Antonioni bruh (12919221231) PDF

Title Antonioni bruh (12919221231)
Course Corporat law
Institution Universitas Islam As-Syafi'iyah
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Summary

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Description

MICHELANGELO ANTONIONI GIULIA LAZZARO Sebbene abbia operato tra gli anni 50 e 90 del ‘900, Antonioni è stato in grado di impiegare la musica per film in tutte le sue sfaccettature e sonorità, affrontando anche le problematiche ad esse connesse. È stato colui che ha teorizzato che cosa sia la musica per cinema e la sua storia, dichiarando l’indipendenza del cinema dalla musica, in quanto il primo non nasce per avere un commento sonoro, come avevano invece teorizzato i modelli americani. “Il cinema non richiede alcuni tipi di musica come quella hollywoodiana”, così Antonioni teorizzava il rifiuto di quelle colonne sonore magniloquenti che occupavano un lungo tratto della pellicola cinematografica, di quelle colonne sonore con i sound delle grandi orchestre che invadono l’inquadratura, schiacciando talvolta i personaggi. Antonioni rifiuta la musica che accompagna e commenta pedissequamente ogni passo del racconto. Il regista tende a focalizzare il rapporto dei protagonisti con il loro mondo circostante, con le cose che le tornano, nei cui confronti si trovano in una condizione passiva. Da alcune sue affermazioni egli sembra negare alla musica per film una qualsiasi possibilità all’interno del cinema, sembra essere per lui una componente inutile che crea addirittura danno al prodotto finale. All’interno di un’intervista (intervistato da Mario Verdone) gli venne chiesto quale fosse il suo rapporto con la musica: afferma che l’utilizzo della musica sembra essere un retaggio del passato (serviva per coprire il rumore dei proiettori e aiutava a dare voci alle immagini mute e esprimere le intenzioni nascoste, serviva quindi al regista per risolvere una serie di problemi). Da allora il cinema è cambiato, ma la musica ha ancora quella funzione = incongruenza → Questo modo di concepire la musica era sbagliato, si trattava di un commento esterno. La musica veniva incontro con le esigenze di allora per creare un rapporto diretto con lo spettatore in modo che quest’ultimo capisse di più al cinema, ma ciò non c’entra con il linguaggio cinematografico: la musica deve adattarsi al film, non al pubblico → Rapporto tra musica e spettatore, al di fuori dell’immagine → Se devo ricorrere alla musica ora, significa che le immagini non riescono ad esprimersi abbastanza (debolezza delle immagini stesse) → Secondo lui è necessario creare un rapporto tra musica e immagini, non bisogna trovare dei significati da affidare alle immagini e aggiungerli poi alle immagini → Antonioni non ha negato la necessità della presenza della musica nei film: egli dice che un certo tipo di musica, un certo utilizzo di essa, non ha alcun significato

COSA PROPONE: la musica deve essere una presenza discreta e non attaccata in ogni momento alle immagini sullo schermo; deve poi impiegare pochi strumenti (es. “Il grido” solo un piano, “Professione reporter”, una chitarra) quasi da diventare scheletrica, per entrare nella filigrana delle immagini. Nel corso del proprio operato, Antonioni sembra partire dei suoni per scegliere le immagini, estraendo ogni singolo rumore in moto momento, estraendolo dal contesto della relazione con gli altri elementi. La musica deve obbedire a delle finalità esclusivamente funzionali allo scorrimento delle immagini. Prelude ad una nuova poetica musicale cinematografica: cerca di eliminare i retaggi del passato per preludere a delle nuove situazioni audiovisive. In alcuni film la musica si fonde invece con le immagini e Antonioni in questi casi ammette la validità di questa scelta → Egli pensa che la musica possa essere una componente del linguaggio cinematografico, ma sente la necessità di essere asciutto, di usare un linguaggio cinematografico piuttosto sobrio → Invita a pensare ai rumori: questi possono essere musica cinematografica (è stato uno dei primi musicisti ad utilizzare i rumori come scelta privilegiata) → Invita quindi a pensare ad un altro linguaggio sonoro: es. pochi strumenti, linguaggio che faccia riferimento a nuove situazioni musicali

