L\' Animale Parlante, M. Nespor (capitolo 12) PDF

Title L\' Animale Parlante, M. Nespor (capitolo 12)
Course Lettere Moderne
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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Summary

Riassunti di storia greca, tratti solamente dal libro e non dagli appunti o altre ricerche, esame passato al primo appello...


Description

L’animale parlante Codici circoscritti: la comunicazione animale Introduzione Cominciamo quindi con una lista di caratteristiche che definiscono il linguaggio umano, trattate in diversi capitoli di questo libro, che possono essere attribuite a tre sistemi: il sistema senso-motorio, il sistema intenzionale-concettuale e il sistema computazionale. Una prima peculiarità delle lingue umane è costituita dall’arbitrarietà della forma degli elementi lessicali: come abbiamo notato più volte, la forma fonologica delle parole è arbitraria rispetto al loro significato. Una seconda peculiarità del linguaggio umano consiste nel fatto che le unità linguistiche di qualsiasi componente (fonemi, morfemi, parole e sintagmi) vengono combinate secondo principi specifici. Secondo Chomsky il linguaggio umano si impara in modo istintivo. Inoltre, con il linguaggio umano ci si può riferire non solo a situazioni presenti al momento dell’atto linguistico, ma anche a tempi e oggetti non presenti; e non solo a oggetti concreti ma anche a concetti astratti. Infine una caratteristica fondamentale del linguaggio umano è che ci consente di esprimere concetti nuovi e di produrre frasi forse mai dette prima: il linguaggio è pertanto un’abilità creativa. Anche gli animali non umani hanno una varietà di mezzi per comunicare. Come gli esseri umani, i primati (e anche altri animali) possono, comunicare emozioni con espressioni facciali. I cani (anche altri animali) possono comunicare atteggiamenti specifici con la postura. Le salamandre (anche altri animali) possono comunicare il desiderio di copulare con gesti(In questo caso con movimenti della coda). La seppia esprime l’ira con il cambio di colore da grigio a rosso. Certe anguille usano lo shock elettrico per marcare il loro territorio. Ci sono insetti che, col proprio corpo, generano una luce per mezzo della quale, possono riconoscersi. Consideriamo invece da vicino alcuni esempi di comunicazione animale fra i più studiato al giorno d’oggi: le danze delle api, le canzoni degli uccelli e dei mammiferi marini e i segnali di chiamata dei primati non umani. In questo capitolo ci soffermeremo anche sui risultati ottenuti da diversi scienziati che hanno provato, ad insegnare lingue umane a vari uccelli e mammiferi marini; considereremo infine i più noti tentativi in questo campo con diversi tipi di primati non umani: scimpanzé, gorilla, e bonobo. Numerose prove convincenti hanno dimostrato che un animale non umano non può acquisire una lingua umana. Linguaggio e comunicazione Una delle caratteristiche più ovvie del linguaggio è che esso serve a trasmettere informazioni. Se si va al parco e si vede per terra il ramo di un albero al cui interno si scorge del legno marcio, si può concludere che l’albero è malato. Si è ricevuta un’informazione del ramo caduto di quell’albero. Ma questo modo di ricevere informazione non può essere definito linguaggio. Di solito in un evento linguistico ci dev’essere intenzionalità nel passaggio di informazione: chi emette il messaggio deve voler comunicare qualcosa. Ma anche questa caratteristica non è sufficiente. Se, per esempio, una madre sistema del disordine che regna nella stanza di suo figlio, così, in sua assenza, fa un mucchio di tutti gli oggetti che trova sparsi sul pavimento, e se, tornando a casa, il figlio lo vede e dice se stesso: Va bene, è arrivato il momento e mette ogni oggetto al proprio posto, siamo di fronte a un evento in cui la madre ha mandato al figlio un messaggio e il figlio l’ha recepito: è avvenuto cioè un tipo di comunicazione intenzionale. Ma ammonticchiare diversi oggetti sparsi per una camera non è classificabile come un esempio di linguaggio. Abbiamo infatti moltissimi modi di comunicare intenzionalmente con gli altri. Un evento linguistico, infatti, richiede di più. Cominciamo con un fatto fondamentale:

