Proprietà emergenti PDF

Title Proprietà emergenti
Course Fisioterapia Generale
Institution Università degli Studi di Salerno
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Summary

Appunti su proprietà emergenti quali adattabilità, variabilità, ridondanza, problem solving...


Description

Sistema Funzionale È l'insieme di organi, tessuti, apparati che concorrono tutti alla realizzazione dello stesso compito, perché se non c'è il compito non viene definito il sistema funzionale che parte dalle aree in corteccia deputate per quella funzione. Quello che è determinante sono però le relazioni che Lurija chiamava relazioni significative tra gli elementi del sistema funzionale. Una relazione è significativa quando è funzionale al tipo di compito e quindi quando è contestuale. Quindi la capacità di creare relazioni mutevoli è una caratteristica del sistema uomo quale sistema complesso. È una capacità importantissima perché consente a questo sistema di affrontare la variabilità modificando le relazioni, per cui se io imparo a camminare in piano e poi voglio fare una scalata in realtà la performance del cammino che utilizzo poi per fare la scalata inizialmente è la stessa, cominciando a fare la scalata mi rendo conto che non posso utilizzare quella performance così presa e automaticamente impostata all'arrampicata ma la devo modificare in base al contesto che è variato, quindi quelle relazioni significative per la deambulazione ora sono parzialmente significative per l'arrampicata, e devo creare relazioni magari tra gli stessi elementi ma con dei connotati diversi che mi consentono di affrontare la performance dell'arrampicata. Il passaggio dalla prima alla seconda performance è l'adattabilità, perché l'adattabilità è la capacità che il sistema uomo ha di modificare la performance in relazione al contesto. Qualunque adattabilità parte con una variabilità, quella proprietà emergente che consente di variare in itinere il comportamento motorio. Allora è chiaro che se io utilizzo la mia performance della deambulazione per l'arrampicata la prima cosa che faccio è vario la performance perché mi rendo conto che le informazioni che mi arrivano necessitano di una modifica in itinere della performance; poi realizzo il contesto e a quel punto parte l'adattabilità. È chiaro che anche l'adattabilità poi ad un certo punto passa in automatismo. Se compare un deficit conseguente ad una lesione io per recuperare la funzione, io devo riproporre i processi organizzativi, cioè devo fare in modo che quella performance esca dall'automatismo e passi di nuovo per la fase dell'apprendimento. Quindi la variabilità consente alle relazioni di essere significative in relazioni al contesto stesso che è variato, per cui le relazioni devono essere delle relazioni plastiche e duttili, devono essere delle relazioni tra gli elementi del sistema funzionale, quindi tra cervello, muscolo, ossa, articolazioni, ma che devono essere funzionali al compito, tutto ciò che è statico è destinato a morire, nel senso che non si modifica con il tempo, e le modifiche del tempo sono assolutamente indispensabili per consentire ad un sistema vivente di conservare la propria complessità. Se creassi uno stereotipo di fissazione quello stereotipo ad un certo punto si semplifica, se faccio continuamente lo stesso movimento, cerco di prendere la penna, la prima volta userò un certo numero di unità motorie, saranno attivi un certo numero di neuroni a furia dio farlo entrando in automatismo, si ridurrà in maniera drastica il mio impegno neuromuscolare a partire già dall'impegno assonico che io ci metto, però diventa un patrimonio in automatismo. Tutto ciò che è stereotipato è destinato a finire. Nella costruzione del comportamento motorio vi è sicuramente e inevitabilmente una base psicologica. La costruzione psicologica del movimento è una risposta a quelli che sono i bisogni primari, infatti un paziente senza movimenti volontari non può rispondere autonomamente a quelle che sono le esigenze primarie. Ma il movimento oltre a rispondere alle esigenze primarie risponde anche alle esigenze di conoscenza, non posso pensare che mi muovo per creare riflessi. Ci muoviamo perché il movimento è un mezzo di relazione e questa rivalutazione del movimento è in stretta relazione con quello che è il linguaggio non verbale. Questa rivalutazione del movimento affonda le sue origini negli anni 70. L'importanza delle relazioni e della plasticità di queste relazioni che vengono ad essere variabili in relazione al contesto specificano in maniera significativa l'importanza del comportamento motorio

