Jared diamond collasso 1 PDF

Title Jared diamond collasso 1
Author Leo Iannella
Course Scienza politica
Institution Università degli Studi di Genova
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JARED DIAMOND, “COLLASSO” Più di mille anni fa un gruppo di Vichinghi, guidati da Erik il Rosso, partì dalla Norvegia e si stabilì in Groenlandia. Lì fondarono colonie, dissodarono la terra, allevarono animali e costruirono chiese fantastiche. Perché quasi cinque secoli dopo se ne persero le tracce? E perché sparirono molti altri popoli del mondo? Lo spettacolo delle rovine delle antiche civiltà ha in sé qualcosa di tragico: popoli un tempo ricchi e potenti sono scomparsi, magari nel volgere di pochi anni, lasciando come testimonianza solo qualche romantico masso sparso nella giungla. Nel suo saggio Diamond cerca di capire come i collassi del passato abbiano potuto verificarsi, e si chiede se la società contemporanea sia in grado di imparare la lezione, evitando disastri analoghi nel futuro. Il punto di partenza è un approfondito esame dei casi di chi non ce l'ha fatta: storie grandiose e terribili, famose come quelle dei maya e dell'isola di Pasqua, o meno note, come quelle degli Anasazi in America. Ma ci sono anche storie meno tragiche, come quelle dell'Islanda o del Giappone, che hanno saputo rispondere con successo alle sfide ambientali; storie di vincitori e vinti, come i casi della Repubblica Dominicana e di Haiti, due nazioni che pur condividendo lo stesso ambiente sono giunte a risultati molto diversi; e infine storie dall'esito ancora incerto, come quelle della Cina e dell'Australia, che stanno cercando soluzioni innovative ai loro difficili problemi ecologici e sociali. Che lezione trarne? Siamo davvero in pericolo? Come possiamo evitare di autodistruggerci? Le risposte di “Collasso” sono equilibrate e mai catastrofiche, ma comunicano tutta l'urgenza di scelte non più rimandabili, se vogliamo continuare ad ammirare con serenità le rovine di chi ci ha preceduto.

PROLOGO - Due Fattorie L’autore inizia il libro raccontandoci di aver visitato due aziende agricole chiamate HULS e GARDAR, che pur essendo distanti migliaia di chilometri avevano caratteristiche simili. Erano le più prospere e tecnologicamente avanzate delle rispettive regioni, incentrate su due stalle modernissime usate come alloggio e mungitura delle mucche. Per quanto riguarda i punti deboli, entrambe erano situate in regioni economicamente marginali per la produzione di latticini, perché a causa della loro latitudine settentrionale potevano contare solo su una breve stagione estiva di crescita per i pascoli e per il fieno. Infatti la siccità in un caso e il freddo nell’altro erano le due maggiori preoccupazioni di Huls e Gardar ed entrambe si trovavano lontano da centri in cui poter promuovere la vendita dei loro prodotti. La maggior differenza tra le due fattorie consiste nel loro stato attuale: Huls è un’azienda a gestione familiare ed è situata nella Bitterroot Valley, nello Stato del Montana, nell’Ovest degli Stati Uniti; mentre Gardar, in passato tenuta agricola del vescovo norvegese della Groenlandia sudoccidentale, fu abbandonata più di 500 anni fa.

- CROLLI: PRESENTE E PASSATO La Groenlandia norvegese non è l’unica società del passato che crollò nel nulla, infatti anche la civiltà Anasazi (Stati Uniti), la civiltà maya (America centrale), la Grecia micenea e l’Isola di Pasqua nel Pacifico collassarono senza apparenti motivazioni. Per crollo, dunque, s’intende una riduzione drastica del numero della popolazione e/o della complessità politica, economica e sociale, in un’area estesa e nel corso di un prolungato lasso di tempo. In parte, la causa del crollo riguarda anche problemi di tipo ecologico, cioè danni che le civiltà hanno causato alle risorse naturali da cui dipendevano. Le pratiche attraverso cui le società passate hanno messo a rischio se stesse, distruggendo il loro ambiente, rientrano in 8 categorie: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Deforestazione e distruzione dell’habitat; Gestione sbagliata del suolo; Cattiva gestione delle risorse idriche; Eccesso di caccia; Eccesso di pesca; Introduzione di nuove specie; Crescita della popolazione umana; Aumento dell’impatto sul territorio di ogni singolo individuo.

