Biopolitica. Una mappa concettuale - L. Bazzicalupo PDF

Title Biopolitica. Una mappa concettuale - L. Bazzicalupo
Author Giovanni Chirivì
Course Filosofia e politica della sicurezza
Institution Università del Salento
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Summary

Warning: TT: undefined function: 32 Warning: TT: undefined function: 32CHE COS’E’ LA BIOPOLITICALa biopolitica è una branca della filosofia politica che si riferisce a tutte quelle scelte e decisioni politiche (la presa di potere da parte della politica) prese sulla vita, tenuto conto le condizioni ...


Description

CHE COS’E’ LA BIOPOLITICA La biopolitica è una branca della filosofia politica che si riferisce a tutte quelle scelte e decisioni politiche (la presa di potere da parte della politica) prese sulla vita, tenuto conto le condizioni totali di vita e il suo relativo benessere, che non sono riconducibili a nessun modello normativo, quindi, che non trovano legittimazione nel quadro dei diritti. Il termine biopolitica è in uso sin dai primi anni del ‘900, anche se termini affini, politica della vita o scienze della vita, furono usate già a partire dal secolo precedente. Il termine biopolitica nasce contemporaneamente allo sviluppo di un programma scientifico da applicare alla vita come normalizzazione dei comportamenti sociali. Infatti, la biopolitica si serve di scienze, specialmente tecno-scientifici. Le prime teorie che ruotano intorno al concetto di biopolitica, sviluppate nel secolo scorso, sono quattro: -

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Evoluzionismo e positivismo, la prima in senso cronologico, si è sviluppata intorno agli inizi del ‘900, a causa del riadattamento delle teorie darwiniane in chiave geopolitica. La teoria di Darwin di lotta per la vita che favorisce il più adatto viene tradotta in lotta fra gli stati che favorisce il più forte per determinare il proprio spazio vitale. La biopolitica, qui, si occupa dell’analisi del potere che, in questo caso, assume comportamenti devianti, quali l’ideale razziale seguendo le leggi biologiche evoluzionistiche. La morte del meno adatto è insignificante in confronto alla sopravvivenza del più forte. Tecnocrazia, nasce negli anni ’60. Il potere, in questo periodo, grazie alle scienze biologiche e sociologiche che sono in grado di svolgere una perfetta analisi, individua la “patologia” causa dei disordini sociali producendo norme atte a ripristinare l’equilibrio naturale della vita, tenendo in considerazione anche gli stimoli ambientali. La biopolitica, qui, applica un programma orientato al miglioramento della vita. Fitness e neodarwinismo (chiave scientifico-tecnologica), lanciato negli anni ’70 dall’area anglosassone (chiave scientifico-tecnologica). Le scienze della vita qui, in base alle teorie evolutive, analizzarono il comportamento umano in relazione al concetto di fitness, di “adattamento forzato o volontario in relazione al contesto”. Secondo la fitness, l’uomo ha caratteri istintivi, deviazioni innate causate dai sistemi di credenze. In base a questo presupposto, il potere, qui, entra in gioco organizzando la convivenza sociale tramite logiche bioeconomiche ma senza attuare misure coercitive. Non sono necessarie perché qui il potere fa leva sui comportamenti individualistici egoistici innati dell’uomo, come quello della sopravvivenza a scapito di quella altrui. In questo contesto, quindi, la biopolitica si occupa del potenziamento della persuasione politica sull’immaginario collettivo, supportato da saperi tecno- scientifici indiscutibili agli occhi del pubblico, al fine di indirizzare lo stesso pubblico all’incessante incremento del benessere e della qualità della vita. Umanesimo tecnocratico (chiave umanistico-pedagogica), nasce contemporaneamente alla teoria anglosassone ma nell’ara continentale francese. Questa teoria si distacca dalle precedenti definizioni riduzioniste della vita umana. Questa teoria valorizza la dimensione spirituale rispetto a quella materiale. In quell’area, infatti, già negli anni ’60, si erano affermati programmi di promozione della vita (in termini di qualità, protezione e sviluppo) in risposta a una crescente domanda di più vita, più benessere, totalmente in contrapposizione con le scelte di mercato. La biopolitica, qui, cerca di ricostruire un legame tra la politica e la natura umana per fini sociali. Supportato da saperi esperti e tenuto conto dell’ambiente, il potere, qui, cerca di contrastare e dirigere le leggi fondamentalmente autodistruttive e individualistiche della natura umana dotandosi di istituzioni e dispositivi quali giustizia e solidarietà. La biopolitica, quindi, qui, tende a promuovere e potenziare istituzioni finalizzate alla costruzione di una umanità migliore.

