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Title Lessicografia
Author Lidia Miceli
Course Lessicografia e lessicologia Italiana
Institution Università per Stranieri di Siena
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Lessicografia e lessicografia

La parola dal punto di vista linguistico è:   

Un'unità minima, isolabile nella frase; È composta da una sequenza di fonemi (uno o più suoni che hanno la proprietà di distinguere due parole diverse); È dotata significato autonomo fondamentale ( per le parole semanticamente piene, come nomi o aggettivi) oppure di funzione sintattica (per le parole semanticamente vuote, come gli articoli, i pronomi, le preposizioni, le congiunzioni)

La parola del parlato è detta parola fonologica, che consiste in una sequenza di suoni le cui regole sono determinate da quelle della struttura delle sillabe; la parola dello scritto è detta invece parola grafica, facilmente riconoscibile perché si tratta di una sequenza di lettere intervallate da spazi. Il patrimonio delle parole è il lessico, le cui unità formano gli enunciati (frasi). Esiste inoltre il concetto di lessema, il quale rappresenta la forma "non flessa" delle parole: un verbo sul dizionario verrà identificato secondo il suo lessema, quindi nella sua forma all'infinito. NB Oltre ai verbi, hanno varianti flessionali legate al numero, genere ecc.) i nomi (casa/e), i pronomi (questo/a/i/e), gli aggettivi (bello/a/i/e). Questi ultimi presentano anche i superlativi, ricavati di norma con il suffisso -issimo.

Parole e grammatica Mentre il numero delle parole è sempre in crescita e quindi il lessico è in continuo dinamismo, le regole di grammatica rappresentano un cerchio relativamente stabile. Ogni cambiamento di regola grammaticale sconvolge l'intero sistema. Tuttavia lessico e grammatica sono legati dal fatto che le parole vengono adattate secondo un insieme di regole grammaticali. Ci sono alcuni elementi del lessico utilizzati con funzioni grammaticali come le locuzioni preposizionali o congiunzionali (‘a causa di’, ‘da parte di’): sono elementi grammaticali che si sono lessicalizzati e che quindi hanno subito un processo di lessicalizzazione. Viceversa, alcuni elementi che appartenevano alla sfera grammaticale hanno avuto un processo di grammaticalizzazione: citiamo il caso di "non" che si è univerbato (cioè fuso) con il participio presente "ostante", ottenendo la preposizione "nonostante".

Vocabolario comune e vocabolario di base: la disponibilità all'uso

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Ciascuna parola ha una sua frequenza d'uso o disponibilità d'uso, la quale non è quantificabile, ma possiamo essere certi del fatto che una parola si usi più di un'altra solo all'interno di un determinato corpus, quindi all'interno di una serie di testi, orali o scritti, scelti come campione di rilevamento. Ogni vocabolario è ormai fondato sul principio della frequenza del lessico, che consente di canalizzare il suo apprendimento in maniera razionale. Il problema della frequenza d’uso diventa di primo piano nell’apprendimento dell’italiano da parte di un bambino o di uno straniero. Le parole più frequenti in italiano, sono anche le più antiche. Nel corso del XX, i progressi in ambito tecnico scientifico, hanno incrementato esponenzialmente il numero delle parole italiane, ma non tocca al lessico ad alta disponibilità, il quale è cambiato pochissimo nel corso della storia.

Il significato delle parole Significante, significato, referente Il rapporto tra la parola e il suo significato viene studiato dalla semantica, la scienza del significato. Una parola può essere distinta in due parti: il significante (la forma della parola) e il significato (il contenuto).  

Il significante è l’«immagine acustica», la serie di suoni con cui si veicola il concetto. Esso evoca solo una rappresentazione schematica della cosa; Il significato è l’«immagine mentale» di un oggetto, vale a dire un concetto.

A questi due elementi, riuniti insieme in quello che è chiamato segno linguistico, si aggiunge poi un elemento extralinguistico: la realtà, che è situata fuori del linguaggio. Il rapporto tra il significante (la forma della parola) e il referente (l’elemento reale) è mediato dal significato (l’oggetto mentale).

