Lucrezio libro 4 PDF

Title Lucrezio libro 4
Course Letteratura Latina
Institution Università degli Studi di Salerno
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IV libro DRN...


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Lucrezio, De rerum natura, libro IV, 1-25 Rispetto al passo precedentemente osservato, in cui l’autore si limitava ad evidenziarle difficoltà insite nel suo progetto di trasporre ardui concetti filosofici in poesia e, per giunta, in una lingua povera di termini adatti ad esprimere tali concetti, nel passo seguente subentra l’orgogliosa consapevolezza di aver scritto un’opera assolutamente innovativa, grazie alla quale il poeta meriterà l’incoronazione poetica da parte delle Muse. Il frammento si può dividere in due sequenze: vv. 1-9: orgogliosa dichiarazione di Lucrezio, che parla della novità, senza dimenticare le difficoltà, della sua opera, utilizzando due immagini care a Callimaco, simbolo della poetica ellenistica: il sentiero mai battuto prima dal piede di nessuno e la sorgente pura, incontaminata, a cui nessuno si è mai accostato. Anche l’immagine dei novos flores, con cui le Muse [Ita2] [En2] intrecciano una corona da porre sul capo del poeta, nel topico rituale dell’incoronazione poetica, è una metafora molto frequente per indicare la poesia; in questo caso, si tratta di una poesia nuova, sia per i contenuti, sia per la forma. vv. 10-25: la seconda sequenza è interamente dedicata alla difesa delle scelte stilistiche compiute dall’autore, che predilige la forma poetica per esporre la dottrina epicurea, benché lo stesso Epicuro si fosse espresso più volte contro la poesia, in quanto portatrice di menzogna. Lucrezio deve quindi dimostrare che la scelta del poema epicodidascalico, in luogo del trattato o del dialogo filosofico, è dettata dall’esigenza di rendere più gradevoli ed accessibili concetti altrimenti ardui e, sulle prime, sgradevoli, soprattutto per il tipo di pubblico a cui si rivolge. Benché la cultura greca si sia ormai affermata a Roma, vincendo quasi del tutto le resistenze dei più accaniti difensori della tradizione, il pubblico a cui Lucrezio si rivolge è ancora piuttosto digiuno di filosofia, e particolarmente della filosofia epicurea, la cui dottrina appare inconciliabile con i valori del mos maiorum [Ita3] [Sp]. Ecco perché il poeta sceglie, in questa seconda sequenza, di sviluppare la sua argomentazione attraverso un’ampia similitudine, in cui i suoi destinatari sono paragonati a bambini, cui il poeta-medico deve somministrare un’amara medicina; per rendere meno sgradevole il medicinale, e quindi fare in modo che il bambino lo beva volentieri, traendo giovamento dalla cura, il medico cosparge il bordo del bicchiere in cui è contenuta la medicina di miele (il dulce mel Musarum o museo lepos, ovvero la poesia). Attraverso questa efficace similitudine Lucrezio dimostra quindi come la scelta della poesia, ovvero il godimento estetico, sia per lui un mezzo, e non il fine; non c’è, quindi, alcun “tradimento” nei confronti di Epicuro, dal momento che la poesia diventa strumento di divulgazione della verità. Avia Pieridum peragro loca nullius ante trita solo. iuvat integros accedere fontis atque haurire, iuvatque novos decerpere flores

insignemque meo capiti petere inde coronam, unde prius nulli velarint tempora musae;

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primum quod magnis doceo de rebus et artis religionum animum nodis exsolvere pergo, deinde quod obscura de re tam lucida pango carmina musaeo contingens cuncta lepore. Id quoque enim non ab nulla ratione videtur.

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Nam vel uti pueris absinthia taetra medentes cum dare conantur, prius oras pocula circum contingunt mellis dulci flavoque liquore, ut puerorum aetas inprovida ludificetur labrorum tenus, interea perpotet amarum

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absinthi laticem deceptaque non capiatur, sed potius tali facto recreata valescat, sic ego nunc, quoniam haec ratio plerumque videtur tristior esse quibus non est tractata, retroque volgus abhorret ab hac, volui tibi suaviloquenti

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carmine Pierio rationem exponere nostram et quasi musaeo dulci contingere melle; si tibi forte animum tali ratione tenere versibus in nostris possem, dum percipis omnem naturam rerum ac persentis utilitatem.

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Percorro i luoghi impervi delle Pieridi, non calpestati prima dal piede di nessuno. Mi piace accostarmi e bere da sorgenti non gustate da nessuno, e mi piace cogliere i fiori nuovi e chiedere per il mio capo una gloriosa corona, di là donde a nessuno prima le Muse velarono le tempie:

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primo perché parlo di argomenti elevati e mi accingo a sciogliere l’animo dagli stretti nodi delle credenze religiose, poi perché su un argomento così oscuro compongo versi tanto chiari, cospargendo il tutto della grazia delle Muse. Anche questo davvero non appare privo di ragione.

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Infatti, come quando i medici tentano di dare ai fanciulli l’amaro assenzio, prima cospargono col dolce e biondo liquido del miele gli orli del bicchiere tutto intorno, perché l’ingenua età dei bambini sia ingannata fino alle labbra e intanto beva fino in fondo l’amaro succo di assenzio e, benché ingannata, non ne riceva danno,

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ma, piuttosto, guarita in tal modo, divenga vigorosa, così io, ora, poiché questa dottrina sembra per lo più essere troppo astrusa per quelli ai quali essa non è familiare e il volgo l’aborre e si ritrae da essa, ho voluto esporti la nostra dottrina col melodioso canto pierio

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e quasi cospargendola col dolce miele delle Muse, per tentare se, per caso, io potessi con tale mezzo tenere avvinto ai nostri versi il tuo animo, finché tu comprenda appieno la natura e ti renda ben conto dell’utilità.

