Riassunto-il-menone-di-platone PDF

Title Riassunto-il-menone-di-platone
Author Ilaria Ruggeri
Course Semiotica
Institution Università degli Studi di Messina
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MENONE (dialogo) – PLATONE IV secolo a.C. Il Menone è un dialogo platonico incentrato sul rapporto tra la virtù, che si giunge ad identificare con la conoscenza, e la teoria delle idee. Il Menone affronta due problemi: l'essenza della virtù e l'insegnabilità della virtù. Esso, però, è anche uno dei testi fondamentali della filosofia della conoscenza: si parte dalla domanda se la virtù è insegnabile, si arriva rapidamente a chiedersi come definire qualcosa, se è possibile ricercare qualcosa che non si conosce, ecc. Ed è nel Menone che, per la prima volta, viene proposta la teoria della reminiscenza, cioè l’idea di una conoscenza prenatale che appartiene all’anima indipendentemente da ogni apprendimento. I personaggi che troviamo sono: Socrate, Menone, schiavo di Menone, Anito. Il Menone è considerato un dialogo o appartenente al gruppo dei dialoghi della giovinezza, oppure appartenente al gruppo di dialoghi di transizione. Platone è il primo a utilizzare il dialogo come strumento per praticare la filosofia. In tali dialoghi troviamo ancora dei caratteri tipicamente socratici, ma si vedono anche emergere, in modo più o meno chiaro, dei temi propri al pensiero platonico. Il Menone è paradigmatico perché, a fianco di temi socratici che considereremo,troviamo delle teorie nuove: - La conoscenza attraverso la reminiscenza - L’importanza nuova conferita alle conoscenze matematiche. RIASSUNTO  Possiamo dividere il Menone in 5 parti: 1. CHE COSA E’ LA VIRTU’?  Il dialogo inizia con Menone che chiede a Socrate se sia possibile insegnare la virtù. Socrate risponde che non sa dare una risposta, ammette che è un problema complesso e che gli farebbe piacere ragionarci su ma prima vuole definire l’essenza della virtù.  (1) Menone risponde alla domanda di Socrate dicendo che la virtù è relativa. La virtù dell’uomo è amministrare gli affari della città beneficiando gli amici e danneggiando i nemici. La virtù della donna è amministrare la casa e mostrarsi obbediente al marito. Diverse sono le virtù del fanciullo, dell’anziano, dell’uomo libero e dello schiavo.  Ci sono moltissime virtù. In base a ogni attività e a ogni età, per ogni occupazione c’è una virtù.  Si cercava una sola virtù e se ne sono trovate tante. Si cerca una scrematura, una cosa comune a tutte queste virtù. Menone arriva a una definizione più generale = (2) Menone, compreso l'errore precedente, arriva a definire la virtù come la capacità di saper comandare. Socrate è soddisfatto, perché Menone è arrivato ad una generalizzazione più ampia, arrivando ad un'unica forma di virtù. Tuttavia Socrate mostra di essere dubbioso anche su questa definizione: quella che è stata definita, infatti, è solo una forma di virtù, giacché certo un servo non potrebbe mai essere virtuoso se la virtù consistesse proprio nel comandare gli altri uomini. (Socrate inizia a fare ragionamenti = se ti chiedessero cosa è una figura risponderesti con “è circolare”, se ti chiedessero cosa è il colore risponderesti che è il bianco? No perché il bianco è solo uno dei colori così come la retta è figura allo stesso modo del cerchio. Andrebbe detto che la figura è il

