L’allegria-Ungaretti PDF

Title L’allegria-Ungaretti
Author Jerry Mungo
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Torino
Pages 40
File Size 787.3 KB
File Type PDF
Total Downloads 25
Total Views 140

Summary

Appunti del corso analisi del testo letterario contemporaneo del prof. Tortora...


Description

L’allegria - Ungaret

LEVANTE 

Scarnificazione del testo: verticalizzazione. Funzione versi brevi/brevissimi: dare risalto alla parola. Nucleo e sostrato del verso ungaretano: culto della parola. Veicolo e dispositivo di emozioni per il lettore: emozioni difficilmente trasmetbili in parole.



Significato della poesia: far convivere significati differenti. Differenza fra logica simmetrica e logica asimmetrica: se nella realtà vige un principio di contraddizione (logica asimmetrica), nel sogno vige una logica simmetrica (simbolismo, più significati: un’immagine sta sempre per qualcos’altro). Parallelismo tra poesia e sogno: così come nel sogno, leggendo la poesia (in cui lo scrittore sta cercando di dare una sintassi ordinata), il lettore è costretto a far convivere diversi significati di lettura (interpretazioni).



La compresenza di più significati crea una sorta di emozione, sensazione, disagio nel lettore che non ha un vocabolario diretto nel linguaggio ordinario. Questo persegue la poesia ungaretana.



Diario di guerra della letteratura italiana. Ma, nota, la guerra non è il tema centrale dell’opera, bensì soltanto veicolo/dispositivo per parlare dei fondamenti dell’esistenza. Due nuclei tematici contrapposti: 1) esilio, perdita, fuga, sfratto dalla propria casa; 2) patria, origina, la propria terra, casa (in questo caso, per Ungaret, l’Africa). Obbietvo di Ungaret è quello di mantenere saldi i legami con le proprie origini: faticoso tentativo di ricostruire le proprie origini, improvvisi ricongiungimenti in cui questo popolo viene ritrovato. Leggere questi testi come una “FISARMONICA”, nel movimento oscillante fra questi due poli contrapposti (ricerca di un centro, di un equilibrio fra questi due poli: ricerca di Identità).



Così come in ‘Ossi di seppia’ di Montale (romanzo di formazione, di ricerca di identità, di creazione del proprio io adulto), in Ungaret la ricerca di identità forte è legata alla ricerca di origine, patria. Il continuo sottolineare Africa, e il continuo tentativo di non disperdere il suo DNA Africa, il suo patrimonio genetico.



Elemento Temporale: tracce amnestiche reiterate nel tempo.



Due poli contrapposti: io lirico vs moltitudine, solitudine vs colletvità. La moltitudine (orientale) sta ricostruendo in territorio apolide le proprie tradizioni, le proprie origini. Anche se c’è una convergenza, entrambi questi poli sono emigranti, entrambi stanno perdendo la propria patria.



Tempo della narrazione: la scena che sta accadendo sulla nave. Dov’è la traccia amnestica, dov’è la traccia della memoria? DEISSI: gli ebrei non sono quelli sulla nave, ma si trovano ad Alessandria d’Egitto. Punto di collegamento tra un ‘ora’ della nave, e una scena altra in un altro tempo non definito. Particolare: gli Ebrei compiono la processione di nascosto, sono appartati rispetto alla comunità, sono emarginati rispetto la società in cui vivono. PRINCIPIO ANALOGICO di Ungaret: l’analogia, qui, è culturale e collega l’emarginazione, l’esilio dell’Io all’esilio del popolo ebraico. Tutta la poesia ruota intorno alla perdita della patria. Inoltre i sogget vengono isolati dal punto di vista strofico/formale: ad ogni soggetto una strofa: montaggio (formale, strofico) se non narrativo, molto logico sul tema dell’esilio. Le strofe isolano e impediscono il contatto: quindi ancora una volta l’emigrante è solo.



