Componenti di pneumatica Festo PDF

Title Componenti di pneumatica Festo
Author Charlie Grioli
Course Ingegneria informatica
Institution Università degli Studi di Catania
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Gli elementi di un sistema automatico possono essere ricondotti alle seguenti tipologie:  Elementi di ingresso: elementi che fungono da interfaccia con l’operatore e forniscono i segnali di governo del sistema;  Unità di governo: elemento che elabora i segnali provenienti dagli elementi di ingresso e dai finecorsa per fornire i comandi agli organi attuatori;  Organi attuatori: elementi finali di un sistema automatico, ovvero gli elementi che realizzano il lavoro vero e proprio. Bisogna ricordare che un sistema automatico può essere realizzato utilizzando elementi con tecnologie differenti: si possono avere elementi puramente pneumatici, elementi elettro-pneumatici od elementi puramente elettrici/elettronici. Al fine di permettere l’interfacciamento delle diverse tecnologie, sono stati realizzati elementi di interfaccia che vengono azionati da un determinato segnale e forniscono in uscita il segnale secondo una diversa tecnologia. Si pensi, ad esempio, alle elettrovalvole, ovvero valvole che a partire da un segnale elettrico forniscono in uscita un segnale pneumatico. Se si considera, poi, un sistema completamente pneumatico, i diversi elementi possono essere classificati in:  Elementi di potenza: sono gli elementi che forniscono il segnale di comando per gli attuatori; solitamente tali elementi sono alimentati ad una pressione elevata, in quanto devono fornire una pressione sufficiente per effettuare il lavoro;  Elementi di controllo: sono gli elementi che elaborano i segnali di controllo del sistema automatico; tali elementi ricevono in ingresso i segnali provenienti dai comandi e dai finecorsa e forniscono il segnale di controllo per gli elementi di potenza. In base a quanto precede, è facile comprendere che gli elementi di controllo sono alimentati ad una pressione di alimentazione notevolmente inferiore rispetto a quella degli elementi di potenza. Un’ulteriore distinzione di può fare fra gli elementi pneumatici in base alla fonte del segnale di alimentazione:  Elementi attivi: quando il componente è direttamente connesso alla fonte di alimentazione;  Elementi passivi: quando il componente non è direttamente connesso alla alimentazione, ma ai suoi ingressi si applicano i segnali di comando provenienti dagli altri elementi. Un’ultima classificazione, infine, può essere fatta in base al modo di operare dei singoli componenti:  Elementi digitali: operano con livelli discreti di segnale (solitamente sono elementi ON/OFF che operano con soli due livelli di segnale);  Elementi analogici: operano non in relazione alla sola presenza di un segnale, ma in ragione del suo valore. I sistemi automatici solitamente funzionano secondo una logica digitale, anche se esistono applicazioni di controllori pneumatici funzionanti secondo una logica analogica. La ragione della grande diffusione dei sistemi digitali è la loro insensibilità ai disturbi: tali sistemi, infatti, operando in base alla presenza od assenza di pressione, sono insensibili alle oscillazioni di pressione dovute ai disturbi presenti sulle linee: tale logica di operare consente di evitare, ad esempio, azionamenti indebiti degli attuatori.

In base alla classificazione effettuata nel capitolo **, gli attuatori sono gli elementi pneumatici che compiono il lavoro vero e proprio ed in ragione di tale fatto possono essere considerati gli elementi finali della catena del sistema automatico.

