Margherita Zoebeli PDF

Title Margherita Zoebeli
Author serena ossino
Course Pedagogia Generale E Sociale
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

tesina su margherita zoebeli fatta su richiesta del professore, con votazione 30...


Description

MARGHERITA ZOEBELI Cenni biografici e azioni degne di nota Margherita Zoebeli è stata un'educatrice e pedagogista svizzera. Lavorò in un primo tempo in tutta Europa con lo scopo di aiutare le famiglie di operai o quelle in fuga dalle guerre. Dopo la nascita del Soccorso operaio svizzero, portò aiuto anche alle famiglie ebree che, opponendosi al nazismo, trovavano il rifugio più vicino proprio in Svizzera e fu a partire da queste esperienze che Margherita approdò al campo dell'educazione e della pedagogia. Si recò in Spagna per dare conforto agli orfani di guerra di una comunità di Barcellona. Dopo poche settimane dal suo arrivo, visto il precipitare degli avvenimenti bellici e i continui bombardamenti alla città, decise di portare con sé in Francia, per la precisione in una colonia sulla spiaggia di Sète, un centinaio di bambini per donare loro un rifugio sicuro dove potersi stabilire. Il suo impegno nella lotta antifascista si concretizzò con il soccorso ai partigiani italiani colpiti dalla rivolta nazifascista nell'Alta Val d'Ossola. Perfezionò sul campo la sua preparazione come assistente sociale e, a capo di una équipe del Soccorso operaio svizzero, accettò la richiesta del sindaco di Rimini perché creasse una struttura baraccata capace di ospitare una scuola materna e un centro sociale. Nel 1946 fondò e a lungo diresse il villaggio del CEIS (Centro educativo italo-svizzero).

Pensiero «Ci fu un tempo in cui Margherita Zoebeli fu uno dei fuochi della pedagogia italiana» Disse Raffaele Laporta, pedagogo che la incontrò a Rimini anni dopo l’inizio della sua attività nel CEIS. Il metodo utilizzato dalla Zoebeli era quello dell’”educazione attiva”, consistente nel ritenere il soggetto come protagonista attivo del suo sviluppo e delle sue azioni. Non si trattava di fornire delle linee guida da seguire, bensì di stimolare il bambino a ritrovare le sue potenzialità per divenire in essere. Come Ungaretti con la sua poesia si propone di portare alla luce il porto sepolto, il mondo nascosto, inabissato e inesplorato della poesia, guidando indirettamente il lettore in un viaggio introspettivo alla ricerca del mistero dell’essere umano, così Margherita vuole portare alla luce e guidare il bambino alla ricerca del suo sé, così da condurlo al suo pieno sviluppo, senza esserne direttamente plasmatrice ma moderatrice. Margherita preserva in questo modo la dignità umana anche dei più piccoli, riservandogli il diritto e il privilegio di essere accompagnati in un percorso di riscoperta interiore delle proprie abilità e non di modifica e costruzione soggettiva derivante dal pensiero e dall’essere in quanto tale di lei stessa. Così facendo la Zoebeli si pone non solo ad esaltatrice e promotrice dell’individualità strettamente personale di ogni bambino, ma anche come sostenitrice e affiancatrice rispettosa della loro soggettività e autonomia.

Questi ultimi punti costituiscono il nodo focale attorno a cui ruota la missione ultima del servizio sociale, ossia quella di promuovere e sostenere l’emancipazione e l’autonomia, dignitosa al massimo, di ogni individuo, senza per nulla andare ad intaccare quelle che sono le caratteristiche strettamente individuali e personali di ognuno di loro. Ad oggi si può dire che il servizio sociale poggi la costruzione dei suoi principi sull’eredità lasciata da Margherita, che costituisce un punto fondamentale da cui partire per la messa in atto dei vari interventi. Opportuno è quindi definire il servizio sociale come una vera e propria arte di accompagnamento e sostegno all’individualità e al pieno sviluppo della collettività. L’azione di Margherita poggiava infatti sulla concezione preliminare dell’uomo in quanto dotato di infinite potenzialità, capace di libertà e di autonomia, in grado di compiere scelte consapevoli e creative, di assumersi responsabilità e di prendersi cura degli altri e in grado di dominare le leggi della natura attraverso studi e attività che esprimono il suo infinito potere di ricerca, portando quindi l’operatore a rispettare la complessità collettiva del suo essere, affiancandolo silenziosamente e in maniera per lo più invisibile durante il suo percorso di empowerment. Il bambino tuttavia non veniva addestrato dalla Zoebeli, in modo strumentale, all’individualismo competitivo. Il suo insegnamento si basava infatti sulla volontà di affiancarne la crescita e lo sviluppo individuale, nel rispetto della loro assoluta libertà e quindi all’insegna di una prospettiva futura di ulteriore rispetto reciproco. Guidare alla libertà dell’individuo non limita l’autonomia di un altro, ma indirizza il primo alla tolleranza e al rispetto in funzione degli insegnamenti ricevuti e delle cure esperite.