la relazione fra la forma e il significato di una parola è arbitraria. Come abbiamo già visto nei precedenti capitoli, il linguaggio è governato da una grammatica che include l’esplicita formulazione di un insieme di principi e di parametri, i quali riflettono la regolarità che si trovano nelle lingue. Queste sono di vari tipi: alcune riguardano la buona formazione dei suoni (o dei segni), altre la buona formazione della struttura delle parole, altre ancora della struttura delle frasi o del loro significato. Una delle proprietà più caratterizzanti della grammatica delle lingue umane è la ricorsività, una proprietà che ci permette di generare frasi in definitivamente lunghe, come per esempio la frase in (1). (1) Mi ha telefonato Pierino per dirmi che Luca gli ha scritto che sua sorella avrebbe detto che il suo cane è scappato per rincorrere il gatto che aveva rincorso il topo che... È chiaro che, anche se nella realtà non ci capita di costruire frasi così lunghe, principalmente per restrizioni che riguardano la nostra memoria, la sintassi è in grado di generarle. Le lingue umane hanno inoltre la possibilità di creare frasi nuove, forse mai dette prima, come quella in (2). Hanno cioè la proprietà della creatività. (2) L'otorinolaringoiatra che ti ha curato anni fa ha deciso di studiare la filosofia Zen In questa frase vediamo, inoltre, che attraverso il linguaggio ci si può riferire ad un individuo assente (l'otorinolaringoiatra), ad un periodo che non è il presente (anni fa) e ad idee astratte (la filosofia Zen). L'abilità di riferirsi a qualcosa che non è fisicamente presente (oggetti, tempi) è chiamata riferimento a distanza. Sia il riferimento a distanza, sia l'abilità di riferirsi ad astrazioni sono proprietà comuni a tutte le lingue umane. Un'altra proprietà del linguaggio umano consiste nel fatto che un parlante nativo sa come usare la propria lingua senza che nessuno glielo abbia mai insegnato esplicitamente. Questa è un'altra caratteristica importante del linguaggio: lo impariamo anche se nessuno ci dà istruzioni esplicite. È anzi inevitabile imparare una lingua se si cresce in una comunità linguistica e se non si hanno deficit specifici. La potenzialità a sviluppare un linguaggio nei primi anni di vita è innata, un po’ come è innata per un ragno la capacità di tessere una tela o per un uccello quella di volare, è cioè un istinto (Pinker). Finora abbiamo una serie di sei proprietà che caratterizzano il linguaggio umano: a) l’arbitrarietà fra la forma e il significato; b) una grammatica; c) l’istintività; d) il riferimento a distanza; e) l’abilità di potersi riferite a delle astrazioni; f) la creatività; LA DANZA DELLE API L'osservazione del comportamento delle api ha portato alla conclusione che alcuni membri appartenenti alle comunità di api domestiche debbano andare alla ricerca del cibo. Quando il cibo viene trovato, le api cercatrici ritornano all'alveare per reclutare altre api, che devono recarsi con loro a prendere il cibo individuato. Le esploratrici cominciano col dare alle altre api un assaggio del cibo. Quindi fanno una danza in modo da indicare loro dove il cibo si trova. Questa può essere di due tipi: la danza circolare è rotonda e viene usata quando il cibo è nel raggio di cento metri dall'alveare; la danza dell'addome prevede una figura ad otto allungato, e viene usata quando il cibo è lontano. Più lontano è il cibo e più lento è il ritmo della danza. Inoltre, il vigore del movimento oscillatorio eseguito dall'ape indica la qualità del cibo: più tale movimento è vigoroso e più il cibo è buono.

