L\'arte sopravviverà alle sue rovine Kiefer PDF

Title L\'arte sopravviverà alle sue rovine Kiefer
Author Raffy Filomeno
Course Storia dell'arte contemporanea
Institution Accademia di Belle Arti di Bologna
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Summary

Riassunto del libro, l arte sopravviverà alle sue rovine di Anselm Kiefer. Lezioni tenute al Collège de France in cui spiega la sua pratica artistica e cos'è per lui l'arte, la nascita di questa, le sue origini....


Description

Il libro di Anselm Kiefer riassume il seminario di Creazione artistica, tenuto al College de France di Parigi, in cui espone la propria pratica artistica inoltrandosi nei campi della poesia, della teologia e della scienza, intrecciando pensieri e azioni. Il fulcro delle sue lezioni è il fare arte, cosa è arte. Lui vive di arte, ha fede solo in lei. L’arte come la poesia produce la realtà. Kiefer spiega che esistono due universi percepibili, uno percepibile ai nostri sensi e l’altro invisibile. Il problema è nelle nostre percezioni che interferiscono nella capacità di distinguere la cosiddetta immagine reale. I nostri organi sensoriali non riproducono il mondo come esso è, lo interpretiamo. Il mondo esterno non esiste, è ciò che percepiamo. Per la scelta del titolo si è servito di una frase che credeva fosse di Adorno (lapsus freudiano: desiderio, verità forza un uscita per vie traverse) impegnato a riflettere sulla condizione umana dopo le barbarie di Auschwitz dichiarando “Dopo Auschwitz, nessuna poesia, nessuna forma d’arte, nessuna affermazione creatrice è più possibile”. L’imperativo formale è che la forma sia distrutta. A differenza di Paul Celan, il poeta ebreo che ha rivendicato il diritto di procedere oltre il divieto di Adorno. Il senso di eternità e grandiosità dell’arte ricorda un modo di pensare del Terzo Reich. L’impegno creativo era al cuore dell’immaginario nazista, Hitler era convinto che, anche se il suo impero fosse decaduto, le rovine degli edifici avrebbero dato testimonianza della sua volontà (teoria delle rovine). Il lapsus kieferiano abbini la vedute democratiche di Adorno con il delirio di Hitler. Traghetta una concezione estetica abusata dal Terzo Reich su di una sponda più ospitale. Le idee vivono una vita indipendente da coloro che le professano poiché prive di padroni. Per Kiefer la sopravvivenza dell’arte va comprovata di volta in volta. Lo conferma la sua pratica nel maltrattare i suoi lavori, abbandonandoli per poi riprenderli. Il dipinto e/o scultura assume i connotati di una rovina, le forze naturali prendono il sopravvento sull’opera umana, si serve di pratiche alchemiche, in ascolto aspettando il momento giusto in cui tutti i materiale che assembla possano trovare la loro forma e il loro posto nel mondo. Obbiettivo finale è l’arte stessa, capace di superare le proprie rovine. Kiefer premette che non esiste una definizione di arte, sostiene che questa non regredisce, al contrario della scienza che integra i suoi continui progressi, l’arte va in due direzioni, avanti e indietro, un opera può distruggerne un'altra, ogni corrente artistica è nata dalla volontà di regredire contro l’estetica dominante. L’arte insorge contro se stessa, sottoposta all’autodistruzione prova bene, risorge dalle sue ceneri. Kiefer afferma che un quadro evolve a ritmo continuo e parlare di un lavoro ancor prima di averlo iniziato significa che questo appartiene già al passato, si è perso nelle parole. C’è la necessità di esprimersi sull’arte per tentare di coglierla ma quando pensiamo di aver trovato una buona definizione ecco che arriva l’angelo ci da dei buffetti sulla bocca e dimentichiamo tutto (Secondo una leggenda Chassidica sopra la testa di ogni bambino nel ventre della madre è accesa una luce che lo aiuta ad imparare la Torah. Quando giunge il momento di venire al mondo arriva un angelo che da dei buffetti sulla bocca del bimbo affinché dimentichi quel che ha imparato.) Citando il romanzo di Navolis,( racconta la storia di un minatore che il giorno del suo matrimonio scende nelle profondità della miniera, muore e resta sepolto laggiù. Il suo corpo viene ritrovato 30 anni dopo. Il tempo non ha avuto alcun effetto su di lui, ma una volta riportato in superficie alla luce,si sgretola e diventa polvere) Kiefer vuole farci comprendere come la bellezza che si realizza nell’arte possa trasformarsi in cenere quando viene portata a livello del discorso. Le parole quindi sono chiamate ad indicare una via, illuminare per un istante la creazione dell’artista. Per comprendere meglio il concetto di evoluzione un opera, Kiefer spiega come questa subisca delle continue trasformazioni nel tempo, fenomeno simile al cross-mapping ovvero attraverso la sovrapposizione di percezioni non faremo fatica a comprendere come una poesia o un opera passa essere il risultato dell’addizione delle diverse interpretazione. Com’è successo con Marina di Arthur Rimbaud, rileggendola nell’arco della sua vita, le sue percezione l’anno modificata nel tempo. È una poesia che rompe ogni legame con il concreto o con qualunque realtà. Questa poesia concatena un’affermazione all’altra, il suo significato sta unicamente nelle parole, tutte le lettere sono sacre, e qualunque sia il loro ordine venendo da Dio mostrano tutte un senso sempre diverso. Le poesie come i quadri si trasformano tendono all’astrazione. La parola è il mezzo per moltiplicarsi nel nulla. Il passaggio più interessante è quel momento in cui il soggetto ancora visibile scivola poco a poco nell’astrazione. Momento che si colloca su un confine intangibile, che esprime la lotta contro la rappresentazione del nulla e del nulla dentro di se. (Kandinskij “Lirica”) Percepiva un sorta di distruzione della realtà, di fatto unica realtà possibile per Kiefer, solo la poesia è reale, perché l’unica realtà immaginabile passa per la poesia. La poesia di Rimbaud è tesa verso il nulla. L’assoluto per eccellenza, a cui ogni artista ambisce un volta terminato un quadro. Marina abolisce il confine tra mare e terra. Tutto è

