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Course Geografia della comunicazione
Institution Università di Bologna
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manuale di geografia culturale bonazzi riassunto completo...


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Manuale di geografia culturale 1. Una mappa per orientarsi tra direzioni, cultura e punti di vista

La natura interdisciplinare e trasgressiva della New Cultural Geography dipende dai geografi britannici ispirati dal lav Raymond Williams e del Birmingham Centre for Contemporary Cultural Studies. Nei primi anni 80 Peter Jackson e Denis Cos lanciano un appello ai colleghi per produrre una necessaria rifondazione disciplinare, ma soprattutto per cercare di capire della produzione simbolica nella costruzione e nell’ordinamento del spazio. La natura e la forma di questa chiamata a una geografia culturale mettono in rilievo i tre temi affrontati:

Direzioni

La “New Cultural Geography" è segnata fin dall’inizio dal discorso femminista, dal post-strutturalismo, dalla teoria post-colo si sviluppa per ragioni storiche e politiche quasi esclusivamente nell’area anglosassone. Se gli eredi di Carl Sauer erano indifferenti alla ristrutturazione radicale degli anni 60 (dispute culturali, ondata femminista, guerra in Vietnam, lotte di c pacifismo ecc..), il nuovo sapere pone invece pochissima distanza tra la propria riflessione e ciò che accade nel mondo, an questo però porterà ad avere un allontanamento dai temi e dai toni più tradizionali della disciplina accademica. La trasformazione economica degli anni 70 si apre con i paesaggi politici e culturali disegnati da Margaret Thatcher in G Ronald Reagan negli Stati Uniti: è in questi anni che si afferma la saggezza del libero mercato, prende il via la globalizzazio allarga la distanza tra ricchi e poveri nelle nazioni industrializzate. La fine degli anni 80 è segnata dalla dissoluzione dell’U Sovietica, evento che determina un cambiamento radicale nella divisione e nella rappresentazione del mondo. Secondo Co il processo per la definizione di un “nuovo ordine mondiale” dopo la caduta del muro di Berlino rappresenta un’agenda ricca e opportunità per la Cultural Geography. Vengono così definiti i nuovi confini, si assiste all’emergenza dei sentim appartenenza e di identità, le persone si muovono e quindi i geografi culturali iniziano ad interessarsi alle aree metrop dell’occidente industrializzato, intesi come spazi nei quali sono evidenti le battaglie sociali e politiche che si fondano sull’egem Si apre perciò un eterogeneo ambito di ricerca sugli spazi e sui paesaggi urbani, che privilegia lo studio dei differenti stili di v costruzione sociale di “gender e razza”. La premessa comune è semplice: ogni categoria o definizione è costruita socialme stessa realtà è una costruzione sociale.

• L’attenzione quasi esclusiva per le aree urbane dell’Occidente, nota Heidi Scott, si spiega come esigenza di distacco rispe un passato imperiale, quando il termine cultura era riferito esclusivamente ai generi di vita non occidentali e primitivi. Il fat la lettura del paesaggio materiale non si limiti più alla descrizione delle forme visibili o alle campagne è evidente, ad esem uno studio sulla Chinatown di Vancouver (un quartiere che a dispetto delle pagode, dei lampioncini rossi o dell’archi tipicamente orientale/cinese, viene invece inteso da Kay Anderson come un paesaggio urbano tipicamente occidental come è stato possibile questo cambiamento del significato simbolico della città, questo cambio di rotta? L’arri cinesi a Vancouver, a differenza di quello degli europei, non avvenne in un vuoto semantico e culturale, ma essi furono ins da subito in un nutrito corpo di immagini e immaginazioni “razziste” sulla natura dei cinesi. Una reclusione culturale alla ben presto si sommò anche quella spaziale, di natura economica: i cinesi infatti, essendo rappresentati come una mi morale e fisica, vennero segregati per evitare qualsiasi rischio di contaminazione; rappresentando inoltre una co concorrenza economica, si stabilì per legge che nessuna attività commerciale potesse essere svolta al di fuori di Dupont Per gli abitanti di Vancouver Chinatown esprime due particolari significati: a) la situazione sanitaria del quartiere dimo naturale propensione dei cinesi alla sporcizia b) è un luogo deputato alla prostituzione e al commercio dell’oppio, nonost gestione di tali attività non appartenesse ai cinesi. Ma tale minaccia sanitaria e morale, nasconde in realtà quella concorrenza economica. A partire dal 900 però Chinatown sarà ridefinita come paesaggio “benevolente”, tant’è che in occ del Golden Jubilee del 1936 alla comunità cinese venne concessa la costruzione di una pagoda e di un villaggio cinese. questo luogo si consuma l’esperienza dell’esotico, si visita un paesaggio culturalmente distante anche se geografica vicino: non si tratta più dell’opposto morale dell’Europa ma una preziosa merce a disposizione del pubblico eur frutto della negoziazione tra coloro che hanno il potere di definire Chinatown e coloro che sono costretti a vivere d tali definizioni.

