Dell\'Acqua Cripta Epifanio PDF

Title Dell\'Acqua Cripta Epifanio
Course Storia dell'arte medievale
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Summary

affascinante studio sulla cripta di un abbate la quale sembra aver dato una pista di indagine su nuovi temi iconografici in Italia durante l'età carolingia....


Description

3 LA CRIPTA DELL’ABATE EPIFANIO A SAN VINCENZO AL VOLTURNO Un secolo di studi (1896-2007)

Collana diretta da Federico MARAZZI Comitato Scientifico François BOUGARD (Université Paris X - Nanterre) Gian Pietro BROGIOLO (Università di Padova) Cécile CABY (Université de Nice - Sophia Antipolis) Edoardo D'ANGELO (Università “Suor Orsola Benincasa” - Napoli) Flavia DE RUBEIS (Università di Venezia “Cà Foscari”) Sveva GAI (LWL - Archäologie für Westfalen Mittelalter - und Neuzeitarchäologie) Giulia OROFINO (Università di Cassino e del Lazio Meridionale)

D. Oderisio Piscicelli Taeggi - Émile Bertaux Pietro Toesca - Maria Barosso - Hans Belting D. Angelo Pantoni - Fernanda De’ Maffei Giuseppe Basile - John Mitchell - Adriano Peroni

La Cripta dell’Abate Epifanio a San Vincenzo al Volturno Un secolo di studi (1896-2007) a cura di Federico MARAZZI con due saggi inediti di Francesca DELL'ACQUA e Federico MARAZZI

LA CRIPTA DELL’ABATE EPIFANIO A SAN VINCENZO AL VOLTURNO (Un secolo di studi 1896-2007) a cura di Federico MARAZZI con due saggi inediti di Federico MARAZZI Francesca DELL’ACQUA Editing, impaginazione e grafica Tobia PAOLONE Direzione editoriale Ida DI IANNI In copertina La crocifissione e l’Abate Epifanio - Affresco della Cripta dell’Abate Epifanio di S. Vincenzo al Volturno (IX secolo) - Foto T. Paolone I saggi di Hans Belting e John Mitchell sono stati tradotti, rispettivamente, da Massimiliano Marazzi e da Federico Marazzi VOLTURNIA EDIZIONI Piazza Santa Maria, 5 - 86072 Cerro al Volturno (IS) Tel. & Fax 0865 953593 [email protected] - www.volturniaedizioni.com Copyright © 2013 Volturnia Edizioni ISBN 978-88-96092-22-4 (edizione cofanetto) ISBN 978-88-96092-16-3 (edizione brossura) Per le illustrazioni e i testi l’Editore ha richiesto la relativa autorizzazione agli aventi diritto. Qualora siano stati irreperibili, si resta a disposizione per regolare eventuali spettanze. Finito di stampare nel mese di maggio 2013 dalla Tipolitografia Cicchetti di Isernia

Indice

- 11 GIAMBATTISTA FARALLI Presentazione

- 13 FEDERICO MARAZZI La Cripta dell’Abate Epifanio: Cent’anni di studi Un orientamento alla lettura

- 27 FRANCESCA DELL’ACQUA Ambrogio Autperto e la Cripta di Epifanio nella storia dell’arte medievale

- 51 D. ODERISIO PISCICELLI TAEGGI Pitture Cristiane del IX secolo esistenti nella cripta della Badia di San Vincenzo alle Fonti del Volturno, Montecassino, II edizione, 1896

- 79 ÉMILE BERTAUX Gli affreschi di San Vincenzo al Volturno e la prima scuola d’artefici benedettini nel IX secolo in Rassegna Abruzzese di Storia ed Arte, IV, n. 11-12 Casalbordino, Stab. tip. Nicola De Arcangelis, 1900, pp. 105-126

- 103 PIETRO TOESCA Reliquie d’arte della Badia di San Vincenzo al Volturno in Bullettino dell’Istituto Storico Italiano n. 25, Roma 1904, pp. 1-84

- 201 MARIA BAROSSO L’abbazia di S. Vincenzo martire alle fonti del Volturno in Palladio, rivista di storia dell’architettura, Nuova serie, Anno V luglio-dicembre 1955, pp. 164-167

- 209 HANS BELTING Studien zur Beneventanischen Malerei Wiesbaden: Franz Steiner Verlag, 1968, pp. 24-41, 193-229

