Riassunti-del-manuale-relazioni-internazionali-nuova-edizione-andreatta-clementi-colombo-koening-archibugi-parsi-ed-il-mulino PDF

Title Riassunti-del-manuale-relazioni-internazionali-nuova-edizione-andreatta-clementi-colombo-koening-archibugi-parsi-ed-il-mulino
Author Rebecca Cerabino
Course Relazioni internazionali
Institution Università degli Studi di Milano
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Summary

CAPITOLO 1: STATO E RELAZIONI INTERNZIONALI 1. Confini della disciplina Le relazioni internazionali designano contemporaneamente una e la disciplina che la studia. o Come le relazioni internazionali possono apparire storicamente onnipresenti: esse infatti sono le relazioni che si svolgono tra le pol...


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CAPITOLO 1: STATO E RELAZIONI INTERNZIONALI

1. Confini della disciplina Le relazioni internazionali designano contemporaneamente una realtà e la disciplina che la studia. o

Realtà: Come realtà, le relazioni internazionali possono apparire storicamente onnipresenti: esse infatti sono le relazioni che si svolgono tra le unità politiche protagoniste in ciascuna epoca storica, e cambiano radicalmente a seconda della natura degli attori principali, della loro forma istituzionale e delle diverse entità che compongono il sistema. Parlando di relazioni internazionali, è importante fare una distinzione tra - ordine interno (spazio domestico, dove il potere è gerarchizzato ) - ordine internazionale Contesto in cui avvengono le relazioni internazionali, dove il potere è diffuso e gli stati non riconoscono autorità superiori – situazione di anarchia internazionale: il sistema internazionale è anarchico, cioè senza un governo centrale, senza alcuna autorità sovraordinata ad altre. Le norme internazionali esistono, ma gli stati sono dotati di piena sovranità e perseguono i loro interessi. In questo contesto gli attori sono condannati all’autodifesa, e ciò rende ineliminabile la possibilità della guerra.

o

Disciplina: Le relazioni internazionali sono anche una disciplina accademica molto recente, sviluppatasi come ramo della scienza politica - applicato al sistema internazionale, non all’ambito domestico - nel Novecento in Galles, precisamente nel 1919 con l’istituzione della prima cattedra di International Politics, affidata a Alfred Zimmern (poi trasmigrata di lì a poco negli Stati Uniti, spostamento che ha influenzato profondamente la selezione dei problemi e il modo in cui essi sonno stati trattati). Le R.I. sono una scienza sociale che nasce inizialmente come tentativo di trovare una via per il raggiungimento della pace e che utilizza il metodo di ragionamento della “ridondanza”, ovvero sempre alla ricerca di abbondanza di spiegazioni, sovrabbondanza di cause etc. Essa studia le “leggi sociali” (leggi molto più deboli delle leggi fisiche o matematiche). Questa disciplina si sviluppa soprattutto dopo il 1945, con l’inizio della Guerra Fredda, periodo sul quale si concentrano (studio concentrato sulla contemporaneità; trascura così il rapporto del Novecento con i secoli che l’hanno preceduto).

2. Temi : il sistema politico internazionale moderno Il mondo attuale costituisce un sistema politico, economico e giuridico unitario, tenuto insieme da una rete sempre più fitta di interdipendenze, che noi chiamiamo “globalizzazione”. Questa idea di un mondo unitario nasce nel secolo scorso, inizialmente intorno ad un nucleo molto piccolo, ovvero quello dei paesi europei del XVII secolo (fino al Cinquecento infatti il mondo era diviso in diversi sistemi internazionali pre-globali privi di rapporti tra loro, e dunque non si poteva ancora parlare di un unico