Il CEIS come espressione del suo pensiero Nel dicembre del ’45, giunge a Rimini Margherita Zoebeli, organizzatrice e direttrice dei lavori che, nel giro di pochi mesi, portano alla creazione di un vero e proprio villaggio, dotato di una scuola materna con 150 posti, di una Casa dei Ragazzi per 20 orfani civili e di guerra e di un Centro Socioassistenziale (con docce pubbliche, mensa, distribuzione di mobili, laboratori per cucire, lavanderia pubblica, ecc.). Costituisce uno dei pochi esempi, nel nostro paese, di scuola privata laica, dove si fa integrazione scolastica dei bambini in situazione di handicap anche grave e che, a partire da questi, promuove un’esperienza di scuola di qualità per tutti e per ciascuno alla luce dei principi di libertà, solidarietà e cooperazione. Una scuola, quindi, non autoritaria, che promuovesse l’autogoverno e dove si potesse stare in modo piacevole ed interessante. In definitiva, una scuola radicalmente diversa dal modello scolastico autoritario che caratterizzava la scuola del nostro paese appena uscito dalla dittatura fascista. Oltre che erogatore di preziosi servizi, il CEIS diviene rapidamente un polo di identificazione per genitori, studenti, educatori, operatori sociali, studiosi di scienze dell’educazione sensibili al

rinnovamento della scuola, ancora fortemente ancorata alla cultura dell’appena trascorso periodo fascista. Una particolarità del CEIS fondato da Margherita, fu quello di portare avanti la cura dell’educazione estetica dei bambini, associata alla dimensione del gioco. Con le attività di pittura, disegno e poesia Margherita Zoebeli cercava di far capire che se il bambino sa esprimere la propria creatività e sa muoversi liberamente con il proprio corpo, riuscirà più facilmente a manifestare il suo pensiero e le sue sensazioni a voce o per iscritto. Da qui, l’importanza dei gruppi di lavoro, delle attività manuali e creative. La denominazione “scuola attiva” richiama proprio il carattere educativo dell’attività. Il CEIS può ad oggi essere considerato come il luogo nel quale si snoda tutto il pensiero pedagogico di Margherita, la quale ha scelto di esplicarlo e concretizzarlo con la realizzazione di un piano di apprendimento rinnovato e completamente diverso da quello vigente al tempo del fascismo. L’apprendimento per la Zoebeli era ed è una questione molto delicata che deve essere affrontata nella consapevolezza che il bambino non è plasmabile secondo rigide regole di coerenza al sistema. Tuttavia ciò non significa che l’individuo deve essere lasciato libero di manifestare i propri pensieri in funzione dello Stream of Consciousness di cui parla Virginia Woolf, quindi così come questi compaiono nella mente prima di essere riorganizzati logicamente in frasi, ma è compito dell’insegnate quello di fornire una linea guida sulla base della quale il bambino possa strutturare dei pensieri logici, coerenti e basati sul principio di libertà, uguaglianza, sviluppo, autonomia e rispetto. Egli infatti non è un attore passivo nella relazione e nel processo di apprendimento/aiuto, ma ne deve essere il principale attore che si impegna attivamente, una volta consapevole delle proprie risorse, nel portare avanti, fase per fase, il proprio progetto personale del divenire. In questo progetto Margherita intende voler aiutare l’individuo a procedere verso il raggiungimento degli obiettivi, ma non si deve sostituire a lui, per permettergli di prendere le sue decisioni in libertà e con responsabilità. Ciò permette al bambino di svilupparsi appieno in tutta la sua creatività, così da non essere limitato su nessun piano e così da crescere nel rispetto di sé stesso in primis e altrui, non meno importante. Margherita Zoebeli, sulle orme di Alfred Adler, faceva leva sul diritto ineliminabile di ogni persona a essere tutelata nel suo bisogno di espressione e di creatività. Una libertà responsabile di trovare le proprie regole di condotta. Ciò che la scuola ad oggi dovrebbe riprendere dai preziosi insegnamenti di Margherita, dovrebbe essere la volontà di formare individui tutti diversi nell’esaltazione delle loro peculiarità. Oggi invece si tende a voler omologare un gruppo sulla base dell’appartenenza ad una società che detta delle linee guida intangibili e in linea retta, senza possibilità di deviazioni o strade alternative che lascino spazio alla libera creatività ed espressione di ognuno. La scuola attuale, partendo dalle cose più semplici, quali il far indossare la divisa scolastica rosa per le bambine e azzurra per i maschietti, limita gli individui imponendo una rigida adempienza alle norme, ai valori condivisi e non di meno agli stereotipi di genere.

