QUER Pasticciaccio Brutto PDF

Title QUER Pasticciaccio Brutto
Course Letteratura italiana
Institution Università della Calabria
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QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE VIA MERULANA – CARLO EMILIO GADDA. GADDA NON E’ UN NEOREALISTA. IL NEOREALISTA VUOLE SEMPLIFICARE IL LINGUAGGIO. PER GADDA IL LINGUAGGIO DEVE RESTARE COSI COM’E’ IN QUANTO LA COMPLESSITA’ DELLA PAROLA ARRICCHISCE LA REALTA’. GADDA DESCRIVE FINO AI PARTICOLARE, E’ UN IPER-REALISTA. LE SUE DESCRIZIONE FISICHE/ABBIGLIAMENTO SI RIFANNO AL CARATTERE , E DESCRIZIONI, DIALOGHI, SI RIFANNO ALLE GENERALITA’ DEL PERSONAGGIO (SE SI PARLA DI MENEGAZZI SI USERA’ IL DIALETTO VENEZIANO) CAPITOLO 1: Tutti lo chiamavano Don Ciccio comandante della polizia: era uno dei più giovani e invidiati funzionari della sezione investigativa di santo stefano del cacco a roma. Di statura media, piuttosto rotondo con i capelli neri e folti e di anni 35. Egli aveva un'aria un po’ assonnata e un fare un po’ tonto. La sua padrona di casa lo venerava per non dire che lo adorava. Per lei era . Nella sua saggezza e nella sua povertà molisana, il dottor Ingravallo che sembrava vivere di silenzio, nella sua saggezza interrompeva questo suo sonno per annunciare qualche sua idea. In un primo momento sembravano banalità ma non lo erano. (Ingravallo quindi, oltre che avere un carattere schivo e di poche parole, è un FILOSOFO, di fatti fa molte riflessioni di carattere teoretico/filosofico quando indaga sui fatti, oltre che avere una abilissima memoria. Per Ingravallo (e quindi per Gadda) i fatti non derivano da una sola causa, ma da una ROSA DI CAUSALI.) – (Fumi criticherà il “filosofare” di Ingravallo, di fatti egli afferma che ci vuole DEDIZIONE, MODERAZIONE CIVILE E POLSO FERMO, questa è una tipica affermazione MUSSOLINIANA/FASCISTA. Gadda però non è un fascista, ha semplicemente ottenuto la tessera di partito e scritto per quotidiani fascisti per “portare il pane a casa”. I nomi utilizzati sono NOMI PARLANTI, ad esempio INGRAVALLO è un nome ASPRO COME I MONTI DEL MOLISE, i suoi interrogatori sono brevi diretti e concisi, e a volte utilizza un linguaggio che nessuno capisce. FUMI invece è FUMOSO, uno che utilizza molte parole. Egli diceva . Era, disse la signora, (marito di Liliana Balducci). Qui Gadda fa una digressione sul nome. Si può notare infatti che REMO ELUTERIO sia un “doppio nome”; Remo che è il simbolo di Roma, ed Eluterio che è il simbolo della libertà, un nome che discende dal Dio Dioniso, che liberava l’uomo dalle proprie preoccupazioni. Questo (Il signor Balducci) viene criticato che abbia “due nomi”. Da qui emergerà la differenza nella descrizione dei coniugi; la dolce, con voce melodiosa e malinconica Liliana (immagine della donna modello del 1927), che per strada veniva guardata da tutti contrapposta alla figura di Remo, definito come caprone, rozzo, volgare, egoista e menefreghista (nel romanzo viene descritto come Mussolini. Gadda modifica il suo linguaggio nel parlare dei vari personaggi, per Liliana usa un linguaggio alto, riprendendo Petrarca. Per il 20 febbraio,domenica sant’eleuterio,la famiglia Balducci,lo aveva invitato a pranzo,i quali abitavano in via merulana 219. L'invito gli era stato fatto per telefono due giorni prima. >. Prima una voce melodiosa della signora e poi è subentrato il caprone,il calducci uomo. Il pranzo domenicale fu lieto. Parlarono di caccia: di battute e di cani e di fucili e dello scandalo della contessina che era scappata con un violinista polacco a soli 17 anni. Al suo entrare la

