1. Commento ai vv. 82-93 del canto VI del Paradiso di Dante Alighieri PDF

Title 1. Commento ai vv. 82-93 del canto VI del Paradiso di Dante Alighieri
Course Italien
Institution Université Jean-Moulin-Lyon-III
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LETTERATURA IT...


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1.Commento ai vv. 82-93 del canto VI del Paradiso di Dante Alighieri

Dante Alighieri è un poeta, scrittore e politico italiano che nacque in 1265 tra il mese di maggio e di guigno a Firenze e morri nel settembre 1321 a Ravenna. Scrittore della Divina Commedia, conoscuta a travarso i secoli per i suoi tre Canti (Inferno, Purgatorio e Paradiso) scritti in volgare. Dante è conoscuto come precursore della fioritura letteraria italiana, ma soprattutto autore eccezionale che ancora oggi rapresenta un modello da da seguire. Dante scrisse numerosi Canti tra cui il Canto VI del Paradiso ed in particolare il brano vv.82-93. Le proponiamo per cominciare una breve introduzione al Canto VI del Paradiso, in seguito faremo la parafrasi di vv.82-93 , e per finire l’analisi dei versi parafrasati.

I-

Intruduzione al Canto VI del Paradiso

Nel canto V Dante, dal cielo della Luna, si sposta nel cielo di Mercurio. Dove gli vengono incontro oltre mille anime, dall’aspetto di bagliori luminosi contenenti figure umane appena distinguibili, anime che operano il bene per ottenere la gloria terrena. Ad uno degli spiriti, Dante pone due domande, chiedendo:chi egli sia? E, per quale ragione sia stato assegnato al cielo di Mercurio? A quel punto il beato comparse a Dante e Beatrice alla fine del Canto V, tra le anime di coloro e risponde a Dante pieno di letizia di essere Giustiniano, imperatore di Bisanzio tra il 527 e il 565. Il Canto VI è occupato interamente dal discorso dell'imperatore Giustiniano che risponde alle due domande che Dante gli pone alla fine del precedente Canto, rivelando cioè la sua identità e spiegandoLe la condizione degli spiriti del Cielo. Giustiniano ripercorre la storia di Roma, dell’Impero e della sua funzione provvidenziale, passando pur dal mitico arrivo di Enea nel Lazio alla decisione di Costantino di trasferire a Bisanzio la capitale.

II-

Parafrasi dei vv. 82-93 del Canto VI del Paradiso

Versi Danteschi: Ma ciò che ‘l segno che parlar mi face fatto avea prima e poi era fatturo per lo regno mortal ch’a lui soggiace, diventa in apparenza poco e scuro, se in mano al terzo Cesare si mira con occhio chiaro e con affetto puro;

v84

v87

ché la viva giustizia che mi spira, li concedette, in mano a quel ch’i’ dico, gloria di far vendetta a la sua ira.

v90

Or qui t’ammira in ciò ch’io ti replìco: poscia con Tito a far vendetta corse de la vendetta del peccato antico.

v93

Parafrasi: Ma ciò che il segno (“il segno dell’aquilla imperiale”) di cui parlo (ossia: “che è la ragione del mio discorso”) aveva fatto in precedenza e avrebbe fatto inseguitto in favore al regno mortale (ossia “mondo terreno”) che gli è sottomesso, diventa poco conto e oscuro in apparenza se lo si paragona a ciò che fece col terzo imperatore (Tiberio, successore di Ottavio Augusto, Imperatore dopo Cesere e Augusto), se si guarda con chiarezza e con animo privo di pregiudizi e pieno di sincerità; poiché la vera giustizia che mi ispira (“giiustizia di Dio” che inspira il discorso a Giustiniano) concedette, in mano a colui che ho menzionato, la gloria di vendicare l’ira di Dio. Ora, a questo punto (ossia “a questo punto del discorso”) prendi ammirazione per ciò che sto per aggiungere: in seguito con Tito corse a vendicare la vendetta dell'antico peccato (con la distruzione di Gerusalemme).