• Il paesaggio urbano racconta anche gli effetti, a volte drammatici, della ristrutturazione economica. Esemplare è il saggio Mitchell relativo a Johnstown, la città della Pennsylvania che si reinventa dopo la dismissione degli stabilimenti lavorazione dell’acciaio. La città rimane centrale nella riflessione della Cultural Geography anche se la ricerca d eterogenea per temi e punti di vista.

Il rapporto tra natura e cultura divenne centrale a partire dagli anni 90, anni in cui assumono particolare importanza an geografie post-coloniali, il genere, la questione dell’identità nazionale, la letteratura di viaggio e ci si occupa di quei soggetti allora ignorati, come i diversamente abili, bambini, donne, anziani, emarginati. A questa direzione si affiancano poi g sull’utilizzo dei 5 sensi del corpo per la costruzione, la comprensione e la pratica dello spazio geografico. Se inizialmente il termine di paesaggio rimaneva ai margini dei temi relativi alla relazione tra spazio e costruzione sociale anni 90 si assiste ad una crescente centralità: esso è sia lavoro (esito del lavoro degli uomini e contenitore dei loro sogni, d e ingiustizie) che al lavoro (agisce come attore sociale che per orientare e definire lo sviluppo futuro di un luogo, sanc posizione di ciascuno all’interno del proprio spazio). Infatti secondo le direzioni più recenti si pone fine alla sedentarietà e a tipo di fissità.

• La mobilità, avverte Tim Cresswell nel 2006, è ovunque. La cultura non sta ferma in un luogo, ma è ibrida, dinamica (“ha fare con le ruote anziché con le radici” - James Clifford): è una sorta di spazio muto, bianco, che si pone in alternativa al

alla limitatezza, alla fondazione e stabilità. Dunque la domanda che si pone Tim è cosa accade nello spostamento da A se per la teoria della migrazione la scelta di muoversi o meno sarebbe considerata il risultato dei fattori di attrazione e repu che stanno in A e B, mentre ciò che sta tra i due punti (lo spazio del movimento) rimane inesplorato; Tim vuole invece esplo contenuto di ciò che da A va a B, nella consapevolezza che i movimenti delle persone e delle cose siano invece p significato. Cresswell stabilisce un ulteriore aspetto della mobilità: essa diventa un processo dagli esiti tragici se oss attraverso le lenti della sedentarietà. Gli stati moderni non reagiscono in maniera positiva alla mobilità —> chi è sradi

portatore di valori instabili ed essere sradicati significa non essere più credibili, affidabili come cittadini onesti. Non ci focaliz sul perché della dislocazione territoriale delle persone, ma sul fatto che si spostano e quindi categorizzate come cland Esempio: beduini in Libia durante il fascismo, vennero rinchiusi in un campo di concentramento da Rodolfo Graziani, dov spinato delimitava lo spazio quadrato di ogni campo, uno spazio ordinato, controllato e stabile. Il campo e il filo spinato so Tim la micidiale e mortificante traduzione dell’idea europea di territorialità delimitata: il movimento eversivo dei beduini questo motivo costretto all’interno di una disciplina, dentro uno spazio ordinato, controllato e stabile.