Lulù, la canina pechinese aveva abbaiato arrabbiata. Per poi successivamente fiutargli le scarpe. A tavola erano 4: Don Ciccio (che portò una bottiglia di olio per l’occasione, e questo veniva dal molise), i coniugi e la nipote. I coniugi Balducci vengono descritti dal punto di vista economico; Remo (Padre/Padrone/ uomo cacciatore sia come passatempo e che come donne (fascista) è un RAPPRESENTANTE, un COMMERCIALISTA, quasi sempre fuori casa. Liliana invece viene da una famiglia di imprenditori Romani che escono arricchiti dalla guerra (Ecco perché pesci cani). Il palazzo DEGLI ORI, viene definito cosi perché li le persone sono molto ricche. I balducci inoltre hanno delle NIPOTI (adottate – sono trovatelle – E Ingravallo se lo chiede come mai i Balducci abbiano sempre più nuove nipoti) perché non possono avere figli, a causa della sterilità di Liliana, questo da “un valido motivo” a Remo di poterla tradire, ma nonostante ciò Liliana non lo abbandona, perché fedele ai canoni ecclesiastici, però ne soffrirà moltissimo. Da qui si capisce come Liliana sia malinconica e come qualche volta sbuffi a tavola, si sente inadeguata in quanto non può aver figli. Il fare figli era un po’ come un dovere civico al tempo del fascismo, ecco perché accetta il tradimento. La nipote era una ragazzina che andava a scuola dalle monache. La domestica La chiamavano Tina (Assunta). Alla signora cadde un batuffolo di spinaci sulla tovaglia e di corsa chiamò Assuntina. Assuntina la guardò e a don Ciccio entrambe parevano estremamente belle.Il loro palazzo, dalla gente, veniva chiamato il palazzo dell'oro. C'erano 2 scale A e B con 6 piani e 12 inquilini, 2 per piano. Nella scala A al terzo piano vivevano i Balducci e di fronte una vedova molto ricca: la signora Menegazzi. Durante il pranzo Balducci aveva assunto, verso la Gina, un comportamento paterno, e lei rispondeva puntualmente . La signora Liliana guardava compiaciuta. Il dottor Ingravallo mangiò e bevve con misura, ma Di buon appetito e buon sorso. La contessa Menegazzi era una donna che vestiva in modo molto appariscente, vestito lungo tipo vestaglia sciatta e casalinga (vestito lungo e comodo) con lo smalto (residui), era una donna ricca fuori (donna pomposa), ma povera dentro, proprio l’inverso di Liliana. La signora Ingravallo di tanto in tanto si credeva sospirasse. Ingravallo notò che per 2 o 3 volte aveva detto "mah!". Chi dice mah, cuore contento non ha. Il dottor Ingravallo a quei sospiri aveva dedotto molti indizi, ovvero una disposizione attuale dell'anima. Ingravallo aveva intuito che non avevano figli. Lei però lo amava. Era stato il possibile padre di una prole sperata. Della fedeltà di lui non ne era neppure certa. Tutto questo il Dottor Ingravallo lo aveva in parte intuito, da qualche accenno del Balducci o dai dolcissimi momenti della tristezza di lei. Don Ciccio stava per bere il fondo dell’ultimo bicchiere di vino bianco (oro di fioscati – vino bianco come l’oro) quando le sue private opinioni lo portarono a considerare che una nipote in quelle condizioni non era una nipote ordinaria: che oggi vive dagli zii, poi se ne va, poi torna e poi riparte. Dietro quel nome > per Ingravallo ci doveva star nascosto un segreto. Ha pescato sta Gina, povera Ginetta! Ma prima della Ginetta c era la Virginia e prima ancora? Ogni anno una nuova nipote. E lui, il cacciatore, che ne pensava delle