Talamo PDF

Title Talamo
Author marco frezza
Course Anatomia Umana
Institution Università degli Studi dell'Insubria
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Summary

Talamo...


Description

ANATOMIA: TALAMO TALAMO Caratteristiche macroscopiche Dopo aver esaminato attentamente le caratteristiche macroscopiche del talamo, possiamo vedere come è organizzata questa parte del diencefalo.

Il talamo è una massa di sostanza grigia di forma ovoidale della lunghezza massima di 2-3 cm, 4g di peso, visibile sulla superficie inferiore del cervello, con un polo anteriore un po’ più appuntito detto anche tubercolo talamico e un polo posteriore attraversato da una lamina di sostanza bianca con forma a “Y”. All’interno di questa lamina di sostanza bianca (lamina midollare interna) c’è un grosso nucleo con altri piccoli nuclei sparsi; questi prendono il nome di “nuclei intralaminari”, mentre il grosso nucleo è il nucleo centromediano. Il nucleo centromediano già lo conosciamo: era quel nucleo responsabile del bombardamento della corteccia cerebrale (dalla formazione reticolare arrivano impulsi a questo nucleo per la corteccia affinché questa possa lavorare normalmente). La lamina midollare interna divide il talamo in una porzione mediale, una anteriore e una laterale; ciascuna di queste è una suddivisione prevalentemente di sostanza grigia con zone più o meno addensate di neuroni. Qui c’è il terzo ventricolo medialmente e sulla porzione superiore abbiamo invece il solco corioideo del talamo che divide una superficie intra- e una extra- ventricolare.

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Lateralmente c’è un guscio di sostanza grigia, per cui se lo vediamo in sezione trasversale, in direzione medio-laterale abbiamo: il talamo, una lamina di sostanza bianca subito adiacente e il guscio che viene detto ”formazione reticolare del talamo”, già vista nel controllo della corteccia perché inibita dal sistema attivatore ascendente della formazione reticolare (la formazione reticolare del talamo inibisce il nucleo centro-mediano). La formazione reticolare truncale inibisce quindi la formazione reticolare del talamo per attivare il nucleo centromediano. Nell’ambito di ciascuna di queste porzioni, si può fare un’ulteriore divisione funzionale: la parte laterale ha infatti una regione dorsale e una regione ventrale. Nell’ambito della regione ventrale possiamo fare ancora una suddivisione (sempre dal punto di vista funzionale, non anatomico): una regione anteriore, intermedia e posteriore (LVP: laterale ventrale posteriore, LVI: laterale ventrale intermedia e LVA: laterale ventrale anteriore). Nella LVP poi abbiamo ancora una porzione laterale e una mediale (LVPL e LVPM); la parte mediale è addossata al nucleo centro-mediano ed è un po’ incurvata, per cui parliamo di nucleo arcuato. LVPM = nucleo arcuato. Ma non è finita qua perché la parte più posteriore della regione laterale del talamo prende il nome di “pulvinar” e proprio dietro al pulvinar ci sono due regioni sporgenti che formano il metatalamo; le due regioni hanno funzioni distinte e si chiamano genicolato mediale e genicolato laterale.

Teniamo presente che ciascuna parte del talamo (a parte la formazione reticolare) è in rapporto funzionale con la corteccia cerebrale attraverso un sistema di fibre che lo collegano a tutte le porzioni corticali, come una corona di radiazione di fibre proiettive: la “corona radiata” appunto. Le parti anteriori del talamo si collegheranno alle parti anteriori della corteccia, le posteriori con le posteriori e così via, ma importante è sottolineare che tutti i collegamenti del talamo con la corteccia sono a doppio senso. Pag. 2 di 10

