Riassunto - Blues - Elijah Wald PDF

Title Riassunto - Blues - Elijah Wald
Author Giulia Napolitano
Course Scienze della formazione
Institution Università degli Studi di Ferrara
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BLUES UNA BREVE INTRODUZIONE (ELIJAH WALD)

Introduzione Il blues conquistò gli Stati Uniti negli anni Dieci del Novecento. Genere di difficile comprensione, la domanda riguardo la sua definizione trova varie risposte, applicabili secondo i diversi contesti in cui si parla di blues. In primo luogo, il blues è una musica che esprime emozioni universali, come dichiarano anche Marie Cahill (“The blues ain’t nothing but a good man feeling bad” – 1917), Son House (“The blues ain’t nothing but a low-down, aching chill”- anni Quaranta) e Ida Cox (“your lover on your mind” e “a slow, aching heart disease” – tra anni Venti e Trenta). Tuttavia, nella storia del genere non sono mancati brani comici e ballabili, dunque l’emozione negativa a cui è spesso associato è riduttiva. Una seconda definizione è quella tecnica, che descrive il blues come composto da dodici battute strutturate come un botta e risposta tra la voce o lo strumento guida e gli strumenti di contorno, un tipo di struttura riscontrabile in St. Louis Blues di Bessie Smith e Louis Armstrong. Nonostante ciò, esistono strutture anche a otto e sedici battute, nonché brani sciolti da qualsiasi successione di accordi prefissata per scelta degli artisti. Un’ulteriore definizione di blues è quella che lo vede come una tradizione che impiega un repertorio di tecniche ritmiche e timbriche originatesi in Africa occidentale. Il genere utilizza la scala pentatonica, molto diffusa in Africa, in cui le note blue sono la terza e la settima minori (per fornire una spiegazione che si confà maggiormente alla nostra configurazione musicale). I bluesman hanno a disposizione una vasta gamma di intervalli nei quali si muovono con strumenti quali l’armonica, il sassofono e la chitarra suonata slide. Nonostante ciò, questo tipo di definizione mescola giudizi musicali e giudizi di autenticità culturale. L’ultima definizione è quella del blues come categoria di mercato, ma gli artisti blues spaziano in maniera massiccia tra un genere e l’altro e ciò rende complicata la definizione di blues in quanto tale, poiché spesso fuso con il jazz, il folk o il rock.

1. Radici Nell’autunno 1912, William Christopher Handy compose il brano “Memphis Blues” che riprendeva i motivi che egli aveva ascoltato nella zona del Delta del Mississipi. Conquistato il successo in poco tempo, sul brano si basa il fox trot, passo di danza ideato da Irene e Vernon Castle. Nel 1914 il brano fu inciso su disco e Handy sfruttò il successo componendo “St. Luois Blues”, un seguito del precedente. Il blues raggiunse il successo nel giro di pochi anni e sebbene molti lo consideravano un genere nuovo, alcuni lo associavano ad una vecchia musica rurale e di strada riscontrabile nel profondo Sud. Dalla zona meridionale americana provengono alcune delle caratteristiche del blues odierno. I canti popolari dei neri del Sud avevano varie provenienze oltre che la musica africana: la musica europea, canzoni commerciali e motivetti inventati al momento. Gli elementi tipici dell’Africa occidentale riguardano principalmente la parte strumentale e l’ampia gamma di stili vocali. Tra questi vi erano i brani botta e risposta, che nel blues si traducono in un dialogo tra voce e strumentista, e gli holler, gridi modulati che venivano usati per clamare le greggi, informare i propri compagni sulla propria posizione o semplicemente passare il tempo. Gli holler regalano al blues il suo caratteristico colore vocale e uno degli holler più belli e famosi è quello registrato da Alan Lomax nel 1947 nel