→ Inoltre sottolinea come, se la musica per film può essere scissa dalle immagini allora c’è qualcosa che non funziona, perché significa che questa musica è autosufficiente. Si chiama “musica per film” proprio perché dovrebbe trovare la sua ragion d’essere nelle immagini In un’intervista con Enrico Ghezzi gli venne chiesto perché non utilizzasse molta musica nei film: • Egli non ama la musica da commento, ovvero come tradizionalmente viene concepita all’interno del cinema oggi → Per lui spesso la musica da commento rende le immagini un melodramma → Commento musicale è una funzione soporifera, viene utilizzato per coprire il silenzio (Antonioni sarà un poeta del silenzio) • Musica, in una situazione di difficoltà, riesce a sopperire all’inadeguatezza delle immagini (situazione di Pupi Avati): Antonioni lo rifiuta → Propende ad una autosufficienza delle immagini → La musica deve sparire come elemento autonomo e deve diventare un unico elemento di un’immagine sensoria [Antonioni porta un esempio: Alexander Nevsky – “The battle of the Ice” (1938) → Cercano di creare delle sinergie audiovisive TEORICO DEL SILENZIO: perché suppone che il silenzio nasca dalla musica stessa e dalle inquadrature (i° cap libro) TEORIZZA L’USO DEI RUMORI: sostiene siano entità musicali a sé, indipendenti, ma non contrapposte alla musica e trovano i loro primi impieghi in campo musicale già dai primi anni del ‘900. La colonna sonora perfetta dovrebbe essere composta da rumori che possono essere disposti su di un pentagramma. TEORIZZA l’importanza della MUSICA ELETTRONICA perché ha una vocazione cinematografica che le permette di unirsi ai rumori e di interpretare la realtà della psiche umana e che, va dunque, accolta come innovazione positiva TEORIZZA LA POSSIBILITA’ DI NON IMPIEGARE MUSICA REPERTORIO per il cinema poiché quest’ultima non è nata per esso. Le immagini sono, infatti, così costrette a sopportare un peso che non compete al loro statuto, dando origine ad un prodotto audiovisivo che difficilmente sta in piedi. RIFIUTO DEL DOPPIAGGIO: a suo avviso, quando le battute dei dialoghi sono doppiate viene snaturata la recitazione dell’attore che, invece, dovrebbe essere unica ed irripetibile. Il doppiaggio è dunque un’entità fittizia che compromette l’univocità dell’oggetto artistico. In quanto si tratta di una prassi soggettiva può essere sottoposto a molteplici cambiamenti. Egli riabilita la funzione della musica cinematografica, riportandola a riacquisire una funzione narrativa: la musica diventa un tutto indecomponibile con le immagini stesse. Per molti anni Antonioni si è servito dell’aiuto di Giovanni Fusco, che è stato quasi il suo alter ego: la musica di Fusco sembrava riflettere ciò che Antonioni pensava dovesse essere la musica nel cinema. PERCHE’ LA MUSICA DI FUSCO? La sua musica era priva di aggettivi, e si contraddistingueva per uno stile magro, spiritoso e patetico. Sembra dunque essere la diretta conseguenza nelle scelte poetiche di Antonioni, secondo cui la musica è funzionale alla narrazione cinematografica. Nei suoi primi film, troviamo degli ensembles molto sobri, con una forte presenza di strumenti di estrazione popolare che giocano spesso su effetti chiaroscurali di grande intensità. La costante presenza dei ballabili conferisce notevole vivacità alla sua musica, spesso attraversata dai ritmi che in quegli anni dominavano la musica da consumo ed erano amati dal grande pubblico. (es. La samba in “cronaca di un amore”, per ridicolizzare in modo sarcastico i rituali della borghesia milanese). La sua è una MUSICA DI CONTESTO perché non abbiamo la banale identificazione tema personaggio, ma piuttosto un pensiero musicale che segue il racconto facendosi portatore dei mutamenti e dell’evolversi delle situazioni. → Ricercano una dialettica audiovisiva → Es. “Il grido” (1957), Michelangelo Antonioni: musica scissa dalle immagini non avrebbe senso (la musica entra nelle inquadrature, è una musica sobria). Per “il grido” ha pensato ad una tipologia musicale “povera”, con pochi elementi (non usa mai le orchestre, ma sempre pochi strumenti) → Fusco non fa della melodia il principale referente del suo linguaggio musicale, fa riferimento a dei ritmi della tradizione popolare