Gli attuatori possono essere distinti in base alla tipologia di lavoro che possono effettuare: gli attuatori, infatti, possono compiere movimenti lineari o rotatori. Gli elementi più diffusi sono i cilindri, che compiono movimenti lineari e sono molto adatti alla movimentazione di particolari ogni qualvolta debba essere realizzato un movimento lineare di ampiezza limitata. Trovano comunque molteplici applicazioni anche i motori rotativi, che possono compiere rotazioni continue: tali elementi vengono comunemente applicati sia in sistemi automatici, sia in applicazioni industriali per utensili pneumatici (ad esempio gli avvitatori automatici). Cilindri pneumatici I cilindri pneumatici sono attuatori che trovano molteplici applicazioni nel campo dell’automazione industriale: tali elementi applicano una forza che è proporzionale alla pressione di alimentazione degli stessi e per questa ragione uno stesso cilindro si può facilmente adattare anche ad applicazioni diverse. I cilindri pneumatici realizzano il lavoro grazie ad una camera presente all’interno degli stessi che viene messa in comunicazione con l’alimentazione, ovvero in pressione. Dal punto di vista costruttivo i cilindri sono realizzati utilizzando uno stantuffo mobile (**) che si muove all’interno di una canna cava, delimitando due camere, una posteriore ed una anteriore. Lo stantuffo stesso è, inoltre, rigidamente connesso con un’asta (o stelo) che fuoriesce da un foro posto nella parte anteriore del cilindro. L’asta è la parte che verrà collegata con l’utenza sui cui il cilindro deve compiere il suo lavoro. Si veda la Figura 1 per una rappresentazione schematica di una sezione di un cilindro pneumatico.

Figura 1 – Sezione di un cilindro pneumatico, ove sono evidenziati lo stantuffo, le guarnizioni di tenuta e l’asta. Le testate anteriore e posteriore sono, ovviamente, chiuse in modo da garantire la tenuta delle camere rispettive. Per tale ragione fra le testate e la canna sono ovviamente poste delle guarnizioni per evitare la fuoriuscita del fluido. Inoltre è presente anche una guarnizione sullo stantuffo per

evitare la fuga di fluido da una camera all’altra. Le guarnizioni sono indicate in rosso nella Figura 1. Si definisce alesaggio il diametro del pistone e corsa la differenza fra la posizione estreme della corsa dello stelo. Dal punto di vista del funzionamento le guarnizioni di un cilindro possono suddividersi in statiche e dinamiche. Le guarnizioni statiche sono quelle poste fra le testate e la canna; viceversa le guarnizioni dinamiche sono impiegate laddove si deve garantire un moto relativo fra le due parti: tale è il caso della guarnizione di tenuta dello stantuffo o della guarnizione posta nella testata anteriore a contatto con lo stelo. Il funzionamento di un cilindro pneumatico è molto semplice: una camera viene messa in comunicazione con l’alimentazione e di conseguenza si troverà ad una pressione elevata (palim),

mentre l’altra camera viene connessa con lo scarico alla pressione ambiente (pamb). La differenza di pressione fra le due camere genera la forza che garantisce il moto dello stelo. Un pregio di tale realizzazione, rispetto ad esempio a quella oledinamica, è che la compressibilità dell’aria garantisce un certo assorbimento degli urti. I cilindri così realizzati sono in grado di sostenere anche carichi molto elevati: si tenga presente che quando la forza resistente applicata allo stelo supera la forza dovuta all’aria compressa il moto del cilindro si interrompe e si può anche avere l’inversione del moto stesso. Di contro i cilindri pneumatici non sono in grado di sostenere carichi con direzione radiale rispetto allo stelo: tali carichi, infatti, sovraccaricano le tenute e sono in grado di mettere fuori servizio un cilindro in breve tempo. Inoltre, un altro problema importante nel caso dei cilindri pneumatici è quello di evitare un brusco arresto quando lo stantuffo raggiunge il fine corsa: a tale proposito possono essere previsti opportuni dispositivi ammortizzanti, il cui scopo è quello di rallentare la corsa dello stelo in prossimità del fine corsa. L’effetto ammortizzante può essere ottenuto principalmente mediante due sistemi: anelli elastici paracolpi o smorzatori ad aria. Gli anelli elastici sono di semplice realizzazione e consistono sostanzialmente in anelli di materiale con un buon coefficiente di smorzamento (come il poliuretano) disposti sulla superficie dello stantuffo. Tale anello entra in battuta sulla testata quando lo stantuffo raggiunge il fine corsa, realizzando l’effetto smorzante. Un’altra realizzazione è quella che prevede smorzatori ad aria: tale realizzazione prevede delle guarnizioni di ammortizzamento (figura **) che entrano in gioco quando lo stantuffo ha quasi raggiunto il fine corsa. Tali guarnizioni intrappolano una certa quantità di aria in una cavità che presenta un forellino calibrato. La calibrazione della valvola di trafilamento consente di regolare l’effetto smorzante.