Ciò non significa che i bambini dovrebbero essere lasciati liberi di comportarsi come meglio credono, ma il progetto di Margherita di realizzare una scuola in grado di fornire più punti di vista e più ideali dai quali partire per sviluppare la propria concezione del mondo, è assai lontana. La scelta attuale dell’omologare tutti i bambini sotto una stessa divisa, maschile e femminile, vuole essere un modo per evitare discriminazioni e per annullare le differenze che si creano fra di essi dal punto di vista del vestiario quotidiano. Credo sia importante invece sottolineare le differenze di ognuno di noi e renderle un punto di forza, non un motivo di discriminazione. Ciò sarebbe possibile solo istruendo i bambini sin da piccoli alla libertà, al rispetto dell’autonomia altrui e della soggettività che ci rende diversi e quindi unici e, nell’esaltazione di queste peculiarità, sarebbe fondamentale ideare un progetto comune, condiviso e, in quanto tale, funzionale a fornire delle linee guida personalizzate in base alle esigenze di ogni bambino, senza cadere nell’errore di rendere queste come un espediente per fare differenziazione. Lucia Biondelli, insegnante elementare di inglese presso il CEIS, ricorda le sue scuole medie passate con il grembiule nero, in una classe solo femminile, con un insegnante che le faceva scrivere “ellano”, al carducciano, invece che “loro”. Il CEIS rappresenta per lei la possibilità di creare una struttura diversa, fatta sì di baracche di legno, ma disposte in modo tale da creare l’idea di un villaggio e di una comunità, che accolga indistintamente bambini e adolescenti in difficoltà. La scelta di adottare un grembiule, azzurro sia per i maschi che per le femmine, è dettata non dalla volontà di riunirli sotto un unico aspetto rigido e formale, ma dalla necessità di rafforzare lo spirito di comunità e di utilizzarlo con il solo scopo di proteggerli dalle varie attività di pittura eccetera, previste nel villaggio. Ad ognuno di essi è dedicata un’attenzione individuale, perché ogni caso è diverso da un altro ed è bene non fossilizzarsi in preconcetti. I bambini crescono quindi liberi da pregiudizi, capaci di integrarsi ed integrare nel gruppo senza distinzioni e soprattutto senza pietismo o compassione per coloro che mostrano una disabilità, approcciando normalmente e considerando quest’ultima come una peculiarità che rende unici, non diversi, e dalla quale è possibile trarre degli arricchimenti personali. EduCare, due aspetti quindi di uno stesso significato. “Educ” sta per “education”, che in inglese viene per lo più riferito all’educazione scolastica; “Care” vuol dire “cura”, espressione utilizzata per indicare un interessamento solerte e premuroso, che impegna sia il nostro animo che la nostra attività. Ma l’aspetto fondamentale è quello di un percorso di sostegno e affiancamento attivo, per provvedere alle necessità e soprattutto alla conservazione dell’individuo, guardando quindi ad un futuro in cui questo possa esprimersi autonomamente e in piena libertà. Serena Ossino, 1844932 (STeSS)....


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