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LA CRIPTA DELL’ABATE EPIFANIO A SAN VINCENZO AL VOLTURNO - 269 D. ANGELO PANTONI La Cripta e la tricora dell’Abate Epifanio in Le chiese e gli edifici del Monastero di San Vincenzo al Volturno, Montecassino, 1980 (Miscellanea Cassinese, 40), pp. 91-115 - 299 FERNANDA DE’ MAFFEI Le Arti a San Vincenzo al Volturno - Il ciclo della Cripta di Epifanio in Una grande Abbazia Altomedievale nel Molise. San Vincenzo al Volturno (Atti del I Convegno di Studi sul Medioevo meridionale), a cura di F. Avagliano Montecassino, 1985 (Miscellanea Cassinese, 51), pp. 269-352 - 385 GIUSEPPE BASILE Interventi preventivi al restauro degli affreschi della Cripta dell’Abate Epifanio in Una grande Abbazia Altomedievale nel Molise San Vincenzo al Volturno (Atti del I Convegno di Studi sul Medioevo meridionale), a cura di F. Avagliano Montecassino, 1985 (Miscellanea Cassinese, 51), pp. 425-432 - 395 Gli affreschi di San Vincenzo al Volturno in San Vincenzo al Volturno, Dal Chronicon alla Storia, a cura di G. De Benedittis, Iresmo, Cosmo Iannone Editore, Isernia, 1995, pp. 85-93

- 409 JOHN MITCHELL The Crypt reappraised in San Vincenzo 1: The 1980-86 excavations, part I, a cura di R. Hodges (Archeological monographs of the British School at Rome, n. 7), London, 1993, pp. 75-114 - 469 ADRIANO PERONI Testi e programmi iconografici: Ambrogio Autperto da San Vincenzo al Volturno a San Pietro al Monte sopra Civate in Immagine e ideologia: Studi in onore di Arturo Carlo Quintavalle, a cura di Arturo Calzona, Roberto Campari e Massimo Mussini Milano Electa, 2007, pp. 138-150 APPENDICI - 491 Documenti: Epistolari, relazioni e schede tecniche (a cura di Federico Marazzi) - 511 Le immagini dell’intero ciclo di affreschi (Foto di Tobia Paolone) - 543 Notizie bio-bibliografiche sugli autori

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Ambrogio Autperto e la Cripta di Epifanio nella storia dell’arte medievale

Francesca DELL’ACQUA

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ella storia dell’arte oltre a Platone, Plotino1, lo pseudo-Dionigi2, uno degli autori più chiamati in causa per interpretare opere del Medioevo occidentale è, straordinariamente, il poco noto Ambrogio Autperto (†784), originario della Gallia, monaco e brevemente abate di San Vincenzo al Volturno. Le sue omelie mariane, concentrate sul ruolo salvifico di Maria, e il suo commentario all’Apocalisse, uno dei primi composti nel Medioevo insieme a quello di Beda il Venerabile (†735) e di Beato di Liébana (†798), sono stati infatti percepiti dagli storici dell’arte come di ispirazione per opere d’arte di tema mariano e apocalittico tra il IX e il XII s. sia in Italia centro-meridonale, sia nel mondo transalpino. È sulla fortuna critica di Autperto in relazione alla cripta di Epifanio che si intende incentrare il presente contributo.

La vita Le notizie in merito alla vita di Autperto sono alquanto scarne e non del tutto sicure3. Nell’epilogo del proprio commentario all’Apocalisse, egli stesso dice di essere nato in Gallia, di essere stato edotto «maxima ex parte» nelle cose divine nel monastero di San Vincenzo nella regione del Sannio, di aver composto il testo al tempo di papa Paolo I (757-67), di Desiderio re dei Longobardi, di Arechi duca della provincia nella quale risiede4. Altri cenni vengono dall’Historia Langobardorum di Paolo Diacono, che definisce Autperto «vir eruditissimus»5. Quindi una lettera inviata intorno al 784 da papa Adriano I a Carlomagno, riferisce della morte improvvisa di Autperto occorsa mentre, dopo qualche anno di esilio nel territorio di Spoleto, stava per raggiungere Roma per testimoniare al processo contro l’abate longobardo Potone6. Dal Chronicon Vulturnense (Bibl. Vat., MS. Barb. Lat. 2724) emerge che nel monastero era stata coltivata la memoria del monaco franco, abate tra il 777-78, come uomo di Carlomagno e come grande devoto della Vergine Maria7. L’erudizione di Autperto e il suo impegno nello studio, apprezzato già tra i suoi contemporanei8, non lo preservarono dagli scontri interni che si consumavano tra monaci longobardi e franchi, nel riflesso di un complesso scenario politico9. La relativa debolezza politica di Autperto – probabilmente percepito dai suoi stessi monaci come legato all’Oltralpe carolingio in questa regione d’Italia ancora saldamente in mano longobarda, ma in realtà andato via dalla Francia quando Carlo Magno era forse ancora un giovinetto – probabilmente ne forzò la rinuncia alla carica abbaziale e l’(auto?) esilio a Spoleto. Nel territorio spoletino controllato dal duca longobardo Ildeprando, ondivago alleato

