Antonioni e La Musica PDF

Title Antonioni e La Musica
Author Giuseppe Branca
Course Musica negli audiovisivi 
Institution Università degli Studi di Udine
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ANTONIONI E LA MUSICA A cui Antonioni si rifaceva: Antonioni ha utilizzato al musica molto bene, con scelte molto moderne. Inoltre ha utilizzato la colonna sonora in tutta la sua complessit (musica acustica, elettronica e rumori). L’iter di Antonioni non va forse visto come un’evoluzione, ma come una conoscenza di varie fasi, orizzontale. Antonioni non nega l’importanza della colonna sonora, ma ne ripensa le funzioni e lo statuto: la musica di cui Antonioni si sempre servito obbedisce a delle finalit esclusivamente funzionali allo scorrimento delle immagini. Antonioni spesso ha ribadito dei no nei confronti della musica per film, soprattutto per l’utilizzo che ne veniva fatto nel cinema italiano di quegli anni. Secondo lui non era musica cinematografica vera e propria, inscrivibile su disco, concertabile. Musica invadente, descrittiva, con la funzione di accompagnare. Eppure negli ultimi film cede alla musica di consumo. Le sue perplessit nei confronti delle tradizionali partiture cinematografiche nascevano da una serie di motivazioni: 1) l’esigenza di rigore stilistico, sostenuta dalla convinzione di utilizzare il minor numero di mezzi possibile; 2) il rifiuto di essere troppo espliciti, per cui spesso egli lavorava per sottrazione rispetto alle consuetudini del tradizionale commento sonoro; 3) la constatazione della problematicit del rapporto fra l’elemento visivo e il commento sonoro che un elemento estraneo, in quanto non pertinente al materiale con cui il film viene girato. Modelli:  La musica non doveva essere sinfonica, di formazione teatrale, ma doveva essere una musica che doveva nascere espressamente per il cinema, per accompagnare quelle immagini.  La musica veniva ridotta allo scheletro di se stessa, ridotta al minimo. Inoltre la musica veniva contenuta attorno alle poche decine di minuti. La musica non doveva essere un continuum che attraversava il film, ma doveva emergere solo nei momenti in cui se ne sentiva la necessit.  La musica era molto semplice.  La musica viene privata di una vera e propria retorica. Nudit espressiva fortissima, per potersi inserire nelle “pieghe” delle immagini. La musica doveva essere anche un linguaggio che si integra perfettamente con i rumori. Antonioni alla ricerca della musica cinematografica, non musica sinfonica o popolare riadattata per il film. Giovanni Fusco si fa letteralmente plasmare da Antonioni che lo rende il compositore cinematografico per antonomasia. Il cinema di Antonioni stato spesso definito come antimusicale, cio che farebbe anche a meno della musica. Antonioni non detesta la musica, ma detesta la musica hollywoodiana. Modelli antonioniani nella ricercatezza musicale francese, soprattutto della nouvelle vague. Per Antonioni se un film fa continuamente riferimento alla musica, vuol dire che le immagini sono deficienti, mancano. Melodie come stampelle per immagini claudicanti, non questa la musica cinematografica. Nei racconti i rumori contribuiscono a creare delle atmosfere, sottolineando le diverse gradazioni di colore di determinate situazioni. Un nuovo personaggio pu3 essere introdotto da un rumore; le sequenze possono essere scandite da una situazione bruitistica; anche il vissuto dei protagonisti si pu3 trovare riflesso in termini sonori. Antonioni in particolare tende a focalizzare in termini sonori il rapporto dei protagonisti con il loro mondo circostante. I rumori sembrano appartenere agli uomini, al punto da diventare parte di essi. I rumori sono delle presenze organizzate musicalmente, ma, allo stesso tempo, ben lontane dalla possibilit di essere riassunte all’interno di un orizzonte. Rapporto di Antonioni con la musica: interesse enigmatico per i suoni, amore per il jazz, interesse dal punto sociologico per la musica rock e quella di consumo giovanile degli anni 70. La modernit delle sue scelte sonore ha reso difficile i rapporti di Antonioni con i compositori con cui ha collaborato. Fusco: “nei confronti della musica si comporta come un uomo che odia una donna perch9 la ama troppo”. Una vera e propria eccezione rispetto a questi rapporti con i musicisti (Fusco, Hancock, Nick Mason), viene da Giorgio Gaslini, il quale ha composto la musica per “La notte”. Gaslini ha infatti parlato della collaborazione con Antonioni come di un’esperienza fantastica, dando un’immagine del regista meno dispotica rispetto alle altre. Gaslini ha voluto ricreare il film in termini sonori, “respirando il set”. Antonioni: “Ci sono dei film dove la musica entra pi< direttamente a complemento dell’immagine, ad aumentare il significato stesso dell’immagine, in un significato pi< recondito. Io ho troppa fiducia nell’efficacia, nel valore, nella forza e nella suggestivit dell’immagine per credere che l’immagine non possa fare a meno della musica. = vero per3 che ho bisogno di attingere al rumore, che ha in tal caso una funzione essenzialmente musicale.” Nel rifiutare il tradizionale rapporto con musica e immagini, le parole di Antonioni ricordano soprattutto quelle espresse da