Con la danza circolare non sembra esserci alcuna indicazione della direzione in cui si trova la fonte del cibo. Con la danza dell'addome, invece, la direzione viene indicata dall'orientamento della testa dell'ape. In genere l'alveare è in posizione verticale. Se la sommità dell'alveare è nella direzione del sole, e se l'ape è rivolta verso di esso mentre sta eseguendo la danza, ció indica che la fonte di cibo sta sotto il sole. Se la testa dell'ape è ad un certo angolo rispetto all’asse dell’alveare, mettiamo un angolo di 60, il cibo si trova allo stesso angolo rispetto al sole. Finora sono state studiate le danze di quattro specie di api, e in tre di queste, l'ape danzante produce un suono di bassa frequenza che sembra avere importanza per trasmettere informazioni. Queste tre specie eseguono la loro danza sia alla luce, sia al buio, cioè non richiedono condizioni visive ottimali. L'unica specie che è silenziosa durante la danza, la esegue sempre di giorno. Nel caso in cui ci sia un ostacolo fra l'alveare e la fonte di cibo, l'ape esploratrice non può dare in- dicazioni per aggirarlo. Le altre api volano perciò, con un percorso diretto, verso la fonte di cibo e quando incontrano l’ostacolo, generalmente, volano più in alto in modo da superarlo, anche se questo potrebbe comportare un percorso piú lungo di quello fatto dall'ape esploratrice per ritornare all’alveare. A poco a poco tutte le api imparano a prendere delle scorciatoie. Inoltre, se l'alveare è caduto o è stato spostato e si trova in posizione obliqua, in modo tale che i favi (la parte dell'alveare, dove le api lasciano maturare il miele, che contiene scagliette e celle) non sono piú verticali, l'ape esploratrice orienterà la danza in modo da compensare la posizione dell'alveare: l'angolo sarà cioè sempre calcolato rispetto all'asse dell'alveare, in modo tale che le altre api capiranno dov'è la fonte del cibo rispetto al sole. La forma della danza ha una correlazione arbitraria col significato. Per esempio, potrebbe benissimo essere stata la danza circolare ad indicare una fonte lontana invece di una fonte vicina. Dimostrano inoltre di avere la proprietà di riferimento a distanza, visto che possono riferirsi a fonti di cibo che non sono presenti e, se la qualità del cibo può essere considerata un’astrazione, queste danze hanno la capacità di riferirsi ad astrazioni. Le proprietà che mancano a questi linguaggi sembrano essere la creatività e la ricorsività. Per esempio, le api non possono trasmettere che una nuova fonte di cibo si trova vicino ad un’altra fonte di cibo ben nota. LE CANZONI DEGLI UCCELLI Anche me canzoni degli uccelli sono state studiate estesamente, ed è indiscutibile che trasmettano informazioni; messaggi con i significati che riportiamo in (3) sono stati osservati e documentati. (3) a) Eccomi b) Accoppiamoci c) C’è un predatore qui vicino d) Ho trovato del cibo/dell’acqua e) Il nido è qui I canti variano da specie a specie, e anche all’interno della stessa specie possono variare a seconda del territorio che un particolare uccello occupa. Ci sono cioè delle specie di uccelli che hanno dialetti diversi nelle loro canzoni. I maschi della specie seldorsa filesturno della Nuova Zelanda, quando si accoppiano con una femmina di un altro territorio possono adottare velocemente in suo dialetto. Quindi gli uccelli possono imparare dei dialetti e possono anche imparare una seconda canzone. Possono addirittura diventare policantori (analogamente ai poliglotti, che parlano molte lingue), imitando le canzoni di altre specie e talvolta anche suoni che non sono propri degli uccelli, come i rumori di macchine o quello di una motosega o l’allarme di un’automobile. Si è anche osservato che gli uccelli appena nati iniziano immediatamente ad acquisire