La principale distinzione dal punto di vista funzionale può essere fatta fra cilindri a doppio effetto e cilindri a semplice effetto: nei primi l’aria compressa agisce da entrambi i lati dello stantuffo e si possono quindi esercitare forze motrici in entrambe le direzioni. Di contro nei cilindri a semplice effetto la corsa di ritorno viene realizzata tramite una molla o per gravità. La forza esercitata da un cilindro pneumatico è funzione della pressione di alimentazione e dell’alesaggio secondo la seguente relazione: F p d2 pA dove: p è la pressione di alimentazione; d è l’alesaggio; A è la sezione utile sulla quale la pressione agisce. La formula [**] permette di determinare la forza che il cilindro è in grado di esercitare a velocità costante (non tiene infatti conto delle inerzie), considerando trascurabili le forze di attrito. Le forze

di attrito sono sempre presenti nei cilindri pneumatici e si configurano come forze resistenti, dovute principalmente alla presenza delle tenute delle guarnizioni. Le forze di attrito dipendono dal tipo di tenuta utilizzato, come si vedrà nel paragrafo **, e dalla condizione generale del sistema (usura, polveri, presenza di lubrificanti…). Inoltre si deve ricordare che le forze resistenti di aderenza (quelle presenti a stantuffo fermo) sono sicuramente maggiori rispetto a quelle di attrito quando il cilindro è in moto. Per tenere conto di tali forze resistenti solitamente si riduce la forza massima esercitatile, ricavata mediante la [**] di circa il 5 – 20 % a seconda dello stato del cilindro e delle condizioni di manutenzione. Tale riduzione tiene anche conto del valore della contropressione allo scarico, ovvero tiene conto del fatto che vi è sempre una azione resistente dovuta alla fuoriuscita del fluido presente nella camera del cilindro che non è connessa con l’alimentazione ma che si deve comunque svuotare. Cilindri a semplice effetto. Nel caso dei cilindri a semplice effetto il moto dello stelo in una delle due direzioni non è affidato alla forza esercitata dall’aria compressa, bensì a forze generate solitamente da molle, o in casi particolari, anche per effetto della gravità stessa. Nel caso di cilindri a semplice effetto una delle due camere presenta il condotto di alimentazione, mentre l’altra camera presenta solo un condotto che serve a mettere la stessa in collegamento con l’atmosfera. Nella figura ** si vede lo schema di un cilindro a semplice effetto con molla: come si vede la corsa di rientro dello stelo viene realizzata grazie alla presenza della molla.

Ovviamente nel caso di tali cilindri si può regolare solo la corsa attiva, ovvero quella comandata dalla pressione. Il calcolo della forza esercitata da questi cilindri può sempre essere realizzato mediante la formula [**]: tale formula permette una valutazione di prima approssimazione della forza esercitata. Si tenga presente che la relazione suddetta non tiene conto, ad esempio nel caso di cilindri a semplice effetto con molla di ritorno, della forza esercitata dalla molla: per tale ragione forniscono sempre una stima per eccesso della forza massima esercitabile. Cilindri a doppio effetto I cilindri a doppio effetto permettono di realizzare due corse attive: quella in uscita dello stelo ed analogamente quella in ingresso. Entrambe le camere anteriore e posteriore presentano condotti di alimentazione in modo da poter garantire l’effettuazione di entrambe le corse. Per le loro caratteristiche di versatilità e la loro facilità di regolazione, tali cilindri vengono utilizzati nella maggioranza delle applicazioni. Durante la corsa di rientro, il cilindro esercita una forza inferiore rispetto alla corsa di uscita per la presenza dello stelo che riduce la sezione utile su cui può agire il fluido: 2 F p d 2 dstelo pA dove: p è la pressione di alimentazione;