• Concetti di “Spazio dell’eccezione” e di “Nuda vita” di Giorgio Agamben —> entrano nella riflessione geografica che si o della forma, del funzionamento e della rappresentazione ideologica dei campi di detenzione e dei detenuti (es. sull’eccezionalità di Guantanamo Bay).

Cultura

Il termine cultura è centrale nella riflessione geografica da Carl Sauer in poi. Lo scarto tra la Cultural Geography Saueriana e avviata dalla nuova stagione critica è la consapevolezza che non si possa utilizzare la cultura come strumento uti spiegazione della realtà, poiché è la cultura stessa che ha bisogno di essere spiegata. Inoltre essa non è riferibile a nie concreto, è una vuota astrazione. Come diceva Don Mitchell —> le persone non possiedono un oggetto che si chiama c perché essa non esiste come qualcosa di solido, reale e permanente; piuttosto esiste un potente utilizzo ideologico della c quello che ad esempio ci fa affermare che i comportamenti di determinate classi o generi di individui dipendano dalla loro cu che questa sia una sorta di medium che sta tra le relazioni degli individui influenzandole. Inoltre, è una parola che assume molteplici significati: • è qualcosa a cui si ricorre quando non sappiamo fornire una spiegazione ragionevole di un conflitto o di un atteggia Quindi si potrebbe dire che il termine cultura significhi il genere di vita delle persone, che comprende la l’abbigliamento, le abitudini alimentari, la musica, lo stile, i valori ecc.. • allo stesso tempo è anche qualcosa che sta per alcuni prodotti o manufatti come la musica, l’arte, i programmi tv, i eventi, i giornali ecc.. - Per Raymond Williams la cultura è: a) una nebulosa struttura del sentire che definisce la vita delle persone. b) l’insieme produzioni che riflettono, parlano e tentano di modellare tale struttura del sentire mediante differenti strate rappresentazione —> Ma questa duplice indicazione non risolveva però la questione, perché molti studiosi hanno distinto ambiti (es. culturale, politico, economico, sociale) e quindi la cultura è ciò che ricorre nel rapporto tra i diversi am questione. - Per Mitchell: la cultura ha a che fare con relazioni di natura simbolica; dice che è la teoria che consente di comprendere le persone si rappresentano e rappresentano le relazioni sociali, politiche e materiali. Lui passa da cultura a teoria cultura ci consente di comprendere in che modo i differenti ambiti interagiscono e si strutturano reciprocamente per costruir società nella sua interezza. La cultura viene ora intesa come medium capace di svelare l’orientamento delle struttu definiscono i rapporti materialmente mediati all’interno della società (la cultura non è più elemento residuale della vita individui, anzi… l’Occidente ha fatto della cultura una delle merci di maggior consumo di massa). • infine cultura è semplicemente ciò che non è natura.

Evoluzione del termine cultura: Ha due significati: a) legato alla coltivazione (si coltiva mediante la pratica della cultura) b piante e animali, la coltivazione si estende agli uomini e si stabilisce una relazione di tipo morale: si ha una mente co moralmente buona e superiore, e dall’altro lato si ha una mente priva di governo e senza regole, quindi immorale e cattiva — come dice Williams, si stabilisce un legame tra cultura, disciplina e moralità. Già dal XIX secolo in Francia e in Germania la c prende un’accezione di civilizzazione. Nei romanzi della Austen proprietà diviene sinonimo di cultura (proprietà di ben linguaggio). Nell’ultimo quarto dell’800 Herder critica invece l’idea che l’educazione e la cultura abbiano condotto la s europea ad occupare la tacca più elevata della scala dello sviluppo umano e dichiara che una simile presunzione è un insu maestà della natura. - Per Herder: si deve parlare di cultura al plurale e non soltanto di culture nazionali ma anche di differenti culture dentro lo nazionale. Da questo concetto si muove l’idea che culture diverse, che si distinguono per ragioni etniche o di classe, po coesistere nel medesimo spazio. Cosi civilizzazione appartiene alla sfera materiale, mentre cultura alla sfera sim spirituale.

