PS1 18 indicazioni-alla-ventilazione-meccanica-invasiva-e-non-invasiva 31 PDF

Title PS1 18 indicazioni-alla-ventilazione-meccanica-invasiva-e-non-invasiva 31
Author Amarildo Hila
Course Programma del Corso integrato di Chirurgie specialistiche 
Institution Università degli Studi di Udine
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Summary

indicazioni-alla-ventilazione-meccanica-invasiva-e-non-invasiva...


Description

Materia_numero lezione

PS1_18

Data

31/10/2017

Professore

Marinari

Argomento

Indicazioni alla ventilazione meccanica invasiva e non invasiva

Allora, la volta precedente abbiamo finito i presupposti fisiopatologici dell’insufficienza respiratoria ; anche se non è compito mio darvi indirizzi di tipo terapeutico, però, nell’ambito della pneumologia, che voi incontrerete quasi esclusivamente all’interno di questo corso, non posso non dirvi almeno qualcosa di relativo alle indicazioni e ai presupposti generali,meccanici e fisiopatologici della ventilazione meccanica. Negli ultimi anni la pneumologia è sicuramente cambiata: dai periodi in cui si trattavano soprattutto patologie di tipo internistico,medico,curavamo le polmoniti,alcune forme particolari di bronchite cronica, adesso la bronchite cronica anche riacutizzata è uscita fuori dalla nostra tutela: a meno che i soggetti hanno un’insufficienza respiratoria grave, la maggior parte delle BPCO riacutizzate si cura fuori dall’ospedale. Quindi all’interno dell’ospedale ci sono solo i casi più gravi,nel caso dell’insufficienza respiratoria prevalentemente i soggetti trattati con ventilatori meccanici. Abbiamo visto la volta precedente come nell’insufficienza respiratoria si possano distinguere due tipi di meccanismi eziopatologici: -uno con uno danno prettamente parenchimale,che riguarda il polmone in generale, quindi parenchima polmonare,vie aeree e circolazione polmonare. Purtroppo (nella foto)non legge i caratteri in power point: significa che nella maggior parte delle forme che riguardano il polmone generalmente si tratta di soggetti che hanno sempre nel caso dell’insufficienza respiratoria, una riduzione della PaO2 quindi questa è una freccia verso il basso. Affianco invece c’è una freccia in basso ed una in alto nel senso che nelle forme parenchimali generalmente nella fase iniziale si tratta di forme normocapniche che poi molte volte divengono ipercapniche. -Invece nelle forme che riguardano le alterazioni della pompa ventilatoria,quindi tutto quello che abbiamo visto l’altra volta della catena respiratoria, quasi sempre sono forme ipossiemiche ipercapniche,proprio perchè abbiamo detto che la ventilazione alveolare è l’aspetto determinante correlato con i livelli di CO2 e quindi in tutte le forme restrittive legate all’alterazione della pompa ventilatoria si ha ipercapnia,in genere già dalle fasi iniziali di malattia. Questo è il presupposto razionale dell’insufficienza respiratoria che richiede ventilazione meccanica. Nel caso in cui avete forme ipossiemiche viene trattato con l’ossigeno terapia, laddove invece c’è ipercapnia non potete fare niente se non aumentare la ventilazione alveolare e non c’è modo di aumentarla se non meccanicamente,quindi con un ventilatore meccanico esterno. Il presupposto del deficit della pompa ventilatoria è che alla lunga crea fatica e questa comporta poi ipercapnia. Quindi si riduce la ventilazione meccanica soprattutto nelle forme collegate a malattia neuromuscolari, in cui i soggetti cominciano a sviluppare fatica muscolare per cui l’efficienza del muscolo respiratorio viene meno,si riduce la ventilazione e si va incontro all’ipercapnia. Che cos’è la fatica muscolare? E’ una condizione caratterizzata dall’incapacità del muscolo di mantenere sia uno sforzo efficace. E’ reversibile con il riposo, può avvenire o per insufficienza del muscolo o per aumentato carico. Quindi se da un lato ci sono l’insufficienza di pompa collegata alle malattie neuromuscolari,in cui viene meno la parte di motore ci sono quelle in cui il motore rimane lo stesso però,per esempio, nel caso delle insufficienze