Partire dalla conoscenza delle precedenti teorie è fondamentale per comprendere le attuali forme di biopolitica. Gli studiosi hanno un atteggiamento molto critico nei confronti del neodarwinismo di area

anglosassone per evitare un ritorno al riduzionismo. Rilevante è, invece, la teoria francese che mette in luce la polarità tra i due termini bios e politica.

LA PROSPETTIVA DI FOUCAULT Foucault reinventa la biopolitica, o meglio, l’uso che si fa del termine biopolitica, offrendo politica nuovi strumenti per comprendere e distinguere le forme di vita e di potere e individuare le relazioni che intercorrono tra loro. Foucault afferma che il potere esiste se, e solo se, è in relazione alla vita. Sovverte, quindi, la prospettiva in uso ai suoi tempi, quando si riteneva che la vita fosse una semplice estensione, o addirittura, una creazione del potere stesso. Foucault dimostra che la vita è il criterio e il fine in base ai quali si esercita il potere. Il contributo più fecondo e originale alla biopolitica è apportato da Foucault nei due corsi tenuti al College de France nel 1977-78, 1978-79. Il metodo utilizzato da Foucault è il metodo genealogico, esso è un’indagine delle verità individuando l’origine delle pratiche storiche, il loro sviluppo nel tempo e gli effetti di potere che queste pratiche infondono. Il metodo genealogico opera su dettagli di superficie prendendo le distanze dalle formule generali. Con questo metodo Foucault evidenzia dove e in che modo nel quadro storico i discorsi (saperi che condizionano e sono condizionati dal potere) hanno effetti di potere e pretesa di verità. Foucault individua la biopolitica nelle dinamiche concrete delle pratiche sociali, dinamiche che investono il corpo umano e lo costringono ad alcune azioni. Foucault destrutturalizza i sistemi di verità (i discorsi), propinati dal potere, estrapolando le logiche di intervento che la biopolitica adotta nelle varie epoche storiche per superare determinate problematiche e ripristinare l’equilibrio socio-biologico. Il dettaglio, in questo caso, che Foucault prende in considerazione è rappresentato dalle attività che la collettività esegue materialmente, o subisce per il raggiungimento di obiettivi che il potere si è prefissato. Questi obiettivi sono immagazzinati dall’uomo come verità alimentati dalle attività che l’uomo subisce o è “costretto” a eseguire. Foucault riassume questo concetto con il termine dispositivo, si tratta, in sostanza, di una manipolazione razionale e organizzata del potere. Il dispositivo include in sé i discorsi, le persone, le istituzioni, le leggi, le strutture architettoniche, gli enunciati scientifici, la filosofia, ecc. Tutto questo rende visibile la ripartizione delle cose e dei corpi nello spazio organizzando gerarchie di funzioni e di persone. Importante per Foucault, come si può notare, è la relazione che intercorre tra la verità e il potere (nodo verità-potere). Il discorso veridico (con pretesa di verità) dà forma ai valori delle persone, forma dei modelli rispetto ai quali gli individui si rapportano, si mettono a confronto. Da quello che sono i discorsi, si deduce che ogni governo ha un regime di verità ma la verità non è l’insieme delle cose vere ma l’insieme delle regole secondo le quali si distingue il vero dal falso e si attribuiscono al vero degli effetti specifici di potere. È evidente, quindi, che i corpi sono modificati dalle politiche, ovvero, ogni discorso produce un comportamento degli individui che li coinvolge completamente, anche in ambiti privatissimi (le condotte quotidiane, le abitudini, costumi sessuali e morali). Le manifestazioni più precoci del potere di gestione dei viventi sono gli studi condotti sulla clinica e la sessualità. Si è visto che i saperi medici sulla vita cambiano le condotte quotidiane, modificano le abitudini rischiose, rendendo accettabile l’intrusione del potere nella vita privata modificando, altresì le abitudini sessuali e la vita riproduttiva. Il potere sulla vita si è sviluppato a partire dal XVII secolo, incentrato sul solo corpo con il conseguente potenziamento delle attitudini, l’estorsione delle forze, la sua integrazione a sistemi di controllo efficaci ed economici. Verso la metà del XVIII secolo, però, il potere sulla vita si è incentrato sul corpo come specie che fosse di supporto ai processi biologici (la proliferazione, la nascita, la mortalità, il livello di salute, la durata della vita, longevità, ecc.) attraverso tutta una serie di interventi e di controlli regolatori strutturali allo sviluppo del capitalismo, orientato alla crescita indefinita, all’incremento incessante delle ricchezze e del benessere. In sintesi, la politica è una fitta trama di poteri fatta di discorsi sulla vita (biologia, genetica, ecc.) e saperi tecnici di governo relativi alla vita (sociologia, amministrazione, statistica, diritto, ecc.) che non sono né veri né falsi,

