Riassunto-giovanni-montroni-scenari-del-mondo-contemporaneo-dal-1815-ad-oggi PDF

Title Riassunto-giovanni-montroni-scenari-del-mondo-contemporaneo-dal-1815-ad-oggi
Course Storia contemporanea
Institution Università degli Studi di Cagliari
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Riassunti del libro scenari del mondo contemporaneo dal 1815 ad oggi...


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1) Cap. 1 - "Formazione degli Stati-Nazione..." FORMAZIONE DEGLI STATI-NAZIONE: Gran parte della storia contemporanea trae le sue fondamenta dalla rivoluzione industriale. Si tratta di quello sviluppo manifatturiero della Gran Bretagna a cavallo tra il 700 e l’800. Il termine “Rivoluzione”, però, può contenere delle forti ambiguità, in quanto rievoca l’immagine di un cambiamento improvviso, mentre sappiamo che il periodo di trasformazioni è profondo ma graduale. Ciò che consente un maggior vantaggio all’Inghilterra rispetto agli altri paesi europei, è la grande concentrazione e crescita demografica, legata al parallelo progresso agricolo. Inoltre, vi era un sistema politico e istituzionale stabile, con forme di rappresentanza socialmente assai limitate, ma regolari. Si realizzò qui la privatizzazione della terra, in anticipo rispetto agli altri paesi europei. La proprietà era senza limitazioni di tipo feudale e senza contadini. Dominava una conduzione fondata sull’affitto a locatari provvisti di un certo capitale che impiegavano lavoratori salariati. Si rinnovò la produzione agricola con l’introduzione delle foraggiere nella rotazione delle colture che si succedevano sullo stesso terreno: in questo modo si ebbe un forte aumento della popolazione (sempre a cavallo tra 700 e 800), e ciò permise a una quota degli addetti di lasciare la campagna per dedicarsi al lavoro industriale. Un’importantissima innovazione fu la Navetta (elemento mobile del telaio che velocizzava il passaggio del filo della trama attraverso l’ordito (1733), seguita dall’introduzione della macchina a vapore (Watt – 1769). L’industria britannica si occupava in gran parte della produzione di tessuti in cotone, e quindi la lavorazione di quest’ultimo: lo slancio dell’industria cotoniera era dato dalla dimensione modesta e poco costosa degli impianti, dal facile reperimento della forza lavoro e dalla crescita demografica. Inoltre, il rifornimento della materia prima avveniva in maniera stabile in quanto proveniente dalle ex colonie americane. L’industria del cotone necessitava però dell’estrazione del carbone, che sostituiva l’uso della legna come combustibile. L’agricoltura e l’industria sempre più meccanizzate richiedevano ferro per la fabbricazione di attrezzi e macchinari. IMPATTO SOCIALE: Tuttavia, a mantenere in piedi la produzione e l’industria vi erano i lavoratori, costituiti in larga parte da donne e bambini, poco costosi e facilmente controllabili. Le condizioni di lavoro erano faticose e logoranti, alimentavano forme di opposizione e tensioni e generavano movimenti di Luddismo (operai in protesta che distruggevano le macchine da produzione) e il movimento Cartista (chiedeva maggiori diritti al lavoratore). Per la prima volta (1842) fu emanata una legge che provò a disciplinare il lavoro di fabbrica: essa non ebbe un grande risvolto, ma per la prima volta si ruppe l’idea che il lavoro dovesse essere regolato dalla libera contrattazione delle parti e restare fuori dagli interventi del governo. IL RESTO DELL’EUROPA: Il resto dell’Europa era assai più indietro. I pochi elementi di rinnovamento venivano dalle colonie di imprenditori e mercanti stranieri che diffondevano un patrimonio di relazioni, saperi specifici, novi atteggiamenti gestionali. D’altra parte, però, il periodo napoleonico portò una ventata di rinnovamento nelle amministrazioni pubbliche, nelle burocrazie dello stato, nei sistemi legislativi: si cancellò quasi del tutto il sistema feudale. Nascevano le novità degli anni 30, i primi studi sulla chimica organica (di Liebig) e la fisiologia delle piante, la diffusione della nave a vapore, le costruzioni ferroviarie e molto altro ancora. IL CONGRESSO DI VIENNA: Il Congresso di Vienna (1814 - 1815) fu organizzato