Sociologia-Bennato-riassunto PDF

Title Sociologia-Bennato-riassunto
Author Chiara Mollica
Course Società e media digitali (Sociologia dei media digitali e Diritto digitale)
Institution Università degli Studi di Bergamo
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esame di social media, riassunto di Sociologia dei media digitali, Bennato...


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DAVIDE BENNATO Sociologia dei media digitali

CAPITOLO 1 Contesto. Processi comunicativi e media digitali: un panorama mutato Viene utilizzata la dizione media digitali, anziché new media, perchè chiamare questi mezzi di comunicazione nuovi vuol dire far loro un torto, dato che, pur essendo recenti, non vuol dire che siano nuovi. Un altro motivo è che nei convegni accademici su questi temi, questa definizione è percepita troppo ampia, per alcuni studi, troppo stretta per altri. Inoltre un motivo è che il termine quando è conosciuto è inutilizzato. Il passaggio dall'analogico al digitale viene concepito come passaggio tecnologico o come un passaggio di tipo socioculturale. Il processo comunicativo: dal broadcasting al socialcasting Con il termine broadcasting si fa riferimento alla modalità di trasmissione detta da uno a molti, in cui c'è una sorgente di comunicazione che irradia il proprio contenuto ad una collettività di persone concettualizzata come indistinta e che viene definita pubblico dei media. Broadcasting viene inteso come processo tecnologico, visto che i mezzi di comunicazione di massa si basano su onde radio e come processo culturale (introdotto da Williams), perchè il ruolo è stato quello di fornire uno strumento istituzionalizzato prima per la trasmissione delle notizie e poi per l'approvvigionamento sociale, che ha avuto come conseguenza quella di trasformarsi in un sistema di controllo sociale. Il narrowcasting è il passaggio da un sistema tecnologico broadcasting a un sistema pochi a pochi. In pratica è possibile usare un canale comunicativo per veicolare contenuti a pubblici specifici. Questa modalità trasmissiva nasce per spiegare la strategia della tv statunitense via cavo per poi passare alla trasmissione via internet. Il narrowcasting è stata definita la fine delle comunicazioni di massa, cioè una forma culturale alla stregua del broadcasting. Secondo Fiske i codici narrowcast sono orientati a pubblici specifici e hanno bisogno di un periodo di apprendimento e per tali motivi possono conferire status. Per esempio, la musica pop è un codice broadcast, mentre il jazz è un codice narrowcast. Con l'affermarsi del ruolo di internet, il concetto di narrowcasting associato alla rete viene sostituito con il termine webcasting: si identifica cosi l'architettura di trasmissione di contenuti tipica del broadcasting attraverso reti digitali. Con il concetto di webcasting si ritorna ad una concezione tecnologica della trasmissione, dato che il termine definisce un set di protocolli informatici che possono dare origine a diverse architetture di distribuzione. Negroponte per sottolineare l'importanza del flusso di dati alla base di queste forme di distribuzione di contenuti, hanno preferito usare il termine datacasting. Oggi se si volesse dare una definizione in grado di comprendere la componente trasmissiva e quella simbolica della comunicazione internet contemporanea, si potrebbe usare il termine socialcasting. Il socialcasting è la modalità di trasmissione caratteristica del web sociale e partecipativo (blog, social network), il cui processo distributivo basato su una community di persone che decidono in autonomia di aumentare la circolazione di un contenuto grazie alle opportunità di condivisione rese possibili dalle nuove piattaforme tecnologiche. Il pubblico: dall'audience ai pubblici-audience La componente che rende sociologica la ricerca sui mezzi di comunicazione di massa è il pubblico, cioè la collettività di persone che fruisce i contenuti veicolati dai media. Il televisore è la tecnologia che consente la trasmissione di segnali audiovisivi, mentre la televisione è il linguaggio veicolato da tale tecnologia. Nella storia dell'analisi dei pubblici vi è stato un progressivo superamento del pubblico passivo, ad esempio con l'approccio usi e gratificazioni, in cui la ricerca si chiedeva non cosa i media fanno alle persone ma cosa le persone fanno con i media; i cultural studies, che hanno rivalutato il pubblico e l'audience come componente attiva nella tripartizione dei Media Studies autore-testo-audience; il modello encoding-decoding di Hall in cui evidenziava come la televisione codifica non sempre corrisponde al modo attraverso i quali l'audience decodifica.