ma sono funzionali all’equilibrio sociale. Gli effetti della politica danno una classificazione sia agli oggetti (malattie, deviazioni, rischi, ecc.) sia ai soggetti (popolazione, malati, consumatori, disoccupati, ecc.). La prospettiva di Foucault mostra come le energie e il potere del dominato possano essere piegate e orientate dalla biopolitica ma mostra anche come il potere del dominato non sia estraneo alla biopolitica. Anche quando si pone in un ruolo di avversario, il dominato, è in una relazione bipolare con il potere e, quindi, ha delle conseguenze per il potere stesso. I concetti di Nazione e identità di gruppo che prendono sorgono nel XIX - XX secolo sono i chiari sintomi dell’assunzione della vita biologica come fattore politico. Il potenziamento della vita, il prolungamento della durata la moltiplicazione delle probabilità e la riduzione dei deficit diventano gli obbiettivi della politica, indice della potenza politica dello stato. Vi è la creazioni di standard ai quali gli individui devono attenersi ricollocando i corpi nella genericità della specie escludendo gli estremi e le eccezioni. La presa in carico della vita da parte del potere viene travolta da una morsa tanatologica e razziale (nazismo). Foucault sottolinea, però, che, nonostante la brutalità, ci troviamo di fronte a un calcolo economico. La morte degli altri equivale al rafforzamento si sé stessi. Per Foucault l’eugenismo nazista per la protezione e il potenziamento della razza ariana, contiene nella sua logica economica un risvolto omicida che è funzionale alla razza stessa. Per Foucault, la razionalità biopolitica emerge nelle attuali società neoliberali. Individua questa nuova forma di potere (la biopolitica) attraverso il metodo genealogico, ricostruendo il percorso delle relazioni di potere nelle varie ere e modus di governo: pastorato, Ragion di Stato e liberalismo. -

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Nel pastorato cristiano premoderno il fine è la salvezza fisica e spirituale degli uomini. La verità sta nella provvidenza. Al vertice vi è il vescovo-pastore, che conosce e interpreta la verità provvidenziale e che ha il compito di governo, non a proprio vantaggio ma in nome e per il bene del governato, per la salvezza del quale il pastore può sacrificare la vita. Governare è servire, attuare il piano di salvezza, obbedendo ad esso non meno del governato. Attraverso le pratiche della confessione e della direzione spirituale, il pastore, mira alla neutralizzazione della volontà tramite l’obbligo di obbedienza alla verità. Nel XVI secolo si sviluppa la Ragion di Stato a causa della crisi del pastorato. Il fine è lo stato stesso, la sua salvezza, il suo benessere. Al vertice vi è il sovrano e il suo apparato amministrativo è la Polizei. Il sovrano sa la verità e agisce in suo nome sotto il segno del calcolo economico. I dispositivi disciplinari mirano ad ottimizzare la produttività degli individui rendendoli docili, subordinati al fine comune della salvezza dello stato. L’economia diventa oggetto di governo oltre che logica economica del governo delle vite. Il liberalismo è un capovolgimento che dà luogo alla governamentalità biopolitica a pieno titolo a causa della socializzazione della politica. È allora che la biopolitica assume pienamente l’economia politica come logica di governo. A differenza della Ragion di Stato in cui la politicizzazione dell’economia promuove il potenziamento della popolazione secondo i bisogni dello stato, il liberalismo avanza dei dispositivi nei quali il sapere economico struttura soggetti attivi, contropoteri rispetto al potere dello stato che chiedono meno governo e più autoregolamentazione. Tuttavia, la richiesta di meno governo, di limitazione della politica, rende necessari dispositivi di sicurezza crescenti per rendere compatibili gli interessi individuali con l’ordine complessivo del mercato. Paradossalmente, ci sarà bisogno di più governo per gestire l’accresciuta libertà.