Penitenziario di Stato del Mississipi: Tangle Eye Blues di Walter “Tangle Eye” Jackson. Negli holler Lomax individua l’anello di congiunzione tra il passato africano e i posteriori blues e gospel. Il gospel e lo spiritual sono forme musicali tipicamente nere che hanno, anch’esse, attinto alla forma del botta e risposta e al metro libero e alle inflessioni microtonali degli holler. Nonostante ciò, però, ulteriore ispirazione è quella agli inni di autori come il teologo Isaac Watts. Nel gospel le varie tradizioni vengono rimescolate, rielaborando armonie europee e il linguaggio biblico per adattarli a forme di derivazione africana. Nonostante sia da molti considerato un genere folkloristico, il blues attinse fin da subito anche a musica eseguita da intrattenitori professionisti o semi-professionisti. Lo stile degli anni Dieci venne accolto come una nuova moda, tuttavia gli stessi genitori del genere, W.C.Handy e Ma Rainey affermarono di essersi ispirati a musiche sentite nei primi anni del Novecento. Il Padre e la Madre del blues erano dei veterani del circuito del minstrel, gruppi di cantanti-attori bianchi che proponevano canti e danze che dicevano di aver preso e adattato dagli schiavi del Sud e che, a fini di verosimiglianza, si tingevano la faccia di nero. Un tipico spettacolo minstrel comprendeva suonatori di banjo e violino, cantanti e attori che suonavano il tamburo basco e ossa. Il loro repertorio era estremamente vasto e la loro comicità era colma di stereotipi se non di vero e proprio razzismo, nonostante i minstrel, verso gli anni Cinquanta dell’Ottocento, erano formati anche da neri. I minstrel non erano gli unici fenomeni di retaggio africano ed europeo. Vi erano infatti anche le square dance, ossia adattamenti di danze da salon francesi basati, però, su musica che fondeva tecniche violinistiche irlandesi e africane. Molti musicanti rurali erano contadini, ma non mancavano i professionisti a tempo pieno che permisero la nascita di veri e propri stili regionali, che anni dopo avrebbero influenzato le sonorità del blues. Con l’avvento del Novecento, e la fine della schiavitù, si ebbero numerose evoluzioni in ambito musicale. Dopo la liberazione, molti neri cominciarono a viaggiare in cerca di opportunità, portando canzoni e stili in tutto il Sud e in alcune zone del Nord; nacquero i dischi; strumenti musicali di fabbrica divennero più accessibili, permettendo l’eliminazione del banjo a favore della chitarra. Negli anni Dieci il blues divenne un fenomeno di costume, ma le sue ispirazioni rimasero un mistero, in quanto, sebbene i performer affermavano di essersi ispirati al folkrore afroamericano, quest’ultimo era il prodotto dell’ispirazione dei cantanti minstrel, composti, come detto, da professionisti ma anche da dilettanti.

2. Prima della guerra Nel 1920, il blues era conosciuto da tutti gli americani, ma non era considerato un genere a sé. I principali performer provenivano dal mondo del varietà, dai minstrel, dalla strada o dalle orchestre di ragtime e jazz band. Alcune cantanti nere si specializzarono nel genere, come Ma Rainey, Bessie Smith ed Ethel Waters, accompagnate dai bianchi Marion Harris e Al Bernard, tuttavia nessuno di loro eseguiva solo blues. Fu il disco a rendere il blues così apprezzato e diffuso, soprattutto tra gli afroamericani. Seguendo la scia di successo dei dischi dedicati alle minoranze etniche, un editore di musica nero, Perry Bradford, propose a varie case discografiche di dedicare una linea discografica anche agli afroamericani e, dopo alcuni rifiuti, la casa OKeh decise di fare un tentativo con una cantante di varietà di Harlem, Mamie Smith, il cui brano Crazy blues (composto da Bradford) vendette tanto da superare tutti i concorrenti. Prima del 1921, oltre a Mamie Smith, sulla scena blues erano comparse quelle che vengono definite le “regine del blues”, tra le quali compaiono nomi come Ethel Waters, Lucille Hegamin, Edith Wilson e Alberta Hunter. Il loro successo si consolidò tanto e talmente in fretta che il più noto cantante nero di blues, Charles Anderson, si esibiva travestito da donna. Le prime cantanti