dalle potenze europee che avevano avuto ragione delle armate napoleoniche (Gran Bretagna, Austria, Prussia e Russia) al fine di ridisegnare i confini degli stati e creare le condizioni di una pace duratura, sia pure armata, dell’Europa. Lo scopo del Congresso, però, era anche quello di ripristinare la legittimità della monarchia riducendo i moti rivoluzionari scaturiti dall’eccessiva libertà del popolo. Dietro la formula di “Concerto europeo”, voluto dal Congresso di Vienna, si celava la preoccupazione per futuri rafforzamenti di alcuni stati a spese di altri. Ecco quindi che il progetto intendeva anche frenare le tentazioni espansionistiche di alcuni stati. I pericoli maggiori venivano dalla Francia (che già aveva esportato i suoi furori rivoluzionari): essa, dunque, fu stretta tra i Paesi Bassi (Belgio, Olanda e Lussemburgo), e il Regno di Sardegna fu rafforzato con l’acquisizione dell’ex repubblica genovese. Alla Prussia furono attribuiti alcuni territori limitrofi (es. Sassonia), e l’Austria venne restituita al suo ruolo di gendarme delle regioni italiane (possedeva anche il Veneto): in questo caso in principi imparentati con la famiglia imperiale e l’accordo militare con Ferdinando IV di Napoli e

poi Ferdinando I del Regno delle due Sicilie assicurarono il controllo diretto dei piccoli regni dell’Italia centrale. La Russia fu accontentata con l’annessione di gran parte della Polonia, a spese dell’Impero ottomano e della Finlandia, sottratta alla Svezia, a sua volta risarcita con la Norvegia. I VERI SCOPI DEL CONGRESSO: Il Congresso rafforzava quindi il rifiuto della sovranità popolare e lo spazio concesso alla chiesa, rappresentato dalla Santa Alleanza, che costituiva lo strumento creato da Russia, Prussia e Austria per assicurare il mantenimento degli equilibri sanciti dal congresso stesso. Non a caso il testo dell’accordo era pieno di riferimenti religiosi, e alludeva esplicitamente all’origine divina della monarchia, che legittimava l’autorità contro le pretese dei sostenitori della sovranità popolare: è chiaro che il potere monarchico aveva ormai paura di essere spodestato dal popolo, quest’ultimo spinto dalle speranze date dalla rivoluzione francese napoleonica. Il cittadino infatti aveva imparato a pretendere un rapporto individuale con esso, senza mediazioni: la divisione in ceti della società di antico regime era ormai al collasso. Ovunque, inoltre, la minaccia francese contribuì a creare un diffuso senso di identità nazionale che sollecitava cambiamenti istituzionali e forme di rappresentanza politica in forte contrasto con i princìpi sanciti nella Santa o nella Quadruplice Alleanza: il popolo si stava svegliando, e l’arte dell’incantare il popolo era ormai un’arma vana, o quasi. Nelle regioni europee conquistate da Napoleone si erano create riforme istituzionali ed erano state riorganizzate le burocrazie statali: i gruppi sociali avrebbero opposto senz’altro resistenza a qualsiasi tentativo di restaurazione dell’ordine sociale preesistente. Il popolo chiedeva il riconoscimento dei diritti fondamentali, e in alcuni casi (come in quello di Luigi XVIII in Francia – 1814) fu concessa una costituzione (Regno dei Paesi Bassi, Granducato di Sassonia-Weimar, Baviera, Prussia Renana, Regno delle due Sicile, Ducato di Parma, ecc). RIVOLUZIONI: Gli obiettivi del Congresso di Vienna erano impossibili, perché l’Europa post-1815 era troppo mutata rispetto a quella degli anni precedenti alla rivoluzione francese. Negli anni successivi ad essa, un’opposizione crescente alla costituzione inglese attraversava tutti i gruppi sociali legati al commercio e all’impresa. Questi gruppi, in Gran Bretagna, si schieravano contro le posizioni ideologiche di Whigs e Tories (le due principali forze politiche), e diedero origine a una cultura radicale: il radicalismo britannico trovava un elemento in comune nella Riforma del sistema elettorale, ma conteneva anche diverse ambiguità. Questo perché i radicali della Middle class invocavano la riforma parlamentare per affermare l’ideale del libero mercato (pro gruppi commerciali e imprenditori), mentre dall’altra parte la Working class mirava a proteggere il proprio standard