Lùkacs: “gli dei hanno abbandonato il mondo, l’uomo è diventato cercatore di senso”. Traccia amnestica di un passato mai vissuto, in cui il mondo era sensato: passato che l’uomo continua a cercare = cercatore di senso. Gettati via da una patria che era destinata a soddisfare qualsiasi tipo di bisogno (analogia fra tempo degli dei, patria e utero materno): sentiamo di voler fare ritorno ad un mondo ordinato, la nostra normale aspirazione. Inizio ‘900: tutto il periodo è emblema di perdita, perdita di patria, perdita di senso. Uomo di inizio ‘900: uomo esiliato.



La risposta di Ungaret: bisogna reagire. Accettare il senso di insufficienza esistenziale a cui è sottoposto l’uomo (accettare l’esilio), ma contemporaneamente mantenere le tracce delle proprie origine e ricreare la propria comunità, con la consapevolezza che si tratta comunque di una comunità riproposta. Il romanzo nasce come risposta a questa perdita di senso, e tentativo di ricreare senso raccontando personaggi alla ricerca di questo senso (i Malavoglia, giovane n’toni: Quando non avevo ancora conosciuto la modernità, quelli erano i tempi migliori).



La poesia di Ungaret ha come obbietvo di trasmettere questa sensazione di esilio, questa condizione esistenziale di primo novecento, di sentirsi soli di fronte al mondo, non in un’ora di analisi esplicativa, ma in un atmo tramite un insieme circoscritto di versi e immagini. Da un punto di vista metrico, è vero che abbiamo una profonda asimmetria metrica, una scarnificazione del verso, ma l’obbietvo ungaretano è quello di ricreare un’unità di significato tramite una suddivisione metrica: la metrica contribuisce a dare un senso di frattura, a dare un senso di unità persa.



Ultima questione, meramente statistica, il numero di parole è sicuramente ridotto: quello che colpisce è che Ungaret, all’interno di un numero circoscritto di parole, riesce ad evidenziare un numero ancora più ristretto di parole. Esempio: ‘sonno’, ultima parola sia di Noia che di Levante. ‘Tentennare’/’Tentennamenti’ presente sia in Noia che in Levante. L’obbietvo è

2

quello di accostare i due testi: l’elemento accostante è il tema della solitudine, connesso al tema dell’emigrazione. Se da un lato i soriani e gli ebrei hanno contrastato la solitudine, l’io lirico resta solo: per ricreare patria, per contrastare questa condizione di solitudine, dovrà ritrovare una colletvità culturale. Nota: Ungaret fu un grande sostenitore del fascismo. Perché? L’adesione al fascismo di Ungaret è sempre stata rivendicata non tanto sulla base dell’uomo forte, ma sulla base del culto dell’Italianità, come espressione delle origini e della cultura Italiana: difesa delle tradizioni culturali = tentativo di mantenere identità culturale colletva e contrastare solitudine, saldare la propria individualità in una storia più grande, quella della colletvità di appartenenza.

Conclusione Levante chiude con una nota di otmismo. Contrapposizione fra l’io solo, e la colletvità che è riuscita a ricreare gruppo. Gli altri componimenti vogliono raccontare il passaggio dell’io solo a prua verso la moltitudine che balla a poppa. Nota di speranza amplificata nell’ultima strofa: presenza dell’io lirico soltanto nell’ultima strofa, ovvero ancora in una fase debole (perché non compare subito nella scena), ma i due piani (soggetto alla fine e scena presentata prima) si fondono. Ungaret punta moltissimo ad isolare l’atmo, ma in quest’atmo permette di far convivere, contemporaneamente, tempi diversi. Quattro piani: natura, soriani, ebrei e io. Solo gli ebrei non sono nello stesso tempo, ma è come se lo fossero. La poesia è sincronicità, è far convivere nello stesso istante elementi diversi, significati diversi per un unico senso. L’ultima strofa unisce l’odo alla poppa, più l’elemento di confusa acqua che chiude l’ultima strofa e rimanda al tema della coesione e contemporaneamente dell’isolamento.

TAPPETO Ogni colore si espande e si adagia negli altri colori Per essere più solo se lo guardi. 

In questa poesia, viene ripreso il tema della contrapposizione fra colletvità/moltitudine e l’io che osserva ma non fa parte della colletvità. Colletvità contro solitudine. C’è un elemento di invidia in Levante, che viene rinnovato in Tappeto.