d è l’alesaggio; dstelo è il diametro dello stelo; A è la sezione utile sulla quale la pressione agisce. Si tenga presente che, per una maggiore precisione nella determinazione della forza esercitata si dovrebbe utilizzare la formula: 2 F p d 2 d stelo p sc d 2 pA p sc A dove si è indicato con psc la contropressione presente nella camera connessa con lo scarico: infatti per effetto delle resistenze presenti allo scarico la pressione presente nella camera connessa con lo scarico non è mai pari a quella ambiente, ma sarà sempre leggermente superiore. Tale fatto, insieme alla forze resistenti presenti per effetto dell’attrito, contribuisce alla riduzione della forza massima esercitabile. Simbologia secondo la ISO 2619 In figura ** vi è la rappresentazione di un cilindro a semplice effetto con rientro comandato da una molla; in figura ** è riportato un cilindro a doppio effetto: come si vede in questo caso per entrambe le camere viene riportato un trattino che rappresenta la connessione pneumatica della camera. Inoltre si vede la presenza dell’ammortizzatore regolabile (indicato mediante la freccia) sia per la corsa di fuoriuscita, sia per quella di rientro.

Figura – Cilindro a semplice effetto

Figura – Cilindro a doppio effetto

Calcolo del consumo di aria La conoscenza del consumo di aria compressa è fondamentale per il dimensionamento di un impianto industriale. Il consumo di aria dipende, ovviamente, dalla pressione di lavoro e dalla frequenza con cui vengono compiuti i cicli di lavoro. Se si vuole calcolare il volume di aria necessario per ogni centimetro di corsa del cilindro durante la corsa di spinta, si può usare la seguente relazione:

d 2 10 p 10 6 4 dove: qs è il volume di aria necessario, espresso in litri, d è l’alesaggio del cilindro, 10 rappresenta la corsa di 10 mm su cui si valuta il consumo e p è la pressione. Mentre per la corsa di rientro il consumo si può valutare tenendo conto della presenza dello stelo del cilindro di diametro dstelo. qs

qr

d2

d 2stelo 10 p 10 6

4 Il consumo di un cilindro a semplice effetto, espresso in [l/min] è quindi valutabile mediante la seguente relazione: Qs .e. qs sn dove s è la corsa del cilindro in [cm] e n è la frequenza di lavoro, espressa in [cicli/min]. Mentre nel caso di un cilindro a doppio effetto si deve tenere conto anche del volume di aria consumato nella corsa di rientro, secondo la seguente relazione: Qd .e . qs qt sn Ovviamente le relazioni [**] e [**] ipotizzano che il cilindro si riempia e si svuoti completamente ad ogni ciclo di lavoro. Nel caso in cui lo stesso stia compiendo dei cicli con un’elevata frequenza di lavoro, si può ipotizzare che lo stesso non faccia in tempo a riempirsi e svuotarsi completamente, e quindi il consumo di aria sarà inferiore rispetto a quello valutato mediante la [**] e la [**]. Valvole Le valvole pneumatiche servono per regolare e controllare un sistema pneumatico. La pressione di esercizio di dette valvole è compresa fra 3 e 10 bar circa. Si tenga presente che le valvole possono avere funzioni diverse a seconda che vengano utilizzate direttamente per pilotare un cilindro (valvole di potenza) e vengono utilizzate per realizzare un sistema di controllo completamente funzionante con logica pneumatica (valvole di controllo): le prime ovviamente lavorano a pressione più elevata, mentre i secondi lavorano alla pressione di controllo, ovvero a bassa pressione. Le valvole pneumatiche, inoltre, possono essere suddivise anche in base alla funzione effettuata; secondo questa classificazione si possono avere:  Valvole regolatrici di direzione;  Valvole ausiliarie;  Valvole di regolazione. Valvole regolatrici di direzione Le valvole regolatrici di direzione hanno lo scopo principale di variare le connessioni tra i diversi condotti. Si definisce con il termine via un condotto funzionale che potrà essere di volta in volta l’alimentazione, lo scarico od un condotto di utilizzazione. Si definisce, invece, bocca o porta il foro del condotto che rappresenta fisicamente il collegamento fra i tubi di connessione e le camere interne della valvola. La valvola più semplice è la valvola con 2 porte e 2 posizioni, detta anche valvola 2/2. Il simbolo di detta valvola è riportato nella figura **. La simbologia ISO 1219 prevede di rappresentare la valvola come un rettangolo all’interno del quale sono indicate con dei quadrati le diverse configurazioni di lavoro della stessa. Ad esempio, nel caso della figura **, si vede come la valvola 2/2 preveda 2 posizioni di funzionamento: la prima, indicata nel quadrato di destra, prevede che il condotto 1 ed il condotto 2 non siano in comunicazione fra loro, mentre la seconda, quella del riquadro di sinistra, prevede la connessione fra i due condotti.