Convenzionalità, immotivazione, rimotivazione secondaria La parola che si sceglie per indicare un oggetto mentale, è frutto di una scelta convenzionale; infatti la stessa successione di suoni viene usata in varie lingue per designare parole diverse: per esempio ‘tear’ che in inglese significa ‘lacrima’ è uguale al francese ‘tir’ che vuol dire ‘tiro’. Quindi non c’è nessun rapporto tra l’oggetto e la parola con cui lo designiamo: la designazione della parola alla cosa ci è stata per così dire imposta negli anni dell’infanzia, al momento di primo impatto con la lingua e contemporaneamente con la vita. Il rapporto tra lingua e visione del mondo è sorprendentemente reciproco: ogni comunità linguistica accetta e sviluppa, attraverso la sua lingua, una certa visione del mondo, condizionata a sua volta dall’esperienza che i parlanti hanno del loro mondo materiale e spirituale. Esempi: 

La credenza antica per cui Afrodite sarebbe nata nella schiuma del mare è senza dubbio dovuta alla somiglianza tra la prima parte del nome di questa dea e il greco afròs, che vuol dire appunto ‘schiuma’; 2





Nel culto dei santi, la protettrice della vista è Santa Lucia: ciò non può che essere dovuto al fatto che c’è un’evidente connessione tra la parola “luce” e il nome Lucia. Tra l’altro, i santi protettori della vista presso altri popoli sono diversi, ma l’etimologia popolare si verifica ugualmente: in francese tra Saint Clair e clair ‘chiaro’, in tedesco tra Sankt Augustin e auge ‘occhio’. Un altro campo in cui agiscono massicciamente meccanismi di questo genere è quello dei nomi di animale. Non è raro che si arrivi ad attribuire ad alcuni animali cattive abitudini di essi non sono responsabili. Ad esempio, attraverso i Sepolcri di Foscolo, varie generazioni di studenti si sono fatti l’idea che l’upupa sia un animale notturno che contribuisce, con il suo aspetto un po’tetro, a conferire un’atmosfera inquietante ai cimiteri, in cui vivrebbe. In realtà si tratta di un vivace animale diurno che abita prevalentemente nei boschi e migra in Italia in primavera.

L’etimologia popolare è dunque il risultato della tensione tra l’arbitrarietà del segno e il bisogno latente dei parlanti di attribuirgli una motivazione: sono nate, in seguito a ciò, numerose leggende e persino nuovi ideali di bellezza. Ad esempio, nella Francia Medievale, dalla collisione di due famiglie di parole, è nato l’ideale degli occhi verdi, che in realtà non esistono. L’idea della loro effettività è data dall’antica espressione francese ‘ieus vairs’ (occhi grigio-blu) che diventò omonima e omofona del latino ‘ieus verts’ (dal latino viridis).

Motivazione e nomi di luogo Esistono inoltre alcune parole “morte” che i parlanti continuano ad utilizzare, pur perdendo la coscienza dell’antico significato che esse avevano. Questa problematica riguarda essenzialmente due settori: l’antroponomastica (nomi di persona) e la toponomastica (nomi di luogo). Esempi: 

Il nome Napoli deriva dal greco nea ‘nuova’ e polis ‘città’; tramontata la presenza ellenica, la parola ha resistito, seppur con dei cambiamenti.

Gran parte delle parole morte rappresentate dei toponimi si presta al fenomeno della rimotivazione del parlante e ad essere trasformate in altre parole vive che presentano motivazioni secondarie: 



La Grotta della Poesia, aveva come nome originario posìa. Esso è collegato ad una base greca che significa ‘acqua potabile’. Dato che il nome ormai non era più compreso, probabilmente da secoli, è intervenuta la rimotivazione secondaria attraverso l’incrocio con l’italiano poesia, sembrato plausibile perla bellezza del panorama. L’ Aspromonte, in Calabria, viene comunemente associato al suo essere aspro, impervio. In realtà àspros è una parola greca che significa ‘bianco’.

