Riassunto.Il-Sistema-Politico-Italiano-2 PDF

Title Riassunto.Il-Sistema-Politico-Italiano-2
Author Manal Mouaid
Course Relazioni Internazionali
Institution Università degli Studi di Padova
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IL SISTEMA POLITICO ITALIANO Carlo Guarnieri INTRODUZIONE L'obiettivo di questo libro è quello di aiutare a comprendere la dinamica del sistema politico italiano. L'analisi si concentrerà sul comportamento elettorale, sulla nascita e sul ruolo dei partiti politici e sulle istituzioni cui nel nostro sistema politico è attribuito il compito di prendere le pricipali decisioni: Parlamento e governo. Altre istituzioni di cui si tiene conto sono il capo dello stato e la magistratura. Si adotta una prospettiva di lungo periodo, ricostruendo a grandi linee lo sviluppo politico italiano a partire dal momento dell'unificazione. In questo modo si può constatare che molti problemi di oggi abbiano origine negli avvenimenti di ieri. Lo sviluppo del sistema politico italiano è stato condizionato dal modo con cui si forma alla metà del XIX secolo, in ritardo rispetto ai grandi paesi dell'Europa occidentale. In questa fase sono sorti problemi come la debole legittimità delle istituzioni e dello stesso sistema politico, che sono presenti tutt'ora. Lo stesso comportamento elettorale ha mostrato continuità con un forte radicamento territoriale delle forze politiche di ispirazione cattolica e socialista. Si sono però presentate anche certe discontinuità. L'Italia unita ha conosciuto almeno tre diversi regimi politici tra loro radicalmente differenti: • liberale • fascista • repubblicano Osservando l'evoluzione del sistema politico si individua la tendenza verso un progressivo allargamento della partecipazione politica e una lenta, ma progressiva attuazione della distanza ideologica tra i principali attori. Il primo secolo di vita del sistema politico italiano è stato contraddistinto: 1. dalla posizione intransigente della Chiesa cattolica nei confronti del nuovo Stato unitario 2. dall'atteggiamento rivoluzionario del movimento socialista e anarchico 3. da quello eversivo del movimento fascista 4. nel secondo dopoguerra dalla natura anti-sistema del Partito comunista italiano (Pci) A partire dagli anni '60 del Novecento è cominciato un processo di convergenza: l'entrata dei socialisti nell'area governativa, con il centro-sinistra, la collaborazione del Pci alle maggioranze parlamentari della solidarietà nazionale negli anni '70 e, poi, dopo il 1992, l'emergere di coalizioni di partiti che abbracciano ormai la totalità dello spettro politico che in questi anni si sono alternante al governo.

CAPITOLO 1 PRIMA DELLA REPUBBLICA

Periodo liberale L'UNIFICAZIONE L'unificazione italiana avviene in modo rapido: tra il 1859 e il 1861 l'Italia è fatta, con l'esclusione di Venezia, Roma, Trento e Trieste. L'esito fortunato dell'unificazione si spiega:

1. con le grandi capacità politiche del Regno di Sardegna, in particolare di Camillo di Cavour. 2. Alleanza con la Francia e la posizione favorevole della Gran Bretagna all formazione di uno Stato italiano. L'unificazione italiana è avvenuta relativamente tardi e in modo non consensuale. Il nuovo Stato viene costruito con la violenza (guerra contro l'Austria, la spedizione dei Mille, l'intervento dell'esercito piemontese nell'Italia centrale). Questi fattori hanno determinato una serie di conseguenze per lo sviluppo politico successivo. La conseguenza principale è che l'Italia si trova ad affrontare in rapida successione una serie di sfide che altrove sono state diluite in periodi di tempo decisamente più lunghi. Tra queste sfide ci sono: • costruire uno stato in grado di far applicare le proprie decisioni e di garantire sicurezza esterna e interna. • Sviluppare un'identità comune e una legittimità nei confronti del nuovo sistema politico • assicurare la partecipazione di settori sempre più ampi di cittadini alle decisioni politiche • ridistribuire in modo più equo le risorse L'unificazione viene realizzata con relativa facilità, ma dopo il 1861, il rapido deterioramento dell'ordine pubblico nel Mezzogiorno spinge la classe politica a ad optare per un assetto amministrativo accentrato. Il nuovo Stato si trova ad affrontare il problema di una società che ha ancora forti problemi di identificazione. Es. non più del 10% della popolazione era in grado di parlare correttamente l'italiano, mentre gli analfabeti ammontavano a l' 80%. Il nuovo Stato deve fare i conti con vari avversari: • i vecchi sovrani (re di Napoli) • Austria • Chiesa Cattolica, la cui opposizione verso lo stato diventa radicale dopo la presa di Roma del 1870, emana il non expedit, cioè il divieto per i cattolici di partecipare alle elezioni politiche. Altre sfide: • l'allargamento del suffragio elettorale, che dopo l'unità è concesso solo ai possidenti. • Conflitto di classe, si formano le prime organizzazioni anarchiche e socialiste (1892 Partito socialista italiano) e si moltiplicano le agitazioni. LE REGOLE DEL GIOCO: LO STATUTO Le istituzioni del sistema politico unitario sono regolate dallo Statuto albertino, emanato nel 1848 da Carlo Alberto, re di Sardegna. Lo Statuto è una costituzione: un insieme di norme giuridiche che regolano l'esercizio del potere politico, ma che è stato concesso dal sovrano ed è flessibile, nel senso che può essere modificato attraverso una legge ordinaria. → è una Costituzione che si può meglio adattare alle mutevoli condizioni politiche, ma che risulta meno garantista. Lo Statuto assegna un ruolo di rilievo al re. Il governo, inteso come soggetto autonomo dal sovrano, non esiste nello statuto. Il Parlamento è bicamerale, composto da: • Senato: non è eletto, è formato da personalità di particolare requisiti, nominate a vita dal re. Il Senato svolge un ruolo minore rispetto alla Camera. • Camera dei deputati: svolge il ruolo centrale perchè è elettiva. I deputati sono eletti in collegi uninominali in due turni. I suffragio è ristretto: 1861, 2% della popolazione

1882 7% 1913 vengono ammessi al voto anche gli analfabeti maschi sopra i 30 anni che hanno svolto il servizio militare 1919 tutti i maggiorenni e i ragazzi del '99 che avevano servito nelle forze armate nella Prima guerra mondiale. Le donne potranno votare solo nel 1946 LE ELEZIONI:DESTRA E SINISTRA, SOCIALISTI E CATTOLICI Nei primi anni la politica del nuovo Stato fa emergere una dinamica bipartitica. In Parlamento si fronteggiano due raggruppamenti: la destra e la sinistra storiche. Questi non sono veri e propri partiti, ma raggruppamenti di parlamentari, federazioni di gruppi che spesso hanno una base prevalentemente regionale. Ciò che li differenzia riguarda l'atteggiamento verso il processo di unificazione. I politici della destra sono sostenitori della monarchia costituzionale, difensori dei diritti di proprietà e di una politica di bilancio in pareggio, attenti ai vincoli del sistema internazionale. Nella sinistra ci sono gli ex-repubblicani e coloro che hanno approvato la via insurrezionale per raggiungere l'unità, appoggia una politica di bilancio rigorosa e maggiore sensibilità nei confronti dell'industria nascente. La linea di divisione tra i due raggruppamenti è sottile ( 1876 “la rivoluzione parlamentare” che vede la sostituzione della destra con la sinistra al potere dipende dalla divisione dei ranghi della destra, che si allea con la sinistra prima in opposizione). La debolezza dei raggruppamenti parlamentari emerge negli anni successivi. Dal 1882 viene meno una chiara distinzione tra maggioranza ed opposizione, ciò che viene chiamato trasformismo, che vede emergere maggioranze parlamentari composite, dove settori della sinistra si alleano a gruppi della destra. Il punto centrale è che manca un legame forte tra elezioni e composizione dei governi. Le elezioni non svolgono un ruolo decisivo per la formazione dei governi, che sono il frutto di mutevoli alleanze che avvengono in Parlamento. Ruolo cruciale nella formazione delle maggioranze è costituito dai presidenti del Consiglio. Questi governi non sono stabili, la loro durata media è di 13 mesi ( eccezione Giolitti). Il trasformismo nasce come risposta alla debolezza dei governi, che devono convivere con due forti istituzioni come il sovrano e il Parlamento, e nasce anche come necessità della classe politica liberale di far fronte alle opposizioni anti-sistema (cattolici e movimento socialista). I cattolici restano fuori dal processo elettorale fino agli inizi del secolo, quando l'emergere di un forte movimento socialista spinge le gerarchie ecclesiastiche a modificare le proprie posizioni. La fine del XIX secolo vede irrompere sulla scena sociale e politica le classi inferiori: contadini e operai. Sud → brigantaggio Nord → sindacati (“triangolo industriale” Milano-Torino-Genova prende forma il proletariato urbano che dà luogo ad organizzazioni politiche e sindacali d'ispirazione socialista). Lo sviluppo industriale arrivato tardi spiega la relativa debolezza del movimento socialista. Il partito socialista presenta una divisione interna: • ala moderata, riformisti, interessata ad entrare nelle istituzioni, per trasformarle e a tessere alleanze con le altre forze progressiste, anche borghesi • corrente radicale, i massimalisti, fiduciosa nell'inevitabile esaurimento della società borghese e nell'avvento della società socialista, non interessata nell'agire nelle istituzioni. Nei confronti della mobilitazione contadina e operaia la classe politica liberale si divide: • una parte reagisce con la forza, considerandole forze politiche anti-sistema, che appaiono ostili alle istituzioni costituzionali. Esponente è Sidney Sonnino, il cui obiettivo è integrare le masse nello Stato. La riforma agraria è considerata uno strumento indispensabile per costruire una classe di contadini proprietari e quindi conservatori. Chi cerca di attuare i progetti di Sonnino è Pelloux che cerca di limitare i diritti di libertà per ridurre lo spazio