nipoti? A via Merulana 219, scala A 3 piano ci rifioriva la nipote. Il campanello trillò. La Lulù abbaiò. L'Assunta era andata ad aprire ed entrò in sala un giovane. Fu fatto sedere, era il dottor Giuliano Valdarena (Cugino di Liliana, questo è antipatico a Ingravallo; uomo giovane bello, elegante (non inelegante – detto con antipatia da Ingravallo – LITOTE, doppia negazione, figura molto usata nel romanzo) con un anello d’oro al dito – Questo romano giovane abita in una villetta nel quartiere di Prati – La villetta si chiama Architettura Umbertina per riprendere la figura del re Umberto. Ad ogni modo lui abita a via Nicotera, che era vicino al Tevere, ma non centrare a Roma come via merulana) spiegò il Balducci. Ingravallo non sapeva perché però gli sembrava che il giovane fosse uno di quelli che vogliono arrivare ai soldi a tutti i costi (Gadda era Geloso di Giuliano, oltre che per l’aspetto, ma anche perché il

Valdarena aveva molte donne, e inoltre lo detestava perché credeva che in realtà ci provasse con Liliana solo per avere ingenti somme di denaro, questo a Ingravallo, e quindi a Gadda, dà molto fastidio, perché sono cose negative nella società e della vita. Parlando di Gadda; lui era molto indeciso, anche quando andava al ristorante e ordinava una pietanza; la ordinava, ma se vedeva delle pietanze diverse ritornava sui suoi passi, inoltre, lui era un tipo molto preciso, se infatti invitava un amico e lui arrivava tardi era capace di non aprirgli la porta.). Ingravallo fu colto allora da un'idea strana, come avesse bevuto un veleno, gli venne l'idea che il cugino corteggiasse Liliana Balducci per avere favori in denaro. All'anulare destro il signorino portava un anello, forse un sigillo di famiglia. Gli sembrava a don Ciccio che tra il signorino e il Balducci ci fosse della freddezza. La signora Liliana era una desiderabile donna, riceveva omaggi, singoli o collettivi sguardi. Donna di timbro dolce e profondo: con una pelle stupenda, alle volte assorta in un suo sogno. Con bei capelli castani, vestiva in modo ammirevole. Aveva gli occhi ardenti e malinconici ma all’annuncio > gli sembrava all’Ingravallo che ella avesse arrossito.Liliana viene descritta con “occhi ardenti e soccorrevoli”, come la Madonna, e lei vede Giuliano come il figlio che non ha mai avuto. Ingravallo ne è geloso. Quando i due agenti gli dissero: > (14 marzo 1927) Don Ciccio non poté far a meno di chiedere . Intanto gli entrò nella stanza il capo dell’investigativa, > > disse Ingravallo e prese il suo cappello. I due agenti gli andarono dietro: errano Gaudenzio, noto alla malavita come “er Biondone”, e Pompeo detto invece “ Sgranfia”. In una ventina di minuti raggiunsero il civico 219 ovvero il palazzo dell’oro. Davanti al portone vi era una folla. Ingravallo si fece largo. Il portone socchiuso era guardato da un brigadiere di pubblica sicurezza del commissariato San Giovanni. La portinaia, Manuela Pettacchioni, lo aveva chiamato al soccorso. Il fattaccio era successo un’ora prima, poco dopo le dieci. Ingravallo, seguito dalla portinaia e dai due agenti salì al terzo piano, scala A, dove abitava la derubata. Si trattava di un furto, più precisamente di una rapina a domicilio, a mano armata. La signora Menegazzi, (contessa vedova veneziana) poco dopo lo spavento era svenuta. La signora Liliana si era a sua volta, Don Ciccio raccolse e verbalizzò quanto potè raccogliere; (la contessa) era stata derubata e aggredita da un uomo con volto scuro coperto da