Adolf Loos - Parole nel vuoto - sintesi PDF

Title Adolf Loos - Parole nel vuoto - sintesi
Author scuola di pittura
Course Teorie dell’arte
Institution Università degli Studi di Palermo
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Summary

risssunto del libro parole nel vuoto...


Description

Adolf Loos-Parole nel vuoto Loos è un predicatore della modernità che parla nel vuoto, ecco perchè il titolo “Parole nel vuoto”,per questa raccolta di saggi . Tra le (poche) opere sue più famose vi fù la maison Tristan Zara realizzata a Parigi nel 1926 ,una abitazione rivoluzionaria che è quasi un manifesto di quella che è la modernità per Loos : linearità ,funzionalità,rifiuto dell'ornamento

Gli interni Nel primo saggio sugli interni nella rotonda , egli è critico verso lo stile ,inteso come ordine,armonia precostituita,magari mutuato dal passato,che guida gli architetti nella costruzione di edifici in stile . Gli edifici,gli interni vanno invece progettati in modo funzionale,pratico ,per rispondere alle esigenze di chi se ne servirà : «Che fortunati erano invece lo sciocco contadino o il povero operaio o la vecchia zitella. Non avevano questo genere dipreoccupazioni. Non avevano arredamenti in stile. Una cosa proveniva da un posto, una da un altro. Tutto assieme. E allora ome si spiega questo: i pittori, ai quali pure si riconoscevamolto buon gusto, lasciavano da parte i nostri sfarzosi appartamenti e ritraevano sempre gli interni dello sciocco contadino, del povero operaio e della vecchia zitella. Come è mai possibile trovar belle cose del genere? Perché bello, così ciè stato insegnato, è soltanto l’appartamento in stile. Ma i pittori avevano ragione. Essi, che grazie ai loro occhi esperti e esercitati colgono con maggior acume tutti gli elementi esteriori della vita, hanno sempre riconosciuto l’aspetto inutile, tronfio, estraneo, disarmonico dei nostri appartamenti in stile. Le persone non si adattano a questi locali e i locali non si adattano a queste persone. Del resto come sarebbe possibile? L’architetto, il decoratore, conoscono a malapena il nome del loro committente. E se anche chi vi abita si fosse comperato cento volte queste stanze, tuttavia non saranno mai le sue stanze. Rimarranno sempre patrimoniospirituale di chi le ha ideate.» Avevano, cioè, pezzi di mobilio utili non pezzi di mobilio sistematicamente organizzati secondo uno stile. Qui c’è una grande nostalgia di Loos, che troveremo poi nelle pagine seguenti, nostalgia per la propria casa di famiglia, per la casa in cui lui era cresciuto – un po’ come il calzino di Benjamin o la madeleine di Proust – che era il risultato del caso, di un tipo di armonia spontanea che si costruisce da sé quando le cose si accostano semplicemente secondo la loro praticità, secondo il gusto del momento, secondo la propria impressione. Ciò, per Loos, è sempre una guida affidabile in campo estetico, diversamente dalla guida troppo culturalmente strutturata e ideologicamente predisposta di un architetto che vuole arredare in stile un certo spazio. «Ogni mobile, ogni cosa, ogni oggetto racconta una storia, la storia della famiglia. L’appartamento non era mai finito», mentre l’appartamento in stile a un certo punto è finito, è intoccabile, nel quale non si può mettere neanche un soprammobile. «Cresceva con noi e noi crescevamo con lui. Eppure non aveva stile alcuno. Questo significa: nessuno stile estraneo, nessuno stile antico. Ma uno stile l'appartamento lo aveva, lo stile di chi vi abitava, lo stile della famiglia». La battaglia di Loos in questi articoli è tutta rivolta a promuovere un’estetica della quotidianità, che è architettura e design, liberandosi dal