La polisemia La maggioranza delle parole è ‘immotivata’, quindi non trae le propria forma dalla realtà, dunque accade che ogni parola può avere più significati: questo è il fenomeno della polisemia (fenomeno che riguarda quasi tutte le parole). I significati sono ordinati dai vocabolari all’interno di una sola voce. Per esempio barriera significa ‘ostacolo’, ma anche ‘cinta daziaria, doganale’ , e in questi casi per capire il significato, bisogna fondarsi su una visione più larga di quella della singola parola: su

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quella del contesto. La polisemia viene sfruttata anche nella lingua della pubblicità e della satira per via degli effetti stilistici che può produrre.

L’omonimia L’omonimia è l’identità tra due forme di origine differente: per esempio, “sale” (III pers. del pres. ind. ‘salire/ cloruro di sodio) è una sola parola con due significati diversi; ma qui non siamo in presenza di un caso di polisemia perché hanno un’etimologia (una storia) del tutto separata e inoltre non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra, infatti sul dizionario sono due voci a sé stanti. NB l’omonimia può riguardare anche più di due parole. Esiste però un altro caso di omonimia: dal significato primario di una parola possono derivare delle accezioni secondarie così differenti, da costituire infine, nella coscienza dei parlanti, due omonimi (‘bolla’, dal latino bulla, come rigonfiamento d’aria o come timbro).

L’interdipendenza tra famiglie di parole L’omonimia è un caso del fenomeno più ampio dell’interdipendenza tra famiglie di parole: la semplice somiglianza (non identità) delle forme, che può provocare anche squilibri nel sistema. Ad esempio il lampascione (una sorta di cipollotto selvatico) viene chiamato ‘lampone’ da molti parlanti che sentono questa parola più vicina alla lingua nazionale. In questo caso funziona una sorta di attrazione semantica involontaria, in cui è presente un errore accolto nella comunità linguistica. Parola dialettale → parola italiana esistente sentita vicina formalmente → attrazione semantica involontaria

Vi sono anche deformazioni volute e cercate. Ad esempio nel repertorio della lotta politica pre novecentesca, i nemici della democrazia, creando una certa suggestione presso le classi popolari, ne deformarono intenzionalmente il nome in demonocrazia ‘demone’ e dementocrazia ‘demente’.

Sinonimia e antonimia Le parole che hanno lo stesso significato sono chiamate sinonimi, anche se una perfetta identità di significato e di possibilità d’uso non esiste, anche tra parole per cui sembrerebbe possibile la sinonimia assoluta: si parla dunque di sinonimia relativa, preferendo ammettere che le parole, anche quelle più vicine, possono condividere lo stesso fondamentale significato. I contrari invece vengono detti antonimi. All’interno dei contrari va stabilita una differenza tra contrari graduabili, che possono esprimere una comparazione (lento/veloce), e contrari non graduabili, perché l’uno è la negazione dell’altro (vivo/morto). Resta il fatto che, se usati in senso metaforico, i contrari non graduabili, diventano graduabili anch’essi (: ‘Milano è una città viva’).

Sinonimi e tradizioni regionali del lessico 4

Esistono coppie di sinonimi come adesso/ora, prendere/pigliare/, dimenticare/scordare, fuggire/scappare. Si tratta di parole che in origine si usavano in un dialetto o in un altro e solo successivamente sono state usate nell’italiano standard, giungendo a formare delle coppie in cui entrambi i termini sono a disposizione dei parlanti. Per via della loro origine geografica diversa, si può parlare di geosinonimi.

Iperonimia e iponimia, estensione e intensione Un sottotipo di sinonimia è costituito dal rapporto tra iperonimi e iponimi. Si tratta della relazione che intercorre tra una parola di significato più esteso e generico (iperonimo) e di una con significato più ristretto e specifico, compreso nel primo (iponimo). Esempio: ‘felino’ è l’iperonimo che comprende una serie di elementi come gatto, leone, pantera, che sono iponimi. A sua volta, felino è l’iponimo di ‘animale’, mentre ‘gatto’ è l’iperonimo di gatto siamese, gatto soriano, gatto persiano. Il rapporto tra una parola e il suo significato può essere visto anche dal punto di vista dell’estensione e dell’intensione. Un significato come ‘mobile’ ha maggiore estensione di quello di ‘armadio’ perché ci sono molti mobili che non sono armadi. Però il significato di ‘armadio’, che è più specifico, ha più intensione di quello di ‘mobile’. Queste due qualità sono in rapporto inverso.

