Riassunto-comunicazione-e-media-morcellini PDF

Title Riassunto-comunicazione-e-media-morcellini
Author beatrice palazzi
Course COMUNICAZIONE PUBBLICA E D'IMPRESA
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 59
File Size 594 KB
File Type PDF
Total Downloads 79
Total Views 140

Summary

Download Riassunto-comunicazione-e-media-morcellini PDF


Description

Comunicazione e Media Mario Morcellini Incipit. Le parole per l’accesso. Sono la comunicazione e i media gli oggetti fondamentali di questo testo introduttivo, riletti con un apertura verso il nuovo. Un impegno di questo genere mette in gioco quella complessa elaborazione intellettuale che va sotto il nome di media studies. Studiare e insegnare comunicazione Mappa essenziale di parole chiamate a “inizializzare” il lettore allo studio della comunicazione. Si tratta di parole strategiche che presentano la caratteristica di radicalizzare la necessità di un nuovo approccio per ogni generazione di studiosi. 1) Comunicazione: la comunicazione riconcilia la comunicazione teorica e esperienza della ricerca, secondo un percorso che tende a far emergere il valore contemporaneo dei media studies. 2) Studio : per studio intendiamo un atteggiamento con cui, a parità di condizioni, si scelgono volutamente alcune dimensioni giudicate fondative per un approccio moderno e critico alla “comunicazione mondo”. 3) Tradizione teorica: è necessario rendere pienamente conto dell’utilità concreta della riflessione scientifica come strumento di ampliamento della conoscenza sulle idee e sulle interpretazioni del passato. Le risorse della storia degli studi sui media possono diventare un notevole vantaggio per chi conosca il corpus teorico del passato e sia in grado di utilizzarlo e metterlo in comparazione con il moderno. La teoria riesce a leggere con ‘’ricchezza’’ le emergenze dell’attualità, e persino i nuovissimi che sistematicamente affliggono il campo della conoscenza svelando rimandi,citazioni, confronti, prolungamenti di assetti teorici del passato. 4) Relazione tra media,comunicazione e cambiamento sociale: questa dinamica è chiamata a individuare una serie di distorsioni interpretative negli studi sui media e sulla loro complessa penetrazione nella società

italiana. La debolezza dell’approccio storiografico e di quello sistemico, l’analisi della comunicazione sbilanciata sull’offerta piuttosto che sui comportamenti di scelta da parte dei pubblici e delle singole persone, rappresentano elementi di criticità. Allo stesso tempo, essi costituiscono altrettanti significativi fattori di valorizzazione della tradizione di studio e di ricerca: il riconoscimento della comunicazione come sistema; la necessità di un approccio multidisciplinare e integrato; la valorizzazione del ruolo di centralità del soggetto nei labirinti dell’offerta e quindi l’enfasi sulla scelta del consumo. È anche grazie a questa diversificata strategia di conoscenza che si può costruire una correlazione tra l’analisi dei mutamenti sociali e l’evoluzione del media system. Nella costruzione di un giudizio scientifico orientato a far emergere il mutamento e le sue variazioni di intensità occorre passare a una cultura di verifica delle conseguenze di ciò che sosteniamo. Ci vuole maggior enfasi nell’interpretazione dei dati di ricerca, in un’ottica di analisi integrata dei consumi culturali e mediali; senza dimenticare la dimensione dell’offerta culturale, altrettanto importante proprio come territorio sinergico di ricerca. Tutto questo in una prospettiva interpretativa che non ignori le relazioni tra l’analisi della struttura sociale e l’analisi della cultura.

Capire la comunicazione, criticamente Per cercare di ottenere la sua autonomia scientifica, si è arrivati a separare le relazioni logiche che la comunicazione ha con la teoria sociale. Oltre a impoverire il nostro ambito di ricerca in termini di “immaginazione sociologica”, questo processo ha creato il terreno di coltura per una perdita di capacità critica rispetto all’oggetto di studio, con l’ulteriore complicazione che quest’ultimo diventa sempre più potente e performativo. Oggi siamo in condizioni più favorevoli per una valutazione d’insieme delle conseguenze della comunicazione. Sotto la spinta delle evidenze

sociali e culturali dobbiamo rimettere in discussione le belle sicurezze con cui assumevamo i media quali facilitatori del cambiamento sociale.