ipercapniche da BPCO o enfisema, il carico che deve sopportare il muscolo respiratorio è talmente ampio,in quanto nelle fasi terminali per esempio della BPCO l’ostruzione bronchiale induce la necessità di dover utilizzare muscoli respiratori e quindi in questo caso il paziente comincia a sviluppare sempre più fatica muscolare. In tutti questi casi c’è la necessità della ventilazione meccanica con una serie di obiettivi: -FISIOLOGICI: migliorare gli scambi gassosi ,che nel caso della ventilazione meccanica sono alterati cioè legati all’ipercapnia oppure qualche volta all’ipossiemia refrattaria. Quindi,seppure con un utilizzo meno frequente e al limite della congruità ,si utilizzano terapie meccaniche in una forma ipossiemica pura. -ridurre la fatica,quindi il distress dei muscoli respiratori -CLINICI: -migliorare l’emogasanalisi -avere degli obiettivi a lungo termine,cioè questi pazienti che tendono ad avere l’ipercapnia tendono ad avere situazioni di acidosi,necessità di ricoveri ospedalieri frequenti,aumenta la mortalità, si riduce la qualità della vita. Esistono due tipi di ventilazione meccanica:quella invasiva e quella non invasiva. L’invasiva è quella che viene attuata tramite tracheostomia, intubazione endotracheale ed è quella che si svolge prevalentemente all’interno delle rianimazioni,soprattutto nella fase acuta. Nella fase cronica, la facciamo anche noi perchè il paziente una volta che viene tracheostomizzato poi viene spostato in un ambiente non intensivo; i pazienti invece con intubazione endotracheale possono attualmente essere ricoverati in ambienti intensivi,quindi si trovano solo all’interno delle rianimazioni. Che cosa è che ci deve dire questo paziente va in intensiva e questo in ventilazione non invasiva ? Una serie di fattori che sono fondamentali: -la scelta è guidata in base al numero di ore di ventilazione. Esempio: sclerosi laterale amiotrofica(SLA),malattia del motoneurone,conduce alla totale inefficienza dei muscoli respiratori,quindi i pazienti vanno incontro alla necessità di essere ventilati. Questo all’inizio si fa con delle maschere quindi per via non invasiva,poi man mano che la necessità di ventilazione diviene continua(sono pazienti che fanno la ventilazione meccanica 24h su 24 e non li possiamo staccare) bisogna necessariamente passare ad una via invasiva, perchè con una maschera sul viso non si è in condizione di alimentarti. Entro un certo numero di ore,è affrontabile un trattamento non invasivo,al di sopra di queste invece è necessario quello invasivo. -Capacità di protezione delle vie aeree: la via tracheostomica ci permette la totale gestione di tutto quello che viene nell’albero bronchiale,cosa che non è possibile se il paziente non è tracheostomizzato o intubato. Se c’è, per esempio,una ridotta capacità di tossire ed ha un ingombro delle vie aeree, io devo proteggere il rischio che appunto vada in asfissia, perchè si ingombrano le secrezioni con la possibilità di poterlo aspirare e mantenere le vie aeree efficienti sempre. Quindi questi pazienti devono essere tracheostomizzati o intubati ed è l’unico modo per passare alle corde vocali in maniera continua. Se voi avete bisogno di aspirare un paziente che è pieno di secrezioni,se non ha una tracheostomia o un tubo endotracheale,deve essere aspirato con un broncoscopio,quindi entrare, vedere le corde vocali ed aspirare; alla cieca dalle prime vie aeree è