Adorno e Eisler: particolarmente decisa appare la posizione nel negare l’utilizzo della musica al fine di suscitare emozioni nel pubblico: sono le stesse immagini che devono farlo, senza il sostegno di particolari temi e accordi “L’unico modo perch9 la musica diventi accettabile in un film che scompaia come espressione autonoma per diventare elemento di un’unica impressione sensoria”, Antonioni. La sola funzionalit della musica alla pellicola ne giustifica la presenza, nessuna autonomia (discografica).in questo modo la musica riacquista una ben precisa funzione narrativa nella complessa architettura audiovisiva. Queste posizioni accomunano Antonioni a registi come Bresson e Resnais, i quali condividono la perplessit nei confronti del tradizionale commento musicale cinematografico. Bresson, “Note sul cinematografo”: “nessuna musica di accompagnamento, di sostegno, di rinforzo.. niente musica.” Antonioni dice che la musica uno degli elementi audiovisivi, non necessariamente deve avere una funzione semantica, un significato. Il meglio quando immagini e musica diventano un’unica “apparizione sensoria”. Ideazione di un modello musicale cinematografico autosufficiente per una concezione strutturale della musica. Il cinema di Antonioni, da un punto di vista musicale, circoscrivibile in tre periodi: 1. 2.

Il primo, in cui il regista si serve di Fusco, va da Cronaca di un amore fino al Grido. Con L’Avventura assistiamo a una vera e propria trasformazione per cui l’accompagnamento musicale viene drasticamente ridotto a scapito di una presenza sempre pi< consistente dei rumori. Con la breve parentesi della Notte, affidata a Giorgio Gaslini, anche questa fase vede la presenza di Fusco. Il sodalizio FuscoAntonioni si interrompe con Il deserto rosso ed entra in scena la musica elettronica di Gelmetti, definita come “una sorta di trasfigurazione dei rumori reali”e additata come unico commento musicale in grado di adattarsi alle immagini del film. 3. Con Blow up Antonioni abbandona la musica cinematografica e si serve di quella di consumo giovanile anni 70. Troviamo gli Yardbirds, Herbie Hancock, i Pink Floyd, alcune pagine di Strauss, fino all’utilizzo alla fine di Lucio Dalla, gli U2 ed altri. In questa terza fase la presenza del musicista diventa sempre meno significativa. Inoltre in queste colonne sonore spesso la musica compare diegeticamente . Michel Chion sostiene che Antonioni “ uno dei registi che ci hanno fatto meglio udire il rumore della vita”. Sostiene poi che egli non si serve dei rumori per creare una sinfonia con misurate cadenze in un sistema di ripetizioni, ma piuttosto li assume “di volta in volta che si offrono all’ascolto”, contrariamente a Tarkowskij e Bresson che pure hanno fatto largo uso della componente bruitistica nelle loro colonne sonore. Secondo Chion Antonioni ha accuratamente evitato che la successione dei rumori assumesse un aspetto “musicale”, le cadenze non sono prevedibili, non c’ la ricerca della rima. Nei confronti dell’utilizzo dei rumori, in Antonioni agisce in realt una preoccupazione di carattere estetico, per cui egli si serve di rumori “poetici”, creati appositamente dal rumorista, e di suoni “ineffabili”, catturati invece nel paesaggio sonoro. Non si tratta di ambiguit o contraddizione, ma di una duplice ricerca che contribuisce alla ricchezza della trama audiovisiva dei propri film. Chion, parlando di Giovanni Fusco, sottolinea la grande modernit delle scelte del compositore e mette in risalto “l’economi ” delle sue partiture grazie alle sue scelte strumentali, all’esigua presenza sonora nel corso della narrazione cinematografica e alla carica espressiva. La sua musica estremamente funzionale alla narrazione cinematografica: la segue, la “spalleggia”, l’accompagna discretamente. Con l’avvento del nastro magnetico, poi, si rivoluzion3 il paesaggio sonoro musicale, cinematografico e anche radiofonico. Il montaggio e il mixaggio furono facilitati, cosE come la registrazione in esterni che non prevedeva pi< la presenza del camion-suono. La consuetudine di osservare e ascoltare tutto “avidamente”, a partire dall’Avventura si impone in maniera sempre pi< evidente. Dopo essere stati prelevati, questi oggetti sonori (vento, acqua, passi) sono isolati dal contesto, secondo un atteggiamento che ricorda quello di Pierre Schaeffer. In questa operazione Antonioni maniacale: egli estrae ogni piccolo rumore in modo netto decontestualizzandolo dalle relazioni con gli altri del paesaggio sonoro. L’estremo realismo con cui i rumori sono isolati porta come logica conseguenza all’iperrealismo, che poi sfocia in un processo di astrazione. In questo modo il materiale assume uno statuto “concreto”, prestandosi ad essere oggetto di un ascolto ridotto. Si apre di conseguenza un nuovo livello percettivo in cui si fa leva su entrambi, immagini e suoni, per definire un rapporto audiovisivo inedito, in cui Antonioni sembra partire dai suoni per scegliere le immagini.