1. Leggere in profondità la traccia della comunicazione Quel che resta della tradizione In tempi recenti, abbiamo assistito a un radicale slittamento delle belle sicurezze sulla modernità e a una conseguente previsione del suo tramonto. Il declino della fiducia nella modernità e nella secolarizzazione ha messo in discussione il potenziale empowerment dell’Homo Communicans. L’enfasi sulle nuove opportunità, capacità e competenze consentite dall’evoluzione tecnologica ha contribuito a offuscare il quadro in una melassa buonista e progressista. La fine delle grandi narrazioni teorizzata da Lyotard ha segnato la fase in cui la storia dell’umanità ha dovuto ricontrattare il senso della propria esistenza, mentre i fatti hanno smesso di dominare la spiegazione del mondo, aperto sempre più a frammenti incoerenti di conoscenze alternative. E’ questo lo scenario in cui emerge che i cambiamenti sociali si traducono in termini di stili di vita e nell’assorbimento del nuovo, alla luce dei nuovi miti e di nuove disponibilità ed aspirazioni.

Soggetto, struttura sociale e attribuzione di significati Gli elementi accumulati negli ultimi decenni vanno nella direzione di offrire conferma di un assunto fondamentale delle sociologie antifunzionaliste, che hanno puntato a stressare la relazione tra struttura sociale e comportamenti. E’ la forma della cultura, nella modernità, che restituisce senso a un’azione sociale altrimenti obbligata dai ruoli; gli studi culturali partono dal presupposto convincente che il potere di attribuzione di significati da parte del soggetto supera qualunque residuo di rispecchiamento della struttura sociale. Il contributo di Tenbruck,uno delle più singolari figure della sociologia tedesca ed europea , dice che la realtà non equivale a una collezione di dati sensoriali, ma a un universo dotato di senso. È proprio l’originale capacità di creare significati a caratterizzare l’individuo come essere culturale, tanto che

tutte le società umane costituiscono anche fenomeni culturali. Tenbruck produce un attacco argomentato ed esplicito alla sociologia dominante, accusata di un disprezzo di fondo per il “carattere culturale dell’azione umana”. Anche l’antropologia culturale di0 Clifford Geertz, aveva spiegato la cultura come qualcosa di vivo e fluido, che richiede una comprensione soggettiva e tale da rendere l’uomo un animale sospeso tra ragnatele di significati che egli stesso ha tessuto. Per Geertz sia i simboli sia i significati hanno un carattere pubblico, in quanto circolano, vengono intesi e scambiati dagli attori per ottenere la condivisione del senso comunicato. Con la modernità, si impone una nuova ricerca di riferimenti simbolici tesi sostituire l’universo di norme e di regole interiorizzate.

La comunicazione come spirito del tempo. Facciamo riferimento a quella che chiamiamo la ‘’bolla speculativa della comunicazione’’: quel senso di inferiorità, di vera e propria sudditanza psicologica che porta gli studiosi a raccontare le tappe del suo sviluppo recidendo i legami esplicativi con il contesto sociale. L’esplosione comunicativa crea un sistema di riferimento coerente al suo interno e slegato dai tradizionali strumenti interpretativi della ricerca sociale. La comunicazione finisce cosi per apparire come un elemento extrasociale, indipendente dai mutamenti della modernità e comunque in grado di essere pensato come realtà auto sussistente.