i canti. Esperimenti con passeri dalla cresta bianca, che sono stati addomesticati fin dalla nascita, dimostrano che i giovani maschi, non esposti ai canti dei maschi adulti entro i primi mesi di vita, non sviluppano la tipica canzone territoriale e di seduzione. La struttura delle canzoni osserva inoltre delle regole. Per esempio, la canzone del pettirosso ha diversi temi che possono venire ripetuti, ma essi devono ricorrere in un certo ordine. Viene tuttavia rispettata una certa quantità di improvvisazione, in modo da permettere all'uccello di esprimere sensazioni come l’umore. Infatti, quando galline e tacchini e molti altri tipi di uccelli si confrontano per la prima volta, generalmente si fermano e si guardano in faccia, emettendo una varietà di suoni; poi potrebbero attaccarsi, o andare in direzioni opposte, o esibirsi l’uno davanti all'altro. Data questa gamma di reazioni, sembra che gli uccelii possano trasmettere diversi tipi di informazioni e che le loro reazioni non siano pre-programmate ma dimostrino invece della creatività. L'arbitrarietà c'è sicuramente, dato che il suono di una canzone non può essere iconico per tutti i significati in (3) e visto che ci sono dialetti diversi. Sembra inoltre che le canzoni seguano delle regole, cioè una grammatica, che siano istintive e, infine, che dimostrino della creatività. L'abilità di una canzone di riferirsi a delle astrazioni sembra esserci, ma in modo limitato: fa riferimento al pericolo o alla felicità. Pare tuttavia che manchi il riferimento a distanza; da quello che sappiamo, gli uccelli non hanno canzoni che comunicano che i predatori sono passati ieri, ma solo canzoni che comunicano il pericolo dei predatori presenti. Manca inoltre il meccanismo della ricorsività. Come per le api, è chiaro che la canzone degli uccelli può trasmettere molte informazioni. Vi sono infatti alcune specie di uccelli, per esempio i pappagalli, che possono imitare il suono del linguaggio umano. Ciò significa che sono dotati di un linguaggio simile al nostro? Prima di rispondere a questa domanda, descriviamo la storia di Alex, un pappagallo grigio africano con cui ha lavorato Pepperberg (1998). Alex ha un vocabolario ampio, dicono che si possa paragonarlo a quello di un bambino di quattro o cinque anni. Può identificare verbalmente degli oggetti con parole inglesi, distinguendoli fra loro in base al materiale, al colore, alla forma o al numero. Conosce i nomi di certi cibi che è in grado di richiedere anche quando non sono presenti, dimostrando di poter usare il riferimento a distanza. Alex utilizza inoltre correttamente parole che esprimono emozioni e addirittura si scusa quando si comporta male, dimostrando la capacità di riferirsi ad astrazioni. Ha imparato a manipolare segni vocali per dare e ricevere risposte dirette, e questa facilità potrebbe essere spiegata con la presenza, almeno in alcuni tipi di uccelli, di un meccanismo cognitivo nel cervello simile al meccanismo linguistico degli esseri umani. Il suo comportamento verbale è irregolare, nel senso che a volte non risponde nel modo previsto e sembra non capire cose che altre volte ha mostrato di capire. Non si riscontra evidenza di ricorsività nel suo parlare, e dato che ha ricevuto istruzione esplicita da Pepperberg, non c'è evidenza di una tendenza innata ad acquisire il linguaggio umano. Non si può perciò concludere che Alex abbia un linguaggio simile al nostro. LE CANZONI DEI MAMMIFERI MARINI I mammiferi marini che sono stati maggiormente studiati per quanto riguarda il linguaggio sono le balene e i delfini. Durante la stagione dell'accoppiamento, le megattere cantano una canzone complicata formata da temi melodici che possono arrivare fino a dieci e che vengono ripetuti. Tutti i maschi di questo tipo di balena nell'Atlantico producono la stessa canzone; anche i maschi dello stesso tipo nel Pacifico cantano una sola canzone, ma diversa rispetto a quella prodotta dal gruppo dell'Atlantico. Il limite di questo tipo di comunicazione è la ragione per cui non può essere considerata simile al linguaggio umano: benché le canzoni dei mammiferi marini sembrino avere una struttura, cioè una grammatica, e benché esse sembrino essere il prodotto di un istinto, non si evidenzia, in questa forma di comunicazione, nessun'altra

