Policleto-e-fidia PDF

Title Policleto-e-fidia
Course Operatore beni culturali
Institution Università degli Studi della Basilicata
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Archeologia e storia dell'arte...


Description

L’ARTE GRECA DEL V SECOLO In Grecia il passaggio dalla visione dello stile severo a quella dello stile classico si avverte nel periodo intorno alla metà del V secolo, ed è come sempre, frutto di geniali innovatori che aprono nuovi orizzonti. Forse la pittura è il campo dove più si attuano i primi fermenti, le personalità di Polignoto e Mikon segnano questo decisivo passaggio verso lo stile classico. Nella statuaria il maggior peso nel processo di evoluzione dallo stile severo a quello classico lo hanno i due grandi maestri, Policleto e Fidia. POLICLETO In Policleto di Argo lo spirito peloponnesiaca sembra raggiungere la sua più compiuta perfezione a contatto con l’influsso attico. L’aspetto più valido e significativo dell’opera di Policleto rimane il suo studio razionale e la sua canonica formulazione del problema della figura atletica nuda, che era stato il più caro per i maestri dello stile severo. Autore di uno scritto chiamato Canone, proponeva una ricerca geometrica per la resa delle parti del corpo vincolate da una simmetria e da un rapporto geometrico. Piede:1/6 Testa 1/8 Faccia 1/10 La metà del corpo coincideva con l’attacco delle gambe. Plinio gli riconosce il merito di aver reso la sua teoria artistica un’opera d’arte. Il DORIFORO Rappresenta la perfezione raggiunta da Policleto, ci è noto dalle varie copie che noi abbiamo, Rivoluziona la posizione stante, facendo appoggiare la figura solo su una gamba. Se ne ricava un chiasmo: Il nudo perde le contrazioni severe e assume una vigorosa organicità, il ritmo si libera di ogni residuo di rigidezza, una gamba diventa portante, l’altra si flette e si ritrae, il dorso si piega leggermente di un lato incurvando la linea alba, la testa si gira dal lato della gamba portante, il braccio sinistro si piega, e il destro ricade lungo il fianco. Policleto curva la parte inferiore e superiore del corpo, la linea del bacino non è orizzontale ma inclinata, come quella della spalla che si inclina sul lato sinistro. Tale rapporto chiastico di tensioni e di flessioni , sembra che venisse definito una QUADRATIO, raggruppamento tetradico di membra. Fin dal primo arcaismo l’arte greca aveva cercato nell’uomo un tipo di armonia universale, l’età delle guerre persiane aveva visto la prima rottura della rigida frontalità del koùpos arcaico e il Doriforo sta al termine di questo processo e si articola con piena e sciolta vita ritmica nello spazio. Mentre il sofista Protagora in un trattato sulla Verità proclama l’uomo misura di tutte le cose, Policleto studia le proporzioni del corpo umano, vede nel dattilo l’unità di misura, ne fissa i rapporti nel suo trattato “canone” e ne da la più compiuta esemplificazione nel Doriforo, che è il simbolo più significativo dello spirito classico. La maturazione del suo stile sembra culminare intorno al 430 con la realizzazione del Diadumeno, noto come il Doriforo da più di 30 copie che ne attestano la fama Il ritmo si amplifica nel gesto di stringere la benda della vittoria intorno alla testa, che si piega di lato, ha un’eleganza più accentuata del doriforo, la posizione è più dinamica. Il nudo è più coloristico, la chioma più plastica. Sembra che il corpo ruoti in senso orario, gamba sinistra arretrata da l’impressione di un effetto di moto. Le ciocche si gonfiano e si alzano dalla benda, a differenza di quelle del Doriforo che sono schiacciate alla calotta cranica.

Questa diversità fu avvertita anche dagli storici del tempo che definirono il Doriforo un viriliter puer e il Diadumeno un molliter iuvenis, con una distinzione non legata tanto all’età quanto alle qualità stilistiche. Gli antichi stessi compresero, come Quintiliano che l’interesse di Policleto era l’uomo, non le divinità e che, se nobilitò l’immagine umana con una bellezza ideale sovrannaturale, non seppe esprimere adeguatamente la maestà divina, sicché ai suoi simulacri mancava la solennità olimpica e grandiosità che invece seppe infondervi Fidia. FIDIA Fidia ateniese, figlio di Charmides, si formò nella scuola attica del perido severo e suo maestro fu Hegias ateniese e non Ageladas argivo, perché la sua opera rappresenta il massimo potenziamento della più pura tradizione attica e non peloponnesiaca, come è invece quella di >policleto. Questa sua prima formazione severa affiora in un’epoca giovanile noi nota attraverso copie, qual è l’Apollo di tipo Kassel, 460-455 in cui è probabile vedere il Parnòpios, dedicato per aver liberato Atene da un’invasione di cavallette. La plastica chioma cesellata a brevi ciocche, le labbra turgide e carnose, il robusto mascellare, sono caratteristiche tipiche dello stile severo. Forse al 450 risale l’Anadumenos di Olimpia, in cui il soggetto del giovane atleta che si cinge con la benda trova da parte di Fidia una formulazione pacata, raccolta, mostrando nella testa un addolcimento dei moduli severi. E’ probabile che Policleto un ventennio dopo sviluppi con la sua più accentuata amplificazione ritmica proprio questo modello fidiaco. L’atticismo di Fidia si afferma nell’amore con cui tante volte diede forma alla dea protettrice della sua città, ad Atene come Promachos nel colosso bronzo alto più di 7 m, sul pianoro dell’acropoli dinanzi ai Propilei e infine come Parthènos nel colosso crisoelefantino del Partenone.. Le monete con veduta dell’acropoli ce la mostrano dominante sentinella armata, la cui punta dorata della lancia scintillante al sole appariva da lungi ai naviganti che avevano doppiato il capo Sunio. La nike che recava sulla destra protesa era simbolo di vittoria e il ricco scudo, era cesellato dal celebre toreuta Mys con un’Amazzonomachia su cartone di...


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