limite del solido e che il colore è una proprietà delle figure corrispondente alla vista e percettibile. Socrate continua chiedendo dunque a Menone di dargli una definizione di virtù)  (3) Menone afferma allora che la virtù sia godere di cose belle e avere il potere di procurarsele. Socrate è convinto ora che la definizione sia pervenuta ad una perfezione ulteriore, anche se ci sono alcuni aspetti da rivedere. L'obiezione di Socrate è più difficile questa volta: egli innanzitutto rettifica il termine "bello" in "buono/vantaggioso"; successivamente sostiene che tutti desiderano cose buone (chi desidera cose cattive commette un errore di valutazione poiché ritiene che le cose cattive possono essere per lui vantaggiose), dunque la definizione di Menone si riduce alla sola capacità di sapersi procurare le cose buone. Menone si trova d'accordo. Aggiunge che virtù è procurarsi le cose belle ma secondo giustizia; dato che però la giustizia è una parte della virtù si entra in un circolo vizioso in cui si definisce il tutto con una parte di esso. Menone non sa più proseguire. (come all’inizio Menone definisce la virtù solo in una delle sue parti, non riesce a dare una definizione generale.) Menone dice a Socrate che lo ha messo in difficoltà, che lui credeva di sapere invece ora è pieno di dubbi. Socrate dice che non era sua intenzione, ma che essendo lui stesso in difficoltà, fa trovare in difficoltà anche gli altri.  In questa sezione emerge la confutazione socratica che obbliga l’interlocutore ad ammettere la propria ignoranza 2. PARADOSSO DI MENONE E SOLUZIONE SOCRATICA DELLA REMINESCENZA (Anima)  Menone chiede a Socrate in che modo intende dunque cercare ciò che non sa Socrate afferma che l’anima è immortale e nasce più volte, non c’è niente che essa non abbia imparato. Apprendere vuol dire ricordare, sulla virtù e sul resto, ciò che sapeva anche prima. Menone chiede la dimostrazione che ciò che Socrate afferma riguardo all’anima sia vero. Socrate verifica la teoria: conduce un giovane schiavo a dimostrare un teorema geometrico solo ponendogli delle domande. Ciò dimostrerebbe che lo schiavo ha già conosciuto il teorema, e non fa che ricordarlo. Le opinioni si trovavano in lui e ora sono emerse, avrà una conoscenza senza che nessuno gli abbia insegnato. La verità delle cose sta nell’anima immortale e noi con coraggio dobbiamo ricordare e cercarla. 3. RITORNO ALLA QUESTIONE DELL’INSEGNAMENTO DELLA VIRTÙ, CHE VIENE ESAMINATE A PARTIRE DALL’IPOTESI SECONDO CUI LA VIRTÙ È CONOSCENZA  Socrate afferma che se la virtù è una scienza potrebbe essere insegnata. Si può insegnare solo se è una conoscenza. La virtù è un bene. Le cose sono utili quando c’è un giusto impiego e dannose quando non c’è.  Se la virtù può essere insegnata allora è scienza e non si acquisisce per natura. Se la virtù si insegna devono esistere dei maestri che la insegnano e degli alunni che l’apprendono. 4. RICERCA DEI MAESTRI DI VIRTÙ E DOMANDA SU COME ACQUISIRE LA VIRTÙ  Al discorso si aggiunge Anito. Un ragazzo dal padre ricco e saggio. Ci si domanda se i sofisti siano maestri di virtù: la risposta è negativa (Anito si scaglia contro di loro dicendo che rovinano l’animo dei giovani). Ci si domanda se i gentiluomini e politici ateniesi siano maestri di virtù: la risposta è negativa, Anito si infuria (dice che ci sono e ci sono stati molti uomini per bene in città. Per Anito ogni cittadino ateniese onesto e ligio alle leggi può insegnare ai suoi figli che cosa sia la virtù, poiché è

esso stesso un cittadino virtuoso, Socrate mostra di avere dei dubbi a riguardo, nomina molti gentiluomini ateniesi che hanno insegnato di tutto ai figli ma non la virtù. Es. Tucidide = se fossero esistiti insegnanti di virtù sicuramente avrebbe mandato i figli. Egli ebbero dei figli non alla loro altezza e che, anzi, si macchiarono di diversi peccati.)  Dopo la confutazione di Socrate, Anito lo ammonisce di non parlare male dei grandi cittadini di Atene e lascia la discussione che riprende tra Socrate e Menone.  Socrate conclude: se non si trovano maestri di virtù è probabile che la virtù non si insegni. 5. TEORIA DELLA CONOSCENZA  La questione sul se esistono maestri di virtù è così portata a soluzione da Socrate: oltre che alla scienza può risultare altrettanto efficace la giusta opinione. L’opinione vera è, come per la scienza, causa del successo dell’azione. Questa giusta opinione è una sorta di ispirazione divina con la quale l'uomo che la possiede inconsapevolmente, guida il popolo in modo retto. La giusta opinione è una sorta di innato sesto senso che porta il detentore di tale bene a scegliere la strada migliore, a fare le giuste scelte. Rapporto tra opinione vera e conoscenza = In questo senso la retta opinione non è in nulla inferiore alla scienza. Tuttavia la scienza è stabile, costante, mentre la retta opinione è precaria giacché non si sostanzia di vera conoscenza del bene, ma di una sorta di riflesso di essa. Socrate ritiene infatti che i grandi uomini di Atene fossero virtuosi per retta opinione e non per scienza, motivo per cui non sarebbero riusciti ad insegnare la virtù alla loro discendenza. (conclusione aporetica perché non si trova una fondazione razionale dell’opinione vera, ma un’origine divina). Solo un possessore della vera scienza potrà davvero insegnare e trasmettere la conoscenza della virtù.  La teoria dell’anamnesi  Uno dei punti fondamentali del Menone è costituito dall'esposizione della teoria della anamnesi, ribadita in altri dialoghi da Platone. Si è visto come Menone, dopo il terzo tentativo di definire la virtù, si arrenda ammettendo di non essere capace a definirla in modo corretto. Menone, a questo punto, aveva obiettato, alla maniera dei Sofisti, che è inutile ricercare una cosa che non si conosce giacché, quand'anche la si sia trovata, non conoscendola, non la si riconoscerebbe come la soluzione del problema posto. Socrate obietta a questa conclusione definendo la sua teoria della conoscenza: l'anima è immortale e quando il corpo che la possiede muore, essa va nell'Ade, da dove fa ritorno trascorso un certo lasso di tempo, tornando in un altro corpo. In questo lasso di tempo l'anima ha conosciuto tutto, e quando prende posto in un altro corpo, non fa altro che dimenticare tutto. Per risvegliare questa conoscenza l'uomo deve fare della sua vita una costante ricerca del sapere perduto, ma che può essere ritrovato in ogni momento. L'anima dev'essere sollecitata a ricordare, per portare nuovamente alla luce i concetti appresi un tempo. Quando Platone spiega come la conoscenza sia un'anamnesi vuole in realtà mettere in evidenza come l'anima prescinde dal corpo in quanto è l'io pensante ed inoltre vuole dividere la realtà in due piani del reale: quello sensibile e mutevole dal quale non si ricava la conoscenza in quanto essendo mutevole non riporta una verità e un piano intelligibile e di puro pensiero nel quale e l'anima in quanto io pensante è immersa. Detto questo risulta quasi