politico delle organizzazioni socialiste. Ma questa politica non fa altro che accentuare il conflitto sociale ( il secolo si chiude con l'assassinio di Umberto I per mano di un anarchico). • Il fallimento di forzare in senso autoritario le istituzioni apre il via ad una svolta liberale, guidata da Giolitti (primi 15 anni del secolo “età giolittiana” Il problema che si pone a Giolitti è lo stesso di Sonnino, cioè come integrare le masse nello Stato. Ma per Giolitti l'integrazione va eseguita mantenendo in Parlamento una forte maggioranza liberale e sfruttando la crescente competizione tra socialisti e cattolici, alleandosi ora con gli uni ora con gli altri. In questo modo si può sperare che le forze anti-sistema iniziando a partecipare alla gestione del potere si integrino progressivamente nelle istituzioni costituzionali. → il sistema politico resta caratterizzato da un basso livello di competizione e da un robusto localismo. Il gradualismo giolittiano permette alle forze anti-sistema di esprime3rsi ufficialmente a favore dei provvedimenti del governo (1913 patto Gentiloni, accordo elettorale che, facendo confluire buona parte dei voti cattolici su candidati liberali, permette a questi di mantenere in Parlamento la maggioranza). Il relativo successo nel creare maggioranze parlamentari trasformiste non spinge i liberali a sviluppare moderne strutture politiche di massa. LA GRANDE GUERRA ELA CRISI DEL REGIME LIBERALE La Prima guerra mondiale porta varie conseguenze: 1. conseguenze istituzionali, che derivano dalla modalità con cui viene deciso l'intervento: l'Italia entra in guerra nonostante l'iniziale opposizione della maggioranza parlamentare, che ritiene essere più vantaggiosa una posizione neutrale. La decisione a intervenire è presa dal governo Salandra, con l'appoggio del re e sostenuta dalle manifestazioni di piazza. 2. conseguenze politiche, per il processo di mobilitazione delle masse inferiori. L'esercito che combatte al fronte è formato da contadini. La posizione degli operai è rafforzata dall'intensificarsi dell'industrializzazione. Il Partito socialista si radicalizza (scoppio Rivoluzione Russa 1917). La fine della guerra segna una fase di agitazioni sociali, il “biennio rosso” (scioperi, occupazioni di terre e di edifici pubblici). Le classi medie sono sensibili al mito della “vittoria mutilata”(delusione per i vantaggi ottenuti dalla guerra, considerati insufficienti). Il sistema politico si trova impreparato ad affrontare i problemi di mobilitazione post-bellica. L'unico partito di massa il Psi, esce fortemente radicalizzato, assumendo atteggiamenti rivoluzionari e non essendo interessato a sviluppare collaborazioni con altri gruppi. I cattolici formano nel 1918 il Partito popolare italiano, in seguito al quale viene revocato il non expedit. Il Ppi fatica a collaborare con i liberali per la diffidenza nei confronti dello Stato liberale. Il suo capo don Luigi Sturzo non siede in Parlamento, perciò risulta difficile la collaborazione con le altre forze parlamentari. Dopo le elezioni del 1919 i liberali non ottengono la maggioranza parlamentare. In una tale situazione di fragilità istituzionale il movimento fascista con Benito Mussolini arriva al potere il 28 ottobre 1922 e segna la fine del regime liberale. IL REGIME FASCISTA Mussolini arriva al potere grazie alla pressione esercitata dalle squadre d'azione. L'uso della violenza organizzata viene adoperata per ottenere l'incarico di guidare il governo.

