Adolf Loos, Opere PDF

Title Adolf Loos, Opere
Author Carlotta Elia
Course Storia dell'architettura
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Description

Villa Karma Villa Karma a Vevey, sulle rive del lago di Ginevra, in Svizzera, è il primo edificio realizzato da Adolf Loos (1903-06). Si tratta, in realtà, di una ampia ristrutturazione con ampliamento di casa Maladaire, di proprietà di Theodor Beer, ricco fisiologo viennese. Questi aveva dapprima affidato i lavori a Henri Lavanchy, chiamando solo in un secondo tempo Loos, per sistemare gli interni. Nemmeno Loos, però, portò a compimento i lavori, e la ristrutturazione fu terminata dall'architetto croato Hugo Ehrlich, tra il 1909 e il 1912. Attorno al vecchio nucleo Loos, aggiungendo verande su tre lati, sviluppa una sorta di "promenade architecturale", sulla quale fa affacciare tutti gli ambienti di rappresentanza della villa. La pianta ottenuta è quasi quadrata e lo sviluppo verticale genera una forma tendenzialemente cubica. Loos opta per una dissociazione totale tra gli ambienti interni e i prospetti esterni: è particolarmente evidente la difformità tra lo spoglio volume esterno e la ricchezza di materiali utilizzati negli ambienti interni, ulteriormente differenziati da ambiente ad ambiente, a seconda dell'effetto ricercato. I lavori furono temporanemente bloccati dalle forze dell'ordine a seguito delle proteste di alcuni cittadini per la bruttezza dell'edificio, ritenuto troppo spoglio; episodio che si ripeté nuovamente durante l'edificazione della Looshaus in Michaelerplatz, a Vienna. Loos, inoltre, applica in questo edificio le teorie sulla separazione degli ambienti che aveva avuto modo di conoscere durante il suo viaggio in America: separa molto nettamente gli ambienti pubblici da quelli più intimi e privati, anche mediante un sapiente uso delle luci. I locali destinati al raccoglimento e alla riflessione sono, infatti, caratterizzati da luci molto soffuse, che entrano indirettamente, al contrario degli spazi comunitari. L'architetto divide poi la zona giorno, concentrata al piano terra, da quella notte, che si trova al secondo piano, mediante una sala della musica, che occupando quasi per intero il primo piano, funge da filtro tra le due aree. Nel guardaroba al piano terra ritroviamo la concezione ornamentale di Loos, con un armadio a muro non decorato, ma che punta solo sulla bellezza del legno utilizzato. Oltre il guardaroba il corridoio separa i due ambienti giorno principali a piano terra: la sala da pranzo e la sala del fumo. Quest'ultima è un ambiente molto intimo, caratterizzato da colori tenui, evidenziati dalla debole luce che filtra attraverso i vetri colorati della finestra. La sala da pranzo, al contrario, è più luminosa e dominata dal marmo, che riveste sia i muri che il pavimento a scacchi, così come la veranda adiacente. La sala presenta, inoltre murature stondate in corrispondenza delle porte – sistemazione rara nell'opera loosiana – utilizzate per enfatizzare lo spessore murario. L'ambiente più moderno del piano è la biblioteca, che comunica nella parte terminale con la sala lettura, la stanza più nascosta del piano, destinata alla riflessione intellettuale. Al primo piano si trova la sala della musica, un ambiente molto raffinato, caratterizzato dal legno, che ricopre tutto, dal pavimento a parquet fino al soffitto cassettonato. Allo stesso livello è presente anche la grande sala da bagno, realizzata in uno stile classicheggiante, coperta da una volta a botte parzialmente sorretta da colonne marmoree, con due grandi vasche incassate nel pavimento.