NASCE FORSE C'è la nebbia che ci cancella

3

Nasce forse un fiume quassù Ascolto il canto delle sirene del lago dov'era la città 

Anche fotograficamente, in Tappeto l’obbietvo è quello di contrappore una moltitudine e un io isolato, di non accettare la condizione di solitudine e ricreare colletvità.

AGONIA Morire come le allodole assetate sul miraggio O come la quaglia passato il mare nei primi cespugli perché di volare non ha più voglia Ma non vivere di lamento come un cardellino accecato 

Fino adesso Ungaret ha descritto un io solo che guarda il suo mondo scomparire, l’agonia dell’Io, di chi sopravvive a sé stesso e non sta facendo nulla. Da questo momento in poi deve ripartire una nuova stagione. Il successivo miniciclo di tre poese rappresenterà il primo tentativo forte di rivendicare le proprie origini.

RICORDO D’AFFRICA Il sole rapisce la città Non si vede più Neanche le tombe resistono molto

 È molto difficile parlare all’interno di Ungaret di una propria e vera consequenzialità narrativa, un ordine narrativo logico, ma bisogna immaginare che quasi tut i testi raccontino lo stesso istante.

4

CASA MIA Sorpresa dopo tanto un amore

Credevo di averlo sparpagliato Per il mondo.

 Ungaret nella costruzione narrativa del proprio personaggio, sappiamo scrivere all’inizio della guerra, che ha vissuto in Africa, che ha viaggiato in Francia, ecc. Il lettore dell’Allegria sa che questo io lirico è girovago. L’amore è ‘casa mia’, la sorpresa è che l’io lirico credeva di averlo sparpagliato per il mondo, di avere perso questo ricordo d’Africa una volta emigrato per il mondo, in realtà è ancora presente da qualche parte dentro sé stesso. Ritrovare le proprie origini diventa così possibile, perché non sono completamente perse. Cita continuamente i paesaggi perché questi sono uno strumento per ritrovare le proprie origini.

POPOLO  Ultimo testo della prima sezione. Il recupero dell’identità nazionale è il recupero dell’identità individuale/personale. Finalmente cita la parola ‘patria’. Parallelismo con Joyce, il cui obbietvo era descrivere la sincronia della mente, così Ungaret sta descrivendo una contemporaneità logica fra i vari pensieri dell’io lirico: un istante che viene però rappresentato con una progressività rappresentata dalla sequenzialità dei componimenti che fanno parte di questa sezione.  Uno dei pochi testi in cui abbiamo una progressione di tempo. Quello che crea il cortocircuito è il ‘tornate’, spezza la linearità del discorso.  Inoltre, maggiore apertura spaziale. La vista che io ho è la stessa vista che hanno avuto i miei antenati. Quel luogo è il mio luogo: in questo momento si sono risvegliate tutte le età (generazioni passate). Il poeta è quindi portatore di un’identità molto più ampia. Il senso di solitudine sembra essere qui scomparso, o comunque calmierato, ovvero non accolto nel testo.  C’è un aspetto tendenzialmente nazionalistico. Vediamo a tal proposito ‘Italia’, componimento successivo della stessa raccolta.

5

ITALIA  Ungaret rispetto a Montale ha una difesa estrema della Poesia. Assolutamente convinto non solo del valore della poesia, ma che al mondo esistono pochissimi sacerdoti della poesia come lui. Si sente investito di questo ruolo: sente fino in fondo che la poesia ha un mandato, ed è un mandato sociale. In Montale non c’è l’idea di riconoscersi in una comunità così importante. Nonostante l’eredità dei poeti simbolisti francese sia molto forte in Ungaret, ovvero se la stessa eredità culturale non è pienamente italiana, e quindi più in generale l’italianità di Ungaret sia vissuta poco e a fatica, nonostante ciò Ungaret sente molto più forte di Montale questo rapporto con la patria. Nel passaggio dalla prima alla seconda sezione, passaggio tematico importante: si inserisce il tema della Guerra.

IL PORTO SEPOLTO seconda sezione Si configura come un diario di guerra.

