Il nuovo codice deontologico degli psicologi, commentato PDF

Title Il nuovo codice deontologico degli psicologi, commentato
Course Etica e deontologia professionale
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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INTRODUZIONE Il fondamento giuridico delle norme deontologiche si ricava dall’articolo 1176 del codice civile -> l’attività professionale comporta l’adempimento di una obbligazione giuridica. Il codice deontologico non fissa una specifica sanzione per la violazione del singolo ma prevede un sistema di sanzioni che possono essere inflitte a seconda della gravità del caso. Sicuramente non contempla tutte le possibili violazioni delle regole deontologiche. Le sanzioni (che derivano da quei comportamenti genericamente contrari al decoro e alla dignità della persona, cioè che ledono il sentimento della collettività e la comune attività professionale) possono essere: - formali (come l’avvertimento e la censura) - sostanziali (come la sospensione - che può avvenire anche in seguito al mancato pagamento della tassa di iscrizione per più di 2 anni consecutivi - e la radiazione) Nel codice mancava la descrizione di quale pena debba essere inflitta a seguito di un particolare illecito -> viene aggiunta con il referendum del 2013. Diritto disciplinare = insieme di norme sostanziali e processuali che regolano la condotta degli iscritti per assicurare il precetto deontologico e la protezione del diritto degli incolpati. La conoscenza delle regole di comportamento è parte della formazione professionale e del patrimonio culturale del professionista. Il nuovo codice deontologico tiene conto della maturazione di 3 norme a seguito del referendum del 2013: A. Articolo 1 -> viene integrato aggiungendo che le regole del codice deontologico vengono applicate anche in caso di prestazioni a distanza. B. Articolo 5 -> viene integrato sostituendo la parola “settore” a “settori” per sottolineare che ognuna delle competenze acquisite durante il percorso formativo deve essere aggiornato (la violazione dell’obbligo di formazione costituisce un illecito disciplinare). C. Articolo 21 -> viene integrato precisando cosa significa “atto tipico” e sottolineando la responsabilità di coloro che insegna strumenti e tecniche conoscitive a persone estranee alla professione. Esiste una certa specificità dei regolamenti assunti dai vari ordini territoriali (Lombardia, Piemonte, Toscana, Emilia Romagna) perciò i contenuti possono non convergere. Per quanto riguarda la struttura del codice, i redattori del progetto si sono trovati davanti a un bivio: - seguire il modello statunitense dell’ A.P.A - optare per un modello più sintetico che lasciasse spazio alla tipizzazione delle norme -> questo. Limite dell’attuale procedimento in materia disciplinare: il Consiglio dell’Ordine è contemporaneamente organo giudicante (decide dalla colpevolezza o innocenza dell’incolpato) e organo inquirente (raccoglie le prove e formula il capo d’accusa o la richiesta di assoluzione). A seguito di alcune proposte, il Consiglio dell’Ordine avrebbe unicamente la funzione di raccogliere le prove dell’eventuale colpevolezza, mentre il potere decisionale spetterebbe ad un organismo esterno -> in tal modo darebbe garantita la terzietà.

Capo I - Principi Generali:

(NON sono richiesti gli articoli a memoria)

Articolo 1: Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare. Le stesse regole si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo elettronico e/o telematico. Commento: Le norme deontologiche devono essere conosciute e vincolanti. L’ultima previsione è stata introdotta con il referendum del 2013. Articolo 2 L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare. Commento: Le norme deontologiche devono essere sanzionabili. Sottolinea la responsabilità disciplinare del professionista iscritto all’Albo. Esempi di violazioni di questo codice: - il mancato accoglimento dei bisogni sanitari di un paziente - l’assenza di consapevolezza del professionista circa il proprio ruolo all’interno di un contesto sanitario - il professionista che mal gestisce con il paziente la relazione di tipo asimmetrico - il professionista che divulga, sul proprio sito internet, dottrine prive di credito scientifico perché ripudiate dalla comunità scientifica di riferimento - il professionista che ha adottato un comportamento poco attento e imprudente su comportamenti altrui -> l’articolo 2 infatti impone allo psicologo il rispetto delle norme deontologiche sia quando egli stesso compie determinati atti sia quando questi atti vengono operati da collaboratori a stretto contatto con lui. Articolo 3 Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto, deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.