Il regime assume i caratteri di un regime autoritario. L'autoritarismo moderno si contraddistingue per essere un regime non libero e caratterizzato da un relativo pluralismo all'interno dei gruppi della coalizione dominante, una partecipazione politica limitata e fortemente controllata dall'alto. Il relativo pluralismo è una costante del regime. La Chiesa cattolica, riconciliata con lo Stato italiano nel 1929, sviluppa le uniche organizzazioni alternative a quelle del regime. In un primo momento il regime si preoccupa di smobilitare gli avversari: comunisti, socialisti, repubblicani, popolare, liberali antifascisti, le cui organizzazioni vengono smantellate e dichiarate fuori legge. → il fascismo è un regime illiberale che sopprime la competizione politica, perseguita gli avversari e cerca di superare l'arretratezza dell'unificazione italiana con strumenti coercitivi: • repressione poliziesca • mobilitazione delle masse Gli italiani entrano nella politica di massa proprio con il fascismo. E' la prima socializzazione politica di massa della storia italiana e si svolge in un regime non democratico. Un altro importante lascito del regime fascista riguarda la creazione di un vasto settore pubblico dell'economia (operazione di salvataggio di industrie e banche private, che porta nel 1936 alla creazione dell'Istituto per la ricostruzione industriale (Iri).

CAPITOLO 2 LA REPUBBLICA PROPORZIONALE Il fascismo cade il 25 luglio 1943 a causa della sconfitta militare (sbarco alleati) e da conflitti interni al fascismo. I partiti antifascisti non giocano un ruolo significativo nella caduta del regime fascista. Il governo diretto dal maresciallo Badoglio, che si forma dopo il 25 luglio, è composto da esponenti della burocrazia civile e militare e non vi sono rappresentanti né fascisti “dissidenti” né antifascisti. La presenza militare alleata influisce sulla fase di transizione, sia nel favorire i partiti moderati, sia nel garantire il carattere pacifico all'interno dell'intero processo. LE NUOVE REGOLE DEL GIOCO: LA COSTITUZIONE DEL 1948 Il referendum del 2 giugno 1946 trasforma l'Italia in una repubblica. Segue poi l'elaborazione di una nuova Costituzione che entra in vigore nel 1948, approvata con larghissima maggioranza. I tre quarti dei voti sono conquistati da tre partiti di massa: 1. Democrazia cristiana 2. Psi 3. Pci La Costituzione italiana del 1948 è una costituzione “lunga”, con una prima parte dedicata ad una lista articolata di diritti civili, politici e sociali. E' fortemente retrospettiva: si cerca di rafforzare il governo, ma il ricordo del fascismo fa prevalere il “complesso del tiranno”, cioè il timore nei confronti di possibili abusi da parte del potere esecutivo → il rafforzamento del governo è perciò limitato, al Parlamento viene assegnata una posizione cruciale. La Costituzione del 1948 è piuttosto permissiva. Esempio della sua flessibilità è quello del presidente della Repubblica, il cui ruolo può oscillare tra l'essere un semplice notaio delle decisioni delle maggioranze parlamentari e il somigliare molto al capo di uno Stato semipresidenziale.