Tale valvola potrebbe essere ad esempio utilizzata per aprire e chiudere il passaggio di in condotto. Non può essere utilizzata per comandare un cilindro a semplice effetto in quanto la stessa non permette di connettere in scarico l’utilizzatore nella corsa di rientro. La valvola, invece, normalmente usata per il comando dei cilindri a semplice effetto è la valvola 3/2, riportata nella figura **.

Il simbolo di questa valvola esemplifica il significato delle due posizioni di lavoro: nella casella di destra, infatti, il condotto connette le porte 2 e 3 (la freccia indica il normale verso di percorrenza dell’aria), mente nella casella di destra il condotto connette le porte 1 e 2. Nel caso in cui la stessa venga applicata al comando di un cilindro a semplice effetto, si può realizzare un circuito come riportato nella figura **. In tale figura si vede la valvola 3/2 connessa al segnale di alimentazione di potenza, allo scarico e posteriormente al cilindro comandato. Quando la valvola si trova nella configurazione di destra il condotto del cilindro è connesso con lo scarico, mentre l’alimentazione è isolata dal sistema. Viceversa nella configurazione opposta (immaginando idealmente di traslare il simbolo della valvola, invertendo il quadrato indicante la configurazione di sinistra con quella di destra) l’alimentazione risulta connessa con la camera del cilindro, mentre lo scarico risulta isolato.

Viceversa, per il comando dei cilindri a doppio effetto è conveniente utilizzare la valvola 4/2: il simbolo ed un esempio di componente sono riportati nella figura **.

Anche nel caso di questa valvola è possibile desumere le informazioni sul suo funzionamento direttamente dal simbolo: la valvola presenta due posizioni di lavoro in cui, nella prima (casella a sinistra del simbolo) sono connessi gli ingressi 2 con 3 e gli ingressi 4 con 1; nella configurazione opposta (casella di destra del simbolo), invece, sono connessi gli ingressi 1 con 2 e 4 con 3.

Nel caso in cui la stessa venga applicata al comando di un cilindro a doppio effetto, si può realizzare un circuito come riportato nella figura **. Nella figura si riportano entrambe le condizioni di lavoro di detta valvola, quando la stessa sia connessa all’alimentazione, allo scarico ed ovviamente al cilindro comandato. Nella figura di sinistra la camera anteriore del cilindro è connessa con la alimentazione e la camera posteriore è in scarico. Viceversa nella configurazione della figura di destra l’alimentazione risulta connessa con la camera posteriore del cilindro, mentre quella anteriore si trova in scarico: tale configurazione realizza la fuoriuscita dello stelo del cilindro.

Per completare il quadro sulla simbologia delle valvole pneumatiche, si devono introdurre i simboli che rappresentano le diverse tipologie di attuazione delle valvole. Dal punto di vista del loro utilizzo le valvole si possono dividere in due grandi famiglie:  Valvole unistabili: in cui vi è una unica posizione stabile e quindi affinché risultino azionate richiedono la continua presenza del segnale di comando;  Valvole bistabili: in cui vi sono due posizioni di lavoro stabili. Nelle figure di tabella ** sono stati riportati alcuni esempi di realizza...


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