Molte civiltà passate cominciarono a declinare rapidamente subito dopo aver raggiunto il loro culmine e la rovina dovette giungere del tutto inaspettata agli stessi abitanti. Nei casi estremi la sparizione fu totale: tutti gli individui emigrarono o perirono.

Questi tracolli improvvisi destano oggi molte preoccupazioni, poiché già avvenuti in Somalia, Ruanda e altri paesi del Terzo Mondo. Molti temono che il pericolo di eccidio, come minaccia alla società globale, sia ormai giunto a mettere in secondo piano anche il rischio di una guerra nucleare e quello di nuove malattie. I problemi ambientali che ci troviamo ad affrontare oggi sono gli stessi otto pericoli del passato, con l’aggiunta di altri quattro elementi: 1. 2. 3. 4.

Cambiamenti climatici dovuti a intervento umano; Accumulo di sostanze chimiche tossiche nell’ambiente: Carenza di risorse energetiche; Esaurimento della capacità fotosintetica della Terra.

- PARADISI PERDUTI: I CINQUE GRUPPI DI FATTORI Gli sforzi per comprendere la caduta improvvisa di alcune società passate hanno dovuto far fronte a una grande controversia, che consiste nella resistenza all’idea che le genti passate abbiano contribuito al loro stesso declino. In verità sia i razzisti che i sostenitori dell’età dell’oro commettono l’errore di considerare le genti indigene del passato come completamente diverse dagli uomini moderni. Amministrare le risorse ambientali per un tempo prolungato è sempre stato difficile e per le popolazioni analfabete il danno ecologico costituiva la conseguenza tragica, imprevista e non voluta dalle loro migliori intenzioni, e non il risultato di un agire ciecamente egoistico o volutamente dannoso. Ci sono cinque possibili fattori concomitanti che contribuiscono al crollo di alcune società: 1. Il danno che i popoli causano al loro territorio; 2. I cambiamenti climatici, che costituivano un problema ancora maggiore per le società preistoriche, caratterizzate da una durata media della vita più breve e prive della capacità di trasmettere i fatti del passato con la scrittura; 3. La presenza di nemici; 4. Il rapporto con i popoli amici: la maggior parte delle società dipende in certa misura dalle altre; 5. La risposta delle società ai loro problemi, ambientali o no.

- GLI INTERESSI COMMERCIALI E L’AMBIENTE Oggi ci sono due opinioni contrastanti circa l’impatto umano sull’ambiente:  L’opinione “ambientalista”, secondo la quale i problemi ambientali sono seri e vanno affrontati urgentemente;  L’opinione “non ambientalista”, secondo la quale una continua crescita dell’economia e della popolazione sia al tempo stesso possibile e auspicabile.

- IL METODO COMPARATIVO Per studiare scientificamente il crollo di una civiltà, si può adottare il “metodo comparativo”, ovvero studiare situazioni naturali che si differenziano relativamente alla variabile in esame. È stato possibile utilizzare questo metodo in modo rigoroso, esauriente e quantitativo nel caso delle isole del Pacifico, studiando il tasso di disboscamento.

UN CASO DI STUDIO – I cieli sconfinati del Montana Il Montana è uno stato che chiama da fuori molti ricchi, mentre la sua popolazione è povera e i giovani abbandonano lo stato appena conseguito il diploma di maturità. In altre parole, vi è attrito tra i vecchi residenti e i nuovi arrivati: da un lato, chi vive nel Montana da molte generazioni, fautore di uno stile di vita e di un sistema economico tradizionale, dall’altro gli ultimi arrivati e i turisti. Dato che la terra del Montana è acquistata per la sua bellezza e non per il valore agricolo, ed i prezzi che i nuovi residenti devono pagare sono altissimi, così che molti non possono più permettersi di comprare una casa. Tenendo presente che i ricchi non trascorrono più di 180 giorni nello Stato, per evitare di pagare le tasse, è ovvio che tali contrasti economici creino attriti tra vecchi e nuovi arrivati. Per quanto riguarda la scuola, i giovani abbandonano lo Stato perché molti di loro aspirano a stili di vita differenti da quelli offerti dal Montana, e anche perché coloro che desiderano continuare le tradizioni dei padri non riescono a trovare lavoro entro i confini del Paese. Come la maggior parte degli americani che vivono nelle zone rurali dell’Ovest, anche gli abitanti del Montana sono tendenzialmente conservatori e sospettosi di ogni ingerenza del governo nei loro affari. Solo recentemente, i residenti del Montana stanno iniziando a capire che due capisaldi del loro modo di vivere sono in diretto contrasto tra loro: da un lato l’individualismo ostile all’ingerenza del governo, dall’altro l’orgoglio riposto nella loro qualità della vita.