possibile tentando più volte di imboccare le vie delle corde vocali ma non è sempre certo,quindi è un rischio molto alto ed è necessario invece avere una protezione totale; -Grado di vigilanza e collaborazione: tutte le forme di ventilazione meccanica non invasiva hanno bisogno di un minimo di collaborazione del paziente,quindi è una metodica che non può essere utilizzata in un paziente che non sia vigile. Il paziente in coma quindi va in rianimazione; -Grado di obesità: può essere importante, alcune forme importanti di obesità necessitano per forza dell’intubazione endotracheale o addirittura della tracheostomia; -Grado di deformità della gabbia toracica; -Presenza della collassibilità a livello delle vie aeree centrali:spesso siamo costretti ad intubare pazienti che hanno una collassibilità elevate delle vie aeree superiori perchè ovviamente ventilare dall’esterno può produrre anche in alcuni casi un collasso delle prime vie aeree e quindi il problema non lo avete risolto; -L’età del paziente: in generale più si va avanti con l’età più il rischio di non essere svezzati con una ventilazione invasiva è alto. Quindi, quando arrivano i pazienti borderline,che potrebbero essere da rianimazione secondo i criteri funzionali, in realtà se sono ancora un pò vigili e ci danno un minimo di collaborazione noi cerchiamo,se sono molto anziani, di fare un tentativo di ventilazione non invasiva. Se il paziente viene tracheostomizzato o intubato da quel momento in poi i muscoli periferici vengono messi in completo riposo e se voi li ventilate meccanicamente per via invasive,a distanza di qualche giorno avete creato una riduzione della possibilità della potenzialità muscolare dei muscoli respiratori tale che quasi sicuramente il paziente non è più svezzabile. Il paziente quindi rimane intubato a vita e quasi sempre deve essere tracheostomizzato,rimane collegato ad un ventilatore per sempre. La situazione, invece, risulta essere molto più reversibile se voi agite su paziente sveglio, in maniera non invasiva. Ovviamente ci sono una serie di gradi di possibilità che, come poi vedremo, dipendono anche dal pH. Quindi quanto è più il paziente è avanti con l’età, tanto più si dovrebbe tentare inizialmente di usare la via non invasiva. Dobbiamo necessariamente utilizzare la ventilazione meccanica invasiva quando: - il paziente deve essere ventilato per più di 15/20 ore; - se abbiamo già provato con la ventilazione non invasiva e non funziona; - se non abbiamo secrezioni bronchiali controllabili; - se il paziente non è collaborante; - nei casi di recente chirurgia esofagea e addominale superiore(stomaco), perchè abbiamo il rischio, quando usiamo la ventilazione meccanica non invasiva, di creare dei barotraumi e soprattutto, quando usiamo le maschere facciali che prendono naso e bocca, l’aria che pompiamo all’interno delle vie aeree in parte può espandere all’interno dell’esofago e dell’addome e quindi potremmo creare un aumento della pressione all’interno dell’esofago e dello stomaco molto alto e questo potrebbe creare dei problemi se il soggetto ha fatto una chirurgia esofagea o gastrica recente. Ciò invece non avviene se il paziente lo tracheostomizzate o intubate perchè escludete le vie digerenti,entrate con un tubo e gonfiate un palloncino; dunque, tutta l’aria che voi pompate entra esclusivamente all’interno della trachea e non c’è nessuna possibilità che possa andare nell’apparato digerente. -paralisi o grave debolezza dei muscoli respiratori, anche se adesso con i nuovi metodi di ventilazione meccanica noi riusciamo a ventilare anche alcune forme neurologiche gravi tipo la Guillain-Barrè, che è una forma acuta, le forme avanzatissime di sclerosi laterale amiotrofica, le miastenie acute. Questo, pertanto, è un limite che si sta riducendo. Dal punto di vista clinico, dobbiamo ricorrere alla ventilazione invasiva nei casi di: -arresto respiratorio/cardiorespiratorio: intervenire immediamente in rianimazione, si procede all’intubazione e alla ventilazione meccanica; non si può perdere tempo con tentative di ventilazione meccanica non invasiva. Tale discorso ovviamente è valido nella respirazione agonica, nella fase avanzata di gasping; -agitazione psicomotoria, talvolta dobbiamo procedere alla ventilazione meccanica invasiva ed utilizzare il tubo endotracheale anche semplicemente per sedare il paziente. Alcuni pazienti, infatti, nelle fasi ipercapniche, come abbiamo visto, prima di arrivare al sopore, possono anche andare incontro ad un periodo di agitazione psicomotoria. In queste fasi, pertanto, è difficilissimo mettere una maschera sul viso ai pazienti e ventilarli. Quindi, in tal caso, qualche volta, siamo costretti a