Le prese di posizione di Antonioni sul sonoro giustificano anche la sua polemica, condotta sin dagli anni 40, nei confronti del doppiaggio. Il rifiuto del doppiaggio si basa su queste considerazioni: 1. 2. 3.

Il doppiaggio un’entit fittizia che compromette l’univocit dell’oggetto artistico = una prassi soggettiva e inficiata da molteplici varianti Da un punto di vista estetico infondato in quanto compromette l’univocit e la bellezza di un’opera.

Recitazione come elemento di fondamentale importanza nella trama audiovisiva. La presa di posizione nei confronti del doppiaggio si unisce alla preferenza accordata alla presa diretta nei confronti della postsincronizzazione. Il tutto potrebbe portare a un approccio di tipo realista alla colonna sonora, ma, cosE come Antonioni talvolta ricorre alla musica mitigando le prese di posizione iniziali, altrettanto riconosce la possibilit di utilizzare poeticamente il doppiaggio e di manipolare il suono in funzione espressiva. Antonioni poi invita a valorizzare anche il silenzio che, nei suoi film, giunge ad avere una significazione enorme I PARAMETRI DEL LINGUAGGIO MUSICALE DI FUSCO A partire dalla strumentazione, notiamo che il compositore utilizza ensemble molto sobri, con una forte presenza di strumenti di estrazione popolare. Gi questa una precisa indicazione di stile. Un’altra delle cifre stilistiche di Fusco la presenza dei ballabili che conferiscono notevole vivacit alla sua musica, spesso attraversata dai ritmi che in quegli anni imperversavano nella musica da consumo ed erano amati dal grande pubblico (swing, slow, samba, valzer e mambo). In alcuni momenti, contrariamente alla propria vocazione, esprime uno stato di estraneit, di mancata comunione tra gli individui. Altrove invece crea momenti di evasione. In alcuni film ricorrono poi con particolare insistenza gli ostinati, il cui particolarmente efficace nelle colonne sonore La musica di Fusco, poi, quale suo tratto evidente, fa un uso particolare del parametro melodico: in Fusco, la musica si esprime in maniera del tutto antidescrittiva e non mira a visualizzare le immagini che il film presenta. Raramente d vita a temi, mentre si esprime per frammenti, molte volte con suoni disarticolati. I temi, raramente in funzione leitmotivica, rifiutano la banalit esteriore del sincrono, manifestando per3 una perfetta e riuscita adesione alle immagini filmiche. Abbiamo invece spesso “brandelli” melodici che vagano e affiorano in maniera frammentaria. Infine il parametro armonico: la musica di Fusco ancorata al sistema tonale. La novit maggiore che le colonne sonore de cinema antonioniano presentano per3 data dalla dedrammatizazzione della musica al’interno del racconto filmico. Fusco fa intervenire la musica soltanto nei momenti maggiormente significativi del racconto, senza seguire pedissequamente l’azione. Per “La signora senza camelie” Fusco scrive tre temi facendoli intervenire apparentemente nel racconto secondo le consuete modalit leitmotiviche. Il primo tema quello dei rapporti, e il fallimento, di Clara con il mondo del cinema, il secondo accompagna la sua relazione con Nardo e il terzo riflette i momenti di crisi della protagonista. I tradizionali e facili clich del racconto tematico sono per3 smentiti dai raffinati procedimenti di variazione melodica che ripetutamente attraversano le pagine. Pensiero musicale che segue il racconto facendosi portatore dei mutamenti e dell’evolversi del racconto. Nelle “Amiche” invece i temi non hanno pi< una funzione identificativa: niente leitmotive, ma percorsi musicali che di volta in volta assecondano le esigenze delle immagini. In questo film poi troviamo un’altra caratteristica antonioniana, per cui la musica dei titoli di testa si ripresenta, leggermente variata, alla fine a chiudere circolarmente l’intera partitura, a pendant con la natura del racconto. LA MUSICA NEI