di vita contro la deregolamentazione economica e il Laissez-faire (liberismo). In Russia, il movimento fu nutrito di aspirazioni democratiche e di libertà politica. Nel 1825, nel giorno dell’incoronazione dello zar Nicola I, il tentativo insurrezionale organizzato dagli ufficiali della guardia imperiale venne rapidamente soffocato. Diverso fu il caso della Grecia, che combatté esclusivamente per ottenere l’indipendenza dall’Impero ottomano. In moltissimi casi, militanti liberali moderati, radicali democratici, e socialisti, tra il 1815 e la metà del secolo si allearono e si scontrarono ripetutamente, ma solo raramente si separarono perché legati nella lotta contro lo stesso nemico: l’unione dei principi assolutisti voluta in maniera celata e subliminale dal Congresso di Vienna. ALLEANZE TRA MOTI: Si era generata ormai una sorta di comunità internazionale, animata dallo stesso progetto di emancipazione. I moti rivoluzionari, infatti, si sviluppavano in un paese e nell’altro con numerosi caratteri in comune, troppi per non pensare che vi fossero delle relazioni dirette tra un avvenimento e l’altro. Queste comunità di rivoluzionari possedevano numerosi elementi che favorivano la loro coesione, e contribuivano a omogeneizzare modelli di vita, obiettivi, strategie politiche. I vari gruppi rivoluzionari comunicavano tra loro grazie all’intermediazione dei viaggiatori, ponti a simpatizzare con gli esuli e a condividerne le aspirazioni. I moti del 1820-21, non a caso, coinvolsero più o meno contemporaneamente Spagna, Portogallo, Regno delle due Sicilie, Piemonte, Grecia. Nel 1830-31 fu il momento della Francia (Rivoluzione di luglio), ui fecero seguito Belgio, Italia centro-settentrionale, e Polonia. Nel 1848 la rivoluzione infiammò praticamente l’intera Europa, con l’esclusione della Gran Bretagna e dell’Impero zarista. Si trattava

di vere e proprie sfide al disegno politico e territoriale uscito dal Congresso di Vienna: sfide che nella maggior parte dei casi condussero alla sconfitta. VINCITE: Ma bisogna ricordare alcuni esiti fortunati, come l’indipendenza della Grecia, aiutata notevolmente dalla Russia, che aveva interesse ad indebolire l’Impero ottomano per porre sotto la sua egemonia le popolazioni slave della penisola balcanica, e spinta dall’Eterìa, società segreta greca. Dopo la sconfitta navale inflitta a Navarrino dalla flotta anglo-franco-russa a quella turco-egiziana, si giunse alla pace di Adrianopoli (1829) e all’indipendenza greca. Questa vicenda rappresentava la prima smentita dell’accordo di Vienna, ed era la prova che la questione d’oriente non poteva più essere un problema esclusivo, ma doveva diventare un affare internazionale, con forti implicazioni sugli squilibri europei. SCONFITTE: Meno fortunate furono invece le contemporanee vicende rivoluzionarie del Regno delle due Sicilie, del Piemonte, del Porto gallo e della Spagna. Inaugurate tutte dal moto scoppiato in Spagna nel 1820, le rivoluzioni ebbero caratteri comuni: tutte puntavano ad imporre un sistema costituzionale, prendendo ad esempio il testo della costituzione liberale spagnola (1812), ma tutte furono represse. Anche in America Latina si accendevano spinte indipendentiste nei confronti di Spagna e Portogallo. Il gruppo dirigente di questi movimenti era costituito dai Creoli, popolazione bianca erede dei primi colonizzatori. Essi si erano impadroniti delle principali posizioni di potere politico-economico. L’esercito spagnolo, però, nel 1815 trovò le forze per riconquistare quasi tutto il territorio coloniale. Si trarrò di una vittoria di breve durata, perché stavano ormai nascendo nuove unità statali indipendenti, come Gran Colombia, Argentina, Brasile, Perù ecc. Nel caso del Brasile, la costituzione dell’impero indipendente fu dichiarata dall’erede al trono del Portogallo (Pedro I). In Messico, invece, il generale spagnolo Augustìn de Itùrbide assunse la corona di imperatore. Tuttavia, i nuovi organismi poggiavano su basi sociali fragili, la popolazione era ignorante e povera, e si conservava un carattere feudale. Un progresso fu però l’abolizione della schiavitù in tutti i territori ex coloniali. I capi militari però