condizionamento accademico di un valore eterno, permanente, al quale occorrerebbe adeguarsi. Il materiale con cui arricchiamo gli interni deve dire di sé, non deve mimare ciò che non è, non deve far finta di essere altro, il materiale vale di per sé. Deve essere il materiale stesso, il rivestimento come tale, la pelle dello spazio, la pelle non decorata, potremmo dire nel caso di Loos non tatuata, perché per l’autore l’uomo tatuato, che decora il suo corpo ha paura del vuoto e vuole riempirlo con il decoro, ma questo per Loos è una forma di primitivismo ricorrente. Allora l’analogo del tatuaggio è la decorazione. E l’analogo della pelle è il materiale, che fa mostra onestamente di sé e della propria bellezza. Ciò si vede in questi ambienti di Loos, in cui non troviamo, per esempio, stucchi che fanno finta di essere marmo, ma troviamo i materiali nella loro pulizia e verità. «[…] Né l’archeologo, né il decoratore, né l’architetto, né il pittore o lo scultore devono arredarci il nostro appartamento. E chi mai allora? Ebbene, è molto semplice: ognuno dev’essere l’arredatore di se stesso. In tal caso però non potremo più vivere in appartamenti ‘in stile’ […]» Abbiamo già visto cosa significa vivere in un appartamento in stile. Un appartamento in stile è un appartamento pensato fuori dalla storicità e dalla contemporaneità, fuori dalla storia di ognuno, dalla vita che si va svolgendo. È in qualche modo congelato in un’estetica in cui il valore è assoluto e che quindi, in quanto assoluto, può essere ripetuto sistematicamente. La sedia Il concetto di bellezza, nel mondo di Loos, è unitario: riguarda il modo di disegnare un’abitazione, ma anche di vestire correttamente, di arredare una casa, e concepire un progetto urbanistico. L’utilità è sinonimo di bellezza e modernità e deve prevalere su tutto, e la pura apparenza, l’aspetto decorativo, sono segno di una mancata evoluzione dei gusti (o addirittura di una loro degenerazione). «Per bellezza intendiamo la più alta perfezione. È quindi assolutamente escluso che una cosa poco pratica possa essere bella. La condizione fondamentale affinché un oggetto possa meritare la qualifica di ‘bello’ è che esso non contrasti con la praticità. Non è tuttavia sufficiente che un oggetto sia pratico perché sia bello. A tal fine occorre qualcosa di più. Un trattatista del Cinquecento si è espresso in proposito nel modo più preciso. Egli afferma: « Un oggetto al quale non sia possibile togliere o aggiungere nulla senza pregiudicarne la perfezione, è bello. Sarebbe questa la più perfetta, la più compiuta armonia ». Pratico e bello sono la stessa cosa, un oggetto d’uso non potrà essere mai assolutamente bello, lo sarà soltanto in rapporto alla sua funzionalità. Una sedia sarà bella, allora, solo se comoda. E siccome gli americani e gli inglesi sono i virtuosi del riposo, è a loro che ci si deve ispirare. Essi sono pratici, gente che lavora e si diverte, che non ha paura di sporcarsi, che usa indumenti comodi, che ha buon gusto, perché quest’ultimo non è più lo stile ma è per Loos il passare inosservati nel centro di una grande metropoli. Introduzione Tutti i testi di Loos sono scritti secondo un’ortografia del tutto particolare, in cui gran parte degli elementi della frase (ad esempio, tutti i sostantivi) che, in tedesco devono essere di regola scritti con la prima lettera in maiuscolo sono invece scritti in minuscolo. In altre