scontato il fatto che l'uomo non potendo ricavare in alcun modo la verità dall'esperienza sensibile fa uso dell'anima per questo l'uomo ricava da sé medesimo la verità questo per Platone è un ricordare. Esperimento maieutico (prova la teoria della reminiscenza) Un passo cruciale del Menone è l'esperimento maieutico fatto da Socrate per dimostrare al dubbioso Menone l'esattezza della sua teoria dell'anamnesi. Viene interrogato uno schiavo di Menone che ignora i fondamenti della geometria. Socrate disegna sul terreno un quadrato di 2 piedi per lato e chiede allo schiavo di trovare la misura del lato del quadrato che abbia area doppia rispetto a quello disegnato. Senza pensarci il ragazzo sostiene che il quadrato da ricercare avrà il lato di 4 piedi, esattamente il doppio del lato del quadrato di partenza. Sempre e solo interrogando lo schiavo, Socrate lo fa ragionare che il quadrato con lato di 4 piedi avrà area uguale a 16 piedi, non certo a 8 piedi. Il ragazzo arriva allora a pensare che il lato del quadrato da cercare debba essere di misura intermedia tra i due piedi del lato del primo quadrato e i 4 piedi del lato del secondo. Per lo schiavo la soluzione è che il lato deve misurare 3 piedi. Ancora una volta però, sotto l'incessante interrogatorio di Socrate, arriva a notare che l'area del quadrato di 3 piedi è di 9 piedi, e non di 8, come si doveva trovare. Socrate dichiara che l'esperimento sta comunque riuscendo: lo schiavo, dapprima così sicuro di sé, sta ora cominciando a rendersi conto di non sapere la misura del lato da trovare; a tale consapevolezza egli è giunto da solo, senza aiuti esterni. Socrate torna ad interrogare lo schiavo sul problema e disegna sul terreno 4 quadrati uguali a quello di partenza, uno a fianco all'altro così che formino un quadrato di lato 4 piedi e di area 16 piedi. A questo punto riconosce anche che il quadrato ottenuto tracciando una delle 2 diagonali di ciascun quadrato da 2 piedi è quello cercato, ossia quello che ha area uguale a 8 piedi. Socrate si dimostra soddisfatto ribadendo a Menone che lo schiavo è giunto a questa conclusione da solo, ha solo avuto bisogno di qualcuno che lo aiutasse a ricordare la conoscenza che l'anima aveva già dentro di lui. (Se la virtù non è una conoscenza non può essere ricordata in un processo amnesico)