sfruttavano la debolezza dei propri stati per realizzare colpi di stato e per imporre dittature personali. Inoltre i singoli nuovi paesi si frammentarono a lungo andare: per esempio, la Gran Colombia si scisse in Venezuela, Colombia e Ecuador. Sul piano economico, la subordinazione agli interessi commerciali della Gran Bretagna, l’esportazione pressoché esclusiva di prodotti agricoli e del sottosuolo, condannavano i paesi latinoamericani ai meccanismi dello scambio ineguale tra materie prime e manufatti industriali e, quindi, al sottosviluppo. L’ONDATA RIVOLUZIONARIA DEL 1830-31: Sia in Europa che in America latina, nel periodo delle rivoluzioni (1815 in poi), le società segrete giocarono un ruolo decisivo nel disegnare un gruppo dirigente rivoluzionario. Esse si erano uniformate al modello delle logge massoniche da cui avevano ripreso gerarchie, formule retoriche, ritualismo simbolico per attrarre a sé un maggior numero possibile di aderenti. Una delle società segrete più note è la Carboneria, nata agli inizi dell’800 in Francia e diffusa poi in Germania, Spagna e Italia meridionale. Tuttavia, il sistema cospirativo carbonaro scomparse a poco a poco a causa della concorrente mazziniana “Giovane Italia”. L’ondata delle rivoluzioni di metà secolo, quindi successive a quelle iniziate nel 1815, erano meno elitiarie, e vi era ora una maggior partecipazione di ceti medi e gruppi popolari. I frequenti tentativi di Carlo X (Francia) di abolire le libertà costituzionali garantite dalla carta del 1814, l’appoggio al clero e all’aristocrazia, avevano saldato un fronte di opposizione che comprendeva rappresentanti del mondo degli affari e della finanza, professionisti, dipendenti pubblici e artigiani. La goccia che fece traboccare il vaso furono le ordinanze con cui il sovrano sopprimeva la libertà di stampa, scioglieva la Camera, modificava la legge elettorale: era il 1830, e il popolo, guidato da repubblicani e bonapartisti, costrinse il sovrano all’abdicazione e all’esilio. Il paese (Francia) fu consegnato a Luigi Filippo d’Orléans, che dal 1815 era riuscito a guadagnarsi le simpatie dei gruppi di borghesia moderata. La sua particolarità, è che fu proclamato “Re dei francesi per volontà della nazione”, e non re di Francia, e ciò serviva a negare ogni forma di sovranità popolar: non a caso egli non riuscì a mantenere a lungo la maschera di re liberale e vicino ai cittadini, e dunque scivolò vero una politica conservatrice autoritaria. Uno dei ministri che si successe nel regno di Luigi Filippo era Guizot. Nel 1833, la riforma dell’insegnamento fu curata proprio dal ministro Guizot, e prevedeva che i comuni

dovessero possedere una scuola elementare con maestro retribuito (e diplomato), accogliendo i fanciulli di famiglie povere. Egli intendeva istruire i cittadini, con una moralità cristiana ma non necessariamente cattolica. NEL RESTO D’EUROPA: L’insurrezione di Bruxelles e del Belgio intero obbligarono le potenze europee (costrette al non intervento dall’opposizione di Francia e Gran Bretagna) a riconoscere l’indipendenza del Belgio. Il regno belga era liberale moderato e costituzionale: fu affidato a Leopoldo di Sassonia-Coburgo. Meno fortunato fu invece il tentativo insurrezionale italiano che, oltre ad essere uno degli ultimi moti rivoluzionari degli anni 30 dell’800, fu soffocato dall’esercito austriaco. Stessa sorte ricevette la Polonia, (fermata dall’esercito Russo). Lo scenario rivoluzionario degli anni 30 fu completato quindi dalle agitazioni in Germania, Polonia, Italia, Belgio, Svizzera, Spagna e Portogallo. RIFORME e PROTESTE in GRAN BRETAGNA: L’ondata di protesta generatasi in Europa non aveva di fatto evitato la Gran Bretagna. L’unica differenza, però, consisteva nel fatto che le proteste e il dissenso avevano degli spazi in cui esprimersi legittimamente (istituzioni o associazioni). Il parlamento britannico consentiva quindi in molti casi di evitare le ribellioni violente (un esempio è il riconoscimento dei diritti politici per le minoranze religiose). La riforma elettorale del 1832, in Inghilterra non ebbe risvolti eccessivamente accesi, in quanto il paese fu capace di rispondere ad una diffusa richiesta