ricorrere alla sedazione generale e dunque, una volta che abbiamo fatto questo tipo di scelta, non possiamo più tornare indietro: il paziente non è più vigile e dobbiamo ventilarlo necessariamente per via invasiva; -Instabilità emodinamica: richide anche qui una gestione intensivistica perchè dobbiamo monitorizzare in maniera completa e totale il paziente,anche per quanto riguarda il versante cardiocircolatorio -Squilibri pressori: la ventilazione meccanica non invasiva può dare delle alterazioni emodinamiche e quindi ipotensione, può aumentare il ritorno venoso a seconda delle pressioni endotoraciche che utilizziamo. -Elevato rischio di aspirazione tracheale: considerate che, quando noi ventiliamo per via non invasiva, mettiamo una maschera interfaccia tra il ventilatore e il paziente,posta sulle vie aeree, è un’interfaccia nasobocca. Quindi, ovviamente, quando noi stiamo ventilando il paziente, abbiamo la possibilità di entrare nel sistema digerente: per esempio, possiamo creare una gastrectasia enorme e spesso andiamo a gonfiare il paziente e poiché andiamo ad aumentare la pressione all’interno delle vie digerenti e dell’addome, possiamo andare incontro al problema che ovviamente l’addome risale e va a spingere sul diaframma. Quindi, nel momento in cui vogliamo far ventilare il paziente di più, in realtà questo esso è bloccato perchè il diaframma stesso è bloccato dalla distensione gastrica. Inoltre, c’è la possibilità di un rischio di aspirazione tracheale: poiché ,appunto, le vie aeree e digerenti sono aperte, se questo paziente rishchia di vomitare, ci può essere un’aspirazione di materiale gastrico, cosa che non può assolutamente avvenire nel caso in cui il paziente sia intubato. In generale, le indicazioni per quanto riguarda l’emogasanalisi sono quelle dell’ipossiemia grave; poi vedremo che ci sono delle situazioni limite per quanto riguarda l’ipossiemia grave medesima. Le forme ipossiemiche pure dell’insufficienza respiratoria sono abbastanza refrattarie, in generale, alla ventilazione meccanica, e ancora di più a quella di tipo non invasivo. Quindi, il paziente con una forma fibrotica del polmone ha alterazioni della dinamica ventilatoria, in particolare ha alterazione della compliance; di conseguenza, il polmone è molto più rigido ed, essendo molto meno elastico, risulta molto meno efficace una metodica di ventilazione sia invasiva che non invasiva in generale. Soprattutto non risulta efficace la metodica invasiva che dovrebbe servire ad aumentare la pressione respiratoria e a dilatare il parenchima polmonare, cosa che però non può avvenire perchè non c’è proprio elasticità del sistema. La forma classica di indicazione è l’ipercapnia acuta con acidosi respiratoria scompensata. Quindi, in tutte le forme, generalmente il 90 % delle persone che noi ventiliamo ha una BPCO avanzata riacutizzata che le conduce ad avere un’acidosi respiratoria scompensata, ovviamente con conseguente compromissione dello stato di coscienza. Poi, in tali soggetti, compaiono i segni di stress: noi vediamo questi pazienti che, nella respirazione, tentano di vincere il carico che è imposto loro dalla malattia, utilizzando i muscoli accessori: di solito c’è un impegno importante dei muscoli sternocleidomastodei, c’è la contrazione dei muscoli addominali, si instaurano asincronie tra il torace e l’addome. Questi sono tutti segni di stress respiratorio che preludono al coma carbonarcotico, ed è proprio in questa fase che abbiamo un margine per poter provare ad utilizzare le macchine non invasive che consentono, ovviamente in maniera molto più fisiologica, di assistere il paziente, tenendolo sveglio, e di svezzarlo con molta facilità. Ciò invece non avviene per la forma invasiva, in cui il paziente viene sedato, viene intubato e, dopo l’intubazione, viene ventilato. Subito dopo, inizia una fase lunga che può essere molto difficile e che è la fase dello svezzamento, in cui il paziente viene gradualemente risvegliato: si tratta di una fase che ovviamente allunga molto i tempi e mette anche a rischio il paziente. Se si riesce a superare questa fase, si riduce tantissimo il rischio di mortalità all’interno della terapia intensiva. Quali sono le complicanze della ventilazione meccanica invasiva? -lesioni del tuboendotracheale,quando il paziente viene intubato, viene gonfiato un palloncino all’interno della trachea,subito dopo le corde vocali, e questo palloncino rimane in sede ; andrebbe verificata di continuo