- LA STORIA ECONOMICO-AMBIENTALE DEL MONTANA Tra gli odierni problemi ambientali del Montana risultano particolarmente gravi quelli dei rifiuti tossici, delle foreste, del suolo, dell’acqua, i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e l’introduzione di specie nocive. I rifiuti tossici provengono soprattutto dai residui delle miniere, considerate da sempre uno dei pilastri dell’economia del Montana. Il concentrato di minerali grezzi che è prelevato da una miniera del Montana costituisce solo una piccola parte della terra che deve essere scavata e rimossa, e una volta asportato il minerale pregiato, ciò che rimane sono rocce che contengono rame, arsenico e zinco: tutti materiali tossici per l’uomo. Oggi nello Stato ci sono 20.000 miniere abbandonate e le imprese che hanno comprato vecchie miniere, rispondono all’obbligo di finanziare l’opera di disinquinamento in due modi differenti: dichiarare bancarotta, oppure negare ogni responsabilità e cercare di minimizzare i costi di risanamento. In entrambi i casi, non esiste un modo semplice ed economico per bonificare i siti delle vecchie miniere, e quando il proprietario di una miniera non può o non vuole pagare, nemmeno i cittadini vogliono farsi coinvolgere e pagare milioni di dollari di tasse per il disinquinamento: in questo senso tutti gli americani sono responsabili della situazione.

- LE FORESTE L’abbattimento delle foreste, a scopi commerciali, iniziò nel 1886 per fornire legno di pino alla miniera di Butte, mentre il boom immobiliare del secondo dopoguerra fece culminare le vendite del legname statunitense intorno al 1972. Le pratiche forestali erano invasive e richiedevano un ampio impiego di DDT e il ricorso al taglio a raso, a causa dei quale la temperatura dell’acqua nei ruscelli raggiungeva livelli più alti, rispetto ai valori ottimali per la deposizione delle uova e la sopravvivenza dei pesci e in primavera la neve si scioglieva immediatamente sui suoli privi di alberi e di ombra, invece di sciogliersi gradualmente e rilasciare acqua per l’irrigazione dei campi, durante tutta l’estate. Nacque così una disputa nota come CLEARCUT CONTROVERSY (“Controversia del taglio a raso”), che portò all’introduzione di leggi restrittive sul taglio a raso e fu auspicato un uso delle foreste diversificato. Nei decenni che seguirono, la produzione annuale nelle foreste sotto tutela del Corpo Forestale diminuì di oltre l’80%, grazie anche all’introduzione di due leggi sull’ambiente e al nuovo atteggiamento del governo circa le foreste nazionali; tutte le segherie della Bitterroot Valley sono ormai chiuse.

- IL SUOLO La salinizzazione è un processo che provoca l’accumularsi di sale nel suolo e nelle acque sotterranee, provocando la distruzione di grandi estensioni di terreno agricolo. In generale, elevate concentrazioni di sale hanno un effetto dannoso sulle coltivazioni, simile a quello della siccità dato che innalzano la pressione osmotica dell’acqua contenuta nel suolo, rendendo così più difficile il processo di assorbimento dell’acqua per osmosi da parte delle radici.

- L’ACQUA La Bitterroot Valley ha due fonti ben separate di approvvigionamento: i canali di irrigazione e i pozzi che attingono a bacini sotterranei. Il problema è il numero sempre maggiore di utenti rispetto a una quantità sempre minore di acqua, accompagnato dalla diminuzione di acqua dovuta al cambiamento climatico: il Montana sta infatti diventando più caldo e più secco. Poiché la quantità di acqua disponibile cambia di anno in anno con il clima, la soluzione potrebbe consistere nello stabilire delle priorità tra i possidenti terrieri.