quale mezzo di conoscenza di relazione e di interpretazione del mondo e dei dati provenienti da questo. Se è vero tutto ciò, possiamo dire che una lesione altera il sistema uomo quale sistema complesso e ovviamente crea una serie di limitazioni funzionali, che in ambito neuro-cognitivo definiamo specifico patologico: tutto ciò che la patologia mette in campo, cioè l'insieme di tutte quelle alterazioni, più o meno evidenti, ma sicuramente tutte significative in termini di costruzioni di comportamento motorio che la patologia mette in campo. Nell'ambito della ICF (International Classification of Functioning ) noi abbiamo una diversa denominazione di alterazione funzionale e quindi parliamo di: menomazione, disabilità o handicap. Nell'ambito del progetto riabilitativo e nell'ambito delle nuove classificazioni si tiene conto non della perdita funzionale, ma del residuo funzionale, quindi della capacità partecipativa che conserva ancora il paziente. La menomazione è il danno anatomo-patologico, la disabilità è la conseguenza della menomazione, l'handicap è essenzialmente legato alle barriere architettoniche. Nel caso della lombalgia:  la menomazione, ovvero la causa può essere:  la protrusione(ernia) del disco,  compressione della radice,  frattura vertebrale,  cattivo assetto posturale,  le disabilità sono tutte quelle conseguenze determinate dalla patologia:  il dolore;  alterazione funzione respiratoria dovuta ad una postura scorretta;  l'handicap è la limitazione della vita sociale, lavorativa, sportiva (a causa della menomazione che mi da quella disabilità non si riesce più a gestire una qualsiasi attività).

Le Proprietà Emergenti Per capire le proprietà emergenti è molto bello l’esempio dell’orologio. L’orologio, o con la penna MontBlanc, se la fai in tanti pezzetti hai perso la capacità di scrivere, si hanno tanti pezzetti che sono costitutivi della penna, ma nessuno di questi pezzi da solo scrive. La stessa cosa è con l’orologio, questo segna l’ora ed è una funzione molto complessa, se si apre la cassa dell’orologio e tiriamo fuori tutti i pezzettini la funzione si perde, per cui è dalla relazione di questi elementi che viene fuori l’atto di scrivere o di segnare l’ora. Perfetti ha sempre fatto un esempio: le proprietà emergenti non vengono fuori in termini matematici dalla somma algebrica delle singole caratteristiche dell’oggetto ma dalle relazioni significative e significanti che in maniera biunivoca gli elementi del sistema stabiliscono tra di loro. Come la capacità di soppesare: una relazione tra ossa, muscoli, articolazioni, recettori. pressori di superfici ecc… Non possiamo quindi pensare di rivolgersi alla riabilitazione di un osso o un muscolo, ma dobbiamo rieducare la funzione nel suo complesso, vedendola in senso verticale cioè a partire dalle rappresentazioni cerebrali di quella funzione, a partire dalle aree cerebrali che entrano nella determinazione di quella funzione, a partire dalle aree dove arrivano le informazioni provenienti da quella funzioni. Guardando in senso verticale, vediamo tutti quanti gli elementi che prendono parte alla realizzazione della funzione, quindi anche le ossa e i muscoli, ma ciò che per noi è fondamentale sono le RELAZIONI che si stabiliscono tra questi elementi. Quello che noi andiamo a riabilitare è la funzione, attraverso una proposta neurocognitiva, ovvero proporre un processo di conoscenza che attivi le proprietà cognitive: percezione, attenzione, memoria.

Si entra nell’ottica che la riabilitazione è un processo di apprendimento in condizioni patologiche e quindi io riapprendo una funzione che è stata momentaneamente messa da parte. Noi cominciamo a parlare di attenzione percezione e memoria perché sono le più semplice per voi che adesso vi siete approcciati a un processo di didattica iniziale riabilitativa. E’ chiaro che se io devo riabilitare il sistema funzione manipolazione prensione in cui la vista è determinante per l’approccio, perché questo sistema è dato la spalla che ha una capacità di orientamento verso l’oggetto, la distanza è data dal gomito, il polso ci dà l’approccio , le dita ci danno la presa. In questo mio rapporto con l’oggetto se ovviamente io non ho la vista che dirige il gesto viene meno la possibilità di eseguire in maniera quanto più economica possibile il gesto stesso perché noi dobbiamo rispettare leggi energetiche e fisiche. Ognuno di noi cerca di realizzare lo stesso compito con la massima resa e il massimo risparmio energetico. Se io devo prendere la penna con la quale lei sta scrivendo, se vedo bene riesco ad avere un approccio più diretto la prima volta che lo faccio sicuramente avrò una serie di dispersioni di risorse, di energie, perché farò reclutare unità motorie che posso anche non reclutare, la seconda terza volta che ripeto la cosa centro meglio la mira mi andrà ancora meglio nell’ottica della massima resa e massimo risparmio, proprio per ottimizzare le risorse. Per conservarci le risorse. Il sistema visivo è determinante.