LA PROSPETTIVA BIOPOLITICA Il welfare è un dispositivo biopolitico che ha messo in opera una gestione delle vite molto elevata all’interno di regimi liberali e socialdemocratici. Questa nuova modalità governamentale produce

soggettivazioni che vengono, poi, tradotte in diritti sociali. Gli studi sullo stato sociale mostrano un parallelo incremento delle tecniche di sicurezza sociale e delle pratiche di medicalizzazione. Lo stato sociale è una nuova forma di contratto sociale in cui il pubblico si assume la responsabilità, deresponsabilizzando i cittadini. I diritti sociali, che sono articolazioni del diritto alla vita, sono dispositivi del governo del vivente. Il nodo non è più libero e non libero ma vita e ciò che la minaccia. Centrale nel welfare è la questione della sicurezza, quindi, la nozione di rischio. Nel declino del welfare fondamentale è la piega bioeconomica, nel senso di uno strutturale e diretto innesto dell’economia sulle dinamiche del vivente. Per spiegare ciò, si sviluppano, nella sociologia anglosassone degli anni ’90, importati studi sulle strategie di governo post liberali e sulle politiche sociali che prendono il nome di Governmentality Study. Questi studi si riferiscono alla società successiva agli anni ’90, registrando lo sviluppo di tecniche di sorveglianza e di regolazione che poggiano sulla volontaria collaborazione dei soggetti. Gli studi sulla governamentalità neoliberale più rilevanti sono quelli sulla politica della salute effettuati da Nikolas Rose. Egli ha riscontrato che le nuove soggettività desiderano la propria salute, il miglioramento del corpo. Di conseguenza, la vasta azione dell’apparato politico per la salute nei programmi liberaldemocratici nel XIX e XX secolo sarebbe stata una risposta alla crescente domanda dei popoli stessi. La vita non è più considerata come qualcosa di statico ma qualcosa su cui far valere la propria scelta. Naturalmente questo rapporto è orientato da esperti dipendenti, a loro volta, per le ricerche sempre più complesse e costose, da autorità economiche. Ecco che si delinea un crescente potere bioeconomico sulle vite. Il ruolo delle persone è subordinato alla capacità di conoscere e di comprare. La bioeconomia dà forma economica ai saperi e alle informazioni, collegando commercialmente le vite e l’economia. Inquietante è come i soggetti, nonostante il loro potenziamento, sono soggettivati ad un sistema intrusivo non controllabile di autorità. L’ingresso della vita, più che nella politica, nel mercato implica la sua trasformazione in “valore”. Ogni valore ha un costo di produzione. Per Rose scelte che si presumono libere sono, in realtà, mediate da meccanismi di potere.