provenivano dal teatro leggero e dal cabaret e nessuna di loro aveva esordito come cantante blues, ad eccezione di Ethel Waters, una delle cantanti più “garbate” e con uno stile meno pesante rispetto alle colleghe. Il 1923 fu un anno prolifico per il blues che era il protagonista dell’ormai consolidato catalogo musicale razziale. I produttori cominciarono a cercare cantanti che avessero diffuso il genere nel Sud, trovando un’occasione in Bassie Smith i cui dischi ebbero tanto successo da portarla alla radio e nei teatri del Nord. Le sue inflessioni erano rilassate come quelle tipiche del profondo Sud, la sua padronanza vocale era al pari di quella di una cantante dell’opera, il fraseggio a quello di una cantante jazz e la forza emotiva non aveva nulla da invidiare a quella di una diva del cinema. A lei si unirono altre cantanti che possedevano lo stesso timbro sofferto e appassionato quali Clara Smith, Ida Cox, Sippie Wallace e Ma Rainey. Il blues delle regine era quello che Robert Palmer definisce il blues profondo, in cui timbro, sfumature timbriche e senso ritmico rispecchiano le tradizioni folk nere. Il loro repertorio comprendeva brani già incisi dalle loro colleghe bianche, ma anche brani originali che raccontavano esperienze profondamente diverse rispetto a quelle contenute nella musica di largo consumo. I dischi delle regine erano infatti principalmente dedicati alle donne afroamericane e cantavano i loro drammi: dalle difficoltà, al viaggio, al crimine, ma soprattutto le gioie e le miserie delle loro relazioni. Tra inganno, abbandono e violenza, controbilanciati da una forte passione generale, le canzoni delle cantanti blues non lasciavano spazio a dubbi in quanto alle difficoltà delle donne nere nei loro rapporti con gli uomini. La musica del Sud cominciò a diffondersi anche grazie alle melodie adottate da Ma Rainey che comprendevano l’utilizzo del banjo, della chitarra o di vere e proprie jug band. La OKeh, nel 1923, oltre ad alcune regine incise anche una cantante bianco di nome Fiddlin’ John Carson, la cui musica riecheggiava lo stile del minstrel. Il successo inaspettato del suo disco portò le case discografiche a comprendere come gli abitanti del Sud non apprezzassero solamente i suoni più raffinati dei professionisti, ma anche quelli a loro più familiari e meno elaborati. Nel 1924, la Paramount presentò sul mercato Papa Charlie Jackson che, a detta della casa discografica, era una cantante e chitarrista migliore di qualsiasi regina. Per quanto il suo canto non fosse minimamente paragonabile a nessuna delle donne impostesi sul mercato precedente, lo stile di Jackson era disinvolto e molto comunicativo, nonché nuovo nella forma: Shake that thing, uno dei suoi brani più famosi, era un rag ballabile, basato su dodici battute, con un testo doppio senso. Al suo opposto si pone Lonnie Johnson, proveniente da New Orleans, come Jackson, ma il cui stile aveva un fascino moderno e alla moda, caratterizzato da un canto sussurrato e una chitarra intricata e jazzistica. Tuttavia, il vero e proprio blues rurale non si diffuse fino al 1926. Tra i jazzisti più “navigati”, il blues rurale non era affatto apprezzato, tuttavia, il pubblico aveva criteri di giudizio differenti e ciò è dimostrato dal successo di Blind Lemon Jefferson. Il suo canto rispecchiava i lamenti degli holler di campagna e suonava la chitarra con un virtuosismo a scatti, anarchico, che non somigliava a nessun altro tipo di musica incisa su disco. Il successo di Jefferson indusse i discografici a tentare di diffondere anche altre tipologie di musica di strada e il periodo tra il 1926 e la crisi del ’29 viene considerato il più prolifico per il genere blues. Nonostante, poi, gli artisti più prolifici avessero base in città, essi riprendevano le loro sonorità da arcaiche tradizioni rurali ed erano particolarmente apprezzati nelle campagne. La rievocazione di un’arcaica cultura afroamericana indusse alcuni studiosi a sostenere che i primi artisti rurali fossero predecessori delle stelle degli anni ’20, tuttavia gli innumerevoli stili ritrovabili nelle campagne e nel Sud in generale, sebbene dimostrassero sorgenti profonde, richiamano la musica diffusasi nel periodo di ascesa del blues. È vero anche, inoltre, che mentre il mercato rurale bianco richiamava tempi passati con nostalgia, ben pochi neri nutrivano lo stesso sentimento nei confronti della loro storia, tant’è che Jefferson e i suoi colleghi ricalcavano la moda del blues del momento.