sistema di relazioni). Il sistema internazionale moderno con il suo ordine politico e giuridico ha origine infatti nel 1648, con la pace di Vestfalia ( “sistema vestfaliano”), che dà vita al diritto europeo delle genti: tutte le regioni prima divise, diventano parte di un sistema pluralistico di stati europei e si afferma il principio di sovranità dello stato. Cominciò così a formarsi molto lentamente anche un’economia-mondo. Solo a metà dell’Ottocento però si assistette ad una reale unificazione del sistema internazionale, con il definitivo consolidamento del sistema capitalistico mondiale e la progressiva integrazione delle diverse aree regionali in un unico teatro politico-strategico, accomunato prima dalla corsa coloniale, poi dalle due guerre mondiali e infine dalla guerra fredda. Le relazioni internazionali studiano proprio queste relazioni tra gli attori del sistema, ovvero studiano la politica internazionale. I protagonisti di tali relazioni sono principalmente gli stati*, gli unici titolari del diritto di impiegare legittimamente la violenza, ma vi sono anche attori non-statali (organizzazioni intergovernative, org. nongovernative, imprese multinazionali, singoli individui). * Uno degli attributi principali di uno stato è il potere: è un elemento centrale delle R.I., ma non si può dire che le relazioni degli attori siano elusivamente rapporti di potere. Il potere è connesso alla territorialità e alla sovranità ed è espressione stessa della politica. Gli stati, di conseguenza, non possono rinunciare al loro potere, altrimenti non sarebbero più tali (senza potere, che è ciò che li contraddistingue, non sarebbero più stati). N.B. Il sistema politico internazionale è cambiato ed è in continuo mutamento; alcuni tentano di resistervi, altri abbracciano il cambiamento. Anche le istituzioni infatti, nonostante siano fatte per durare, sono soggette al cambiamento (sistema internazionale come istituzione), e un giorno cesserà di esistere. I sintomi del cambiamento/deterioramento del sistema sono: - L’instaurazione/consolidamento della sovranità statale del SI: il monopolio della sovranità statale si sta logorando, vi è sempre un maggiore disallineamento rispetto al passato tra statualità giuridica e statualità effettiva. Ad oggi il numero degli stati nel sistema è molto elevato e ovunque sono riconosciute autorità statali nel mondo, ma molti di questi stati sono solo “stati di carta”, ovvero non hanno nessuna autorità effettiva. Inoltre l’autorità statale può essere sfidata da poteri interni o esterni (autorità subnazionali o sovranazionali) che mettono in discussione la tenuta degli stati. - Il logoramento dell’identità dei sistemi definiti come “interstatali” e “internazionali”: molti stati, negli ultimi anni, hanno ceduto la loro sovranità ad un’entità superiore, un’entità sovrastatale che ridefinisce la sovranità statale, oltre a vincolarla (es: comunità europea). L’autorità del singolo stato si deve così confrontare con l’autorità di entità superiori, soprattutto per quanto riguarda i diritti civili – lo stato non è più libero di fare ciò che vuole.

Anarchia, insicurezza e guerra Il sistema politico internazionale moderno è caratterizzato dall’anarchia, ovvero la mancanza di governo (principale differenza tra politica interna, in cui solo il governo ha il monopolio dell’uso della violenza legittima, e internazionale, in cui ogni stato possiede l’uso della violenza legittima). Tuttavia la mancanza di governo non significa necessariamente caos e disordine. Nonostante la cultura politica contemporanea si sia abituata a guardare all’anarchia come ad un problema, per lungo tempo si è pensato all’anarchia come contrassegno del pluralismo e della libertà dell’Europa, in opposizione al dispotismo asiatico. Proprio la divisione e la competizione tra stati è stata considerata uno dei segreti del “miracolo europeo”, sia per via dell’incentivo agli stati a migliorare la propria efficienza politica, sia per il riparo che i confini hanno procurato a minoranze e dissenzienti in fuga da uno stato verso l’altro.

L’ambiente internazionale riprende l’idea dello “stato di natura” di Hobbes: la mancanza di autorità a cui rivolgersi per tutelare i propri diritti condanna ciascuno ad avere cura di se stesso e a preoccuparsi delle intenzioni degli altri, che possono apparire sospette o peggio essere fraintese (“ homo homini lupus”), situazione che porta alla possibilità della guerra. Nella politica internazionale questo gioco di percezioni risulta, tuttavia, spesso attenuato o disinnescato dai “produttori di fiducia”, quali la somiglianza culturale, le istituzioni o la continuità delle relazioni tra gli attori. Tuttavia, quando questi produttori di fiducia non operano (o meglio non prevalgono sulle singole paure), il sistema internazionale si apre al “dilemma della sicurezza”: anche quando nessuno tra gli stati ha intenzione di attaccare gli altri, essi possono temere che le intenzioni altrui non siano pacifiche e sentirsi minacciati e quindi costretti ad accumulare in anticipo potenza (come armi e alleati) per la difesa. Gli agli stati a loro volta, temendo che l’accumulo di potenza da parte di un altro stato sia indirizzato all’attacco e non ala difesa, aumentano la loro potenza, generando una spirale che si amplifica (corsa agli armamenti, e agli alleati).