DOCUMENTARI Contrariamente alla musica dei lungometraggi, quella dei documentari di Antonioni non stata sicuramente oggetto di analoghe attenzioni. All’allestimento di questi documentari hanno contribuito molti compositori, anche apparentemente lontani dal mondo del cinema. Gi a partire dai primi documentari Antonioni pensa al commento sonoro secondo delle modalit che ritroveremo nei lungometraggi. Solitamente infatti evita il commento banale e la sottolineatura delle immagini, talvolta ricorre a momenti molto celebri del repertorio classico, altrove propone situazioni sonore che agiscono ironicamente, se non in modo grottesco, in commento alle immagini a cui sono relazionate. I rumori sono costantemente e poeticamente evidenziati in primo piano.  DOCUMENTARIO “Gente del Po”: gi in questo primo documentario i rumori si impongono con le caratteristiche dell’evidenza. In alcune sequenze i rumori hanno anche la capacit di ricreare poeticamente gli eventi naturali. In

alcuni momenti, senza soluzione di continuit, i rumori confluiscono nella musica creando situazioni audiovisive complesse e di estremo interesse. Dopo questo primo esordio, Antonioni si affida a Fusco, il quale scrive o partecipa come consulente alle partiture di N.U., L’amorosa menzogna, Superstizione, Sette canne un vestito e La villa dei mostri. Gi a partire da questi momenti, la collaborazione tra Fusco e Antonioni si muove perseguendo scelte e adottando prospettive che saranno tipiche della loro futura collaborazione.  DOCUMENTARIO “N.U.”: cura nell’allestimento dei rumori che assumono anche delle ben precise funzioni drammaturgiche collegando le diverse sequenze musicali. Hanno inoltre una funzione di “cerniera” tra l’introduzione con il primo episodio musicale e la prima comparsa del Preludio bachiano. Ad un certo punto la musica cessa: il pianoforte cadenza alcuni accordi, subentra il fischio di un treno in partenza, secondo la consueta alternanza RUMORE-MUSICA. Intervento di presenze “jazzistiche”.  DOCUMENTARIO “L’amorosa menzogna”: presenta un famosissimo motivo degli anni cinquanta, “Serenata celeste”, che accompagna ironicamente i titoli di testa e di coda. Questa canzone rappresentativa di un fenomeno musicale molto in voga negli anni del secondo dopoguerra: il facile melodismo aveva oscurato il successo ottenuto poco prima dalla canzone jazz. Queste melodie con bonarie tinte sentimentali stavano a testimoniare la volont di dimenticare gli anni del conflitto bellico. Nel corso del documentario, la musica di Fusco si muove all’interno di atmosfere ironico- parodistiche.  DOCUMENTARIO “Superstizione”: musica in forma rapsodica, in sintonia con il montaggio ellittico della pellicola. Funzioni semplici, dalla sottolineatura alla delineazione di atmosfere sulla base dei pi< tradizionali luoghi comuni della musica per film. Contrariamente alle proprie abitudini e alla maniera con cui si avvicina al cinema di Antonioni, Fusco sembra voler perseguire situazioni fortemente denotative, in cui cerca facili sincroni tra immagini e commento sonoro. Sincrono che risulta buffo, se non grottesco.  DOCUMENTARIO “Sette canne e un vestito”: un vero e proprio caleidoscopio musicale, con musiche che ricordano Stravinskij, la musica di consumo, quella cinematografica degli anni cinquanta e altre. Anche in questa pellicola la partitura si pone nei confronti del racconto in modo tradizionale, assecondando le immagini.  DOCUMENTARIO “Chung tjuo Cina” : colonna sonora di Luciano Berio che presenta brani di repertorio e i consueto utilizzo dei rumori. Forte anche la presenza del silenzio. I bambini che cantano nel film intonano quasi sempre canzoni politiche, cosa che ha portato il governo cinese a censurare il film. Da ricordare inoltre il trittico sulla Sicilia: Ritorno a Lisca Bianca (’83), Noto, mandorli, Vulcano, Stromboli, carnevale (’92) e Sicilia (’97).