Le immagini devono essere drammatiche anche senza musica, perciò Antonioni opta per i rumori Uno dei film più importanti di Antonioni è L’eclisse: → Rumori: acqua, passi, vento, motore, autobus, aereo,… → Oltre ai rumori c’era anche musica: utilizzo del pianoforte, ottoni, organo elettrico (trama piuttosto complessa) → Antonioni carica i rumori piuttosto che la musica (es. acqua che scende nel tombino sembra una cascata) FASI STORICHE – la sua filmografia è in MUTAMENTO (NO evoluzione!) perché cambia il registro in base al messaggio. 1 – (anni ’50) presenza di Giovanni Fusco (compositore alter ego di Antonioni) che esprime il manifesto della poetica del regista perché sostiene che la musica sia un insieme di piccole isole che ogni tanto emergono nello sviluppo della pellicola. Quando la musica diventa troppo invadente, si rischia di assuefare il pubblico, mentre una sua comparsa più sporadica lo porta a prestare maggiore attenzione per il fatto che andrà a sottolineare qualcosa di importante. (esempi) Già in questi primi film possiamo notare situazioni rumoristiche in cui i rumori sono una precisa interpretazione di quanto accade nella scena (es. passi di Aldo scanditi prima del suicidio, un’anticipazione del vuoto e dello stato psichico del personaggio). 2 – (la trilogia “L’avventura”, “La notte”, “L’eclisse”) i rumori acquistano una presenza sempre più importante e la musica diventa sempre più assuefatta. •





“L’AVVENTURA”: musica compare dopo 30min di film e il suo ingresso avviene in modo lento e graduale, in quanto sono i rumori i veri protagonisti che accompagnano tutte le prime sequenze (es. la registrazione del rumore del mare in presa diretta, come fosse la composizione di una partitura musicale, organizzando e mixando le varie registrazioni)…un’unica grande partitura in cui i rumori diventano la melodia principale (mare, vento, passi). Il SILENZIO rimane anch’esso uno dei protagonisti assoluti, proprio per esaltare la bellezza della fotografia. “LA NOTTE”: la colonna sonora è quasi interamente affidata alla band di G. Gaslini, I cui componenti spesso sono inquadrati durante la loro lunghissima performance notturna. E’ messa allo scoperto dalla lunga presenza di musica diegetica di una jazz band che suona all’interno di una villa, che può dunque essere tollerata in quanto propria della situazione narrata. L’inquadratura diretta sulla band è voluta da Antonioni proprio per porre l’attenzione del pubblico sulla fonte di quella musica. Si crea così un ambiente, che viene commentato da tali rumori e musica e che giustifica autonomamente la loro presenza. La MUSICA DIEGETICA diviene un elemento di primaria importanza del racconto musicale. “L’ECLISSE”: è un film in cui la musica è sempre più assuefatta e i rumori diventano protagonisti (gli ultimi 7min finali sono totalmente privi di dialoghi e di situazioni narrative) perché sono la musica propria degli oggetti e delle cose (es. registrazione ticchettio dei cavetti d’acciaio sui pennoni delle bandiere davanti all’Eur) e compito del regista è quello di interrogarli, ascoltandoli. La sequenza finale presenta una colonna sonora che può definirsi come la “musica delle cose”, poiché anche gli accordi, le note isolate, i suoni lunghi e gravi, sottolineano la presenza inquietante degli oggetti. /// vedi FASE MONTAGGIO sopra descritta /// le inquadrature si susseguono secondo cadenze lirico musicali. La musica si presenta allo stato frammentario e con segmenti melodici che non danno vita a un percorso organizzato tematicamente; vi è infatti un unico motivo che può essere indicato come il tema di Sandro e Claudia, che accompagna i loro primi sguardi e seguenti incontri. Nel corso del film, questo motivo va incontro ad un processo di elaborazione dei suoi materiali e, nel finale sembra esplodere quasi fosse la risultante della catena di variazioni a cui è andato incontro. --- SCENA FINALE ---quanto vediamo e ascoltiamo è solamente l’immagine e suono di un’assenza, I due protagonisti infatti, non si presenteranno all’appuntamento, permettendoci di vedere e sentire quella che era stata la cornice dei loro precedenti incontri. La colonna sonora risulta essere la musica delle cose, sottolineando la presenza inquietante degli oggetti.