Il pubblico attivo è sempre stato considerato una sfida per la ricerca sui media. L'attività del pubblico viene concettualizzata da Biocca identificando 5 proprietà: – selettività, intesa come espressione della capacità del pubblico; – utilitarismo, fruizione dei media guidata da scopi e bisogni specifici del pubblico; – intenzionalità, un'esperienza diretta a elaborare dinamicamente informazioni e fare scelte ponderate come nel caso degli abbonati a riviste; – refrattarietà all'influenza, concepita come la capacità di resistere a informazioni considerate indesiderate o in contrasto con i valori; – coinvolgimento, il pubblico è pienamente immerso in una esperienza mediale che è anche emotiva. La crescita esponenziale della diffusione dei mezzi di comunicazione di massa hanno portato ad una concezione dell'audience sempre più balcanizzata e sempre meno legata ad un medium specifico. Abercrombie e Longhurst hanno parlato di audience diffusa, secondo questa impostazione l’individuo è sempre parte di un’audience. Il problema della definizione di audience è che essa è sempre stata legata all'esperienza televisiva e poi esportata in altri ambiti mediali. Il concetto di audience quando viene calato in un contesto digitale, solleva più problemi che soluzioni. Il caso dell'audience di Big Brother (Grande Fratello) in cui grazie alla molteplicità di canali di fruizione di questo oggetto mediale è stato necessario non solo riadattare alcune acquisizioni sul concetto di interattività, ma anche riformulare alcune riflessioni relative al concetto di audience attiva, in quanto la partecipazione del pubblico al meccanismo narrativo (votazioni), di accesso alla “casa” via webcam e postare le proprie opinioni hanno alterato l'idea che un'audience attiva è anche un'audience che resiste al testo. In un ambiente in cui vi sono nuovi media e nuove audience, dove quindi chi produce contenuti è anche chi li consuma, viene ricordata la figura del prosumer, che recentemente viene definita produsage. Una strategia è di analizzare le caratteristiche dei pubblici nei social network. Danah Boyd parla di networked publics (pubblici interconnessi). Questa accezione di pubblico gode di quattro proprietà e tre dinamiche di base: – Proprietà: persistenza (cioè il fatto che gli scambi comunicativi online sono automaticamente registrati e archiviati), replicabilità (il contenuto digitale può essere facilmente duplicato), scalabilità (termine tipico dell'informatica che qui sta ad indicare che la visibilità potenziale dei contenuti è enorme) e ricercabilità (il contenuto dei pubblici interconnessi può essere reso accessibile attraverso la ricerca); – Dinamiche: audience invisibili (non tutte le audience sono visibili e compresenti quando una persona sta contribuendo online), contesti collassati (mescolanza di diversi contesti sociali dovuta all'essenza di confini spaziali, sociali e temporali), confusione pubblico/privato (difficoltà di mantenere distinti i due ambiti per via dell'impossibilità di controllare il contesto sociale di riferimento). La Boyd preferisce utilizzare il termine pubblico in quanto può essere sia spazio sociale in cui le persone possono incontrarsi e interagire, sia come comunità immaginata di persone che condividono pratiche, identità e significati culturali. Il dibattito sui Media Studies 2.0 è iniziato nel XXI secolo. Si ispira al concetto di Web 2.0 con cui si è definito il web sociale e partecipativo. Viene elaborato da Toby Miller e David Gauntlett. Per comprendere i Media Studies contemporanei (2.0), dobbiamo studiare i Media Studies 1.0. Questi ultimi fanno riferimento alla diffusione di tecnologie mediali sostanzialmente nuove nella vita di popolazioni urbanizzate, con conseguenti cambiamenti sociali ed effetti socioculturali. I Media Studies 2.0 definiscono quella generazione di ricerche e studiosi delle audience e delle loro interpretazioni, hanno posto in primo piano la cultura popolare intesa come apice della modernità. I Media Studies 3.0 è una tendenza della ricerca contemporanea, caratterizzata dalla connessione fra le principali aree del globo produttrici di cultura e le comunità diasporiche coinvolte nella produzione culturale. L'argomentazione trattata da Miller è debole per due motivi. In primo luogo non è chiaro il motivo che porta a definire in maniera diversa quelli che sembrano essere gli attuali studi sulla globalizzazione. In secondo luogo la posizione di Miller è completamente dentro all'attuale