- SPECIE AUTOCTONE E IMPORTATE L’ultimo problema riguarda l’introduzione dall’esterno di specie animali e vegetali nocive, e la contemporanea perdita di specie autoctone di gran valore. Un tempo in Montana si potevano pescare pregiate specie native, ma il loro numero è pian piano diminuito a causa di una combinazione di cause, la cui importanza varia a seconda della specie: l’introduzione di predatori come il luccio nordico e la trota di lago hanno ulteriormente messo a rischio le specie native, insieme all’infezione introdotta da un parassita che causa la lentosporiasi (deformazione della colonna vertebrale dei pesci).

IL PASSATO – Il crepuscolo degli idoli di pietra Pasqua è un’isola vulcanica dalla forma triangolare, originatasi a partire da tre vulcani che emersero dal mare, in stretta prossimità l’uno all’altro, in periodi differenti e che sono rimasti inattivi per tutto il tempo dell’occupazione dell’isola. Rano Raraku, cioè la cava di pietra dove furono scolpite le famose statue gigantesche dell’Isola di Pasqua, non è altro che un cratere vulcanico di circa 550 metri di diametro. Lungo il sentiero si incontrano 397 statue raffiguranti, in modo stilizzato, un torso umano maschile senza gambe e dalle lunghe orecchie; esse misurano, per la maggior parte, dai 4 ai 6 metri, anche se la più grande è alta 21m, e pesano dalle 10 alle 270 tonnellate.

- CAPI, CLAN E CITTADINI COMUNI Si è risalito al numero della popolazione dell’isola di Pasqua in due modi, cioè contando i resti delle case, oppure cercando di risalire al numero dei capiclan e dei loro seguaci tramite il conteggio delle piattaforme o delle statue erette: le stime ottenute variano da un minimo di 6000 a un massimo di 30.000 persone. La società tradizionale dell’isola di Pasqua era divisa in classi, con al vertice i capi e alla base la gente del popolo, come si evince dalle diverse abitazioni appartenenti ai due gruppi sociali. Le tradizioni orali tramandate dagli isolani e le indagini archeologiche concordano nell’affermare che la superficie dell’isola di Pasqua era un tempo divisa in 11 o 12 zone, ognuna appartenente a un clan, il quale aveva il suo capo e le sue piattaforme con le statue per le cerimonie. Questi clan erano in competizione l’uno con l’altro, però erano integrati da un punto di vista religioso e economico, sotto la direzione di un sommo capo.

- PIATTAFORME E STATUE Ognuna di queste zone possedeva le sue statue gigantesche (chiamate MOAI) e le piattaforme di pietra (AHU) su cui erano erette. Gli ahu possono essere alti fino a 4 metri e molti sono lunghi anche 150 metri; il loro peso varia dalle 300 alle 9000 tonnellate. I moai rappresentano antenati illustri e sono state trovate 887 statue scolpite, il cui aumento delle dimensioni, con il passare del tempo, fa pensare che i capi rivaleggiassero tra loro, nel commissionare statue sempre più grandi; anche l’aggiunta in epoca tarda del PUKAO (=cilindro di scoria rossa) pare confermare quest’ipotesi.

- SCOLPIRE, TRASPORTARE E INNALZARE Perché solo sull’isola di Pasqua si raggiunsero tali eccessi in quantità e dimensioni delle statue? Innanzitutto il tufo di Rano Raraku si adatta ad essere scolpito più di qualsiasi altra pietra del Pacifico, e poi gli abitanti non avendo contatti con l’esterno e, dunque, nemmeno attività commerciali a cui dedicarsi, “dovevano passare il tempo”. Infine, la costruzione delle piattaforme e delle statue comportava il dover sfamare una grande quantità di individui, impresa resa possibile grazie al surplus alimentare che si produceva nelle piantagioni collinari gestite da élite di individui. Come venivano trasportate le statue? Secondo Jo Anne Van Tilburg gli abitanti dell’’isola di Pasqua avrebbero utilizzato una versione modificata delle “scale da canoa”. Il trucco consisteva nel trasformare i tronchi in canoe ancora nella foresta e di trasportarle sulla spiaggia tramite “scale” fati di due binari di legno paralleli, tenuti insieme da traverse fisse di legno. Sul metodo di sollevamento, furono gli stessi abitanti dell’isola di Pasqua a spiegare il sistema utilizzato dai loro avi: gli isolani cominciavano col costruire una rampa di pietre lievemente inclinata che andava dal piazzale alla cima della piattaforma. Poi trascinavano la statua in posizione prona con la parte della base verso la rampa. Una volta che la base aveva raggiunto la piattaforma, iniziavano a far leva con dei tronchi sotto la testa della statua, sollevandola un poco e infilandovi sotto delle pietre. La parte più pericolosa era la brusca tirata finale che serviva per portare la statua in posizione eretta. Per evitare la caduta, la statua non era perfettamente perpendicolare alla sua base, ma leggermente inclinata.