RIFLESSIONI = nel testo ritroviamo la critica di Platone verso i sofisti: la teoria della conoscenza dei Sofisti induce gli uomini alla pigrizia mentre la teoria dell'anamnesi li rende recettivi ed attivi nel cercare la verità dentro loro stessi. Emerge inoltre la capacità di mettere costantemente in dubbio le conoscenze dei suoi interlocutori al fine di farli giungere ad una più profonda verità che non sia quella così superficiale che ostentavano prima. 3 sono le possibilità in relazione all’apprendimento della virtù: o si insegna e quindi è una conoscenza, o si acquisisce con la pratica quindi è una sorta di tecnica, o è presente naturalmente nell’uomo. 2 sono le questioni che si pongono:

-È insegnabile?  Nel V secolo ad Atene arrivano i Sofisti i quali insegnano all’uomo a essere virtuoso. Ma questo è davvero insegnabile? Virtù per loro sono qualità che garantiscono il successo politico. -Significato del termine Areté (virtù)?  sappiamo che non si tratta della virtù morale, cioè della disposizione ad agire secondo il bene. Nel Menone la virtù è “affermare i propri desideri e avere il potere di poterli realizzare”. La definizione delle virtù data da Menone è quella che i Sofisti avevano la pretesa di insegnare. Si tratta dell’eccellenza civica e politica. Non bisogna però dimenticare che areté si riferisce all’eccellenza umana. Socrate riconduce la questione dell’insegnabilità a “cosa è la virtù”, fa una differenza tra l’essenza della virtù e le parti che la compongono. Socrate, cerca une definizione universale della virtù, una definizione che sia indipendente dalle sue manifestazioni concrete. Nel Menone il senso di ousia è quello di realtà o natura che si trova in ogni individuo particolare e concreto, pur non confondendosi con esso. (essenza) IL METODO DI SOCRATE = il metodo di Socrate: Socrate parte dalla definizione di Menone della virtù: virtù dell’uomo, virtù della donna, ecc. 1) Mostra che, in tutti i casi elencati da Menone, l’agire in maniera virtuosa per l’uomo, per la donna, ecc., comporta agire in accompagnamento della giustizia e della temperanza. Menone accetta questo: su questa base, Socrate dimostra che la virtù deve essere la stessa perché gli esseri umani sono buoni, cioè virtuosi, nella stessa maniera (cioè, agiscono tutti in modo temperante e giusto). Menone è così confutato. Infatti l’opinione di partenza (differenti virtù per uomo, donna, ecc.) è in contraddizione con un’altra opinione, cioè la conclusione accettata dall’interlocutore (una è la virtù perché uno solo è il modo di essere virtuoso, attraverso temperanza e giustizia). L’interlocutore è quindi obbligato a rifiutare una delle due opinioni, nella fattispecie quella di partenza. 2) Alla seconda idea di virtù di Menone, Socrate utilizza dei modelli di definizione (matematiche) per far capire ciò che intende per definizione. 3) Alla terza idea di Menone (virtù come desiderare cose belle e avere il potere di ottenerle) Socrate confuta: ogni essere umano ha il desiderio delle cose belle, l’esercizio del potere non è virtù salvo se è accompagnato da una delle virtù (come giustizia, temperanza, coraggio, ecc.) Conclusione= si cade per l’ennesima volta nell’errore di definire la virtù in generale servendosi di una virtù particolare. Socrate vuole condurre Menone ad affermare che tutti gli uomini desiderano il bene. Socrate ricorda a Menone che, se si vuole definire la virtù, ci sono delle esigenze morali da osservare: presenza di giustizia, temperanza, pietà, ecc., con cui procurarsi i beni di cui parla Menone. E’ l’atto compiuto con giustizia che è virtuoso. TORPEDINE = Socrate continua a insistere, vuole sapere da Menone cosa sia la virtù. Menone risponde che Socrate è una torpedine: Menone dichiara di essere intorpidito, malgrado il fatto che, precedentemente, aveva tenuto tantissimi discorsi sulla virtù ora si trova nella situazione di non saper dire neppure che cosa la virtù sia. Socrate ha la fama di

far dubitare.  Socrate risponde con la famosa dichiarazione di ignoranza: è proprio perché lui è più in dubbio di tutti che getta in dubbio gli altri. PARADOSSO = La risposta di Menone: si articola in due domande: come la cercherai, visto tu non sai assolutamente che cosa essa sia? Quale delle cose che tu ignori prenderai come oggetto della tua ricerca? Se, malgrado ciò, tu conduci la ricerca e ‘cadi’ sulla virtù, come saprai che si tratta della cosa che tu cerchi, dal momento che tu non la conoscevi?  Risposta: l’uomo non può cercare né ciò che conosce (perché già lo conosce), né ciò che non conosce (non saprebbe cosa cercare visto che non conosce). La teoria della reminiscenza risponderà alla domanda di Menone su come si riconosce che ciò che si stava cercando è quello che si è trovato....


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