frammentario e l’impressione di assenza di unità è il legame che congiunge le cose e i sentimenti. Secondo Nietzsche facendo esplodere le cose sarà proprio l’artista paradossalmente a creare una nuova unità artificiale, un illusoria unità. Analizzando il rapporto arte e vita, Kiefer nel corso delle sue lezioni affronta l’opera di Jean Genet “Diario del ladro”, libro che indica il punto esatto in cui la vita si trasforma in arte. Tenta di fare dell’umano un’opera d’arte, gli uomini diventano oggetti che tratta come una materia, parlando di loro come delle pietre, le umanizza e abolisce ogni confine tra organico e inorganico. Racconta il vagabondaggio dell’autore in Andalusia, che ripercorre mendicando. L’eroe viene escluso per aver rinnegato Dio in passato. Al ritorno della sua ricerca, la sua musica diventa una delle più belle lo conduce al suo destino, consapevole della distanza che lo separa dagli uomini. Lui non cerca la redenzione, riconosce che la bellezza è ingannevole tuttavia si rifiuta di essere la vittima. Accetta la distanza come destino. Questa è una poesia della distanza. È responsabile solo della sua coscienza, lui è poesia, arte e vita formano una cosa sola. Il poeta è consapevole di essere una leggenda che non può essere vissuta ma la si può leggere nella sua poesia. Trasforma gli uomini nei suoi racconti come fa con Lucien, gli da forma attraverso un disegno, non lo installa nella felicità, la emana, così con Stilitano lo trasforma in polvere. Il principio poetico sta nell’attribuire lo stesso amore agli uomini e alle cose. Genet scrive per edificare un ordine, l’arte trascina lui, il suo libro verso un luogo all’origine della sua poesia: la galera; e si ricomincia da capo. L’opera d’arte agisce direttamente sulla sua vita. Ciò che conta è l’immagine prodotta nella sua forza evocativa, la fabbricazione di immagini a fini simbolici, come fu la l’attacco alle Torri Gemelle. Nel 1968 ha realizzato un libro come testimonianza di azione che ha fatto in Germania “inondare Heidelberg” ( a differenza delle torri questa è un’azione artistica). Gli interessava solo la fabbricazione dell’immagine, l’opera d’arte, il libro rivela che l’artista è alla ricerca di corrispondenze creando così un legame tra le pagine ( foto: lo studio-sala ricevimenti delle camice bianche 2 forme rotonde tavolo e piatto). Pagine di testo riprendono l’idea dell’inondazione, della fattibilità tecnica e che una volta esplicitata l’idea l’azione non è necessario realizzarla. Per cui questo testo è scritto per evitare l’inondazione. L’inondazione avviene in maniera virtuale nelle pagine successive e la pittura diventa la consolazione per un inondazione che ha avuto luogo. In un'altra lezione Anselm analizza 3 opere che hanno un elemento in comune le rotaie: 1. Opera di Tibor Gyenis: linea ferroviaria dismessa, rotaie sono invase dalla vegetazione. Un uomo in ginocchio lucida le rotaie, la linea non sarà riattivata in questo modo. Questo mostra la vanità di ogni azione umana, inutile quanto eccessiva. // nel 1989 ho compiuto un sacrificio alla terra. in un tunnel incompleto che avrebbe dovuto collegare Calais a Dover ho sparso i diamanti nella terra umida per poi dimenticarmene; sono ancora lì. Con questo atto sacrificale ho restituito alla terra so che lei era stato rubato.// riattivando qualcosa che è stato abbandonato, l'obiettivo dell'artista e di reintrodurre nel mondo l'oggetto della sua fascinazione. Ripetizione meditativa di uno stesso gesto. 2. Christian Boltanski: lungo la linea ferroviaria tra Montpellier e Palavas, colloco delle bandierine bianche ogni 10m per tutta la lunghezza. Questo imbandieramento in miniatura si era trasformato in un evento di una certa importanza, avviene un vero rovesciamento dialettico (piccolo acquista grande importanza). Ripete lo stesso gesto che lo conduce verso l’indefinito (opera Manzoni –linee della lunghezza eccezionale). A distanza per un pedone sono appena visibili, la bellezza dell’opera, la sua grandezza, sta nella sua assenza. Nel 1990 realizza un opera da uno spazio vuoto, sottratto, prodotto da un bombardamento a Berlino. Un edificio distrutto, il suo interno la sua intimità sono pubblici. Affigge delle targhe con nomi e date degli abitanti del palazzo, con lo scopo di RIATTIVARE un contesto abbandonato. Nomi proiettati nel vuoto, nomi del vuoto, intravediamo un mondo accessibile solo ai nostri sensi alla nostra coscienza. 3. Anselm Kiefer “il difficile cammino di Sigfrido verso Brunilde”: Non ha apportato nessuna modifica alla reliquia della ferrovia, si è limitato a fotografarla. Queste foto dopo aver passato mesi nello suo studio in attesa di in miracolo , di colpo l’artista ha compreso che rappresentavano il cammino di Sigfrido attraverso un cerchio di fuoco dove Brunilde al centro dormiente attende il suo sposo, per essere separati solo dall’oblio prima di ricongiungersi nella morte dal fuoco. Le immagini in tensione per effetto della scoperta si ricaricano; nel portare a termine questo lavoro lui stesso ha percorso un cammino. Ha dipinto quindi un incendio all’orizzonte che si propaga lungo le pagine. Il tema ha evocato il commino, difficile da percorrere. La nascita di un opera d’arte la si può spiegare attraverso la teoria dell’evoluzione, da un organismo monocellulare si è giunti fino ai mammiferi. Perché compaia una nuova specie è necessario il caso che genera un numero infinito di risultati, e sarà la selezione a decidere quale delle varianti si imporrà, quale