La ridondanza Nella proposta di esercizio lo devo togliere perché mi dà una ridondanza. Che significa questo? La vista è la proprietà cognitiva che prevale su tutte. Significa che le informazioni prevalenti sono quelle visive, e per questo è difficile che uno di noi ponga attenzione, senza che gli venga esplicitamente richiesto, alle informazioni che arrivano dal proprio corpo (se ha il sistema visivo che funziona bene), in quanto è prevalente ridondante sugl’altri. E’ la vista che mi dice che la gamba è flessa, Perciò con gli es. di primo e secondo grado io tolgo la vista perché mi dà elementi di disturbo, mi dà informazioni che diventano prevalenti su altre. Eliminando la vista io metto da parte il rischio di poter ridondare le informazioni. Io devo indirizzare l’attenzione del paziente, se chiude gli occhi riesce a porre maggiore attenzione. In realtà non è il problema della chiusura degli occhi che favorisce l’attenzione, la chiusura degli occhi ti impedisce di distrarti. Io l’attenzione la potenzio se sono in grado di attivarla: infatti io posso fare chiudere gli occhi, ma si deve essere in grado di guidare affinché egli riesca a realizzare un meccanismo attentivo alla realizzazione del compito, in quanto egli con gli occhi chiusi potrebbe anche addormentarsi. Allora, il sistema visivo tolto in primo e secondo grado evita che ci siano info ridondanti che possono distrarre il soggetto dalla realizzazione del compito, che deve essere svolto attraverso una strategia di tipo cognitivo, che parta dalla percezione e dall’elaborazione delle info che provengono dalla periferia, poi interviene la capacità del terapista ad indirizzare l’attenzione del paziente nel senso che vuole.

Il problem solving Il problem solving è un altro problema. Cosa significa? Significa che l’esercizio e la seduta di riabilitazione sono una seduta psicopedagogica e che l’es. è uno strumento pedagogico. Uno strumento attraverso il quale il terapista insegna e il paziente impara, ma per risolvere il compito deve mettere in atto delle strategie risolutive. Il fatto solo di evidenziare un problema mette l’interlocutore nella condizione di prospettare delle soluzioni, ed è in questo che io inizio a risolvere il problema attivando delle strategie cognitive. Io ti so porre un problema, ti so evocare una possibilità di soluzione. In ambito didattico ti presento un problema didattico e faccio in modo che da te venga fuori la possibile soluzione del problema didattico che comporti un apprendimento di competenza. O in ambito riabilitativo io ti propongo un problema motorio e io faccio in modo che tu possa propormi delle strategie di risposta motorie per realizzare il compito e lo scopo.