IN MEMORIA  Dal punto di vista tematico, è molto trasparente: si parla di un suicidio. Suicida perché non aveva più patria. Si riprende il tema della prima sezione, ovvero la necessità di una patria. Se la prima sezione si conclude con l’io lirico che ritrova una patria, la seconda sezione si apre con un suicida apolide, quindi per deduzione: se l’io lirico non avesse trovato una patria, se non ci fosse la poesia ‘Popolo’ in mezzo, l’io lirico sarebbe il suicida di ‘In memoria’, Moammed Sceab.  Non solo Riscatto dall’esilio per l’io lirico, ma anche riscatto dall’oblio per Moammed Sceab. ‘E forse io solo so ancora che visse’: è vero? NO, lo sappiamo anche noi: il vero nucleo del testo è il ruolo della poesia. Tutto il testo è un inno alla poesia, alla capacità della poesia di salvare dall’oblio, come dispositivo e strumento capace di distruggere il tempo mortale. Ne parliamo a distanza di un secolo, ancora oggi. Meccanismo: se interviene la poesia, rende eterno.  Il tempo imperfetto (in poesia il presente indicativo è molto più attestato ad esempio del futuro, il passato remoto lo stesso, l’imperfetto è molto più raro) serve a trasmettere l’azione che ricorre nel passato, come a segnalare verbalmente l’azione che non può essere dimenticata: si ripete per sempre nel

6

passato. Alternanza imperfetto-passato remoto, ma quello che colpisce sono le ultime due strofe dedicate all’indicativo, del tutto giustificato dal punto di vista narrativo, ma anche tematicamente per ricollegarsi al tema fondamentale del componimento: la memoria. Indicativo=sempre. Penultima strofa: irruzione del primo presente indicativo legato al cimitero, cioè al luogo dove Moammed Sceab starà sempre in maniere perenne, quindi è un presente indicativo che testimonia una situazione che non può essere dimenticata. Il verso centrale ha una sola parola e non a caso: sempre. Il suicida sarà bloccato sempre in questa condizione di decomposta fiera, di dismissione, di squallore e sconfitta. Perché aggiunge l’ultima strofa? Come già detto, per dare al testo tutto un altro significato: ovvero, il tema dell’importanza della poesia. Combattere l’oblio dei tempi, ma anche la bruttura dei tempi. Un altro compito, ancora più gravoso: la scommessa di Sceab, di ritrovare una patria, persa. La poesia invece rende la vita di Sceab una vita esemplare, negativamente, come modello da evitare. È vero che in vita è stato sconfitto, relegato all’anonimato, ma grazie a questa poesia ha assunto un ruolo.  Logica del compromesso: il tono altisonante della poesia viene a cadere, il ruolo della poesia viene asserito in maniere molto più nascosta e dimessa. Il ‘forse’ è emblematico in questo senso, sicuramente retorico, ma abbassa il tono del poeta, trasmette il giudizio che Ungaret ha della poesia come un sussurro.

IL PORTO SEPOLTO  Il porto sepolto è la chiave per leggere ‘In memoria’: ancora una volta abbiamo le chiavi di lettura dopo per quello che avviene prima. La poesia è quel dispositivo che serve mantenere la memoria di ciò che è sepolto e a catturare quel nulla inesauribile, ed è inesauribile perché se non lo fosse il poeta smetterebbe di essere poeta.

LINDORO DI DESERTO  Il porto sepolto è la chiave per leggere ‘In memoria’: ancora una volta abbiamo le chiavi di lettura dopo per quello che avviene prima. La poesia è quel dispositivo che serve mantenere la memoria di ciò che è sepolto e a catturare quel nulla inesauribile, ed è inesauribile perché se non lo fosse il poeta smetterebbe di essere poeta.