Realtà e oggetto mentale All’interno della realtà extralinguistica è difficile tracciare linee precise, confini netti. La realtà extralinguistica conosce solo gradazioni impercettibili: la lingua delimita questa linea continua. Le lenti attraverso cui vediamo il mondo e rappresentiamo gli oggetti mentali sono molto diverse, e il fatto che noi occidentali vediamo la realtà in modo simile è dovuto in buona parte al fatto che abbiamo prima di tutto una cultura per molti aspetti comune. I limiti, più che nella realtà, sono nel linguaggio. Il solo linguaggio che si sforza di creare limiti oggettivi è quello della scienza: la monosemia è una delle sue principali caratteristiche, o almeno delle sue aspirazioni primarie. Per il resto, il linguaggio non traduce ma stabilisce i limiti dell’esperienza umana.

La fraseologia Caratteri funzionali e strutturali delle locuzioni Per comodità i dizionari scrivono le parole isolandole, ma la parola va vista nell’ambito della frase, soprattutto in nessi fissi, modi di dire, motti e locuzioni, ove uso e significato si possono cogliere solo all’interno del contesto. Esempio: ‘essere un osso duro’ significa ‘persona o cosa non facile da affrontare’; ‘acqua passata’ significa significa ‘avvenimento ormai alle nostre spalle, su cui è inutile recriminare’.

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Modi di dire e sistemi sociali I modi di dire sono diventati, attraverso l’uso, elementi fissi cristallizzati nella lingua. Sono una spia che apre squarci su certi sistemi di valori sociali e su varie esperienze che furono incisive per la comunità. 

Modi dire che nascono da prassi giudiziarie del passato o pratiche di giustizia di cui si è persa traccia: sono molto spesso residui cristallizzati di realtà storiche di un certo spessore, di durata anche plurisecolare. Esempio: ‘fare/mettere le corna’ e ‘fare fiasco’ erano pratiche di giustizia elementare nel Medio Evo per schernire le colpe coniugali;



Modi di dire nati dai riferimenti agli animali: ‘avere/dare la scimmia’ risale ad abitudini giudiziarie del passato, e cioè all’uso di un animale come elemento e simbolo di punizione, fatto portare o cavalcare in segno di scherno;



Modi di dire nati da riferimenti ai vestiti, in quanto rappresentanti dello status sociale: ‘nascere con la camicia’, dare la mancia (=manica) al cameriere’, ‘gettare/raccogliere il guanto di sfida’, ‘è una mezza calzetta’;



Modi di dire legati alla religione: ‘non c’è più religione’, ‘è un bacchettone’, ‘il gioco (santo) non vale la candela’.

Modi di dire e persistenza delle parole Esistono in italiano alcune parole che se non fossero presenti nei modi di dire, sarebbero sicuramente finite nel dimenticatoio. Per esempio l’espressione ‘scendere in lizza’, che significa ‘prendere parte ad una gara/discussione’ contiene la parola ‘lizza’ che è un arcaismo che significa in origine ‘palizzata steccato’ da cui ‘spazio recintato entro cui si svolgevano le giostre all’epoca della cavalleria’; anche l’espressione ‘dare retta’ contiene una parola ignota alla maggioranza delle persone che la pronunciano: essa deriva infatti dal latino ‘arrectam auream’ (orecchio teso).

Locuzioni e modi di dire oggi La formazione dei modi di dire continua anche oggi: il paternalismo con cui era trattata la condizione femminile ottocentesca è forse meglio espressa dai modi di dire correnti che dai manuali di storia: ‘sesso debole’, ‘gentil sesso’, ‘angelo del focolare’. Oppure, la maternitàall’infuori del matrimonio veniva trattata con nessi come ‘figlio/frutto del peccato’. Tuttavia, da qualche decennio, la produzione di nuove locuzioni è in gran parte frutto dell’influenza dei media e della politica. Grande è il successo di formule come ‘politicamente corretto/scorretto’, ‘conflitto di interessi’, ‘politica spettacolo’.