sarà lo schok che provocherà l’azione. Questo è ciò che avviene nei suoi lavori. Nel momento della selezione protebbe presentarsi anche il rimpianto della scelta sbaglia. solo cio che è capace di imporsi, bisogna rinunciare a ciò che è stato già fatto, a ciò che si allontana dall’idea di fondo. L’uomo possiede delle conoscenze innate,frutto di un apprendimento compiuto dalla sua specie. La vità è un processo di apprendimento delle conoscenze. L’arte può oscilla tra un andare e tornare, può arretrare verso altri periodi della sua evoluzione. L’arte si autoregola. La sua poetica è regolata dalla ricerca, dal tentativo di svelare il mistero che si cela tra l’aldilà e l’aldiquà. Le sue opere fortemente i mpregnate dalla fisicità della materia. Quando ha scoperto il Piombo, questo ha provocato in lui uno schok, un immediata attrazione verso questa materia, rappresenta il primo stadio della trasformazione dei metalli in oro,simboleggia sviluppo, evoluzione,racchiude un scintilla di luce che sembra appartenere ad un altro mondo. Lo utilizza per la sua malleabilità e per i suoi significati simbolici e alchemici. Un altro materiale è la paglia che nella stalla si trasforma in concime, rappresenta la scienza della trasformazione. I girasoli simbolo di rinascita, fiore cosmico, i suoi semi neri emanano una scura lucentezza Ricordi di esperienze passate si intrecciano, convergenza tra momenti del passato e momenti del presente, la coscienza collega luoghi appena scoperti a ciò che gli è famigliare com’è successo per il Monte degli Ulivi di Gerusalemme. Avviene una sovrapposizioni di fatti a diversi livelli di lettura. Quello che conta è lo spazio intermedio tra un passaggio all’altro, come per i covoni di Monet, la loro essenza sta nell’intervallo, un quadro si mantiene su quella linea incerta che sta tra l’astrazione e la figurazione. Intravedere il passato nel presente permette di scoprire un terzo elemento nell’incontro dei primi due. Il soggetto non è quello che si crede si riconoscere, come nell’onda di Victor Hugo, quest’onda è nel momento di infrangersi, il vento la spinge verso l’infinito, siamo tra astrazione e figurazione, si infrange senza fine sulla riva, non ci sono più confini; così il numero PI (cerchio archimede) che non può essere definito con precisione, le sue cifre dopo la virgola tendono all’astrazione, all’infinito. Tende verso un quasi nulla ancora presente. L’onda che si infrange è un momento magico creato in funzione di un vuoto, un nulla, la calma del mare prima della tempesta. Kiefer è affascinato dai vuoti, come i vuoti delle fabbriche dei mattonifici dismesse piene di tracce di vissuto, rappresentano la perfetta coesione tra costruire e abitare, cita Heidegger “essere tra le cose”. Per lui conta il processo, non il risultato. Artista naviga in un mare di non senso. Per comprendere al maglio il lavoro dell’artista, il suo fare arte, invita gli studenti nell’universo dell’artista, nel suo studio a Croissy. Di notte i quadri , gli oggetti si spostano senza che lui intervenga per mostrare ogni mattina qualche sorpresa. L’opera d’arte è una rivelazione che avviene all’insaputa