Caratteristiche funzionali La funzione che un tempo si riteneva fosse l’unica del talamo è l’afferenza che già conosciamo: afferenze dal midollo. Un tipo di queste riguarda la sensibilità tattile non discriminativa, termica e dolorifica: questa dal neurone del ganglio spinale va, come già sappiamo, prima al neurone funicolare della testa del corno posteriore, successivamente alla testa del corno anteriore controlaterale per salire quindi con il fascicolo spinotalamico fino alla zona LVPL; un altro tipo riguarda invece la via tattile discriminativa e propriocettiva cosciente: un fascio dal midollo che va ai nuclei gracile e cuneato (funicolo spino-bulbare) e da qui attraverso il lemnisco mediale di nuovo alla LVPL. Quindi qui arrivano la sensibilità tattile discriminativa e non discriminativa: perché arrivano insieme se abbiamo fatto tanta fatica fino adesso a tenerli separati? Perché in realtà finiscono nella stessa area, non negli stessi neuroni, quindi in zone diverse. Altri lemnischi sono quello gustativo e quelli trigeminali (i trigeminali vengono dal nucleo della radice discendente e dal pontino principale); sia il gustativo che il trigeminale non si portano alla parte laterale del ventrale posteriore, ma a quella mediale, cioè al nucleo arcuato che riceve quindi sostanzialmente la sensibilità della testa. Poi che altro conosciamo: vi ricordate il discorso del cervelletto? Il cervelletto si collega con il LVI e da qui con la corteccia motoria con fibre da spino- e cerebro- cerebellum. Un’altra afferenza proviene dalla via acustica con i nuclei cocleari; questi formano il lemnisco laterale che va al tubercolo inferiore della lamina quadrigemina e quindi un fascio, un “braccio congiuntivo”, porta al genicolato mediale. Questa via possiamo chiamarla tetto-genicolata. Altra via è quella ottica che dalla retina forma il nervo ottico, il quale attraversa il chiasma e da qui il tratto ottico, tratto che corrisponde a un lemnisco che termina in gran parte nel genicolato laterale (70-80% delle fibre), mentre la restante parte va al tubercolo quadrigemino superiore. Sostanzialmente abbiamo sensibilità acustica, visiva e somatica in 3 regioni poste attorno al pulvinar: questo non è un caso e vedremo il perché. Ma la sensibilità non termina qui, le varie parti si collegano a una regione corticale diversa, quindi aree specificatamente delegate ad ogni tipo di sensibilità: l’area che riceve impulsi cerebellari si collegherà ovviamente alla corteccia motoria e così via. Le altre porzioni talamiche? Per la porzione dorsale è facile: non si sa. L’area anteriore fa invece parte del circuito di Papez, circuito che serve alla memorizzazione, fenomeno fondamentale per il bilanciamento tra le attività istintuali e il libero arbitrio (ne parleremo poi). Questa parte del talamo si collega con una zona telencefalica posta al limite con il diencefalo, detta porzione limbica o lobo limbico, particolarmente dedicata all’elaborazione degli impulsi connessi con l’attività istintuale, quindi impulsi da circuiti che coinvolgono diverse parti del nevrasse collegate al sistema limbico, tra cui l’” ipotalamo”, posto appunto sotto al talamo e che svolge un ruolo chiave in questo senso. Possiamo dire che questa parte appartiene al sistema limbico? Assolutamente sì. La parte mediale ha un grosso nucleo detto dorso-mediale che ha 2 collegamenti fondamentali: uno a doppio senso con l’ipotalamo e uno a doppio senso con la corteccia prefrontale. Pag. 3 di 10

La corteccia prefrontale è una parte del lobo frontale posta davanti alla zona dedicata alle attività motorie ed è fondamentale nella modulazione dell’atteggiamento, per cui si ha che anche il nucleo dorso-mediale è coinvolto nel sistema limbico.

Ipofisi e ipotalamo Il diencefalo è anche in rapporto con l’ipofisi, regina delle ghiandole endocrine, formata da una parte detta adenoipofisi e una parte che sui libri è invece chiamata neuroipofisi, la quale non è una parte della ghiandola, ma dell’ipotalamo. Per quanto riguarda la sua organogenesi molto schematicamente diciamo che dallo stomodeo, (la cavità orale primitiva derivante dal ripiegamento cefalico nella quarta settimana di sviluppo, formato da ectoderma di rivestimento) si sviluppa una tasca detta “tasca di Rathke”, la quale va incontro ad un diverticolo diretto in senso opposto che viene invece dall’ipotalamo ed è formato da neuroectoderma.