Il meccanismo dell’analogia Con il ricorso all’analogia i modi di dire vengono coniati sulla base di altre parole o di altre sequenze di parole già esistenti e memorizzate dai parlanti. Per esempio, l’espressione ‘madre di 6

tutte le battaglie’, risalente alla Prima Guerra del Golfo, ha prodotto per analogia tutta una serie di espressioni simili, come ‘madre tutte le partite, di tutte le cause, di tutte le feste’ ecc. Anche la formula ‘politica di + altro elemento’ è alla base di fortunati slogan politici sin dagli anni postunitari: ‘politica dell’innaffiatoio’, ‘politica delle cose’, ‘politica dello struzzo’.

Lessico e società I linguaggi settoriali rappresentano le varietà dell’italiano utilizzate in ambiti specifici della vita sociale e professionale: costituiscono la forza espansiva fondamentale per l’italiano di oggi. Ciascuna specializzazione ha un proprio vocabolario e un proprio lessico specialistico, il quale si costituisce attraverso due vie: 



Si coniano, o si prendono in prestito da altre lingue, parole o unità polirematiche che la lingua comune non possiede e che sono proprie di quel determinato settore. La medicina trae gran parte della sua terminologia dalle lingue classiche, l’economia dall’inglese e la gastronomia dal francese; Si usano parole che sono già della lingua comune, ma le si specializza attraverso una rideterminazione semantica, quindi dell’acquisizione di un nuovo significato, proprio di quel settore. Come per esempio la parola ‘scivolare’ che ne nella lingua comune consiste in un banale scivolone, mentre nelle cronache sportive si intende un intervento mirato con le gambe in avanti mirato a colpire il pallone.

La polisemia, nei linguaggi settoriali, deve essere ridotta al minimo o scomparire in favore della monosemia, poiché introdurrebbe ambiguità. Bisogna anche ricordare che mutamenti sociali e politici sono importanti fattori di evoluzione del lessico. Ad esempio, i mestieri del lattoniere o del fontaniere non esistono più perché il mestiere, da artigianale che era, ha cominciato ad organizzarsi sul piano aziendale; la denominazione di è andata unificando a favore di ‘idraulico’. Importante è anche l’influenza delle nuove tecnologie. Inoltre, bisogna ricordare che le conoscenze del lessico non sono omogenee nella comunità linguistica (mutano in base ad educazione e divisione del lavoro).

Persistenza del lessico e progresso delle conoscenze Il fatto che una tecnica superata corrisponde una terminologia superata ha varie eccezioni:  

Casi in cui il nome dell’oggetto sopravvive anche se la tecnologia è stata resa obsoleta dall’evoluzione delle conoscenze (‘carrozza’ nell’uso ferroviario); Ci sono settori del lessico che persistono immutati, almeno in apparenza (‘maccheroni’, di cui il tipo di pasta è cambiato, ma il nome è rimasto).

I neologismi 7

Una parola nuova nasce perché creare una nuova unità lessicale rappresenta il mezzo più semplice ed economico per identificare oggetti del mondo fisico e contenuti mentali. La neologia è dunque la possibilità di ogni lingua di ogni lingua di formare nuove unità del lessico: è fondamentale perché consente ad una lingua di rimanere viva. Un neologismo si forma:  

Con la produzione di una vera e propria parola nuova (neologismo lessicale) attraverso le regole di formazione delle parole: prefissazione, suffissazione, composizione, prestito ecc.; Con la nascita di un significato nuovo di una parola già esistente (neologismo semantico).

Le nuove attività dell’uomo sono segnate non solo dall’apparizione di nuove parole, ma anche dallo sviluppo di nuovi significati figurati. Mentre i neologismi lessicali sono facilmente riconoscibili (‘resettare’, ‘l...


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