Fase 2.1 “DESERTO ROSSO”: presenta l’ingresso della musica elettronica di Gimetti che riadatta alcuni brani già esistenti, segnando con questo film, l’emancipazione dell’elettronica dal cinema di fantascienza, ponendo, in particolare in Italia, nuove prospettive per la cinematografia. Nuovo infatti è il modo con cui Antonioni adotta la musica elettronica, ossia per l’introspezione (Es. nella notte d’amore con Corrado, la musica elettronica scandisce la scena diventando la proiezione diretta della psiche della protagonista). Antonioni non rinuncia, tuttavia, a situazioni complesse, in cui quando la realtà visiva è distorta, è l’elettronica a restare l’unica vera lucida rappresentazione della realtà. I suoni elettronici ciao lato sottolineano il disagio e la crisi di Giuliana, ma talvolta si mimetizzano come i rumori industriali, al punto da farmi sembrare un prolungamento del paesaggio sonoro industriale. L’effetto di eco crea una differenza sottile tre suoni elettronici e quelli della fabbrica, estendendo le loro capacità rappresentative. Nei primi 15 minuti, il rumore delle ciminiere contribuisce a rendere le figure anonime di Giuliana, Valerio e il piccolo corteo di scioperanti, una presenza priva di alcun suono. Il rumore della fabbrica è onnipresente all’esterno e, all’interno, il frastuono generato dai macchinari, dalle sirene e dagli squilli dei telefoni, dialoga con le voci. (es. Nella scena in cui Ugo e Corrado stanno uscendo dalla fabbrica, sentiamo un frastuono ambientale proveniente dai diversi macchinari della fabbrica. Ad un certo punto le voci spariscono dal rumore generato dal fumo delle ciminiere. Quando i due riprendono a chiacchierare, si sente però solo il rumore del complesso industriale: segno che il rumore è diventato commento e non più sottofondo alle immagini). Accanto alla musica elettronica, il film adotta un breve intervento musicale affidato alla voce di Cecilia Fusco. Melodia che abbiamo ascoltato durante i titoli di testa ma la cui voce sembra divenire anch’essa commento extra diegetico, poiché è un canto privo di parole (fonemi). 3 – (“BLOW UP”) in questa fase si assiste ad una riduzione sempre più forte della musica come commento e all’affermazione della diegesi come elemento caratterizzante della colonna sonora. La componente rumoristica diventa la rappresentazione del contenuto epistemologico della realtà ossia simbolo di una visione del mondo. E’ un film diegetico perché i dischi intercalano costantemente le parti del film. Il jazz emergente di HanKoch risulta essere molto contaminato, talmente leggero che secondo lo stesso Antonioni, è un elemento valido per rappresentare lo Swinging londinese dell’epoca (Londra era la sede della moda e dei set fotografici). (es. nella scena del fotografo con la modella, percepiamo una scena intrisa di erotismo sia per la scena presentata sia per il comportamento del fotografo che si avvicina sempre di più alla modella. La frase detta da uno dei personaggi presenti “metti su il disco”, è una chiara dichiarazione che quella musica è musica d’ambiente e che non vuole in alcun modo commentare la cena ma esclusivamente creare una situazione) (es. scena di distruzione della chitarra, il pubblico rimane ingessato per staccare ogni elemento di coinvolgimento dello stesso, privandolo della propria componente trasgressiva insita nel rock stesso. Assistiamo alla rottura dell’equilibrio, nel momento del lancio del pezzo di chitarra fino a quando quello stesso oggetto, fuori dall’ambiente in cui è stato preso, per te di ogni valore e si può, per tale motivo, abbandonare.) (es. scena finale, il gruppo di clown e hippy osserva in assoluto silenzio, i gesti e rumori creati solo da pochi elementi come il vento, di passi, la pallina da tennis.) In Blow up, il confine tra realtà e immaginazione non è così labile: i mimi che stanno imitando la partita di tennis, giocano senza alcun problema, immaginando realmente l’esistenza della pallina, al punto che ne udiamo il rumore, pur non essendo reale. In “GRIDO”, nella scena finale, in cui il corpo di Aldo è privo di vita al suolo, la colonna sonora propone un valzerino già udito nei titoli di testa, il cui carattere contrasta drasticamente con quell’immagine. Mentre nella lenta salita di Aldo sulla torre, sentivamo risuonare il rumore dei passi, il grido lacerante di Irma e il rumore sordo del tonfo del suo corpo, sono il preludio alla musica. I TEMI sono fortemente antidescrittivi e molto brevi. La musica da vita a situazioni che sembrano venir fuori dai campi, dagli argini, dalla nebbia di un paesaggio che l’esatta proiezione dei personaggi. I rumori spesso creano un elemento di disturbo, come quando il fischio di un treno rende Aldo consapevole del proprio malessere e lo sprona a rimettersi nuovamente in cammino.