la pressione all’interno del palloncino,perchè è una pressione importante. Ovviamente la pressione di aria che viene messa all’interno del palloncino deve essere tale che il palloncino si stringa attorno alla trachea e quindi l’aria entri tutta all’interno dell’albero bronchiale. Esistono delle manovre per poter misurare questa pressione in maniera precisa, altrimenti se questo non avviene e quindi se la pressione è esagerata, si possono creare delle stenosi. In che modo? Si crea una ferita, una lesione da decubito, all’interno della trachea, concentrica. La situazione più frequente che si può trovare, poi ve la farò vedere quando parleremo di broncoscopia, è rappresentata da persone che sono state sottoposte ad interventi chirurgici prolungati, quindi sono stati intubati per questi interventi e hanno magari tenuto 7/8 ore la cuffia endotracheale, la quale ha prodotto una lesione, un’ulcera da debubito. Poi il paziente finisce l’intervento,viene stubato e sta bene, però l’ulcera guarisce creando una sorta di cheloide, una cicatrice ipertrofica che gradualmente, nel giro di qualche mese, crea un’ostruzione concentrica della trachea: può arrivare fino a 1-2 mm. Io ho un paziente nel quale macroscopicamente si sospettava un’asma bronchiale,ho fatto una broncoscopia nel dubbio( in quanto ci sono dei segni che possono consentire di sospettarlo) ed è risultato che aveva una trachea con calibro ridotto a 2 mm, quindi aveva 2-3 mm di passaggio nella trachea. C’era questa cicatrice che generalmente viene rimossa con tecniche laser. -Il barotrauma può essere una complicanza nel senso che, se voi esercitate una pressione troppo elevata all’interno delle vie aeree, si può avere una rottura,soprattutto se tutto questo avviene in un soggetto con enfisema polmonare:quindi immaginate che queste bolle periferiche, sottoposte ad una pressione elevata, vanno incontro a rottura. In particolare, nella pleura si può avere lo pneumotorace; invece, si può avere lo pneumomediastino, se queste bolle si rompono nel mediastino; oppure si può avere enfisema sottocutaneo,che in genere fa seguito al pneumomediastino: l’aria entra nel mediastino e poi migra attraverso le fasce muscolari verso il collo. Questi pazienti presentano il sottocute completamente pieno di aria. -la polmonite nosocomiale, che è la polmonite più grave che ci possa essere,ci sono germi superselezionati in genere multiresistenti; -la difficoltà di svezzamento.

Parliamo adesso dei vantaggi e degli svantaggi della ventilazione meccanica non invasiva. Quando dobbiamo pensarci? Dal punto di vista clinico, per esempio, essa è una delle metodiche di scelta nell’ edema polmonare acuto, malattia acuta e quindi reversibile. A volte, l’edema polmonare acuto è reversibile anche nel giro di qualche ora : in tal senso, il trattamento diuretico è fondamentale all’ingresso del paziente in quanto può risolvere l’edema polmonare acuto e quindi normalmente il paziente, dopo due-tre ore, con trattamento diuretico , torna a ventilare. Però, se nonostante la terapia medica, l’edema polmonare acuto non si riesce a risolvere completamente, cominiciano ad esserci indicazioni per la ventilazione meccanica non invasiva. Stesso discorso vale nel caso di riacutizzazione di BPCO, in cui i tempi di riacutizzazione possono essere 1015 giorni, nel corso dei quali bisogna seguire l’evoluzione degli scambi gassosi e quindi anche dell’emogasanalisi arteriosa. Se i tempi non sono così rapidi da risolvere l’insufficienza respiratoria, si può ricorrere alla ventilazione meccanica non invasiva. Poi anche l’autonomia respiratoria è da tenere in considerazione: ci sono soggetti che in genere riescono ad essere staccati dal ventilator almeno 12 ore ed è una metodica affrontabile. Generalmente, noi ventiliamo pazienti che non superano le 16-18 ore di ventilazione meccanica, al di sopra di 18 ore di ventilazione meccanica, comincia a diventare difficile: un giorno,due massimo può essere mantenuta, ma poi cominciamo ad esserci problemi di decubiti legati a queste maschere che vengono posizionate sul viso. Quindi il paziente come viene sele...


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