di democrazia parlamentare. Tuttavia, è necessario considerare che con la nuova legge del 1834, riguardante l’assistenza ai poveri (workhouses), gli ospizi diventavano luoghi di sofferenza e segregazione: non a caso le riforme degli anni 30 crearono una delle più vaste ondate di protesta che l’Inghilterra conobbe. - IL CARTISMO: Il cartismo è un movimento che si sviluppò tra il 1838 e il 1848 a causa di una serie di richieste di riforma parlamentare. Si chiedeva una “carta del popolo”, che fu poi scritta quasi interamente da William Lovett. Si trattava grossomodo di un disegno di legge presentato al parlamento, ed era articolato in sei richieste per regolare la rappresentanza, ossia: suffragio universale maschile, abolizione dei requisiti di censo per l’elettorato passivo, voto segreto, pagamento dei membri del parlamento, legislature annuali. Ulteriore pressione fu esercitata dalla Lega (fondata nel 1838), un movimento per la abolizione della legge sul grano: il suo scopo era eliminare le leggi che imponevano il dazio sull’importazione del grano (ci riuscirono nel 1846). RIVOLUZIONI DEL 1848: Nel 1848 si realizzò una di quelle straordinarie accelerazioni della storia che sembrano mettere tutto in movimento: la Francia, gli stati italiani e tedeschi, l’Austria furono trascinati in una spirale rivoluzionaria che non produsse immediatamente risultati rilevanti, ma creò le premesse dei profondi cambiamenti che sarebbero avvenuti nei secoli successivi. Si esigeva una nuova definizione dei poteri dello stato, maggiore libertà e spirito nazionalista. Un carattere comune essenziale delle rivoluzioni era la partecipazione dei gruppi popolari e una spinta dal basso che aumentava la presenza delle componenti radicali. Il processo rivoluzionario era attentamente studiato per attirare a sé un maggior numero possibile di partecipanti; a tal fine vi era una figura di leadership esercitata da gruppi culturalmente superiori, capaci di rinnovare il linguaggio politico attraverso la stampa, il volantino e altri mezzi di comunicazione. - IN FRANCIA: La crisi economica, i tentativi di Luigi Filippo e di Guizot di arrestare la campagna di opposizione, suscitarono la violenta risposta dei parigini nel febbraio del 1848: i rivoltosi proclamarono la repubblica, acclamando i vecchi temi della libertà e della cittadinanza per animare la rivolta. Alla rivoluzione presero parte i gruppi più poveri di Parigi. Fu proclamata la repubblica, fu esteso il voto a tutti gli uomini sopra in 21 anni, fu riconosciuto il diritto al lavoro, furono prese misure a tutela della proprietà privata, abolita la pena di morte. Inizialmente si formò un equilibrio composto da un governo provvisorio (democratici e repubblicani insieme), che però durò ben poco, in quanto alle elezioni dell’Assemblea costituente furono proprio i repubblicani a vincere. La violenta insurrezione operaia e socialista di giugno fu repressa nel sangue dai gruppi moderati e conservatori: a ciò seguirono la sospensione di tutte e iniziative patrocinate dai socialisti e la chiusura degli Ateliers nationaux (diritti al lavoro). Intanto la Costituente consegnava al paese un parlamento monocamerale e un presidente della repubblica sul modello americano, eletto a suffragio universale. Luigi Napoleone vinse facilmente nelle elezioni alla più alta carica della repubblica. Ma egli attuò presto un colpo di stato, creando una nuova costituzione e

concedendosi il potere assoluto (Luigi Napoleone assunse quindi il nome di Napoleone III). Nacque così il Secondo impero (1852). - IN GERMANIA: La rivolta di Berlino e di numerosi altri stati della Confederazione portò a due risultati principali: in Prussia furono concesse alcune limitate libertà civili e fu creato un parlamento. A Francoforte, invece, fu creata un’assemblea col compito di definire un nuovo assetto costituzionale per la Confederazione. Nel 1849 fu approvata una costituzione a favore di una Germania centrata sulla Prussia e senza l’Austria (piccoli tedeschi): la corona fu offerta a Federico Guglielmo IV di Prussia, anche se egli non era disposto a scambiare una corona per...


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