Il successo di Jefferson aprì le porte del mercato discografico a molti artisti singolari. La loro particolarità, che li distingueva anche dalle regine, risiedeva nel fatto che non vi fossero somiglianze sostanziali tra di loro, se non la loro distanza rispetto agli artisti del mondo dello spettacolo. In particolare, i bluesman del Sud portavano avanti lo stile regionale di provenienza ed erano estremamente versatili anche in risposta all’incertezza discografica rispetto alle risposte del pubblico a determinati generi. Tuttavia, nonostante al giorno d’oggi siano largamente apprezzati, i cantanti blues rurali non riuscirono mai a superare la fama delle regine del blues, le quali mantennero l’asticella sempre alta anche in periodi di crisi come gli anni Trenta. Il merito degli artisti blues del Sud sta nell’aver largamente influenzato gli stili posteriori con quelli regionali. Questi ultimi si individuano generalmente negli stili texano, del Piedmont e del Delta del Mississippi:  Texas = quest’area viene ritenuta la più importante per il blues, nonostante la popolazione nera vi si insediò in epoca abbastanza tarda, successiva alla Guerra Civile, comportando un rimescolamento tra lo stile del posto e quello delle regioni di provenienza. Tra gli artisti più rilevanti vi sono Texas Alexander (fu l’unico ad incidere puri holler in forma libera, non essendo in grado di suonare alcuno strumento), Blind Willie Johnson (suonava solo musica religiosa e, sebbene non fosse considerato un cantante blues, il suo slide influenzò i suoi conterranei), Coley Jones e Victoria Spivey;  Piedmont = contrariamente al Texas, la comunità nera della zona era tra le più radicate e antiche in America, tanto che la musica del posto subiva la forte influenza del rag, delle canzoni minstrel e delle danze rurali. Tra gli artisti più influenti si ricordano Blind Blake (aperto rivale di Blind Lemon Jefferson a cui contrapponeva una voce tenue e una chitarra suonata come un pianista ragtime), Blind Willie McTell (mischiava lo stile locale con cose prese dai dischi e praticava soprattutto ad Atlanta, tappa fissa per le squadre di tecnici di incisione che scendevano al Sud negli anni Venti), Barbecue Bob (si distinse come cantante e autore grazie anche alla predilezione per la chitarra a dodici corde), Gary Davis (dedicò gran parte della sua vita alla musica religiosa, ma suonava anche rag e blues), Willie Walker (di cui sono giunti solo due brani ma del quale Davis ricorda il talento nella creazione di complicati rag) e Blind Boy Fuller (raggiunse un successo maggiore rispetto ai colleghi per i testi comici e osceni). Lo stile del Piedmont non fu, tuttavia, molto imitato altrove;  Delta del Mississippi = da qui deriva uno stile di blues tra i più influenti e duraturi, considerato da molti il fulcro del genere, sia per la densità della popolazione nera, sia per la continua affluenza di afroamericani nel Delta. Ciò non deve spingere a pensare, tuttavia, che lo stile fosse unitario: nelle cittadine andavano di moda i complessi con i fiati, mentre nelle campagne si preferivano i complessi a corde. I maggiori esponenti del Delta furono il complesso dei Mississippi Sheiks, guidati dal violinista Lonnie Chatmon, e dai parenti di quest’ultimo, che dominarono la scena fino all’arrivo di Charlie Patton. Rispetto alla moda del tempo, Patton veniva considerato un primitivo il cui senso dello spettacolo non aveva nulla da invidiare a quello per la musica. La voce rauca e gridante, lo stupefacente controllo del ritmo e la poliritmia proveniente dalla tradizione africana contribuirono al suo successo, limitato, però, alla zona del Delta, in cui influenzò un’intera scuola di esecutori. A partire da Tommy Johnson (ricombinò le sue parti di chitarra con un canto levigato e un falsetto jodel) e il duo composto da Son House e Willie Brown. House aggiunse mordenti linee di chitarra slide alle basi di Patton e il suo stile canoro, accompagnato ad una potente esecuzione, furono l’ispirazione di altri due forti personalità del Delta: Robert Johnson e Muddy Waters. Il Delta annovera tra i maggiori centri nevralgici la città di Memphis, dalla quale si diffusero anche due importanti jug band (complessi che usavano strumenti poveri o fatti in casa per imitare gruppi più formali): i Cannon’s Jug Stompers e la Memphis Jug Band.