parole, la lingua di Loos è intenzionalmente un tedesco scritto “all’inglese”. L’obiettivo è quello di affermare, nella scrittura della lingua tedesca, criteri ‘estetici’ uguali a quelli del resto del mondo occidentale. Tradizionalmente la scelta della cosiddetta Kleinschreibung (la scrittura minuscola) è nettamente minoritaria nel mondo tedesco da quando l’epoca barocca ha sviluppato l’attuale ortografia, basata prima sull’uso delle maiuscole per ogni concetto di ordine generale e infine per ogni sostantivo. Nel 1819 è Jakob Grimm (uno dei due famosi fratelli autori di favole, padri della lingua tedesca moderna) a tentare di lanciare l’idea della scrittura minuscola nel suo dizionario, come forma di semplificazione (ma anche come riflesso ortografico dell’affermazione dell’idea di uguaglianza), ma senza alcun successo. Ed è esplicitamente a Grimm che Loos si riferisce: “So che l’idea di Jacob Grimm verrà accolta un giorno da tutti i tedeschi. Oltre al Dio tedesco abbiamo anche una scrittura tedesca. Entrambi sono falsi. (…) Tutti questi sacrari tedeschi, che provengono da fuori e sono diventati tedeschi soltanto per il fatto di essersi irrigiditi nella sfera dello spirito tedesco, che così li rende immutabili, si possono tranquillamente buttare in soffitta. Io, come tedesco, protesto contro il fatto che tutto quanto è stato smesso per sempre dagli altri popoli sia strombazzato come tipicamente tedesco. Protesto contro il fatto che si continui a innalzare una barriera tra ciò che è tedesco e ciò che è umano” [1]. Dunque, il suo è un progetto di radicale “globalizzazione” del mondo tedesco, cui viene negato al tempo stesso ogni caratteristica di superiorità. Questa lunghissima citazione di Grimm, che è qui riportata solo in due passi, è molto significativa. Ci fa capire come Grimm voglia semplificare e modernizzare il linguaggio e la scrittura, liberandoli dagli eccessi, qui chiamati “ornamentali”, della grafia barocca e dell’accumulo di maiuscole, affinché linguaggio si avvicini alla vita e diventi lo strumento adatto alla nostra esistenza. «[…] Il mio fedele allievo, l’architetto Heinrich Kulka, ne ha curato la prima edizione, che fu stampata a Parigi dall'editore Georges Crès, poiché nel 1920 nessun editore tedesco osava pubblicarli. Nel corso degli ultimi cent’anni, questo è stato di fatto l'unico libro in lingua tedesca la cui prima edizione sia uscita in Francia […]» Questo è un segnale, qualcosa che ha a che fare anche con il titolo. Sono parole gettate nel vuoto, al punto che questo libro non trova un editore in Germania. È un libro quindi che urta, che non immagina di poter avere un’accoglienza ufficiale positiva. È il segno della paradossalità di tutto questo lavoro teorico di Loos, dal momento che, allo stesso tempo, invece, questo libro vuole essere fortemente germanico; laddove però per Germanico non si intende propriamente ciò che si fa in Germania o in Austria, ma quanto si fa in America e in Inghilterra. Questo tipo di vita ci proietta subito verso la dimensione metropolitana che conosciamo. È l'estetica legata al tipo di vita della condizione metropolitana che qui diventa il modello a cui fare riferimento. La rilevanza dell'estetica metropolitana nella versione non francese, ma in quella newyorkese e londinese, è talmente forte in Loos da suscitargli l'immagine- che probabilmente eviterebbe in altri contesti- secondo cui se c'è una classicità contemporanea, ovvero se esiste un modello come è stato il modello della cultura e dell’arte greca, questo modello oggi si troverebbe in quel lato e in quel mondo germanico traslato oltreoceano. Si sarebbe avuto negli Stati Uniti e nel rapporto ancora intenso con la madrepatria, cioè il Regno Unito. È talmente forte l’impatto che ha su Loos l’esperienza dei tre anni trascorsi in America da costruire una sorta di fantasmagoria ulteriore, in cui troviamo l'immagine di una cultura statunitense idealizzata al punto tale da diventare l'emblema di quella germanicità che proprio nelle terre germanofone stenta invece a radicarsi.