LA PROSPETTIVA DI GIORGIO AGAMBEN ECCEZIONE – HOMO SACER E SOVRANITA’ Il nucleo concettuale di Agamben è incentrato sull’analisi della figura dell’homo sacer. L’homo sacer (uomo sacro), nel diritto romano arcaico, è colui che il popolo ha giudicato colpevole di un delitto, non è lecito sacrificarlo ma chi lo uccide non sarà condannato per omicidio. Agamben evidenzia l’ambiguità della nozione di sacro. Insieme al significato che noi conosciamo, sacer si riferisce, in questo caso, a ciò che è considerato impuro. Quindi, se nell’accezione comune la “consacratio” fa passare un soggetto dallo ius humanus allo ius divinum, dal profano al sacro, nel caso dell’homo sacer una persona è posta al di fuori della giurisdizione umana senza trapassare, però, quella divina. La consacratio configura, in quest’ottica, una doppia eccezione, tanto nell’ambito religioso che in quello profano. Lo stato d’eccezione è una specie “messa al bando”: colui che è stato messo al bando non è semplicemente posto al di fuori della legge e, quindi, indifferente a questa, ma è abbandonato da essa, cioè collocato nella posizione in cui vita e diritto si confondono. Il rapporto originario della legge con la vita non è, quindi, l’applicazione della legge ma l’abbandono da parte della legge. Agamben riconduce l’eccezione anche alla sovranità. Il sovrano è contemporaneamente fuori e dentro l’ordinamento giuridico perché è colui al quale l’ordinamento giuridico riconosce il potere di proclamare lo stato d’eccezione e di sospendere la validità dell’ordinamento. Il sovrano avendo il potere legale di sospendere la validità della legge, si pone legalmente fuori legge. L’essenza della sovranità sta, appunto, nel fatto che al sovrano spetta il monopolio della decisione ultima. Nel caso d’eccezione, invece, la decisione si distingue dalla norma giuridica e, quindi, il sovrano dimostra di non avere bisogno del diritto per creare diritto. Anche in questo caso l’eccezione è una specie di esclusione. Nonostante l’esclusione, mantiene comunque un rapporto con la norma, nella forma della sospensione, quindi, lo stato d’eccezione non è il caos prima dell’ordine, ma è la situazione che si viene a creare a causa

della sospensione dell’ordine generale. L’eccezione è, quindi, la struttura della sovranità e rappresenta anche la struttura originaria del diritto riferito alla vita includendola attraverso la propria esclusione. Analogamente all’eccezione sovrana, dove la legge si applica al caso eccezionale disapplicandosi, così l’homo sacer appartiene al dio nella forma dell’insacrificabilità ed è incluso nella comunità nella forma dell’uccidibilità. Vita sacra è vita insacrificabile e, quindi, uccidibile. La condizione dell’homo sacer è definita proprio dal carattere della doppia esclusione in cui si trova e della violenza a cui è esposto. La violenza che chiunque può commettere nei suoi confronti non è classificabile né come sacrificio né come omicidio, sottraendosi così sia alle forme del diritto umano che a quelle del diritto divino. SACERTA’ – ANALOGIA TRA HOMO SACER E SOVRANO Ciò che Agamben tenta di indagare è se esiste una possibile connessione tra la struttura della sovranità e quella dell’homo sacer (sacro). Sovrana è la sfera in cui si può uccidere senza commettere omicidio e senza celebrare un sacrificio, sacra (cioè uccidibile e insacrificabile) è la vita che si trova in questa situazione. Posti ai due limiti estremi dell’ordinamento, l’homo sacer e il sovrano rappresentano due figure speculari, nel senso che il sovrano è colui rispetto al quale tutti gli uomini sono potenzialmente homines sacri, homo sacer è colui rispetto al quale tutti gli uomini agiscono come sovrani. Entrambi, collocandosi al di fuori sia del diritto umano che di quello divino, delimitano in un certo senso il primo spazio politico in senso proprio, cioè distinto sia dall’ambito religioso che da quello profano, sia dall’ordine naturale che da quello giuridico. La sacertà è la forma originaria dell’implicazione della vita nuda nell’ordine politico. Non è la semplice vita naturale, ma la vita esposta alla morte (vita nuda o vita sacra) l’elemento politico originario. In altre parole, i cittadini per partecipare alla vita politica devono essere assoggettati al potere politico. In questo caso, per essere cittadini è necessario essere esposti a un potere di morte. L’analogia tra il corpo del sovrano e il corpo dell’homo sacer è data dal fatto che, ad esempio, se l’uccisione dell’homo sacer non costituisce omicidio nell’ordinamento, anche per l’uccisione del sovrano non vi è alcuna norma che considera quest’atto un semplice omicidio. Essa costituisce un d...


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