Successo e legittimazione dei media Mauro Wolf ci ha insegnato per tempo che i nuovi media, nella misura in cui sono divenuti la “tecnologia caratterizzante” della nostra epoca, si sono trovati anche investiti di grande potere di influenza. Il fatto che lo scenario contemporaneo sia saturato dalla comunicazione produce la rimozione di ogni possibile conseguenza, mentre diventa il punto di partenza per dimostrare la sua inevitabilità. E’ difficile negare che la contrapposizione tra sociologia della comunicazione e mediologia sia emblematica di questa impasse teorica. Un ambito di ricerca che sceglie di concentrarsi sugli aspetti più vistosi delle comunicazione dà per scontata l’idea che si possa fare a meno di dire qualcosa sul contesto sociale nella quale essa si sviluppa. Edgar Morin, analizzando il panorama comunicativo a lui contemporaneo,

intitolava il suo lavoro ‘’LO SPIRITO DEL TEMPO’’ , aveva intenzione di affrontare la questione in termini globali, collegando a livello analitico lo studio della comunicazione ai processi culturali caratterizzanti quel momento storico, in Italia, un testo così fondante uscì con il titolo ‘’L’INDUSTRIA CULTURALE’’.

I classici come provocazione all’epoca della modernità. Come sempre quando ci si affida al particolarismo disciplinare, il pericolo è quello di rinchiudersi nella sicurezza di un hortus conclusus, il cui recinto è costruito anche a partire da alcuni rituali linguistici specialistici che tendono a escludere i presupposti per una riflessione più condivisa. Sotto la scure di quest’ansia per il nuovo cade spesso il riferimento ai classici: tralasciati dall’analisi dei fenomeni contemporanei perché troppo oscuri, o troppo teorici, e che vengono sostituiti da riflessioni ultra focalizzate che condannano le ricerche ad essere “di corto respiro” Riconosciuto la decisività della comunicazione come attività costitutiva dell’uomo, occorre precisare gli obbiettivi di questa riflessione. Il primo di questi consiste nell’analisi serrata dei cambiamenti della comunicazione: molte cose nuove sono successe in questo territorio, e non solo in omaggio al principio che la nostra epoca è fatta di discontinuità, ma perché i cambiamenti che vanno sotto il nome di rivoluzione permanente della comunicazione fanno trasparire un nuovo paradigma di lettura. Siamo di fronte ad un ri-orientamento che costituisce lo scambio comunicativo: esso riguarda il modo in cui il soggetto si approvvigiona dei messaggi e delle tecnologie, la continua implementazione della dimensione interattiva, la percezione di valore relativa a questo contesto e infine il clima culturale complessivo. Nessuna novità radicale può riscontrarsi in comunicazione, se non in collegamento a una revisione dello statuto e dei comportamenti dei pubblici.

Ipertrofia della comunicazione e società della scelta. Siamo di fronte a quella che è stata definita società della scelta. A partire dalle promesse della società del benessere arrivate all’apice della loro diffusione, si è manifestato quell’exploit di media e tecnologia che definiremo ipertrofia della comunicazione. È un cambiamento d’epoca a un contesto più generale della cultura contemporanea. Il trade off della

modernità, si costituisce come un supporto a un’evidente egemonia culturale nella direzione di una moltiplicazione delle fonti, nella radicale modificazione dei processi di produzione mediale e nella percezione di valore dei messaggi. Il primo punto è quello dell’apparente pluralismo delle fonti. Siamo abituati a subire un clichè in forza del quale la moltiplicazione di piattaforme e tecnologie è automaticamente assunta come principio di articolazione e differenziazione a cui si associa un’aspettativa positiva. Si tratta di un processo tutt’altro che scontato perché soprattutto le agenzie si presentano come nuove ottengono uno sconto in termini di analisi critica e un aumento di fiducia strettamente connesso alla novità e alle tecnologie sofisticate. Quest’adesione implica un sostanziale rifiuto di credenza e di coinvolgimento nelle precedenti tecnologie comunicative giudicate invecchiate e pronte alla rottamazione. Ma c’è un problema più generale dato dal fatto che si determina un impoverimento di varietà linguistiche e della complessità dei moderni sistemi di comunicazione. Come scrivono Slater e Elliot, condiziona solo una parte di quelle conoscenze definibili come realtà sociale. Sembra così compromesso quel sistema di interiorizzazione alla competenza sociale che prelude la condivisione e una lettura della realtà. Come dice Madel Crasta: la diversità è una ricchezza, ma può facilmente trasformarsi un dispersione o in sovrapposizione e duplicazione, perché, se mancano indirizzi generali e coordinamento, le logiche di competenze fra settori prevalgono , riflettendosi sull’offerta di contenuti x la rete. La forma mentis imposta dal medium interferisce con il nostro modo di pensare.