Vienna Una capitale che avrebbe bisogno, di una modernizzazione che non potrà tuttavia essere quella pseudo-storicista della Vienna trasformata del Ringstrasse, né tantomeno quella finta storicità che è stato il criterio con cui si è proceduto a espandere la città, occupando una parte verde che separava il centro storico dalla periferia borghese. Deve essere una modernità architettonica. Quel luogo, quello spazio che viene occupato per modernizzare la città attraverso un citazionismo architettonico -per cui, ad esempio, l’università in quanto sede del sapere viene edificata in stile rinascimentale in quanto il Rinascimento è stato il momento iniziale della cultura moderna- è per Loos un miraggio pseudo-storicistico. E a Loos, in gran parte, non piace quello che è stato fatto della Vienna contemporanea, che aveva subito un’importante trasformazione. Il bisogno di cambiamento e di novità, di cui avevamo trovato traccia in Wagner, aveva condotto all’edificazione di una zona verde a ridosso delle mura della città. Le mura della città avevano, infatti, perso la loro funzione difensiva, e avevano originato, nei decenni precedenti, un grande dibattito sul futuro di questa zona, oltre la quale si erano andati sviluppando i quartieri della nuova borghesia. A un certo punto, si decise di edificare una zona monumentale che collegasse, abbattendo le mura, l’antica città – la c.d. città interna- con la parte nuova. Si costruì quindi il Ringstrasse; una sorta di anello che gira attorno alla città, posto tra la città vecchia e i nuovi quartieri borghesi: un’operazione urbanistica monumentale, di chiara esaltazione imperiale, che aveva portato a una riscrittura, in chiave ancora monumentale, delle strade. Nel giovane polemista della Neue Freie Presse vi è invece la convinzione che vi sia stata una sola epoca precisa in cui l’umanità è caduta in errore: quella dello storicismo, che domina l’architettura viennese nell’epoca della costruzione dell’anello di viali interno al centro (il Ring). Loos commenta: “Tempi tristi per l’arte, tempi tristi per i pochi artisti fra gli architetti di allora che furono costretti a prostituire la loro arte per accontentare il gusto comune” . Fino ad allora ogni epoca aveva avuto un suo stile moderno, che si era poi evoluto in modo da cristallizzare la storia dell’arte in senso evolutivo. “Tutt’a un tratto però lo stile moderno cadde in disgrazia. Spiegarne ora i motivi ci porterebbe troppo lontano. È sufficiente dire che si diffuse un senso di insoddisfazione per la propria epoca. Essere moderni, sentire e pensare in modo moderno fu considerato superficiale. L’uomo profondo si immergeva in un’altra epoca e si sentiva felice ora come un greco antico ora come un simbolista medievale, ora come un uomo del Rinascimento” . Lungo il Ring vengono così edificati nella seconda metà del secolo numerosi edifici pubblici in stili diversi, anche per simboleggiare le molteplici identità dell’Impero. In altre parole, una volta chiuso il ‘buco nero’ dello storicismo (con le sue più recenti evoluzioni simboliste e liberty), la storia del gusto avrebbe potuto tornare a basarsi sul passato, e si sarebbe potuto concepire la modernizzazione in linea di continuità con una tradizione culturale multi-centenaria. Povero ricco La raccolta si chiude con la parabola del “Povero ricco” , pubblicata su un altro quotidiano viennese, il Neues Wiener Tagblatt, il 26 aprile 1900. Vi si legge la storia immaginaria di un

uomo ricco e baciato dalla fortuna che viene ridotto alla disperazione per il semplice fatto di aver affidato l’arredamento della propria casa a uno stilista che gli impedisce di fare qualsiasi cosa in casa sua (compreso ricevere l’acquisto di un dono per il suo compleanno). C’è un meraviglioso racconto in questo libro in cui Loos mette alla berlina, in modo ironico, la condizione del ricco che si è fatto costruire un appartamento in stile, generato nella mente dell’architetto, in cui tutto, anche il minimo dettaglio, è coordinato. Il coordinamento di ogni minimo dettaglio e di tutti gli elementi presenti nell’appartamento - l’omaggio che implicitamente si fa alla cultura in quanto consolidata, istituzionalizzata e stabilita: l’appartamento come scelta di una data epoca storica e di tenuta di per se prestigiosa e di per se artistica- fa in realtà da muro all’ingresso dentro la casa di tutte quelle vibrazioni, di tutti quegli oggetti e di tutte quelle novità che la vita produce, sicché qualsiasi cosa si trovi dalla strada passare alla casa(un mobile, un oggetto, un regalo, un quadro, un vestito); qualsiasi cosa si trovi dalla strada -in quanto portatrice di novità- a passare all’appartamento, si trova respinta, perché l’appartamento in stile,è saturo del proprio stesso stile. E, in realtà, quella perfetta corrispondenza delle parti, come in filosofia, forma un sistema, qualcosa di chiuso, di completo. E ciò che è completo è ciò che non lascia spazio all’ingresso di altro, che lo respinge; sicché il cambiamento che poi forzatamente la vita stabilisce - poiché tutti portiamo a casa qualche cosa di grande o piccolo di nuovo, non necessariamente un mobilefa in modo che qualsiasi oggetto entri a casa, per il fatto che proviene dalla strada, si trova fuori dal tempo congelato dell’appartamento. Non trova, quindi, la propria vita dentro l’appartamento. L’appartamento lo respinge, ma respingendo simbolicamente la strada, respingendo la sensibilità nuova che si va oggettivando nelle cose che corrispondono alla condizione della vita vissuta, l’appartamento diventa invivibile, poiché rappresenta un fuori tempo rispetto al tempo della vita. E allora nella sua bellezza codificata è, però, privo di quella bellezza che è nella perfetta funzionalità dell’oggetto, che è per Loos l’ideale estetico a cui la modernità deve ispirarsi. Otto Wagner Quali sono gli architetti a cui il creatore moderno può e deve ispirarsi? Primo fa tutti, Loos menziona Otto Wagner (1841-1918), maestro della generazione precedente . Wagner è per Loos il campione che s’ispira alla semplicità. È per questo che egli ne esalta, ad esempio, la camera da letto presentata all’Esibizione per il Giubileo del 1898. “Ma di fronte al genio di Otto Wagner ammaino le vele. Otto Wagner possiede una qualità che finora ho avuto occasione di osservare soltanto in pochi architetti inglesi e americani: riesce ad uscire dalla sua pelle di architetto per entrare nella pelle di un artigiano qualsiasi. Crea un bicchiere – e allora pensa come un soffiatore, come un incisore. Fa un letto di ottone – e pensa, sente come un ottonaio. Tutto il resto, la sua profonda sapienza e abilità architettonica, l’ha lasciata nella sua vecchia pelle. Una cosa soltanto porta sempre con sé: il suo essere artista”. Il fatto di trovare Wagner citato in questo libro di Loos non è ovviamente casuale: Wagner è il “tedesco più inglese” che si possa avere in questo momento. Gli inglesi e gli americani moderni sono da intendersi come i nuovi greci. in questo passaggio,non parla, dunque, dell’artigiano riassorbito nel libresco di una visione di stile ma dell’artigiano che risolve un problema tecnico, che mette insieme un manufatto che debba avere una sua funzione, che debba essere utile:ad esempio una sedia sulla quale riposarsi, sulla quale stare comodi