- Riprendendo la teoria di Lamarck secondo cui “caratteristiche acquisite possono essere trasmesse alle generazioni futu

mezzo dell’abitudine, della volontà e dell’ambiente”, Ratzel arriva a sostenere che le differenze culturali si svilupp funzione delle differenze ambientali: i cambiamenti ambientali incidono sulla produzione di differenti modelli di comporta (“determinismo ambientale” —> diviene perciò la spiegazione prima di ogni forma culturale e viene importato negli U Ellen Churchill Semple)

- Sauer: si distacca da questa teoria e sostituisce al determinismo ambientale quello culturale, affermando che non è l’amb

determinare i comportamenti, ma la cultura che assieme alla natura crea i contesti materiali della vita —> Quindi mette a una teoria culturale (il “superorganicismo”, termine in prestito dal determinismo sociale del XIX secolo di Spencer) in paesaggio geografico diventa la manifestazione di tale connessione tra cultura e natura. Il punto debole della teoria saue l’uso irriflesso del termine “culturale” senza essere sottoposto ad alcuna considerazione critica, definendo di consegue cultura come un intero sistema di vita, superiore alla somma degli individui che concorrono alla sua produzione. In questo è “superorganica” e possiede vita propria. In sostanza, si tratta di una forma di determinismo culturale, di una forza e superiore che imprime i suoi messaggi meccanicamente su coloro che occupano una determinata regione geografica. M afferma dunque la necessità, per la nuova geografia culturale, di concettualizzare la cultura come idea e vedere come

attivamente all’interno della società (si pensa quindi alla cultura come qualcosa che si fa e non che si possiede)—> q atteggiamento si riflette nello stile e nella struttura del manuale “Doing Cultural Geography” (2002) nel quale l’applicazion prospettive teoriche è finalizzata alla pratica della geografia culturale.

- Secondo gli studi di Routledge sulle forme di resistenza al turismo di Goa/ le ricerche di Holloway e Valentine

forma locale del Cyberspace: anche in questo caso i geografi culturali ritengono utile lavorare tenendo insieme scale e t quasi opposti. Bisogna riconoscere che un fenomeno di scala globale e uno di scala locale possono essere en concretamente e culturalmente connessi e che la forma dell’uno è direttamente legata a quella dell’altro. La teoria cultu inoltre chiamata a decifrare gli effetti del capitalismo globale, delle nuove tecnologie e della crescente mobilità delle popo sulla forma del territorio. Se l'iniziale reazione alla globalizzazione è stata la dichiarazione dell'assoluta irrilevanza futu confini, luoghi e territorialità, ora si assiste alla progressiva ri-significazione di tali termini, come strumenti necessa resistenza contro l'omogeneizzante consumo dei valori culturali, luoghi e spazi locali.

Punti di vista

Il punto di vista ha a che fare con la costruzione e la rappresentazione del sapere scientifico e con l’idea che tale sape cumulativo e progressivo. Denis Cosgrove e Mona Domosh, smontando i presupposti ideologici di tale punto, ar immediatamente alla questione dell’autorità e dell’autore nella rappresentazione del sapere. Tale arrivo pone la questione del della rappresentazione al centro della Cultural Geography, come crisi dell’autorità e del potere normativo del discorso scie della modernità, in riferimento a James Duncan e David Ley. Questi ultimi, attraverso il disegno di Joanne “Topographical survey” (1993), chiamano in causa la mappa, sottolineando come il linguaggio dell’oggettività scientifica, p della scrittura cartografica, non si discosti affatto da quello del potere. La topografia, stando alla definizione dell’Oxford Universal Dictionary, è una scienza e come tale si dichiara universale e lib interessi culturali o politici. Ma essa è anche una pratica al servizio del potere e ha lo scopo di descrivere le forme dell’organizzazione sociale dello spazio, cioè rilevarne i confini. É una disciplina che mette al sicuro i confini e le norme, è il s che tratta le convenzioni sociali come puri fatti. Il rilevamento è l’atto di guardare qualcosa da una posizione di comando (occupata generalmente da un soggetto eu maschio bianco), cosi da decidere cosa rilevare e cosa escludere. Queste osservazioni non valgono solo per la topografi sono riferibili alla natura della rappresentazione nella geografia culturale. Lo sguardo definisce le regole della rappresenta infatti la presenza dell’occhio è centrale e sovrastante: sotto di lui vi sono città, foreste, boschi, persone ecc... Inoltre il d introduce la questione del realismo e della mimesi, dal momento che ogni topografia pretende di essere o viene letta com riproduzione oggettiva di una porzione di mondo. Ley e Duncan dicono che in questo disegno si può leggere una nuova ge culturale, non più esclusivamente sorvegliata dalla prospettiva autoritaria della Berkley School e del suo ispiratore Carl Saue che interessa ora ai due autori è quello di mappare punti di vista alternativi e interpretarli nel campo della Cultural Geograph non ci interessa direttamente la mappa, ma la posizione che i geografi occupano per disegnare rappresentazioni nuova geografia.