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Avia…loca: sottolinea le difficoltà incontrate dall’autore nella scelta di un’opera mai vista prima. Iuvat…iuvat: (sott: me) l’anafora sottolinea il piacere che, accanto alle difficoltà prima menzionate, il poeta prova nell’affrontare questo tipo di impresa; il piacere si concretizza nelle immagini delle integros…fontis (=fontes) e dei novos flores. Gli aggettivi integros e novos, insieme al genitivo nullius del v.1, ribadiscono la novità e l’eccezionalità dell’opera, che costituiscono gran parte del suo valore. Insignem…coronam: l’iperbato sottolinea l’importanza e la solennità dell’incoronazione poetica, mediante la quale Lucrezio potrà fregiarsi del titolo di “poeta”, consegnando il suo nome all’immortalità; l’aggettivo ha infatti valore attivo, da intendersi come “che rende illustri”. Nulli: in poliptoto rispetto al nullius del v. 1, ribadisce ancora una volta l’idea del primato di Lucrezio nella scelta della poesia per un’opera di argomento filosofico. Primum…deinde: sono due i motivi che rendono il poeta degno dell’incoronazione delle Muse: il primo riguarda l’importanza dell’insegnamento della filosofia epicurea, unico strumento contro l’oscurantismo della religio; il secondo ha invece a che fare con la capacità di Lucrezio di semplificare concetti ardui, rendendoli gradevoli, e quindi più fruibili, attraverso l’uso della poesia. Artis…nodis: Efficace iperbato, che racchiude al suo interno, quasi “serrandola”, la causa della prigionia degli esseri umani: religionum animum, le false credenze religiose che impediscono all’uomo di conoscere la verità, e, quindi, di essere libero. Lo stesso termine religio deriva da religo= legare; ma Lucrezio non intende certo parlare di un legame costruttivo con la divinità, bensì, come si è detto, di una vera e propria trappola. Quod…carmina: la causale sviluppa la seconda motivazione per cui il poeta ritiene di meritare la gloriosa corona delle Muse; l’importanza della sua opera di “intermediario” tra la dottrina di Epicuro ed il mondo latino è evidenziata, in particolare, dall’antitesi obscura (riferito a re, ovvero la dottrina epicurea, in un’espressione che riprende gli obscura reperta di I, 136) / lucida. Musaeo…lepore: sull’importanza della parola-chiave lepos, si veda quanto detto in precedenza. Id…videtur: il verso rappresenta una sorta di “cerniera” tra la prima e la seconda sequenza, in cui Lucrezio sembra voglia giustificare la sua scelta della poesia (id), nonostante l’opinione di Epicuro in merito.

Conantur: il verbo sottolinea lo sforzo che il poeta-medico deve compiere per somministrare la medicina-filosofia al bambino, che rappresenta, in questo caso, tutti coloro che non hanno ancora conosciuto la dottrina epicurea e che, probabilmente, faranno fatica a digerirla, nonostante la gradevole forma poetica-miele di cui il poeta si serve. Dulci flavoque liquore: ribadisce il concetto per cui il dolce liquido del miele è solo un mezzo per rendere più gradevole la medicina, senza che questa venga privata della sua efficacia; lo stesso discorso vale, naturalmente, per l’uso della poesia finalizzata alla trasmissione dell’epicureismo.. Sic: introduce il secondo termine della similitudine: l’io del poeta (ego), che interviene, rompendo l’oggettività propria dell’epica, per rivendicare il diritto di scegliere il metodo che ritiene più efficace per diffondere la dottrina (ratio) presso un popolo ancora “immaturo” (di qui l’analogia con il bambino) e sostanzialmente impreparato a ricevere tale insegnamento. Tristior: comparativo assoluto, riferito a ratio, con valore predicativo. Tale aggettivo identifica la prima delle due categorie di persone a cui Lucrezio sembra rivolgersi, ovvero quella dei cosiddetti “tradizionalisti”, per i quali la filosofia epicurea, così distante dal mos maiorum, rappresentava una vera e propria minaccia alla tradizione ed allo spirito romano. Volgus: fortemente in rilievo, grazie all’enjambement ed alla posizione ad inizio verso, indica la seconda categoria di persone a cui l’opera è indirizzata: il volgo, il “popolino” ignorante che non conosce assolutamente la dottrina di Epicuro, e si accontenta di seguire false credenze dettate dalla religio. L’atteggiamento di Lucrezio denota un malcelato disprezzo nei confronti di questi individui, anche se lo scopo didascalico del poema lo allontana nettamente da quegli autori che, come Catullo, facevano della disapprovazione del popolo una dimostrazione del valore della propria opera. Volui…nostram: il verbo, alla I persona singolare, sembra entrare in contraddizione con l’uso del possessivo di I persona plurale nostram (riferito a rationem), per cui si può interpretare come un plurale maiestatis, oppure come un riferimento al fatto che, mentre la decisione di scrivere l’opera e di dedicarla a Memmio è unicamente di Lucrezio, la dottrina che viene trasmessa per mezzo dell’opera è tanto di Epicuro, che l’ha formulata, quanto del poeta latino che l’ha divulgata. Si…possem: Con questa affermazione, Lucrezio sembra quasi voler svelare a Memmio i “trucchi del mestiere” utilizzati per convincere anche uno scettico come lui della validità della dottrina epicurea; a questo proposito è significativo notare la mutata accezione del termine ratio, rispetto al significato di dottrina attribuitogli ai vv. 18 e 21)....


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