Il capitale sociale come promotore di relazioni Rientra prepotentemente nel discorso la presa d’atto che il capitale sociale degli individui costituisce un patrimonio non propriamente tutelato dall’attività comunicativa contemporanea. Il capitale sociale chiama in causa un ruolo creativo e propositivo di tutti i soggetti concorrenti, purché, come dice Roberta Iannone, si abbia cura della relazione del capitale non sia appiattita sulla valenza opportunistica. Il capitale sociale comincia ad apparire nella sua accezione più profonda di relazione sui generis, la cui funzione primaria è quella di favorire la relazionalità sociale.

Questa citazione di Paolo Donati stabilisce un’opportuna distinzione tra natura pubblica del capitale sociale e i benefici che esso può arrecare a livello individuale. Il discorso pubblico è snaturato quando è prodotto anziché dato. Infatti, un mondo costruito dall’informazione non è un prodotto della volontà onnipotente di pochi manipolatori, ma è frutto dell’aggiustamento continuo di quadri cognitivi, delle scelte motivazionali, dei processi di apprendimento di una grande quantità di attori sociali, individuali e collettivi. Certo non scompare lo squilibrio di potere eventualmente la violenza, più sottile e pervasiva di quella fisica. Ma si fa strada una profonda ambivalenza dei processi e una diversa nozione di responsabilità. Il discorso costruito dai media è infatti anche il nostro discorso, nel senso che esso viene imposto e noi lo assorbiamo come delle spugne. E’ nostro perche alla sua elaborazione tutti contribuiamo. Dentro l’ambivalenza del discorso pubblico siamo tutti implicati. Questo tipo di riflessione documenta le ragioni in forza di cui parliamo di una bolla comunicativa autosufficiente che si caratterizza per un atteggiamento di contestazione e polemica nei confronti delle altre istituzioni. Nel pensiero di Mario Perniola, il dispotismo comunicativo si afferma contro la società cognitiva. Siamo ora più vicini a un cambiamento di paradigma.

Declino del generalismo e mix vecchi/nuovi media Cosa c’è di nuovo nei fenomeni e nelle pratiche della comunicazione di oggi? Rispondere a tale questione comporta una vera e propria mappa culturale del presente, ovvero di una tipologia dei caratteri contraddittori della modernità comunicativa. Ci sono due tendenze a cui dare una particolare attenzione: 1. Il graduale aumento del generalismo dei media. L’aumento di qualità comporta un declino del generalismo. Mezzi tradizionali come giornali, televisione, radio sono ormai avviati verso un graduale declino di rilevanza, questi mezzi non sono più al centro della scena. Per la tv si tratta di un cambiamento epocale solo perché ha rappresentato per gli italiani il dispositivo privilegiato di socializzazione, e ancora oggi resta comunque il medium più espressivo per comprendere la sua propensione ipercomunicativa; ma anche quello decisivo per capire le moderne società democratiche.

2. In secondo luogo, si delineano le rotture e continuità tra media vecchi e nuovi. Queste le chiamiamo nuove tecnologie, all’epoca nuovissime e oggi medie, prevaleva un aspetto di discontinuità: sembrava che il computer, la rete e infine Internet, rappresentassero una censura drastica, di natura linguistica, espressiva e generazionale rispetto agli old media. Si assumeva che tv ,radio, giornali e cinema fossero incompatibili con questo nuovo ambiente comunicativo. Il modo in cui è avvenuta la reciproca resa dei conti tra generalismo e nuove tecnologie fa capire che prevalgono gli aspetti di continuità: non c’è differenza di contenuti tra media analogici e media digitali dal momento che gli uomini recano con sé il proprio codice culturale, promettendo il nuovo con le parole vecchie. La compenetrazione tra vecchi e nuovi media esorcizza ogni tentazione di nuovissimo. Vecchi e nuovi media si presentano come piattaforme sostanzialmente condivise, persino tra comunità colte e generazioni sbrigative.