configurazione dei Media Studies ed è molto difficile da intravedere. Per i Media Studies 1.0 si intende la disciplina accademica nata nella prima metà del XX secolo, che altro non era che il prodotto dei media di massa. I media Studies volevano studiare i media postgutemberghiani broadcast facendo riferimento ad un numero piccolo di forme mediali (libro, cinema, quotidiano ecc.). Il limite principale dei Media Studies 1.0 è quello di aver trascurato gli aspetti della trasmissione e della distribuzione dei media, mostrando aperta ostilità verso la questione tecnologica. Qui l'audience non possono essere definite attive, gli utenti condividono, taggano, twittano, postano. I media Studies 2.0 studiano le possibilità di creatività e partecipazione dei media confrontandole con i contenuti prodotti da sistemi professionali e consumati da specifiche audience. I New Audience Studies sono la concezione della ricerca come qualcosa di relativamente facile da fare e che può essere fatta in una quantità limitata di tempo e la consapevolezza dello statuto sociale del fan inteso sia come esperto culturale che come utilizzatore attivo della cultura popolare. Uno degli obiettivi della ricerca era di non considerare l'audience come dicotomia tra audience e pubblico. La conseguenza di ciò sarà lo sviluppo di una metodologia etnografica in cui la pratica di storytelling è intesa come capacità di dare la parola agli altri. I media digitali non sono il capitolo finale di un libro di testo, ma hanno avuto un impatto su tutti i media, se non nel pubblico, sicuramente nel sistema produttivo del broadcast. I media broadcast sono entrati nelle forme comunicative di internet. Infine, vi è un guardare ai media come nuovo agire sociale: produzione e consumo di contenuti. Per quanto riguarda l'audience, esiste ma non tutto ciò che è pubblico, è audience. Le mutazioni dei media: dai mass media ai social media E' necessario dare una risposta alla domanda mostrando il dissolvimento dei mezzi di comunicazione. I media sono tecnologie che hanno lo scopo di far circolare messaggi e informazioni nella società di massa. L'idea che esista una società di massa è una questione dibattuta e risolta fin dagli anni '60. Thompson da una definizione sulla comunicazione di massa che è la produzione istituzionalizzata e la diffusione generalizzata di merci simboliche attraverso la fissazione e la trasmissione di contenuti simbolici. Questa enfasi sulla dimensione simbolica è ciò che rende complesso il concetto di comunicazione di massa, che non può ridursi al semplice riferimento a tecnologie mediali, rendendolo così non solo un processo sociale, che coinvolge i modi attraverso cui attribuiamo senso al mondo circostante. Schudson parla del funzionamento della cultura, secondo questa riflessione le dimensioni che definiscono la forza della cultura sono cinque: – reperibilità, cioè la possibilità di accedere agli oggetti culturali; – forza retorica, che consiste nell'efficacia attribuibile agli oggetti culturali se vengono etichettati in modo tale da colpire l'immaginario sociale; – risonanza, che rappresenta la capacità degli oggetti culturali di rimandare a elementi simbolici preesistenti e quindi parte del contesto culturale di riferimento; – ricordo istituzionale, cioè il potere che gli oggetti culturali hanno in virtù dei meccanismi sociali di legittimazione; – risoluzione, da intendersi come la proprietà di alcuni oggetti culturali di orientare l'azione sociale. Sia nell'accezione processuale, sia nell'accezione culturale, i mezzi di comunicazione sono caratterizzati da tre componenti: artefattuale (tecnologica), simbolica (significazione), istituzionale (legittimazione). Il concetto di medium è tornato più volte, dando delle diverse soluzioni. Bolter e Grusin hanno proposto il concetto di rimediazione, cioè il processo secondo cui i mezzi di comunicazione si comportano secondo due distinti modelli culturali (la doppia logica della rimediazione), l'immediatezza da un lato (ovvero l'illusione della scomparsa dei media nel nostro rapporto con il mondo), l'ipermediazione dall'altro (all'opposto, la radicalizzazione della presenza dei media nel nostro rapporto con il mondo). Bolter e Grusin sostengono che un medium è ciò che rimedia, ovvero

che si appropria di tecniche, forme e significati sociali di altri media e cerca di competere con loro o di rimodellarli nel nome del reale. L'ipotesi totalizzante del medium è spesso definita mediatizzazione, declinata come meccanismo pervasivo della società contemporanea metaforicamente simile ad una ecologia. Vi sono due livelli di mediatizzazione: da un lato un processo di cambiamento sociale attualizzato dai media, dall'altro una seria di funzioni svolte dai media. Per quanto riguarda il cambiamento sociale, esso si risolve in alcune componenti: – estensione, la capacità che hanno i media di estendere i limiti della comunicazione umana; – sostituzione, la possibilità di rimpiazzare attività o istituzioni sociali modificandone le caratteristiche; – amalgamarsi, cioè la dissoluzione dei confini tra attività mediate e attività non mediate; – accomodazione, il semplice fatto che esiste la comunicazione tramite media induce il cambiamento sociale. La mediatizzazione è possibile sono analizzando le funzioni svolte dai media: – trasmissione, che consiste sia nel trasferire i messaggi attraverso il tempo e lo spazio, sia nel connettere attori differenti superando distanze spazio-temporali; – semiotica, la codifica di un messaggio in termini cognitivamente percepibili e processabili dagli individui; – economica, intesa come standardizzazione e divisione del lavoro tipico dei mass media. Internet è medium, ma è difficile definire se sia “dentro” la mediatizzazione. Il tema della mediatizzazione e del ruolo di internet porta con sé un problema tutt'altro che indifferente: utilizzare una serie di argomentazioni che sono pienamente dentro la logica del determinismo tecnologico, ovvero la posizione secondo cui la società cambia perchè modificata dall'impatto di una qualsiasi tecnologia. Nella posizione classica viene fatta una distinzione tra mass media e personal media. Esistono media che si rivolgono alla società nel suo complesso (i mass media come televisione), a cui si contrappongono media usati da singoli individui che a singoli individui si rivolgono (i personal media come il telefono). Questa distinzione è stata declinata nei modi più diversi. Thompson ha proposto un'utile distinzione tra le forme di interazione distinguendo tra relazione faccia a faccia (nessun medium), interazione mediata (presenza medium ad es. telefono), interazione quasi mediata (il rapporto comunicativo è simile ad un monologo, ad es. televisione, radio ecc.). Mentre l'interazione mediata è tipica dei personal media, l'interazione quasi mediata è tipica dei mass media. Fidler parla di un processo chiamato mediamorfosi, frutto della trasformazione dei media causata dalla sovrapposizione e riorganizzazione di bisogni percepiti degli utenti, dalle pressioni politicoeconomiche e dalle innovazioni sociali e tecnologiche. Fidler, parla di tre domini mediali: dominio dell’interpersonale (include le forme comunicative bidirezionali, telefono e chat), del broadcast (include forme di comunicazione mediata di tipo audiovisivo da uno a molti, televisione e cinema), del documento (prevede forme di comunicazione mediata di tipo testuale-visivo, quotidiani o siti web). In base a questi tre domini è possibile riconoscere i personal media e i mass media. La duplicità dell'uso sociale delle tecnologie della comunicazione può eliminare alcune ambiguità delle definizioni di mass media