L’ipofisi definitiva deriverà da questa tasca di Rathke che perde il collegamento con lo stomodeo e che contiene al suo interno una cavità rivestita ovviamente da ectoderma di rivestimento; la tasca si sviluppa quindi prevalentemente in senso anteriore, mentre la cavità centrale sarà destinata a scomparire. Questa cavità infatti, mano a mano che sviluppa l’adenoipofisi si riduce in cavità cistiche che nell’adulto scompaiono; tuttavia dei residui possono permanere e dar luogo a formazioni cistiche che interferiscono con l’attività funzionale. In definitiva quindi ci sono due porzioni, una anteriore più sviluppata e una che chiamano intermedia subito prima della neuroipofisi, più piccola e dietro alla linea di separazione tra parte anteriore e posteriore della tasca di Rathke. L’ipofisi si trova al di sotto di un tetto che deriva dallo sdoppiamento della dura madre simile a quello del cavo del Meckel, con un piccolo pertugio dove passa il collegamento con l’ipotalamo all’interno della sella turcica scavata nel corpo dello sfenoide; questo già ci mette in guardia per quanto riguarda le sue funzioni in stretto rapporto con il sistema endocrino e vegetativo. Allora se vogliamo vedere dobbiamo girare l’encefalo, ma questa porzione contenuta all’interno della sella turcica non possiamo vederla perché accolta dallo sdoppiamento della dura madre, quindi si strappa il sottile peduncolo di attacco e fatto questo possiamo osservare la regione dell’ipotalamo che risulta essere molto

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piccola e localizzata in una posizione precisa delimitata da una specie di losanga formata da 4 strutture che sono: i due tratti ottici e i peduncoli cerebrali.

Quindi, in una sezione trasversale:

Il chiasma ottico, posto al davanti della sella turcica sul corpo dello sfenoide, si prolunga in dietro con i tratti ottici sorpassando i peduncoli cerebrali e incontrando quindi postero-superiormente il metatalamo: in questa losanga vediamo la parte inferiore del diencefalo formata dai due ipotalami che si congiungono sulla linea mediana inferiormente. Ricordate che infatti il pavimento del terzo ventricolo è delimitato dall’ipotalamo, mentre i due talami sono divisi tranne in una piccola porzione detta “adhesio intertalamica”. Quindi visto da sotto abbiamo la porzione dell’ipotalamo che forma il pavimento del terzo ventricolo. Posteriormente abbiamo i corpi mammillari, poi abbiamo una regione centrale sporgente detta “tuber cinereum”, quindi il peduncolo d’attacco dell’ipofisi (i due corpi mammillari sono al davanti della sostanza perforata posteriore). Visto invece in sezione sagittale abbiamo inferiormente il chiasma, poi il peduncolo, il tuber cinereum, il corpo mammillare e il peduncolo cerebrale, mentre superiormente incontreremo il foro di Monro, il talamo, la lamina quadrigemina.

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L’ipotalamo è diviso in due porzioni da due grossi fascicoli: un fascicolo mammillo-talamico, dal corpo mammillare alla porzione anteriore del talamo, e il fornice. Il fascicolo mammillo-talamico è detto anche di Vicq d’Azyr, “nessuno studente dimentica mai il fascicolo di Vicq d’Azyr, troppo bello come nome”. Il fornice è, come vi ho già detto, un fascio associativo prosencefalico; i fasci associativi nascono dalla necessità di associare tra loro le diverse porzioni dell’encefalo e in questo caso due porzioni del prosencefalo. Pag. 6 di 10