Un breviario delle scelte e qualche dichiarazione autocritica Democratizzazione della comunicazione e socializzazione delle conoscenze. Attraverso il concetto di nuovo paradigma comunicativo, annotiamo che i cambiamenti sono stati più veloci laddove i ricercatori non li cercavano. Per esempio, abbiamo a lungo parlato di democratizzazione del mercato comunicativo, ma solo faticosamente si è capito che l’allargamento delle chance non significa automaticamente un aumento di competenze e di potere di tutti i soggetti. Un equivoco equivalente riguarda la socializzazione delle conoscenze che avrebbe dovuto collegarsi all’espansionismo dei media: anche qui il dibattito è finalmente pronto a stressare la distinzione tra acquisizioni della comunicazione e saperi sociali utili alla strutturazione di una personalità competente. In quest’ottica revisionista, i due aspetti che più chiaramente si segnalano come positivi sono l’aumento di accessibilità, intesa come abbassamento delle asticelle di ingresso, e nella riduzione di costi comunicativi fino alla seduzione di offerte annunciate come free.

La terminologia a cui abbiamo fatto ricorso consente di appoggiare a un’impalcatura più solida il concetto multidimensionale di egemonia accostato alla comunicazione. Per introdurre alcune semplici varianti semantiche, come bolla comunicazionale o mediatizzazione culturale, occorre partire proprio da quei parametri con cui si è presentata nel nostro tempo la seduzione del progetto moderno; la promessa era quella di un sicuro aumento delle capacità soggettive, di una svolta progressiva nelle competenze partecipatorie del soggetto e infine di incremento dei saperi pubblici. Il processo si è rivelato infondato per larghe aree della società, forse quelle a cui più avremmo dovuto fare attenzione. Thomas Eliot: la nostra cultura non è altro che informazione.

Mediatizzazione della cultura Il nesso tra cultura e comunicazione ha caratterizzato il dibattito dei media nascenti nelle società democratiche fino ad una corrente che si è fatta via via più ricca e cioè la mediatizzazione della cultura messa in campo da Thompson nel 1995. Si tratta di un processo chiamato a riassumere il ruolo svolto dai media tradizionali e interattivi nella “produzione di innumerevoli forme simboliche che hanno cambiato i modelli di comunicazione e interazione”. La dinamica di relazione fra i termini di questa coppia è decisiva per una lettura adeguata della modernità, ed è soprattutto il fondamento di molte autocritiche da condurre su una certa euforia che ha accompagnato i media studies. Si può ricorrere ad un suggerimento di Marco Santoro che ricorda che in Italia l’interesse dei sociologi per i problemi della produzione e del consumo di cultura non è mai stato così forte. Dalla fine degli anni 90, l’acutissimo interesse espresso dagli studiosi di comunicazione nei confronti di questo territorio, ha alimentato l’illusione di aver supplito abbastanza a questi deficit. Ma un’analisi più impegnativa e più in profondità, esige un ripensamento critico nei confronti della bellezza della produzione culturale e del festival dei messaggi, uno spostamento dell’attenzione sulle risposte dei pubblici e sulle conseguenze percezione di valore dei testi/messaggi.

Over information. La dinamica informazione-conoscenza Siamo arrivati a porre una questione etica, relativa alla più vistosa provocazione contro un’autentica società della conoscenza che consiste nella cosiddetta over information. È il processo per cui un eccesso di informazioni,

derivato dall’ampliamento esponenziale delle fonti alle quali un singolo individuo può fare riferimento, è in questi anni oggetto di indagine più che approfondite. Le premesse di partenza sono ovviamente solari e democratizzanti, a partire dalla costatazione che in tutte le società umane l’incremento di informazione ha sempre giocato un ...


Similar Free PDFs