e personal media. Il telefono, mezzo di comunicazione interpersonale è stato un mezzo usato per trasmettere le notizie, un vero e proprio quotidiano telefonico come Telefon Hirmondo (mass media); oppure come il telegrafo (personal media) per trasmettere dispacci per lo più legati alla Borsa e alle transazioni economiche, per diversi anni è stato uno strumento per l'interazione sociale grazie ai telegrammi. Viene utilizzata questa strategia per capire le diverse forme comunicative che internet rende possibili (la duplicità di internet). Bakardjieva parla di virtual togetherness (stare insieme virtuale), inteso come strumento per esprimere forme della socialità online che vadano oltre la semplice community, distingue due modi della comunicazione in internet da intendersi come un continuum: il modo del consumo e il modo delle comunità. Il primo è quella forma di uso sociale della rete che non prevede la presenza dell'altro e la partecipazione dell'utente; il mondo della comunità presuppone sia la partecipazione che il coinvolgimento. È possibile così delineare alcune forme idealtipiche dell'uso della rete:

– infosumer, l'uso di internet per la ricerca di informazioni; – relazioni strumentali, in cui gli altri diventano fonte di informazioni; – sfera pubblica virtuale, in cui l'informazione è centrale ma gli altri sono soggetti con i quali confrontarsi; – chatter, cioè internet inteso come luogo per incontrarsi e scambiare quattro chiacchiere; – comunitario, in cui la rete viene considerata come strumento di supporto e sostegno sociale per condividere aspetti della propria identità. La CMC o Computer Mediated Communication considera il computer come strumento di comunicazione interpersonale. È l'analisi dei cambiamenti comunicativi e relazionali che la presenza del computer porta fra individui e piccoli gruppi. Questo ha portano a nuove forme di utilizzo del linguaggio: dalla lingua delle chat (utilizzo di faccine o emoticons), alle nuove pratiche sociali (flaming, trolling, spamming). L’impostazione socio-psicologica della disciplina di Gunkel ha criticato alcune posizioni della CMC. Secondo Gunkel, bisogna comprendere lo sviluppo dei computer e soprattutto il timesharing (divisione a tempo), un escamotage informatico per consentire la condivisione fra più utenti delle limitate risorse hardware dei primi computer. Il timesharing ha consentito lo sviluppo di due tipi di comunicazione fra utenti: la chat e l'email. La definizione del CMC si è istituzionalizzata grazie ad un rapporto con la National Science Foundation. Secondo Gunkel il computer dovrebbe essere considerato attore sociale della comunicazione online che partecipa al processo e non oggetto “trasparente”. L'idea del computer come attore sociale non è nuova, infatti Gunkel ci chiede di prendere sul serio la componente tecnologica della comunicazione come hanno fatto i Media Studies, o meglio i teorici del medium, cioè chi ha visto nella dimensione tecnologica il motore primo del cambiamento sociale: Innis, McLuhan, Ong, Eisenstein. Sull'idea di assegnare alla tecnologia il giusto ruolo nasce una ricerca fondata da Silverstone che ha valorizzato i processi di significazione sociale delle tecnologie domestiche, da cui il termine: domestication theory, con particolare attenzione alla categoria di consumo produttivo, ma ha soprattutto focalizzato l'attenzione artefattuale delle tecnologie mediali sottolineando come alcuni processi sociali possono essere correttamente compresi solo se ricondotti alla loro componente tecnologica. Nella dicotomia mass media e personal media vi è una distinzione tra spazio pubblico e spazio privato, ciò rende la televisione comunicazione di massa e il telefonino la comunicazione personale. Vi sono stati vari studiosi che hanno sottolineato come pubblico e privato non sono categorie a priori, ma processi sociali che possono mescolarsi in modo imprevedibile. Williams, nel descrivere i processi culturali sottesi a due tecnologie tipiche della ...


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