PRIMA FASE: DA “CRONACA DI UN AMORE” AL “GRIDO”  FILM “Cronaca di un amore”: primo film di Antonioni, primo film con Fusco. Colonna sonora con pianoforte e sassofono (2 strumenti, NON un’orchestra). Nel corso del film, la colonna sonora occupa pochi minuti, con due temi con chiare influenze jazzistiche (be-bop e blues). Compaiono la distanza dal tematismo, i percorsi melodici e frammentari in cui si impongono i suoni astratti, le cadenze, i fraseggi sospesi e i lunghi silenzi che rendono questa musica “oggettiva”, priva di qualsiasi forza persuasiva e di ogni strumento della normale retorica per essere invece arricchita dai rumori d’ambiente. Musica antidescrittiva, intimamente legata alle immagini di cui diviene un sottotesto di grande importanza. Presenza contenuta della musica all’interno del racconto filmico. I segmenti della partitura sono irrelativi, privi di consequenzialit: non c’ un vero e proprio tema, melodia sfilacciata, inconcludente. Spesso gli interventi di Fusco contrappuntano l’azione secondo l’asincrono, entrando in conflitto dialettico con le immagini. Questa caratteristica della musica di non essere sempre connessa al ritmo del montaggio, e quindi di non adeguarsi alle sottolineature di carattere psicologico e narrativo, mostra come tanto pi< la musica rimane lontana dal livello visivo, tanto pi< riesce a penetrare nei meandri delle immagini. Diviene cosE un prezioso sottotesto espressivo del racconto. Il passato, rievocato da Paola e Guido, non si realizza attraverso le immagini, ma piuttosto tramite l’utilizzo della musica e dei rumori che fungono da veri e propri flahback sonori. Esempio: il rumore delle vibrazione dei cavi dell’ascensore fa tornare entrambi i protagonisti alla morte di Giovanna (la prima promessa sposa di Guido). Il rumore diviene ricordo del passato e presagio di una nova morte alla fine del film. La mdp, come presenza ben tangibile, estranea all’azione, permette all’ascensore (il cui rumore in primo piano) di acquisire una consistenza fantasmatica.

C’ inoltre la tendenza a giustificare la presenza della musica da schermo con gli elementi del pro filmico: spesso la mdp rivela presenze sonore che poi scopriamo venire da grammofoni e radio o da musicisti. All’inizio, nei titoli di coda, non c’ un vero e proprio tema, ma un’improvvisazione. [in tre parti: 1, 2, 3]. Il tema baricentro dell’intera partitura annunciato secondo la consueta prassi di quegli anni durante lo scorrimento dei titoli di testa; ci troviamo per3 di fronte a una situazione “schizofrenica”, in cui lo strumento solista sembra improvvisare liber...


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