7

Focus – Prima Guerra Mondiale

Seconda guerra mondiale 

La seconda guerra mondiale da vita a una vera e propria corrente letteraria (Neorealismo) che in quattro, cinque anni vede tutte le migliori menti letterarie dell’epoca concentrarsi sul racconto della guerra. Italo Calvino nel 1963 pubblica postuma l’opera di Fenoglio “Una questione privata”, emblema della narrativa della resistenza. Fenoglio, dice Calvino, scrive l’opera che tut avrebbero voluto scrivere sulla resistenza e sancisce il principio per cui è la letteratura a dare vita e consistenza agli eventi. ‘La letteratura è vita’. La resistenza viene analizzata, raccontata dalla letteratura sia da un punto di vista storico descritvo sia e soprattutto da un punto di vista emotivo. La letteratura da forma e sostanza all’evento Resistenza come evento storico colletvo. La posizione di Calvino, sintesi di un cammino che c’è stato da Vittorini (uomini e no) in avanti, mostra la posizione di una la storia dei buoni contro i catvi, una favola in cui i buoni vincono, alla base della repubblica e della costituzione italiana. Stanno creando un mito fondativo di una nuova stagione della nazione Italiana. Umberto Saba: ‘alla base della storia italiana c’è fratricidio (Romolo e Remo), non un patricidio (come vuole ogni mito rivoluzionario), siamo perciò condannati alla guerra civile. Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, invece, dopo il fascismo (ignominia della storia italiana) si ha una sensazione generale di rinascita, di riscatto. Creazione del mito (resistenza) per creare una leggenda alla base di una nuova stagione democratica. Resistenza, dal punto di vista ideologico, rappresentata come comunista. Nel sentire popolare, il 48’ (prime elezioni politiche suffragio universale), mito della uguaglianza, della lotta di classe, dell’abolizione di queste classi. La sconfitta del comunismo/socialismo, e la vittoria della democrazia italiana rappresenta una battuta d’arresto, ma solo in parte, e una piccola parte. Maggiore successiva stabilizzazione del comunismo (ma tutta un’altra storia). Pensiero Antifascista = pensiero fondativo della repubblica.



Gli scrittori pubblicano storie edificanti, perché in qualche modo si vuole fomentare, nutrire questo mito. Editori, scrittori e lettori partecipano alla fondazione del mito. Come contro prova, ‘Se questo è un uomo’ viene rifiutato da Einaudi, e pubblicato da una casa editrice molto più piccola, perché reputato non in linea con il sentimento dell’epoca. Verrà pubblicato solo dopo lo sviluppo della letteratura sull’olocausto (la banalità del male, il processo ad Eichmann, ecc.).



Raccontare la resistenza è un dovere.

8

Prima guerra mondiale



Quanto succede a Versailles (trattati di pace), con i tre anni di incertezza successivi, conduce alla presa di potere del partito popolare fascista. Vittoria mutilata degli Italiani, di chi vince e non sa recriminare quello che gli spetta. La prima guerra mondiale ha portato alla vittoria mutilata (esempio emblematico la spedizione di Fiume): una vittoria di cui non essere fieri (se ci si mette anche la catastrofe di caporetto)



La prima guerra mondiale non è una guerra da raccontare: una guerra che finisce ad essere più scomoda che comoda.



I tre autori maggiori tra il 15’ e il 25’ sono Svevo, Pirandello e Tozzi. Bene, questi non scrivono mai di guerra. Pensiamo sempre alla seconda guerra mondiale, gli scrittori più rappresentativi scrivono della guerra: Calvino, Vittorini, Pavese, Fenoglio. Svevo dedica di straforo le ultime pagine della ‘Coscienza di Zeno’. L’unico che scrive in parte della guerra è Pirandello, ma solo alcune novelle: “Berecche e la guerra”, in cui si vuol far toccare con mano l’insensatezza della guerra. Nessuno scrive il romanzo sulla guerra. L’unico che si occupa con più impegno della prima guerra mondiale, è il vecchio De Roberto, il quale scrive “La paura”.



Non è un mito fondativo nel quale né l’Italia in generale, né il Fascismo possono riconoscersi.



C’è anche una motivazione indiretta: alla fine della seconda guerra mondiale c’è un ricambio generazionale. All’interno del campo letterario, sono autori giovani che hanno vissuto e combattuta nella resistenza. Mentre nella prima guerra mondiale solo autori già affermati che non avevano avuto esperienze sul fronte.



Come viene vissuta e aspettata la prima guerra mondiale? SI inizia ad aspettare la guerra ben prima che scoppino i germi È come se dal punto di vista antropologico (e storico), il passaggio alla vita adulta comprendesse ...


Similar Free PDFs