Attraverso un piccolo vano scale si accede alle camere da letto all'ultimo piano. La camera dei coniugi Beer è caratterizzata dall'assenza di aperture che affaccino direttamente sull'esterno e prende luce o indirettamente dalla veranda adiacente alla stanza stessa o mediante luci elettriche (grande innovazione al tempo). Dalla veranda e dal tetto giardino con pergolati si gode una piacevole vista sul lago di Ginevra. Villa Steiner La Casa Steiner di Adolf Loos è stata costruita nel 1910 a Vienna e si trova in Via St.Veit Gasse 10 del quartiere Heitzing, in posizione periferica rispetto al centro della città, inserito in un sistema urbano caratterizzato dalla presenza di edifici in stile tradizionale viennese, caratterizzati da notevoli coperture a falde. L'edificio per alcuni elementi che lo caratterizzano, quali la coerenza funzionale, l’assenza di ornamenti, adozione del tetto piano sul lato del giardino, anticipa il linguaggio del razionalismo. La modernità di casa Steiner è il risultato non tanto di un processo d’astrazione, quanto piuttosto di una riproposizione attualizzata di tecniche costruttive collaudate da una lunga tradizione; ne sono esempi l’assoluta assenza di decorazioni sulle pareti esterne (intonacate in semplice malta di calce, come le vecchie case viennesi) o l’adozione del tetto di lamiera ricurvo (desunto dalla cultura storica del costruire locale). L’innovazione della casa deriva, quindi, da un’analitica e selettiva riflessione sulla storia, e non già da una volontà di negare la stessa come teorizzava il Bauhaus nel dopoguerra, ne tantomeno da un’adesione al funzionalismo. Il raccordo a quarto di botte in lamiera tra la facciata su strada e la copertura piana, rispondeva da un lato alle prescrizioni del regolamento edilizio che limitava la facciata su strada ad un piano con la possibilità di un secondo mansardato e dall’altro di terminare l’edificio con una linea orizzontale e il tetto piano, evitando la ripetizione di forme che “l’arte nazionale diffondeva”, alterando il carattere tradizionale di questi quartieri periferici. Riguardo al tetto ricurvo, è stato sostituito una ventina d’anni dopo la sua costruzione con un tetto a falde a notevole inclinazione, tipico delle costruzioni dei dintorni, distruggendo l’unitarietà del progetto di Loos, che poi venne reintrodotto dopo l’ultimo restauro. La casa Steiner sviluppa una serie di contraddizioni concettuali, al punto da poter essere eletta come manifesto del “linguaggio della differenza”¹, infatti, mostra la compresenza non mediata di antitesi, quali privato-pubblico, interno-esterno, razionale-irrazionale. La più evidente traduzione architettonica di tale problematica è data dalla vistosa alterità tra interno (per così dire, positivo) e l’esterno (per così dire, negativo) perché, come l'autore spiegava, “verso l’esterno l’edificio dovrebbe restare muto e rilevare tutta la sua ricchezza all’interno”. Da ciò deriva un singolare sdoppiamento linguistico tra silenziosa freddezza dell’involucro e calda accoglienza dello spazio racchiuso, quindi l’esterno non dice, anzi nasconde, contra-dice ciò che contiene al suo interno. Questa doppia realtà è motivata dall’esigenza di distinguere nettamente la sfera pubblica da quella privata. L’esterno appartiene alla città, alla civiltà. L’interno appartiene al privato, all’individuo. Se secondo Loos la civiltà è sinonimo della liberazione dell’ornamento allora, s'impone sulle pareti pubbliche l’autocensura di ogni eccesso decorativo, quindi la scelta dei materiali e delle forme deve qui rispondere a ragioni rigorosamente logiche. L’affermazione: “ la stanza deve apparire accogliente, la casa abitabile”³ ci spiega che il muro separa l’individuo dal sociale, proteggendo nell’intimità della stanza l’esperienza autobiografica. L’aspirazione all’abitabilità è il segreto della casa steiner. Il perno centrale della casa è il grande soggiorno di famiglia a pianterreno, dove si svolgono le principali funzioni dell’abitare domestico: il mangiare, il conversare, il suonare ed ascoltare musica. Le stanze per esprimere al meglio il concetto di abitabilità, finalizzato ad una maggiore confortevolezza sono allestite da materiali e oggetti di estrema qualità. Un’altra opposizione evidenziata nella casa Steiner è la simmetria e antisimmetria: tra