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dei carolingi e temuto anche dai papi per via del suo opportunismo politico, ma benefattore del monastero vulturnense proprio sotto l’abbaziato di Autperto,10 quest’ultimo avrebbe trascorso alcuni anni di cui non si sa pressoché nulla, tanto che a lungo la storiografia lo aveva creduto morto già nel 78111. Il contorni biografici sfumati non hanno giovato alla corretta attribuzione degli scritti di Autperto, tramandati in parte sotto la paternità di Ambrogio di Milano, di Agostino, dell’omonimo abate cassinese Autperto (†837). Un’edizione moderna dei lavori di Autperto è stata pubblicata soltanto una trentina di anni fa da parte del benedettino Robert Weber nella serie del Corpus Christianorum 12. La cripta e Autperto Nel saggio che agli albori del ‘900 lo studioso francese Émile Bertaux dedicò alle pitture della cripta di quel che egli riteneva fosse un oratorio dedicato a San Lorenzo, Autperto viene nominato in quanto autore della Vita ss. Paldonis, Tasonis et Tatonis, in cui venivano ripercorse le tappe più o meno leggendarie della fondazione dell’insediamento vulturnense13. La narrazione che Bertaux fa del proprio arrivo presso il rinselvatichito sito del monastero vulturnense rievoca la dimensione del desertum a cui anelavano Tato, Paldo e Taso, lasciando trapelare la viva emozione della scoperta della cripta, le cui pitture vengono riconosciute come assai peculiari14. Pur dando dettaglio delle scene, nelle quali enfatizza elementi che egli definisce bizantini a partire dall’abbigliamento dei personaggi sino ad alcune iconografie, Bertaux non cerca di rintracciarne le fonti testuali. Egli si spinge a identificare il pittore del ciclo nel giovane tonsurato e dotato di aureola quadrata, quindi vivente15, che si prostra – invero in un gesto di venerazione rivolto ad immagini sacre o reliquie di marca orientale, la proskynesis, insolita in Occidente16 – a baciare il piede della Theotokos. Ella è raffigurata in trono con il Figlio in grembo circondato da una mandorla di luce, a destra rispetto all’Annunciazione della fenestella confessionis. I confronti con la cultura bizantina continuano con il riferimento alle Omelie illustrate di Gregorio Nazianzeno, manoscritto miniato per l’imperatore Basilio intorno all’880-83 (Parigi, Bibl. Nat., Ms. Gr. 510)17 – riconosciuto da studi recenti non solo come posteriore di diverse decadi rispetto alla cripta di Epifanio, ma anche assai distante culturalmente dalla pitture della cripta. Un cenno alla questione dell’eventuale base testuale delle scene si affaccia quando Bertaux tratta delle peculiarità della raffigurazione di Cristo lavato dalle due levatrici, nell’intradosso destro della fenestella confessionis. Il motivo delle levatrici che aiutano Maria nel parto si trova in scritti apocrifi, il Protovangelo di Giacomo (XIXXX) e il Vangelo dello Pseudo-Matteo (XIII), ma non il momento in cui il Bambino viene lavato, scena per la quale Bertaux trova un confronto nella corrispondente scena nel Sacramentario di Drogone della metà del IX s. (Parigi, Bibl. Nat., Par. lat. 9428) e con avori datati tra il IX e il X s. Le pitture scoperte a Castelseprio (Varese) nella chiesa di Santa Maria foris portas nel 1944 – che Bertaux quindi non poteva conoscere – datate di recente grazie ad indagini dendrocronologiche al periodo tra il tardo VIII e la metà del X s., offrono un ulteriore e più prossimo esempio per la scena del bagno18. Nelle ultime pagine lo studioso francese affronta «la più intricata [...] e forse la più insolubile» questione relativa a queste pitture, ossia quella delle radici dell’arte monastica «cassinese-vulturnense», che egli non vede tanto legata al mondo d’Oltralpe, quanto a quello orientale per tramite di Roma; pertanto pone in relazione alle pitture i mosaici commissionati pochi anni prima a Roma da Pasquale I (817-24) in Santa Prassede, Santa Cecilia e Santa Maria in Domnica19. Nel 1904 Pietro Toesca, il fondatore degli studi di storia dell’arte medievale in Italia, dedica alla cripta di Epifanio un saggio, che nasce anche con la nobile intenzione di fungere da stimolo «all’Ufficio di conservazione dei monumenti delle provincie meridionali» ai fini della tutela del sito. Ci si chiede se eventualmente l’idea di un’arte improntata alla spiritualità