proprietà che caratterizzi il linguaggio umano. Ogni delfino tursiope che viva nell'Atlantico ha un suo fischio particolare. I delfini usano un fischio ammonitore di pericolo e, curiosamente, ogni branco di orche, per quanto piccolo, sembra avere una chiamata di pericolo che è unica per ogni gruppo. Il comportamento del delfino, quindi, dimostra l'arbitrarietà della forma riguardo al significato e sembra avere una struttura specifica; Sembrano comunque mancare, dalla comunicazione dei delfini, alcuni elementi essenziali del linguaggio umano, come la creatività, il riferimento a distanza e la ricorsività. Alcuni scienziati hanno tentato di insegnare ai delfini a riconoscere dei gesti della mano che rappresentano oggetti (come tavole da surf, palle o persone), direzioni (destra, sinistra, su e giù) ed azioni (come trovare e portare) e hanno avuto successo, nel senso che i delfini hanno saputo rispondere alle diverse sollecitazioni in modo appropriato. Delfini a cui era stata insegnata una sequenza di gesti, dai significati di persona, tavola da surf e porta, e a cui questi gesti erano stati presentati nella medesima sequenza, a significare: Porta la tavola da surf alla persona, si erano dimostrati in grado di interpretare senza difficoltà una nuova sequenza di gesti, tavola da surf, persona e porta, a significare: Porta la persona alla tavola da surf ". Chiaramente i delfini in questi esperimenti dimostravano di riconoscere almeno alcuni elementi strutturali del linguaggio, specificamente un tipo di struttura sintattica. Inoltre, ciò che questi delfini fanno è estremamente limitato rispetto al modo creativo con cui gli umani di servono del linguaggio. I PRIMATI I primati, che comprendono scimpanzé, gorilla e bonobo, sono gli animali verso i quali maggiormente si è concentrata la ricerca sul linguaggio animale. Gli scimpanzé hanno diversi tipi di chiamate, grugniti, latrati, lamenti, risate, grida e fischi. Li utilizzano per comunicare agli altri l'ubicazione delle fonti di cibo, per annunciare un'uccisione che ha avuto buon esito, per mettere il gruppo all'erta di fronte a un pericolo o a qualcosa che sembra loro particolare, per identificare se stessi, oppure per esprimere soddisfazione o calma. La loro postura, le loro espressioni facciali e i gesti che fanno con le membra, tuttavia, hanno un ruolo ancora più importante nella comunicazione. Malgrado ciò, nessuno dei loro metodi di comunicazione dimostra il riferimento a distanza e nessuno studio ha trovato un ordine specifico nei loro suoni: se gli scimpanzé hanno gesti con significati specifici, non sembra, perciò, che il loro linguaggio abbia un'organizzazione sintattica. Alcuni ricercatori sostengono, però, di aver insegnato una lingua umana dei segni ad alcuni scimpanzé. All'Istituto della comunicazione fra scimpanzé ed esseri umani hanno allevato una ormai famosa femmina di scimpanzé, di nome Washoe, esponendola alla Lingua dei Segni Americana (ASL), a partire dall'età di dieci mesi. Quando un giorno Washoe ha visto un cigno per la prima volta, ha fatto, uno dopo l'altro, i due segni che indicano acqua e uccello. Possiamo concludere che aveva combinato due parole semplici creando una parola composta per significare cigno, dimostrando quindi di avere una delle capacità generative del linguaggio, o stava semplicemente nominando due cose che aveva visto, cioè dell'acqua e un uccello? Non possiamo saperlo, ma certamente Washoe, come altri primati studiati a questo riguardo, non ha mai dimostrato di sviluppare una sintassi, nonostante avesse imparato un lessico di 160 segni e nonostante li potesse anche combinare in qualche modo. Quando Washoe diventò adulta, le venne dato un piccolo scimpanzé chiamato Loulis, che Washoe trattava come fosse suo figlio. Gli scienziati non usavano l'ASL davanti a Loulis, ma Washoe sì e all'età di cinque anni Loulis sapeva utilizzare 132 segni appartenenți all'ASL (e alcuni credono che ne sapesse utilizzare anche degli altri). Certamemte il fatto che Loulis abbia imparato i segni da Washoe può essere considerato un'evidenza della capacità di comunicare con simboli arbitrari; probabilmente però si trattava solo di imitazione, perché il piccolo scimpanzé non ha

dimostrato nessun interesse nel comunicare con i ricercatori e non faceva combinazioni nuove. Come Washoe rispondeva ai segni degli scienziati mimando, così Loulis rispondeva mimando Washoe. Un'altra femmina di scimpanzé, di nome Vicky, è stata allevata in una famiglia che utilizzava con lei una lingua dei segni. Il suo lessico era molto limitato anche all'età di sei anni, e non ha dimostrato nessuna traccia di una sintassi. Altri scienziati hanno insegnato l'ASL ad una femmina gorilla di pianura di nome Koko. Koko è riuscita a costruire un vocabolario di oltre mille segni, molti di più rispetto agli altri primati non umani descritti negli studi sul linguaggio animale. L'uso dell’ASL di...


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