del suo stesso creatore. Nulla resta immobile, qui il passato si forma nel presente, circolano le idee, le opere si creano. E perché ciò avvenga la sue opere attraversano delle fasi: Putrefactio dove tutto è indeterminato e bisogna operare una scelta; Dissolutio i riferimenti troppo oggettivi vengono cancellati come bruciare il quadro (nigredo trasmutazione alchemica), dall’oscurità si trova l’inizio per raggiungere la luce, la grande conoscenza; Coagulatio il quadro acquista il suo senso che diventa significato, spogliandosi acquista mistero. All’esterno dei container contengono quadri incompiuti che attendono di essere rielaborati. I quadri mostrano i loro tormenti, la speranza e la disperazione, le cancellature. L’arte è considerata irrazionale, inconciliabile con il quotidiano. Il tempo è la vera trama dei suoi lavori. La sistemazione a Barjac risale al 1992, ha costruito strade, edifici, tunnel con la voglia di appropriarsi di quel luogo. Ha costruito i 7 palazzi celesti. L’idea tratta dal libro di Merkaba, il Sefer Hekhalot, racconta il viaggio iniziatico di un uomo attraverso sette palazzi celesti. Nel corso del suo viaggio egli perde progressivamente le mani, si bruciano, poi le braccia e così via fino a quando giunge l'ultimo palazzo e di lui resta solo lo spirito. Mentre questo si eleva, lui si inabissa in se stesso. Stimolato dall’idea che alla fine non rimanesse che lo spirito dell’uomo. Fare astrazione degli edifici, affinchè restino solo delle linee rappresentate da passerelle e tunnel sotterranei con uno spazio vuoto da riempire. Barjac è un dispositivo di esposizione, uno spazio di lavoro. La sua terra mi ha fornito materiali come i tulipani (petali per quadri poeti arabi). Prima di avvicinarsi all’opera lo spettatore deve varcare una soglia, una sorta di transizione, porre un modo di accesso all’opera. Entrando in delle serre che fanno da tutt’uno con gli oggetti racchiusi. Il vetro come una pelle semipermeabile che collega l’opera con il mondo reale. Confine specifico tra arte e vita, senza il quale l’arte non esisterebbe. All’esterno una pila di libri di piombo posta su una pietra, ha creato una radura che faccia da scrigno. Gli alberi sono la sua cornice, come una pelle. La radura genera un vuoto, crea una distanza rispetto al quotidiano. L’opera un concentrato di sapere in mezzo alla natura, stratificazione delle conoscenze umane operate dalla natura. L’anfiteatro edificio

centrale di la Ribotte, costruito con dei container, l’ho costruito sperando che questo si distruggesse ma le sue attese sono state vane. Il terreno costituito di argilla e come se i muri fossero stati ritagliati nella terra. Da questo si può viaggiare in diverse direzioni. Assomiglia a una grotta ( graffi orso, graffi scavatrice). Una stanza dedicata alle donne della rivoluzione, dei letti di piombo su cui ristagna l’acqua, lasciata libera la sua superficie, la sua pelle visibile stttraverso la polvere è come un membrana, un confine tra interno ed esterno. Ogni cosa fa parte di un tutto, in cui gli elementi sono collegati tra loro, completano....


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