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benedettina abbia spinto Toesca ad evocare il nome del monaco e abate Ambrogio Autperto nel tratteggiare il clima culturale del monastero vulturnense: ne ricorda l’erudizione celebrata anche da Paolo Diacono, la sua capacità oratoria frutto di un intervento miracoloso20, e gli scritti. Tra questi cita le omelie, la vita dei fondatori del monastero, il commentario all’Apocalisse e il trattato morale Libellus de conflictu vitiorum atque virtutum, che ritiene immaginato «nel silenzio delle montagne volturnensi», e di cui si pregia di ricordare che «poté essere attribuito ad Ambrogio, ad Agostino e a Isidoro di Siviglia»21. Prendendo atto del ruolo centrale che la Vergine ha nelle pitture, Toesca ritiene che l’oratorio in origine le fosse dedicato22. Infatti, la centralità della Vergine nel programma pittorico emerge non solo dall’insistenza sulla sua figura, ma soprattutto dalla sua collocazione nella volta dell’absidiola in asse con una imponente schiera di arcangeli dispiegata in basso. Ella, in trono, tiene in grembo un libro aperto con il terzo versetto del Magnificat (Lc 1,48). Per spiegare tale raffigurazione, Toesca fa ricorso ad un passo dell’autpertiano Sermo de adsumptione sanctae Mariae, nel quale la Vergine è detta «regina dei cieli» e suo Figlio «re degli angeli»23. L’importanza di Maria quale vettrice dell’Incarnazione all’interno del programma iconografico trapela, a giudizio di Toesca, anche dall’iscrizione che correva in origine sopra il Crocifisso, a ricordo degli ultimi momenti di Cristo, tratta dal Vangelo (Gv 19, 26-27) e ricostruita dallo studioso nonostante le gravi lacune: «Mulier, ecce filius tuus», ancora parzialmente visibile sul tratto sinistro del braccio trasversale della Croce, ed «Ecce mater tua», sul tratto destro, ora perduta24. Anche per spiegare la figura della Gerusalemme piangente raffigurata presso la Crocifissione, Toesca ricorre ad un passo dell’Homilia de transfiguratione Domini di Autperto: «[Hierusalem] o misera, o damnanda, quae sola ad tantum damnationis cumulum pervenisti»25. Contrariamente a Bertaux, che riconosceva a questa Gerusalemme legami con il tipo classico della Tyche, ossia la scultura effigiante il nume tutelare femminile di una città, Toesca riconosce alla personificazione paralleli più agevoli nella coeva arte carolingia; quindi modera il giudizio di Bertaux anche a proposito del carattere orientale delle pitture di cui enfatizza invece «la libertà del disegno, l’ampiezza delle forme... lo spazio delle scene» e la nuova volumetria espressa da corpi, che «si agitano e si muovono»26. Autperto viene di nuovo menzionato da Toesca, in quanto intorno a lui si sarebbero raccolti altri monaci suoi connazionali, vettori di «miniature, intagli, oreficerie» di matrice transalpina che avrebbero influenzato l’elaborazione delle pitture di Epifanio, lontane dalla rigidità bizantina anche quando l’iconografia o una pacatezza di modi parrebbero avvicinarle all’Oriente27. L’autonomia culturale delle pitture vulturnensi viene rivendicata da Toesca, che le colloca nell’alveo della produzione «benedettina», alle frontiere del mondo bizantino, ma al contempo in prossimità di Roma e in contatto con il mondo d’Oltralpe. La peculiarità maggiore, oltre alla robustezza dei corpi e alla vivacità dei movimenti – quest’ultima caratteristica già apprezzata da Bertaux28 – viene riconosciuta nella resa dei visi29. Soltanto le pitture recentemente scoperte a Sant’Ambrogio a Montecorvino Rovella (Salerno) e nel ‘Tempietto’ di Seppannibale di Fasano (Brindisi)30 avrebbero potuto offrire motivo di riflessione su eventuali filiazioni vulturnensi, sia nello stile delle pitture sia nella loro concezione, nella linea esegetica autpertiana dei riferimenti alla Theotokos nel caso di Sant’Ambrogio, e all’Apocalisse nel caso di Seppannibale. Da ultimo, riflettendo sull’illustrazione della Vita sanctorum Patrum Paldonis Tatonis et Tasonis di Autperto nel Chronicon Vulturnense del XII s., Toesca esprime l’ipotesi che già in precedenza questa narrazione agiografica fosse stata riprodotta sulle pareti del monastero31, essendo essa effettivamente caratterizzata da vivide scenette, in una sorta di galleria di immagini frutto dell’abile retorica autpertiana. Ha pure fatto ricorso agli scritti mariani di Autperto per spiegare il ciclo pittorico della cripta Hans Belting, in uno studio fondativo sulla pittura «beneventana» del 196832. Belting esor-