Così si individuano 4 modalità di rappresentazione all’interno della geografia anglosassone del XX secolo: 1) tradizionale: (fino al 1950) osservazione diretta e lavoro sul campo, interesse per realismo e particolarismo (m mimetismo); 2) riduzione in modelli matematici: (dal 1950 in poi) si basa sull’astrazione e sul positivismo scientifico, si prefig costruzione di una teoria dello spazio (mira al mimetismo); 3) postmoderna che critica la teoria mimetica e decentra i punti di vista privilegiati; si oppone al progetto totalizzante scienza moderna, criticandone le metanarrazioni —> il Postmodernismo nega il progetto illuminista e modernista; alle narrazioni oppone il frammento, alla fondazione la caducità (geografi come Gunnar Olsson e Allan Pred); 4) base ermeneutica: l’idea dell’interpretazione. Consapevolezza che ogni studioso appartiene ad un contesto mat istituzionale, culturale e politico, così ogni conoscenza è interpretazione del rapporto tra chi rappresenta e rappresen elementi di ogni rappresentazione: il testo che l’accademia produce, i dati utilizzati per produrlo, gli elementi presi da alt Quindi la rappresentazione testuale non è un riflesso o una trascrizione del mondo esterno, ma rimanda a qualcosa c mondo esterno, di fatto, non esiste. È quindi una ri-presentazione del mondo.

2. Definizioni militanti; Peter Jackson, James Duncan, Denis Cosgrove Peter Jackson e l’inutile ricerca

Per spiegare la svolta della geografia saueriana degli anni 80, Peter Jackson riprende un’immagine di Vidal de la Bla cambiamenti hanno increspato le acque dello stagno cosi drasticamente da trasformare i contorni e il fondo, giungendo radicale riconfigurazione dello stagno stesso”. E sono proprio i cambiamenti radicali dell’ultimo secolo che fanno sentire a Ja l’urgenza di una rifondazione teorica e filosofica della ormai stagnante geografia culturale britannica. Tutto iniziò con un breve articolo del 1980 nel quale Jackson denuncia l’assenza di produzione scientifica nell’ambito geografia culturale britannica, secondo il quale essa fosse causata dalla divisione/separazione disciplinare tra antropol geografia imposta dalla stessa Accademia inglese. In America, invece, questo non accade perché la geografia cultu l’antropologia hanno fin da subito condiviso metodi e interessi —> Sauer infatti all’interno della sua opera “The Morphol Landscape” (il manifesto fondatore della geografia culturale) cita l’Antropologia di Kroeber (1925), dicendo che un’unio antropologia sociale e geografia rappresenta la prima di una serie di fusioni per la formazione di una più grande sc dell’uomo. Il corso della geografia culturale americana è dipeso dunque, secondo Jackson, da contiguità disciplinari, dalla pers intellettuale di Sauer e da particolari circostanze geografiche: il Nuovo Mondo era una sorta di laboratorio facilmente acces nel quale geografi e antropologi potevano osservare la cultura dei nativi america...


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