Commento: Definisce la missione dello psicologo: accrescere le conoscenze sul comportamento umano tramite attività di studio e di ricerca e far sì che queste possano prevenire il disagio psichico e curarlo ove è presente -> non si tratta di offrire un limitante contributo psicologico ma di fornire qualcosa di più ovvero preziosi elementi utili per l’adozione di comportamenti e scelte adeguate. Affinché l’intervento sia efficace, deve generare una migliore capacità di comprendere sé e il prossimo. Lo psicologo ha il dovere di non trascurare quegli elementi che potrebbero condurlo ad un uso negativo delle proprie capacità di influenzare il prossimo per fini che non rispondono agli interessi dell’altro. Le prevedibili dirette conseguenze sono quelle che si pongono con la condotta dello psicologo in un rapporto causa-effetto. La violazione di questo articolo è quella più frequentemente contestata (88%). Esempi di violazioni: - mancata delineazione di una diagnosi iniziale che compromette la conduzione della terapia - lo psicologo che non si comporta in maniera consapevole ed efficace - lo psicologo che non valuta EX ANTE l’effettiva capacità del singolo paziente di comprendere se stesso e la relazione professionale - lo psicologo che non tiene conto dell’eventualità in cui i suoi collaboratori possano adottare comportamenti inadeguati nei confronti dell’utenza - lo psicologo che opera ingenuamente, senza avere una specifica formazione che gli permetta di valutare l’attendibilità di quanto riferito dalla propria cliente ovvero di eseguire una analisi preliminare approfondita - lo psicologo che non segue le precise regole metodologiche che caratterizzano il colloquio, indebolendo e compromettendo una testimonianza oppure avviando un procedimento inutile e dannoso per il cliente - lo psicologo che, in fase di accertamento del proprio operato, dichiara che se potesse tornare indietro non accetterebbe l’incarico a causa delle conseguenze che ne stanno derivando e non in virtù dell’aver compreso gli errori delle sue scelte professionali. Articolo 4 Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto. In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso. Commento: Riconosce l’importanza di costruire un rapporto psicologo-utente su un piano paritario, che prima di tutto è tra due persone ovvero tra due sistemi di valori che possono essere anche diversi. Perciò in caso di conflitto, lo psicologo non può consentire ai suoi valori personali di interferire con

l’obiettività scientifica; pertanto, se necessario, una scelta deontologicamente applicabile è quella di interrompere la relazione di aiuto, effettuata con tutte le cautele del caso a protezione del paziente. Casi eccezionali in cui il diritto dell’utente può essere sacrificato: - non lede il diritto alla riservatezza di un utente, lo psicologo che accede alla cartella clinica di questo utente per recuperare un recapito telefonico al fine di poter garantire all’utente una tempestiva assistenza (diritto alla salute) - rivelazione di segreti d’ufficio per difendersi da un giudizio (il diritto di difesa prevale sul diritto alla riservatezza). Due casi in cui il tema del rispetto della dignità è delicato: - casi in cui le prestazioni si svolgono in un contesto carcerario: il carcere è definito come un sistema autoreferenziale, le cui leggi presentano un diritto di precedenza su tutti quei regolamenti che riguardano il diritto di cura. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi e la Società Italiana di Psicologia Penitenziaria hanno firmato nel 2005 un documento: Elementi Etici e Deontologici per lo Psicologo Penitenziario, sono 18 articoli che costituiscono delle raccomandazioni per l’attività professionale dello psicologo. Innanzitutto bisogna tenere presente che il detenuto è un cliente involontario in quanto non sempre la richiesta di un colloquio fa parte dei desideri del detenuto (il più delle volte fa parte di un protocollo) -> vi è una discrepanza tra committenza-utenza. Lo psicologo è tenuto ad esplicitare con entrambe le parti (istituzionecliente) le responsabilità e i vincoli professionali. Resta il fatto che il destinatario dell’intervento è il detenuto-paziente dunque lo psicologo deve agire nella tutela dei suoi bisogni e interessi. Il punto di partenza del lavoro psicologico non è l’analisi della domanda (di fatto assente) ma il tentativo di tendere consapevole il detenuto dei propri bisogni. Per quanto riguarda il consenso informato (articolo 24), lo psicologo è tenuto ad informare il detenuto-paziente circa le modalità, le finalità e la durata dell’intervento (si tenga presente che egli può sempre rifiutare l’intervento). Anche in questo contesto rimane in vigore l’obbligo del segreto professionale (con delle limitazioni che devono essere comunicate al detenuto). In relazione all’articolo 18, in carcere vi è una restrizione della libertà e quindi anche della possibilità di scegliere liberamente il professionista al quale rivolgersi (egli però ha la facoltà di richiedere l’intervento di un professionista, anche esterno, che lo possa seguire durante determinati percorsi di sostegno o trattamento). Ostacoli alla formazione di un’alleanza terapeutica sono: meccanismi di difesa, simulazioni e dissimulazioni di patologie, manipolazioni allo scopo di ottenere dei vantaggi. - casi che riguardano la libertà di scelta dei soggetti tossicodipendenti: come rispettare l’autodeterminazione e l’autonomia di pazienti caratterizzati da assenza di autocontrollo? Innanzitutto sono pazienti che si avvicinano ai servizi con una richiesta ambivalente di aiuto, unita a minimizzazione del problema stesso. Lo psicologo ha davanti a sé un paziente che non si riconosce come tale e che non porta una precisa richiesta di aiuto. Per rispettare la dignità di questa persona, lo psicologo dovrà astenersi da formulare giudizi, rispettare i tempi del paziente ed evitare valutazioni affrettate. Questo articolo distingue tra destinatario e committente (colui che dà l’incarico) dell’intervento di sostegno, imponendo allo psicologo di tutelare il primo in caso di conflitti di interessi. Lo psicologo deve anche sapere quando astenersi o ritirarsi: un non intervento è più adeguato di un intervento che non può garantire alla persona ogni suo diritto.