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disce nella sua trattazione definendo, a ragione, le pitture della cripta quali il ciclo altomedievale più importante nei territori dell’ex ducato di Benevento33, e ne descrive lo stato di conservazione, essendo state sottoposte nel lontano 1932 ad un primo intervento di restauro. Lo studioso tedesco dedica alcune osservazioni alla presenza di elementi di matrice greco-orientale nel ciclo vulturnense, tra i quali l’iconografia della Natività, i cinque arcangeli di marca costantinopolitana, la rappresentazione dello spazio architettonico, l’astratta geometrizzazione della Theotokos, costruita con uno schema basato sui compassi. Per quanto attiene alla scelta delle scene e dei personaggi raffigurati, egli riconosce nella cripta la contrazione di un programma illustrativo più ampio di matrice bizantina, ma non vede necessariamente Roma quale mediatrice della cultura greco-orientale esibita dalle pitture e generalmente non ritiene utili i confronti stilistico-iconografici con esempi legati al pontificato di Pasquale I34. Tra i tituli che accompagnano talora i personaggi, Belting sottolinea la presenza di un monogramma greco per Maria nella Natività, e per Gesù nella scena del bagno35. Allo studioso interessa che per Maria non sia stato scelto il monogramma consueto ΜΡ ΘΥ, ossia Μήτερ Θεού, ma invece un monogramma che corrisponde ad Αγία Μαρία, per il quale Belting traccia confronti con opere occidentali e orientali di VI-VIII s., tra cui le pitture di Santa Maria Antiqua a Roma, un’icona del Sinai, etc., segnalando come esso sia un retaggio di grecità da tempo sedimentatosi in Italia36. Questa notazione andrebbe completata con una riflessione su eventuali rapporti tra Autperto e la folta comunità greca di Roma, anche presso la corte papale, rapporti che probabilmente sono da ritenersi all’origine dell’attenzione tutta nuova nel panorama occidentale che il teologo franco pone su Maria37. Soffermandosi sulla figura del prelato prostrato ai piedi della Theotokos in proskynesis, con un’aureola quadrata e una mappula nella mano destra che conferisce al suo omaggio una nota «liturgico-cerimoniale», Belting lo ritiene il fondatore della cripta; ne propone altresì ipoteticamente l’identificazione con Autperto, oppure con qualcuno che ebbe forse una visione mistica affine a quella che Autperto ebbe in occasione del miracolo che lo vide guarire da una forte balbuzie grazie a Maria38. Questo è il racconto dell’evento nelle pagine del Chronicon Vulturnense: «Si narra, poi, che un giorno, il nostro beatissimo padre Autperto si trattenne in una chiesa dedicata alla Santa Madre di Dio [39] elevando a lungo preghiere al Signore. Mentre pregava con intensa devozione la Madre di Dio affinché gli concedesse la grazia di un eloquio fluente – era infatti balbuziente – , cadde in un sopore di fronte al santo altare e vide in visione Maria, la bellissima e gloriosissima sempre Vergine Signora del mondo, con il volto raggiante più dello splendore del Sole. La Vergine, come se acconsentisse alla sua supplica, gli toccò le labbra e, ordinandogli di alzarsi dal pavimento, lo esortò poi a sciogliere voti di lode e ad innalzare il suo encomio, così come aveva desiderato. Auperto, rialzandosi lieto da quella visione, iniziò a sciogliere lodi con somma eloquenza e, con cuore ardente, a innalzare inni degni della Vergine, così come gli era stato da lei comandato»40. Su suggerimento di Toesca41, Belting sottolinea che ulteriori elementi utili alla comprensione del ciclo pittorico si potrebbero rintracciare nelle omelie mariane di Autperto, la cui produzione, rispetto all’epoca in cui aveva scritt...


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