Vi sono tre grandi tradizioni di pensiero che rifletto sul sistema internazionale moderno e sulle possibilità di attenuare la conflittualità al suo interno: 1. Hebbesiani (scuola del realismo)  idea di base: anarchia come condizione irrimediabile. Paragonano l’anarchia internazionale allo stato di natura hobbesiano (homo homini lupus): ogni volta che manca un’agenzia alla quale rivolgersi per tutelare i propri diritti, ciascuno farà – legittimamente - assegnamento sulla propria forza e capacità per promuoversi contro tutti gli altri. Per questo motivo, questa tradizione si concentra prevalentemente sulla questione della sicurezza, principale preoccupazione degli stati. Essendo una scuola di stampo realista, gli stati sono considerati attori politici razionali, guidati da interessi (di conseguenza la guerra è il risultato dell’interesse di uno stato di difendersi). È proprio la natura egoistica degli stati a rendere impossibile l’esistenza di una società internazionale. La guerra, e quindi la violenza, per i realisti è la manifestazione propria del sistema internazionale; nel sistema domestico, diversamente, la violenza si manifesta attraverso l’azione dello stato (es: pena di morte). In ogni caso, la violenza è connaturale alla politica, sia domestica che internazionale, ma, mentre nel sistema domestico è regolata, nel sistema internazionale si esprime attraverso la guerra.

2. Groziani ( Scuola inglese) idea di base: anarchia come sfondo di una intelaiatura di istituzioni. Caposcuola di questa tradizione è Carl Schmitt (Germania, inizio Novecento), teorico della inimicizia: teoria “amicus-hostis”, cioè “amico-nemico” (hostis è il nemico pubblico, avversario politico VS inimicus, il nemico personale, privato). Secondo Schmitt è l’amico a creare il nemico: gli amici politici infatti determinano chi sono i nemici (in quanto i nemici dei tuoi amici sono anche i tuoi nemici). Secondo questa teoria la storia europea non è una guerra continua di tutti contro tutti (hobbesiani). Nonostante la sua natura anarchica, infatti, il sistema internazionale moderno ha sviluppato un