Scrive Wagner nel suo libro Architettura moderna : «[…] ogni nuova creazione, se vuole essere veramente moderna, deve corrispondere alle esigenze del nostro tempo e ai nuovi materiali, deve esprimere al meglio la nostra mentalità democratica e responsabile, deve tener conto delle enormi conquiste tecniche ed economiche e dello spirito pratico tipico dell’uomo moderno […]» I nuovi materiali C'è un tema importante che è quello dei nuovi materiali,su cui Loos scrive «[…] Nel corso degli ultimi decenni il principio dell’imitazione ha dominato completamente l’edilizia. Le tappezzerie sono di carta, però non lo si deve assolutamente capire. Deve sembrare damasco di seta, arazzo o tappeto. Le porte o le finestre sono di legno dolce. Siccome però il legno duro è più costoso, devono essere dipinte in modo da imitarlo. Il ferro, dipinto come bronzo o rame, deve imitare questi metalli. Soltanto di fronte al cemento, che è una conquista del nostro secolo, si è rimasti completamente disarmati. Siccome il cemento di per sé è un materiale stupendo, ci si attiene per valorizzarlo a un unico principio, quel principio che viene riproposto ogni volta che si inizia ad applicare un nuovo materiale: con questo che cosa si potrebbe imitare? Lo si è usato come surrogato della pietra. E, poiché il cemento è straordinariamente economico, se ne è abusato in ogni modo, sempre nel tipico stile da parvenus. Il cemento si è diffuso nel nostro secolo come una vera epidemia. « Ah, caro signor architetto, non potrebbe applicare cinque fiorini di arte in più sulla facciata? » pregava il vanitoso committente. E l’architetto attaccava sulla facciata quei fiorini che gli venivano richiesti, e talvolta anche un po’ di più […]» Non possiamo più permetterci la pietra allora usiamo il cemento. Secondo Loos, questo è quello che succede al cemento nella fase aurorale del suo uso, quando non era ancora chiara le possibilità che questo materiale poteva offrire. Invece bisogna lasciar fare a ogni nuovo materiale o tecnologia ,il proprio lavoro Se noi attribuiamo a ogni nuova tecnica – produttiva, estetica o di moltiplicazione dell’immagine- il suo proprio compito, allora da questo rapporto scaturirà un' estetica nuova che questa tecnica chiama a sé. Se pensiamo, invece, di utilizz...


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