest’ultimo parla di persone di entrambi i sessi che si sono abbandonate a diavoli ed incubi e che per mezzo dei loro incantesimi, scongiuri ed altre arti maledette hanno ucciso bambini ancora nel ventre della madre, feti di animali, hanno maledetto i prodotti della terra, alberi, campi,...


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