- LA FORESTA SCOMPARSA La storia dell’isola di Pasqua è il caso più eclatante di deforestazione mai verificatosi nel Pacifico, se non nel mondo intero: tutti gli alberi sono stati abbattuti e tutte le specie arboree si sono estinte. Le conseguenze immediate per gli isolani furono la perdita di materie prime e di fonti alimentari spontanee, nonché una diminuzione della produzione agricola. A lungo andare la deforestazione portò a una carenza di cibo e a un crollo demografico che ebbe come estrema conseguenza la diffusione del cannibalismo. Nel 1680, quando le cose si erano messe al peggio, una ribellione capitanata dai capi guerrieri “matatoa” depose gli ultimi sacerdoti, e la società dell’isola venne travolta da una guerra civile totale. L’isola di Pasqua incominciò un rapido declino subito dopo aver raggiunto l’apice in quanto a popolazione, a costruzione di monumenti e a deforestazione.

IL PASSATO – Gli ultimi sopravvissuti: le isole Pitcairn e Henderson Pitcairn è nota come l’isola “selvaggia” su cui si rifugiarono gli ammutinai del “Bounty” del 1790, scelta perché era disabitata e lontana da altre terre, e dunque rappresentava un luogo ideale per nascondersi dalla flotta britannica. Henderson, situata a est di Pitcairn, è tuttora disabitata. Entrambe le isole commerciavano con quella di Mangareva. MANGAREVA, PITCAIRN E HENDERSON sono le uniche isole abitabili della Polinesia sudorientale.

- TRE ISOLE DIVERSE TRA LORO Di queste tre terre abitabili della Polinesia sudorientale, Mangareva è la più adatta a sostenere una popolazione numerosa e la più ricca di risorse naturali essenziali alla sopravvivenza. Oltre alla pesca e alla raccolta delle ostriche, anche l’agricoltura dava buoni frutti, tuttavia sull’isola mancava la pietra utile per costruire asce e altri strumenti, ma a questo problema si rimediava tramite gli scambi commerciali con Pitcairn. Pitcairn offriva opportunità molto più limitate rispetto a Mangareva, e sull’isola si trova la cava di Down Rope, dove è presente l’unico filone di vetro vulcanico della Polinesia sudorientale e ci sono anche filoni di basalto. L’isola presenta un profilo scosceso e di dimensioni ridotte, dunque le possibilità di agricoltura sono molto limitate e anche la pesca è difficile, perché Pitcairn non ha una barriera corallina. L’altra isola abitabile è Henderson, ed è la più grande e la più remota. Henderson è priva di basalto o di altri tipi di roccia adatti alla fabbricazione di utensili e il suolo coltivabile di Henderson si limita ad alcune piccole sacche situate tra la roccia calcare.

- POSSIBILI FINALI I viaggi si interruppero di colpo prima del 1500, sia nella Polinesia sudorientale, sia lungo le altre rotte che si irradiavano da Mangareva. Il contatto di Henderson con Mangareva s’interruppe probabilmente a causa dei disastrosi mutamenti ambientali avvenuti su queste. Mangareva fu particolarmente soggetta alla deforestazione e all’erosione dovuta alla pioggia che spogliò le colline dello strato coltivabile, a tal punto che la società scivolò in una condizione di fame cronica e scoppiò la guerra civile; per ovviare alla mancanza di protein...


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