antichità classica e la trasparente adesione alla cultura anglosassone. Come già detto, la casa Steiner è il manifesto dell’autore, soprattutto dal punto di vista formale. L’edificio conta di tre piani e uno interrato. Planimetricamente l’edificio ha un modulo quadrato da cui fuoriescono alcuni aggetti. Nei vari piani dell’immobile le stanze si susseguono con continuità, infatti, non vi sono grandi disimpegni e corridoi. Il piano interrato ospita il garage, accessibile dalla strada attraverso una discesa, il locale caldaia, l’alloggio dei domestici con ingresso separato. Nel piano rialzato vi è il soggiorno, che contiene contemporaneamente sala da pranzo, living room e sala da musica divisibili tramite un sistema di tende. Il piano è accessibile sia dal giardino attraverso un sistema di scale addossate ai lati del prospetto e dal prospetto su strada con una scala centrale. Nel primo piano vi sono le camere da letto, due bagni, l’atelier di pittura di Lilly Steiner, una camera per i figli e una per i domestici mentre al secondo piano vi sono sistemati vari ambienti di servizio. Le camere da letto erano caratterizzate da letti in ottone, qualificata tappezzeria a fiori, mobili a muro, rivestimento in legno laccato bianco. L’atelier di pittura di Lilly Steiner è separato dalla zona notte e prendeva luce da una grande finestra che squarcia dalla curva della copertura con rivestimento metallico. I vari piani sono collegati da una scala a chiocciola di servizio e da uno scalone a due rampe che collega il piano rialzato con il primo piano. Il volume ha un’impostazione statica in generale, per la sua forma cubica, ma viene subito cancellata dalla dinamicità creata dalla copertura a quarto di botte, inoltre, si dimostra asimmetrica nelle due facciate laterali, evidenziato dall’utilizzo del suo principio del Raumplan. Loos sviluppa il suo edificio inserendolo nel dislivello fra la strada e il giardino, ossia ricavando su quest’ultimo un’altezza di tre piani più uno interrato raccordando la copertura di essi con quella dell’unico piano e un mansardato concesso sulla strada mediante un gran tetto curvo in lamiera. Le diverse altezze dei piani ( m.2.88 il piano rialzato, m.3 il primo piano, m.2.20 il secondo ), oltre ad accentuare il suo principio del Raumplan, rispondeva all’esigenza di economia spaziale tanto cara a Loos. Per il suo principio dell’Intimismo, nella casa Steiner non vi è nessuna corrispondenza e rapporto fra l’interno e l’esterno, ad eccezione della facciata sul giardino, perché non necessita di nascondere, essendo rivolta verso un luogo privato. Il prospetto principale su giardino presenta una composizione marcatamente classica, con una distribuzione simmetrica delle aperture, una perfetta equivalenza dei vuoti e dei pieni rispetto ad un asse di simmetria bilaterale e compresa di avancorpi laterali e una terrazza cui si accede dai fianchi. Nel prospetto sono disposti cinque aperture per piano, dove alle due finestre degli avancorpi corrisponde per dimensione a quella centrale, invece le due ai lati della finestra centrale sono più piccole. Il prospetto su strada presenta una composizione simmetrica per quanto riguarda la distribuzione delle aperture, ma una diversità nel loro disegno, infatti, la finestra di destra risulta più piccola rispetto a quella di sinistra. I due prospetti laterali non seguono un’impostazione simmetrica, ma in funzione dell’interno, anche se dall’esterno sembrano volutamente disposte senza nessuna logica progettuale, accentuato dalle varie dimensioni delle finestre stesse. Il prospetto laterale sinistro rispetto a quello principale è evidenziato da un avancorpo sporgente fino al piano rialzato, con una copertura piana caratterizzato da una ringhiera in metallo. L’immagine complessiva del locale non è tipica delle residenze mitteleuropee dell’epoca, infatti, è leggibile un influsso derivante da culture extraeuropee. “La disposizione dei mobili lungo il perimetro e in prossimità degli angoli può essere letta come conseguenza di una spinta centrifuga, tipica delle stanze giapponesi, mentre la qualità ambientale e il confort, determinati dall’attento impiego dei materiali ( l’intonaco bianco che dialoga con il legno di quercia delle travi a vista sul soffitto e i mattoni rossi a vista che affiorano a tratti dai pannelli lignei ), suggeriscono un riferimento all’architettura domestica inglese e

americana, e in particolare alle esperienze di Richardson. Inoltre, sono riscontrabili alcune analogie con gli interni delle contemporanee ville di Frank Lloyd Right, ma tali analogie non vanno al di là di alcuni aspetti di superficie.” La suggestione delle culture estere viene insomma distillata attraverso il filtro della tradizione europea. Ne deriva un’originale direzione di ricerca che sembra piuttosto prefigurare l’idea della “pianta libera”....


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