Il presidente della Repubblica, non svolge un ruolo puramente cerimoniale, ma i suoi poteri vengono paragonati all'immagine della fisarmonica, poiché possono dilatarsi o meno a seconda della congiuntura politica e in misura inversamente proporzionale alla presenza di una maggioranza di governo forte e determinata nelle politiche da perseguire. E' in mancanza di una salda maggioranza parlamentare che il presidente si trova ad operare scelte politiche di rilievo. Il presidente della Repubblica può: • rinviare alle Camere una legge per chiedere un'ulteriore deliberazione • nominare il presidente del Consiglio • può esercitare una forte influenza sulla formazione del governo • sciogliere in tempo anticipato le Camere e convocare le elezioni anticipate E' una Costituzione che mira a limitare e controllare il potere dell'esecutivo, segno evidente del lascito dell'esperienza autoritaria. L'introduzione del controllo giudiziario di costituzionalità delle leggi nell'ordinamento italiano è stata senz'altro una novità di grandissimo rilievo. La creazione di una Corte costituzionale introduce un ulteriore contrappeso nei confronti delle istituzioni politico-governative: governo e Parlamento. La previsione di un ordinamento regionale, in una prima fase viene attuato solo per la parte che riguarda le regioni a statuto speciale dotate di più ampia autonomia. Le regioni ordinarie vengono istituite nel 1970. Strumento di garanzia nei confronti delle maggioranze politiche è il referendum abrogativo che permette a minoranze qualificate di richiedere l'abrogazione di una legge o di una sua parte. Un elemento di estremo rilievo è la legge elettorale. La scelta effettuata nel 1947 dalla Camera è a favore di un sistema proporzionale a scrutinio di lista, dove all'elettore spetta il compito di scegliere tra le liste in campo e di esprimere la preferenza per i singoli candidati. I seggi sono poi attribuiti in modo proporzionale tra le varie liste e sono eletti i candidati che nell'ambito di ciascuna lista, ottengono maggiori preferenze. E' un sistema che premia i partiti di massa (Dc, Pci e Psi). Il sistema politico italiano e le sue stesse istituzioni sono influenzati dai rapporti che sisviluppano tra i partiti politici quindi dall'evoluzione del sistema partitico.Le elezioni del 1948 vedono confrontarsi due schieramenti : • il Fronte democratico popolare, composto da Pci e Psi • Dc che collabora con i partiti di centro La Dc ottiene un grandissimo successo e la maggioranza dei seggi parlamentari. ELEZIONI, PARTITI E SISTEMA PARTITICO Il comportamento elettorale della Prima Repubblica si divide in due fasi: 1. 1953-1976 concentramento del voto sui due principali partiti Dc e Pci (1976 raccolgono 73% dei voti). La stabilità dell'elettorato italiano è stata favorita dalla legge elettorale proporzionale, ma anche alla natura di massa dei principali partiti. Il moderno partito di massa è caratterizzato da un apparato a carattere permanente, sostenuto da un'ampia rete organizzativa, alimentata da un numero elevato di iscritti e soprattutto attivisti. Presenta un'ideologia elaborata, che ne influenza le priorità programmatiche e che tende a fare riferimento agli interessi di classi o gruppi sociali piuttosto ampi e tende a sviluppare relazioni strette con sindacati (Confederazione generale italiana del lavoro (Cgil). Confederazione italiana dei sindacati liberi (Cisl) e Unione italiana del lavoro (Uil) ) e altre associazioni.

Nel caso italiano partiti di massa sono: Dc (frattura politica confessionale), Pci e Psi (frattura politica di classe). I partiti di massa condizionano il comportamento di voto degli elettori: i partiti di massa sono espressione di subculture politiche, settori della società caratterizzati dal fatto di condividere un insieme di valori e atteggiamenti politici comuni. Le subculture italiane presentano un forte radicamento territoriale: i cattolici sono presenti nel Nord-Est e il Pci in Emilia-Romagna, Toscana e Umbria. Qui tende a prevalere il voto di appartenenza,...


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