Il blues rurale, tuttavia, non risultava vantaggioso per i discografici, in quanto si limitava spesso ad una fruizione regionale. Oltre a ciò, molti artisti, alla richiesta dei loro produttori di allargare il proprio repertorio, non concludevano mai brani che fossero completamente originali, da qui la predilezione per musicisti che vivessero nei dintorni delle maggiori aree urbane e che fossero professionisti pronti a rispondere alle esigenze delle case. La diffidenza nei confronti del blues rurale si accentuò con la Depressione che colpì tutte le fasce di mercato, inclusa quella musicale, che doveva già fronteggiare la concorrenza della radio, che forniva gratuitamente i pezzi più famosi. Infine, la crisi impedì le spedizioni nel profondo Sud e dunque anche la pausa delle incisioni del blues rurale. In ogni caso, però, ancora prima della Depressione il blues aveva iniziato a cambiare. Il primo esempio lo si ha con la musica di Leroy Carr, pianista e cantante la cui voce delicata richiamava una conversazione intima con il suo ascoltatore. I suoi testi poetici ed evocativi e il suo modo di porsi sincero e pieno di sentimento lo resero lo stilista più influente degli anni successivi. Parallelamente a Leroy Carr si affacciò sulle scene il duo piano-chitarra composto da Tampa Red e Georgia Tom la cui prima pubblicazione, It’s tight like that, era un blues dinamico da festa da ballo che esercitò un’influenza molto vasta. La diffusione di questa tipologia di blues permise la nascita dello stile hokum, le cui caratteristiche erano l’essere chiassoso e spesso scabroso. Al mutamento di stile corrispose anche un mutamento di strumenti, con il pianoforte che sostituì la chitarra nel blues cosiddetto urbano, sviluppatosi durante il Proibizionismo nelle case dei neri in cui veniva smerciato alcol illegale. Questo stile blues venne poi diffuso tramite l’utilizzo del juke-box, al quale l’industria discografica regalava i brani più popolari. La nuova importanza del blues urbano comportò un profondo interesse da parte anche degli artisti rurali che puntavano al successo e per questo adottarono gli stessi stilemi e tecniche musicali dei più grandi del periodo. Il blues, da questo momento in poi, assunse una nuova funzione, più propriamente d’intrattenimento, come testimonia anche il nascere e diffondersi del boogie woogie, basato su disegni di basso marcati e ripetitivi, spesso accompagnati da istruzione verbali, sul modello del Pinetop’s boogie woogie di Pinetop Smith (1929). L’hokum continuava, nel frattempo, ad evolvere e ad adottare una comicità oscena di bassa lega che risultava vantaggiosa per le case discografiche in quanto non sottoposte a pesante censura come la radio. Il blues licenzioso vide protagoniste due personalità: Blind Boy Fuller e Bo Carter. Per il resto, il panorama blues degli anni Trenta risulta piuttosto regolare. Provenienti principalmente da Chicago e St. Louis, i dischi erano strutturati dal ritmo scandito dal piano, il riff eseguito dalla chitarra in voce superiore e saltuariamente dal suono dell’armonica o di un washboard. Esponenti di questo stile uniforme e spesso ripetitivo furono il cantante Peetie Wheatstraw, la strumentista Memphis Minnie, il suonatore di armonica a bocca Sonny Boy Williamson e il chitarrista slide Kokomo Arnold.

3. Blues moderno Il blues viene diviso dagli storici in anteguerra e dopoguerra, sia per l’avvento della chitarra elettrica, sia per la pausa nelle incisioni dovuta allo sciopero della American Federation of Musicians tra il 1942-44. Oltre a ciò il senso della parola blues mutava continuamente, con gli artisti che non di dichiaravano “blues” per non inserirsi in una categoria limitata. Alla metà degli anni Trenta dilagò negli Stati Uniti lo stile Swing, il quale seguiva un ritmo omonimo e combinava partiture tipo orchestra da ballo con l’improvvisazione proveniente da N...


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