tessuto di istituzioni necessarie per poter mantenere l’ordine (la società internazionale e il ius publicum europaeum, fatti di conferenze internazionali, un sistema diplomatico istituzionalizzato, il diritto internazionale). A differenza quindi della concezione hobbesiana, anarchia e diritto non si escludono necessariamente. In questa situazione la guerra può raffigurare persino il contrario del disordine, può svolgere infatti un ruolo essenziale nel mantenimento dell’ordine internazionale (imponendo il diritto, preservando l’equilibrio di potenza, consentendo il mutamento). Di questa opinione era Hedley Bull, autore della Scuola Inglese negli anni Sessanta, secondo cui la guerra è un’istituzione sociale, non frutto selvaggio dell’anarchia incontrollata. Vi sono infatti alcune regole di sistema sulla guerra, come: la legittimità - gli attori possono ricorrere alla guerra soltanto quando vi è una “giusta causa” - e la titolarità - solo pochi soggetti (gli stati) hanno diritto di combatterla. Nella storia la guerra ha una funzione regolatrice (es: quando qualche stato voleva prendere tutto il potere) e consente l’omeostasi. Inoltre Bull introduce il concetto di “autointeresse”: gli stati hanno alcuni obiettivi comuni. Tre sono i principali: o Il mantenimento della sicurezza o il mantenimento delle promesse (validità del contratto) o la stabilità del possesso dei beni questi obiettivi sono, però, spesso messi in pericolo dalla guerra, per questo un altro interesse è quello di limitare la violenza. Di conseguenza, gli stati creano una società e creano legami, pur sempre nell’anarchia. 3. Kantiani (pensiero associato al wilsonismo – affidare l’autorità ad un ente superiore) idea di base: anarchia come un problema tenace ma superabile. Teoria basata sul “Progetto per la pace perpetua” di Kant. Secondo questa tradizione, l’unico modo per eliminare la guerra è eliminare l’anarchia, costruendo una federazione mondiale: gli stati devono dunque passare da una fase di pluralismo di centri di potere alla fase di concentrazione di potere in un organo nuovo e supremo che abbia il monopolio della forza. Anarchia o anarchie? La politica internazionale come politica interstatale Differenze tra il sistema politico internazionale moderno e l’anarchia nello stato di natura: 1. La dimensione del potere  la mancanza di governo è indipendente dal modo in cui è distribuito il potere tra gli attori: un contesto anarchico può comprendere soggetti egualmente in grado di nuocersi o no. Nello stato di natura di Hobbes vi è eguaglianza tra gli uomini, intesa come eguale capacità di uccidersi. Nel contesto internazionale attuale, invece, non vi è uguaglianza di potere tra i soggetti del sistema, ma si creano gerarchie (stati e attori non-statali / stati forti e stati deboli): le grandi potenze, infatti, non sono mai vulnerabili a un attacco da parte delle piccole potenze, mentre invece le piccole potenze sono molto vulnerabili ad un attacco delle prime.

Nessun soggetto o coalizione di soggetti ad oggi, infatti, può aspirare a invadere o distruggere gli Stati Uniti, super potenza del nostro sistema internazionale. Soltanto l’Unione Sovietica durante la guerra fredda era in grado di rivolgere agli USA minacce di morte, e viceversa. Raymond Aron e Kenneth Waltz hanno definito questa disuguaglianza di potere come la natura oligopolistica della politica internazionale: infatti, l’ineguaglianza tra gli stati ha fatto sì che il numero di giocatori competitivi diventasse sempre più piccolo. In questo senso la disuguaglianza di potere può essere vista come il surrogato del governo in un ambiente anarchico: concretamente, sono i governi di quegli stati che possiedono il potere che determinano il sistema e fanno le regole. Nel sistema internazionale, tuttavia, gli stati non sono gli unici attori esistenti, vi sono altri soggetti non-statali, ma gli stati hanno progressivamente messo fuori mercato gli altri soggetti, monopolizzando il sistema e acquisendo potenza amministrativa, e hanno potuto essere considerati i protagonisti della politica internazionale (pluralità di attori, ma esclusività). 2.

La densità delle relazioni  i soggetti possono avere relazioni più o meno continue tra loro: ad un estremo, essi possono non avere mai occasione di incontrarsi, all’altro estremo, possono essere condannati a non potersi isolare gli uni dagli altri neppure quando lo vorrebbero. Nello stato di natura gli uomini hanno rapporti occasionali, ma sono essenzialmente isolati. Nel sistema internazionale, al contrario, gli stati sono costretti ad avere riguardo per tutti gli altri, in quanto non è possibile isolare la sovranità di ogni singolo stato sovrano da ogni altro. N.B. La sovranità si può formare soltanto in un sistema pluralistico,in quanto nel totale isolamento essa non esiste. È proprio la presenza di più potenze sovrane che fa sì che il sistema sia anarchico.

3. Il diritto  nel sistema internazionale gli stati si sono progressivamente imposti come gli unici titolari della piena legittimità internazionale, come gli unici soggetti autorizzati a creare norme comuni, amministrarle, interpretarle, legittimarle, adattarle al mutamento o imporle con la minaccia e l’uso della forza. Il principio di sovranità si è imposto come principio normativo fondamentale o costituzionale della politica internazionale moderna, quello che ha stabilito chi fossero i soggetti politici e giuridici e ha affermato l’idea della società di stati come forma di organizzazione politica dell’umanità (VS stato di natura di Hobbes, in cui i soggetti sono gli uomini). Al posto della “guerra di tutti contro tutti” dello stato di natura di Hobbes, nell’anarchia internazionale moderna non tutti i soggetti sono ammessi nell’universo della pace e della guerra: solo gli stati infatti possono fare la guerra e negoziare la pace, rispettando le procedure della società e del diritto interstatale. Il sistema interstatale come eccezione storica Riassumiamo :