“Il nome fascio associativo prosencefalico non lo trovate sui libri, me lo sono inventato io, ma mi sembra molto importante definirlo in questo modo”. Il fornice associa quindi il telencefalo e il diencefalo e tra l’altro fa parte, insieme al fascio di Vicq d’Azyr, del circuito di Papez; non a caso il fascio di Vicq d’Azyr va alla parte anteriore del talamo (e quindi andrà poi al lobo limbico). Questi fasci in sezione frontale passano quindi in mezzo all’ipotalamo dividendo una porzione mediale e una laterale, quindi in sezione frontale sono posti nel mezzo. Chi era Vicq D’Azyr? Era il medico personale del re di Francia. Durante un congresso di anatomia a Parigi, egli selezionò un preparato anatomico portato da un giovane italiano e gli diede il premio; chi era questo giovane italiano? Siamo nel 1700, quindi: Antonio Scarpa. La sostanza grigia è organizzata in nuclei: ci sono tantissimi nuclei nell’ipotalamo ed è estremamente complicato. Bisogna pensare che ci sono due categorie speciali di neuroni: magnocellulari e microcellulari; i magnocellulari si trovano soprattutto su un nucleo della parte mediale, detto paraventricolare, in stretta vicinanza col terzo ventricolo, e su un nucleo che si trova sia sulla parte mediale che su quella laterale, il nucleo sopraottico, posto subito sopra il chiasma ottico. Questi neuroni sono appunto le cellule neuroendocrine di cui parlavamo; queste mandano il loro assone che arriva alla parte dell’ipofisi chiamata neuroipofisi e contattano i vasi sanguigni attraverso una specie di bottone sinaptico; il neurosecreto ovviamente ha le funzioni di un ormone ed è costituito da ossitocina e ADH (o vasopressina). Entrambi i nuclei producono entrambi gli ormoni; l’ossitocina ha funzioni sull’utero, note da t anti anni, che determinano contrazioni uterine nel parto, ma non solo: ha a che vedere con la prole agendo sulla ghiandola mammaria facendo spremere le cellule mioepiteliali (cellule “a manina”, poste sugli alveoli) per l’allattamento. Però recentemente sono state scoperte altre funzioni che riguardano il rapporto psicologico tra la madre e il neonato, rapporto di forte attenzione che viene determinato proprio da questo ormone che quindi è estremamente importante nell’allevamento della prole, attività fondamentale perché non si estingua la specie. Questo effetto permane però per lunghi anni, è necessario infatti allevare il neonato: questo meccanismo coinvolge sia la mamma che il papà; l’ossitocina nel cervello maschile ha il compito di regolare un meccanismo socialmente etico al fine di collaborare all’allevamento della prole. L’ossitocina è anche somministrata farmacologicamente per indurre il parto. La vasopressina ha funzione sui vasi sanguigni agendo sulla muscolatura e regolandone quindi il calibro, per cui regola i volumi idrici, i quali sono regolati anche e soprattutto dal rene che elimina le scorie dissolvendole nell’acqua. Il minimo richiesto dal rene per eliminare le scorie di 24h in un individuo normale è mezzo litro. Generalmente l’ideale è avere a disposizione un litro e mezzo; in mezzo litro è al limite della concentrazione, perché se da mezzo litro passo a 450 ml l’urina è troppo concentrata e rischio che si formino delle concrezioni, i calcoli renali, patologia estremamente diffusa, soprattutto nelle Marche.

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Il rene come può disporre di liquidi? Dipende dall’acqua che ingeriamo, quindi se abbiamo eccesso di acqua o quantità inferiore risponde l’ipotalamo sentendo l’osmolarità dei tessuti interstiziali, quindi questi neuroni presentano sensibilità verso l’osmolarità dei tessuti. L’ADH, antidiuretico, promuove il riassorbimento di acqua in particolare a livello del tubulo contorto distale e il riassorbimento dipende dalla quantità di acqua nelle urine e a disposizione.

Una lesione ipotalamica riguardante queste regioni, può far sì che non ci sia più ADH e quindi che l’acqua non venga riassorbita e aumenti il volume delle urine fino a 4-5 litri: Il cosiddetto diabete insipido. Come si fa a distinguere tra mellito e insipido? Si assaggiano le urine, o almeno una volta si faceva così, adesso ci sono le analisi. Nel diabete mellito abbiamo iperglicemia, quindi l’escrezione del glucosio in eccesso viene fatta attraverso le urine che risulteranno dolci. Quindi la neuroipofisi non è altro che la porzione dell’ipotalamo che contiene la parte terminale degli assoni delle cellule contenute nei nuclei sovraottico e paraventricolare. Tutti gli altri nuclei sono microcellulari. La porzione laterale dell’ipotalamo la consideriamo come un tutt’uno; si sa molto poco di questa regione, mentre nella parte mediale ci sono tanti nuclei di cui si conosce la funzione. Cominciamo dalla parte anteriore: di solito la parte mediale si divide in anteriore o sovrachiasmatica, intermedia o tuberale e posteriore o mammillare. Quali sono i nuclei importanti? C’è un piccolo ma importante nucleo sovrachiasmatico, solo nella regione mediale, che riceve impulsi dalla retina, quindi visivi, perciò avrà a che fare con il ritmo luce-buio e manda impulsi alla formazione reticolare da cui si dipartono le vie reticolo-spinali che includono le vie di regolazione del sistema vegetativo, quindi viene raggiunta la colonna laterale dell’ortosimpatico. Pag. 8 di 10