Complicato e Complesso

Differenza tra complicato e complesso. L’uomo nell’ambito dell’epistemologia è considerato complesso e questa è stata la grande novità della psicologia cognitiva. Per complicato s'intende una macchina o un oggetto, un sistema semplice in quanto è autoreferente, perché non relaziona con nessuno, è un sistema chiuso. I sistemi aperti sono complicati e complessi perché hanno una relazione con il modo esterno. Il sistema complicato è costituito da più pezzi in relazioni tra loro, ma queste relazioni devono essere significative. In un sistema complicato ho relazioni stabili, i vari sono messi insieme come l’ingegnere ha fatto con i pezzi della macchina , per cui conosco relazioni stabili, matematiche, che sono modificabili parzialmente, ma di tipo meccanico. Ora, l’uomo è sempre stato considerato fino all’avvento della psicologia cognitiva, un sistema complicato ma non complesso. Oggi si parla dell'uomo nella sua interezza, considerando anche la parte psichica, è tutto sommato è sempre un sistema complicato, in quanto è costituito da più parti in contatto tra loro che stabiliscono delle relazioni. Ma si è cominciato a parlare come uomo complesso quando si è visto che ognuno ha una serie di sottosistemi ed è inserito, nello stesso momento, in una seria di sottosistemi. I nostri sottosistemi sono i sistemi funzionali della visione, linguistico, deambulazione utilizzati in altrettanti sistemi in cui siamo calati: la famiglia, l’università, gli amici del bar, gli amici del calcetto, dello shopping, il fidanzato/a è un sistema piccolo ma è sempre un sistema. Quindi ognuno di noi è calato in un sistema maggiore che è il sociale di Salerno, di Napoli, di Rocca ecc… E tra tutti voi che vi incontrate, ci sarà una condivisione dei sistemi . E’ questo scambio continuo che modifica il sistema. Le modificazioni la macchina non le ha, cioè sono stabili. La modifica fa parte del bagaglio culturale che comporta una modifica stabile nel processo di apprendimento. Ognuno si può modificare in base alle relazioni perché ha fatto un processo di apprendimento come diceva Piaget. Se questo è vero, è vero che qualunque substrato è plastico nel senso che si modifica con l’esperienza. Quindi l’uomo ha una struttura complessa e non complicata. Complessa perché in grado di stabilire tante relazioni che si ripercuotono su dei cambiamenti stabili del proprio sistema funzionale, e l’uomo sistema complesso costituito da substrato plastico, dal cervello all’unghia. Tutti i tessuti si modificano in base all’esperienza che gli faccio fare. Pensate l’unghia, che tutti possono pensare che è un corpo modo, ma voi sapete che non è così, se voi mettete delle scarpe particolarmente strette ci sarà iperpressione sull’unghia con conseguente cheratosi ungueale, ossia l’unghia si ispessisce risponde allo stress. Cioè nel tentativo di difendersi dalla pressione della scarpa si è ispessita, così come c’è lo stress meccanico con la scarpa da calcetto che da una seria di iperpressioni che agisce sul tessuto che si modifica (si fa un callo). Ogni tessuto è plastico perché risponde alle esperienze, risponde modificandosi per meglio adattarsi a queste esperienze, che possono essere di conoscenza orientate al problem solving che ti consentono un recupero o purtroppo necessità: le geishe si fasciavano i piedi per non farseli crescere, il piede non cresceva perché rispondeva a un’esperienza che stava facendo, all’esperienza di compressione.

Sistema funzionale linguistico Oltre al problem solving, al sistema funzione della vista c’è il sistema funzionale linguistico che interviene su tutto il nostro operare riabilitativo. Nel processo riabilitativo i protagonisti sono sono due entità complesse: un terapista e un paziente. Il sistema funzionale linguistico è sicuramente molto complesso. Sta al terapista, attraverso un buon utilizzo di un sistema funzionale linguistico che il paziente diventa compliant con la proposta terapeutica che gli sta facendo. Si deve sapere utilizzare un linguaggio opportuno, modificare il mio linguaggio. Durante la terapia non vanno utilizzati termini tecnici, quelli sono per l’uso didattico. Va usato un linguaggio chiaro e comune, non un linguaggio scientifico, indipendentemente da chi è il paziente.

L'esercizio Il trait d'union tra due sistemi complessi, paziente e terapista, è fatto sicuramente dall’esercizio che deve essere terapeutico ovvero finalizzato. Partendo dagli elementi predittivi del paziente (cioè

tutti gli elementi che il paziente ha conservato di buono) si deve arrivare alla soluzione del problema, che non vuol dire riabilitarlo del tutto, ma sicuramente farlo stare meglio di come sta. Ci sono pazienti che recuperano del tutto, ma questo dipende sempre da tipo di lesioni. Ci sono lesioni che per il tipo di danno consentono un recupero parziale, e lesioni che consentono un recupero totale. Ciò non sempre determinante in quanto ci sono pazienti con una lesione banale che hanno un pessimo recupero rispetto a pazienti che avevano un danno cerebrale importante che hanno avuto un recupero che non non ci potevamo proprio aspettare. Il sistema linguistico funzionale è determinante perchè ci da la capacità di attribuire un simbolo ad un oggetto che sia un oggetto raffigurato o inventato. E’ chiaro che il sistema linguistico svolge all’interno di questa triade un ruolo fondamentale e determinante. Anche se in seguito a ictus il paziente è diventato Afasico, quindi il sistema linguistico è stato alterato, non vuol dire che non possiamo fargli nessuna proposta terapeutica, infatti abbiamo altre strategie da poter utilizzare come il sistema prassico a gestualità finalizzata oppure quello dell'organizzazione temporo-spaziale del gesto. Le funzioni prassiche e gnosiche rientrano quindi nella conoscenza e nell’apprendimento del comportamento motorio....


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