In “ZABRISKIE POINT”, film in cui si presenta una protesta studentesca in un college americano, troviamo due situazioni sonore contrapposte: da un lato la scena dell’esplosione della villa in cui si verifica un’accelerazione dei rumori man mano che l’inquadratura si avvicina ai dettagli del luogo, dall’altro la scena finale in cui domina la musica dei Pink Floyd che, grazie ad un effetto rallenty crea una situazione irreale; la musica elettronica contribuisce in questo caso a sottolineare l’oniricità dell’evento. Dopo l’esplosione iniziale, nel lento avvicinamento della macchina da presa, quelle seguenti si alternano in modo sempre più ravvicinato per giungere al boato finale. Le chitarre e le voci distorte ipnotizzano lo spettatore. /// MUSICA PINK FLOYD ritorna anche con Bellocchio nella scena finale del film sul rapimento di Moro, in cui sparisce il suono di presa diretta per lasciare spazio alla musica elettronica dei Pink Floyd. “PROFESSIONE: REPORTER” Il silenzio diventa la vera chiave della colonna sonora è l’unica situazione in cui compare una parvenza di musica si trova solo dopo 1h e 30min con un semplice arpeggio di chitarra che entra sommessamente tre dialoghi dei protagonisti per pochi secondi di film. Musica che in realtà sembra confondersi con il paesaggio stesso. Dal punto di vista del commento sonoro, risulta essere il film maggiormente riuscito di Antonioni. La sua struttura narrativa, si riflette infatti sulla colonna sonora che in più luoghi presenta diversi punti di ascolto. Nella sequenza finale in cui avviene lo so spostamento dello sguardo del protagonista, Locke attende che si compia il proprio destino nella camera d’albergo. La sequenza inizia con un lento movimento in avanti della macchina da presa, da cui si può dire nella piazza un silenzio irreale, talvolta interrotto da alcune voci o del cinguettio degli uccelli e, dopo un po’, inizia un assolo di tromba tipicamente spagnolo. Una lunga carrellata di suoni rumori priva di valore semantico. Da una macchina bianca ad un certo punto escono due persone: una si dirige verso l’hotel, l’altra verso la ragazza. A questo punto si sente uno sbattere di porte, le campane e poi un rumore sordo. All’interno di una stanza una porta si apre e si chiude a cui segue un rumore di passi e alcune voci. I rumori sembrano essere delle presenze che possono essere colte esclusivamente come entità prive di qualsiasi referente semantico che però assumono delle evidenti sembianze musicali. Questo film esalta i rumori che divengono qui la vera musica cinematografica. “AL DI LÀ DELLE NUVOLE” (Lucio Dalla, U2, L.Petitgand) Assume quasi la struttura di un politico poiché la musica elettronica procede per lunghi tappeti sonori ondeggiando tra qualche semplice accordo. L’apertura della portiera dichiara la natura della musica, musica che non ha una linea melodica o una pulsazione ritmica ma è piuttosto costruita da una stratificazione di suoni per mettere in risalto le parole del monologo iniziale. La musica presenta un carattere sia minimale perché si integra con piccole s...


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