III-

Analisi dei versi 82 à 93 del Canto VI del Paradiso

Nel discorso di Giustiniano, in cui il centro d’interesse è la tematica politica,come nei Canti VI presenti nell’ Inferno e nel Purgatorio, dove c’è una gradazione cescente, da Firenze,all’ Italia, all’Impero; l’accenno all’aquila imperiale diventa cui, motivo per celebrare le secolari vicende dell’Impero. Di questo fatto,il disordine e la corruzione presente nella società medievale, dominata da violenze politiche contesta con la virtù ed il coraggio degli eroi della tradizione latina, la storia dell’Impero, l’ istituzione politica voluta da Dio per la salvezza dell’umanità. Essi, rapresenta la critica sottoposta da Dante-autore dove gli uomini sono colpevoli di essersi allontanati dai disegni divini. In effetti, all’inizio del Trecento, l’autorità imperiale combatteva i pontefici, malgrado il fatto che sia stato ignorata dalle emergenti monachie nazionali, dai principati regionali e liberi comuni. Pero’ Dante sente l’intervento divino proveniente nella storia dell’Impero di Rina, esaltando gli ideali politici e religiosi come richiamo ed esempio per gli uomini di tutti i tempi. Al verso 90, dopo la descrizione delle imprese di Cesare e di Augusto, Giustiniano giunge all'impero di Tiberio nel 70 d.C, considerato da Dante il momento centrale della storia dell'Impero, dell’umanità e della sua redenzione, nonostante durante il suo regno fosse avvenuta la morte di Cristo. La vendetta cui Giustiniano accenna è da considerare, sia da giusta punizione secondo la dottrina medievale che da giustizia punitiva: Cristo con il suo sacrificio placò le ire del Padre. Inoltre, all'Impero fu affidato il compito di farsi strumento della giustizia divina, facendo eseguire da Pilato la condanna a morte di Cristo; accettandolo, Dio implicitamente ne riconobbe la legittimità. Al verso 93 spiega che da un lato, Cristo doveva soffrire per liberare gli uomini, dall'altro Giustiniano afferma che fu giusto punire gli Ebrei, sotto l'impero di Tito, perché furono gli uccisori di Cristo. In entrambi i casi, però, è stata concretizzata la volontà di Dio, tramite l'aquila. Di questo fatto, Giustiniano diventa il simbolo della funzione imperiale e dove l’attività legislatrice è messa in luce dal poeta; il messaggio trasmesso è che non c’è compito più importante che amministrare correttamente la legge, per assicurare agli uomini pace e giustizia.

Per concludere possiamo dire che la tematica di questo Canto viene abordata tardissimamente malgrado il fatto che abbordi la giustizia Divina rapresentata in Giustiniano a causa dalle intenzioni del personaggio. La cattiva condotta dei Guelfi (sostentori del papato) e dei Ghibellini (sostenitori del’Imperatore) nei confronti dell'aquila simbolo dell'Impero, il

quale i primi si oppongono e i secondi se ne appropriano per i loro fini politici, causando molte guerre e distacchi politici che affliggono l'Italia e l'Europa del tempo. Secondo Dante, la soluzione esiste. Essa è: l'Impero universale; ovvero un'autorità che imponga il rispetto delle leggi e assicuri a tutti la giustizia, mettendo fine alle situazione di anarchia e instabilità che caratterriza l’Italia. E’ probabilmente per questo che Dante-autore rispettava Giustiniano, non solo per aveva tentato di ricostituire l'antica unità dell'Impero con la riconquista di Roma e dell'Italia ma pure metendole in bocca nel suo Canto il sollenne discorso sulla celebrazione dell'Impero provvidenziale, malgrado il fatto che egli fosse un monarca dell'Impero orientale e avesse regnato su Costantinopoli e non su Roma: egli aveva emanato il Corpus iuris civilis che fu poi base del diritto di tutto il mondo romanizzato del Medioevo, un'opera giuridica immensa a cui Dante assegnava grande importanza....


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