Il primo neurone è dell’ortosimpatico, pregangliare a livello di C8 che si collega tramite la catena laterale a quello post- gangliare del ganglio cervicale superiore che con la fibra pericarotica arriva a livello del diencefalo e in particolare all’epifisi, ghiandola pineale. Questa si chiama ghiandola pineale perché assomiglia ad una pigna che sporge subito al di sopra dei due corpi quadrigemini superiori, dietro e sopra il talamo, infatti qui ci sono le abenule che si collegano al nucleo dell’abenula e quindi alla ghiandola pineale.

Ghiandola pineale La ghiandola pineale è una ghiandola endocrina formata da cellule neuroendocrine che hanno lo stesso comportamento di quelle dell’ipofisi e che producono due tipi di ormoni: polipeptidi e metossindoli. Quello che ci importa di ciò sono due tipi di ormoni: la melatonina e la serotonina. La melatonina viene secreta in seguito al ritmo buio-luce, cioè viene prodotta nel buio, nella luce è inibita e va nel sangue e, cosa interessante, anche nel liquido cefalo-rachidiano. Questa è una novità, pensavamo che il liquor servisse solo dal punto di vista meccanico a difendere il nevrasse, in realtà ha funzione anche di trasporto degli ormoni prodotti dall’epifisi. Questi ormoni possono quindi essere captati da cellule particolari intercalate tra le cellule ependimali, quindi le cellule epiteliali del terzo ventricolo; queste cellule speciali sono dette taniciti e captano gli ormoni del liquido cefalo-rachidiano; presentano prolungamenti che terminano sinapticamente su altri neuroni influenzando l’attività neuronale della regione tuberale dell’ipotalamo in cui troviamo soprattutto 3 grossi nuclei: dorso-mediale, ventro-mediale e arcuato. Questi producono gli ormoni RH (releasing hormons) che vanno a modulare l’attività delle cellule dell’adenoipofisi attivandole o inibendole. Si controllano quindi attraverso l’adenoipofisi: tiroide, corteccia surrenale e gonadi. Allora gli ormoni prodotti da queste tre porzioni endocrine sono controllati dai RH regolati in base al ritmo luce-buio e tramite il sistema sovra chiasmatico, formazione reticolare, ortosimpatico e ghiandola pineale. In questo modo si controlla il ritmo circadiano della secrezione ormonale; in particolare le gonadi cominciano a funzionare da un certo momento dello sviluppo che chiamiamo pubertà, verso i 12 anni. Prima dei 12 anni è l’epifisi che va a inibire la funzione dell’adenoipofisi, i pinealociti producono gli ormoni e li legano alla neuroepifisina, proteina che permette il trasporto ormonale al bottone sinaptico. A questo punto la neuroepifisina che si è staccata dall’ormone rimane nell’interstizio e si lega agli ioni calcio creando quindi delle micro calcificazioni che aumentano col passare del tempo formando strutture calcaree visibili alla radiografia dai 30 anni in poi.

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Nonostante la calcificazione, il sistema funziona tutta la vita, solo che prima della pubertà inibisce le cellule gonadotrope. Se c’è un tumore questo può essere alle cellule gliali o a quelle endocrine; nel primo caso si ha che le cellule gliali distruggono le cellule endocrine e ciò determina pubertà precoce, cioè bambini di 3 o 4 anni che hanno pubertà, nel secondo caso si ha invece il contrario, si esalta l’inibizione della pubertà che risulta quindi ritardata.

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