Il sistema politico internazionale è anarchico; la mancanza di un’agenzia dotata di monopolio della forza legittima fa sì che gli stati siano condannati all’autodifesa e questo rende ineliminabile l’uso della guerra. Per controbilanciare questa situazione permissiva, è stato stabilito che solo gli stati hanno il diritto di usare legittimamente la violenza. Gli stati, poi, si avvalgono di un insieme comune di istituzioni e fanno delle relazioni tra di loro non più soltanto un sistema, bensì una società internazionale: una “società anarchica”.

Questo sistema interstatale moderno costituisce una quasi assoluta eccezione storica (Martin Wight):

-

Innanzitutto, perché ci sono unità politiche indipendenti che non riconoscono alcun superiore politico, e che si proclamano sovrane Poi, perché ci sono relazioni continue e organizzate fra tali unità politiche

Questo stato di cose ci appare oggi normale, ma in realtà non è affatto la regola nella storia. Infatti, prima del XVI secolo infatti il sistema era ben diverso: - al posto del complesso di prerogative e diritti proprio del concetto moderno di sovranità, esistevano forme di omaggio, dipendenza e semidipendenza (come nel sistema feudale europeo) e il riconoscimento di una fonte di legittimità comune; - inoltre al posto dell’omogeneità istituzionale, il sistema “internazionale” comprendeva soggetti diversissimi tra loro quali imperi, città-stato, ecc. Si sono riusciti ad individuare solo alcuni “sistemi interstatali” nella storia simili al sistema internazionale moderno, quali: quello greco-ellenistico del VI-IV secolo a.C., quello cinese dei regni combattenti e quello italiano della seconda metà del Quattrocento. Tuttavia, quello moderno presenta comunque caratteristiche che gli altri non possedevano: - un sistema diplomatico altamente istituzionalizzato - una classe anche formalmente riconosciuta di “grandi potenze” - il diritto internazionale - un orizzonte compiutamente globale tale globalizzazione è il risultato dell’espansione mondiale dell’esperienza originariamente europea (e per questo europeo ed eurocentrico era il sistema interstatale sorto nel Seicento; europeo era il diritto internazionale, cresciuto sulla scorta del diritto romano; ed europeo era il protagonista centrale di tale sistema e di tale diritto, lo stato). La disciplina contemporanea delle relazioni internazionale Elementi di eccezionalità delle R.I.: a) la maggior parte della letteratura contemporanea delle R.I. ha assunto l’anarchia e la centralità degli stati come proprio punto di partenza, per poi dividersi su temi quali la possibilità e le condizioni della cooperazione tra di loro. La tradizione più a lungo egemone nella disciplina è stata quella realista e neorealista, con autori quali Hans Morgehthau (“Politica tra le nazioni”), Kenneth Waltz (“Teoria della politica internazionale”), Robert Gilpin (“Guerra e mutamento nella politica internazionale”) e John Mearsheimer (“La logica di potenza”). b) La disciplina delle R.I. ha finito per privilegiare le vicende a essa contemporanee del sistema bipolare prima e del sistema unipolare dopo – due vicende eccezionali, se confrontate con la struttura stabilmente multipolare che il sistema internazionale aveva conservato dalla metà del Seicento alla metà del Novecento. c) Sebbene le cattedre, gli studiosi e le riviste di R.I. si siano diffuse in tutto il mondo, da sessant’anni a questa parte il centro di irradiazione di tutti i maggiori dibattiti teorici e metodologici della disciplina è l’insieme delle università, dei centri di ricerca e delle riviste scientifiche degli Stati Uniti (che rappresentano il mainstream della disciplina). Come disciplina accademica, le R.I. sono rimaste nel proprio nucleo fondamentale una “scienza americana” (definizione di Stanley Hoffmann).

Questo non significa che sono mancate riflessioni sulla politica internazionale più o meno autonome...


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