Articolo 5 (1) Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. (2) La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate. Commento: Viene sottolineata l’importanza di testimoniare, in caso di procedimento disciplinare, la concreta adozione di un comportamento professionale improntato ad una coerenza metodologica e a premesse valide. Esempi di violazioni: - lo psicologo che accetta di esprimere una valutazione clinica, suscitando nel soggetto l’aspettativa di essere competente in materia e di procedere all’esame senza l’utilizzo di specifiche tecniche di analisi - lo psicologo che si sente legittimato ad applicare teorie e metodologie sfornite di una base scientifica Articolo 6 Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine. Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava. Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze. Commento: Lo psicologo deve salvaguardare, sempre e in qualsiasi condizione, la propria autonomia di valutazione e di giudizio (NON deve adattarsi a regole non sue - tranne nei casi in cui il contesto lo richiede - !). Deve aderire alle procedure in maniera critica! Difesa dell’autonomia significa coerenza con le competenze acquisite e chiarezza nei rapporti. Due contesti che sembrano limitare l’autonomia del professionista:! - le comunità terapeutiche: modelli educativi e riabilitativi rigidi. - il carcere: prevale l’interesse del controllo sociale rispetto alla salute del detenuto Lo psicologo non deve porsi in una dimensione di passività! Esempi di violazioni: - lo psicologo che si limita ad aderire acriticamente alle richieste del proprio paziente - lo psicologo che si giustifica così “in quel contesto si è sempre fatto in quel modo” - lo psicologo che opera con scarsa autonomia nella gestione dei colloqui Articolo 7 Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni

raggiunte; espone, all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile. Commento: Ribadisce il significato dell’articolo 5 in relazione però ai terzi. Tanto meno si ha la possibilità di verificare la veridicità delle circostanze, tanto più lo psicologo si espone al rischio di fondare il proprio giudizio su un basso grado di attendibilità. L’eventuale raggiungimento di una diagnosi corretta non costituisce una attenuante in caso di scarsa validità e attendibilità delle info ottenute. Esempi di violazioni: - lo psicologo che giunge a sostenere una teoria su una bambina basandosi soltanto su quanto riferito dalla madre in un unico colloquio, in assenza di approfondita osservazione - lo psicologo che esprime giudizi professionali che non sono basati su una conoscenza professionale diretta - lo psicologo che decide di procedere ad una segnalazione al tribunale dei minorenni senza aver prima valutato l’attendibilità delle info e dei dati ricevuti - lo psicologo che viene meno ai doveri di obiettività e coerenza - lo psicologo che non garantisce adeguati standard tecnici - lo psicologo che si esprime su soggetti terzi non conosciuti e mai osservati direttamente Esempio di NON violazione: lo psicologo che rende all’autorità informazioni che, sebbene non siano basate su conoscenza professionale diretta, siano comunque ricavate da documentazione adeguata e attendibile. Articolo 8 Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 Febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive. Commento: Chiunque svolga atti professionali di competenza dello psicologo, in assenza di apposita abilitazione di Stato, incorre nel reato di esercizio abusivo della professione. Lo psicologo deve sempre verificare l’iscrizione di un determinato soggetto all’Albo. In Italia è necessario: laurea in psicologia, aver fatto l’esame di stato (ed essere iscritti al relativo Albo A e B), essere soggetti al governo di un apposito ente pubblico (l’Ordine) che vigila e governa tale comunità alla luce delle norme dello stato e attraverso uno specifico codice deontologico. Esempi di violazioni: - un sociologo che fa psicoterapia - un counselor che compie atti tipici della professione dello psicologo - lo psicologo che fa psicoanalisi in assenza di abilitazione statale Articolo 9 Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso.

Nell’ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l’obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l’autorizzazione all’uso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta. Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all’anonimato. Commento: Questa norma relativa al consenso informato nella ricerca psicologica, che prende in considerazione anche il trattamento dei dati personali, è colloca...


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