una sciarpa verde, il ladro le rubò i gioielli e il denaro che era contenuto nel portafoglio del suo defunto marito. Il ladro bussò prima a casa Balducci, ma l’unica donna presente era Liliana che non apri perché si stava facendo la doccia, cosi bussò alla Menegazzi spacciandosi per colui che riparava i termosifoni. Ad ogni modo Ingravallo, interroga gli stabili, e poi trova un biglietto di tram, marcato al Toraccio, una località del comune di Marino, inoltre si era notato un ragazzo che faceva da palo al rapinatore, uno che vestiva da garzone. Prima avevano suonato alla signora Liliana. Liliana, sola in casa non aveva aperto, si stava facendo il bagno. La donna di servizio, l’Assunta, era partita alcuni giorni prima per casa sua: aveva il padre malato. La Gina era a scuola dalle monache. Allora il malvivente aveva suonato alla Menegazzi. La Menegazzi entrò di nuovo in scena con il viso pallido. Don Ciccio accavallò il suo referto a quello della portinaia precisandolo. Al sentir suonare la Menegazzi aveva emesso il solito >. Poi aveva aperto. L’assassino era un giovane alto col berretto, in tuta grigia da meccanico, almeno così le sembrava, scuro in viso, con una sciarpa di lana verde-bruno. > >, fecero le due donne all’unisono. La Menegazzi, come tutte le donne sole in casa, trascorreva le ore in uno stato di angoscia o per lo meno di dubitosa e tormentata aspettativa. Ingravallo attribuiva un’anima, anzi un’anima porca a quel sistema di forze e di probabilità che circonda ogni creatura umana e che si suol chiamare destino. Risultò che il giovanotto, appena la signora Teresina Menegazzi sganciò la catenella ed aprì, si disse incaricato dall’amministrazione dello stabile, di una visita ai termosifoni. C’era

stata difatti, giorni prima, una questione dei termosifoni. Il meccanico non aveva con sé né borsa né niente: i ferri del caso per il momento non gli servivano. Si trattava di una semplice ispezione, lei era sicura che quel ragazzo l’avesse ipnotizzata. Ed aggiunse che in quel momento qualsiasi cosa il giovane le avesse chiesto o imposto lei lo avrebbe fatto. Così il meccanico potè fare il giro dell’appartamento. In camera da letto, adocchiati alcuni ori sul cassettone con una manata sola li aveva presi tutti. > gli aveva gridato la Menegazzi, > aveva risposto lui puntandole una pistola sulla faccia e le prese anche i soldi. Ma lei appena lo vide uscire andò subito verso la finestra, la aprì e gridò > poi si era sentita male e cadde. Il delinquente era stato audacemente rincorso. Dopo le grida della signora Menegazzi, i due Bottafavi di sopra, marito e moglie, erano usciti sulle scale in ciabatte gridando pure loro. > > > (i garzoni del salumiere). No non avevano visto nessun garzone dissero le donne. Eppure la signora Manuela lo aveva visto, che usciva di corsa dietro al ladro. La professoressa Bertola smentì la negativa dei Bottafavi: e corresse: stava rincasando, il mercoledì non aveva che un’ora, dalle otto alle nove. Stava per infilare il portone quando lo vide uscire, che quasi la investì. L’aveva perso di vista perché subito dopo vide uscire , il meccanico in tuta grigia. Un momento prima aveva sparato due colpi sulla scala che erano rintronati come due bombe. Don Ciccio salì per un altro breve sopraluogo dalla Menegazzi: Pompeo che era con lui gli andò dietro, Gaudenzio chiese e ricercò se vi fossero tracce, impronte dell’assassino. La signora Liliana apparve infine a sua volta, molto bella: ebbe delle buone parole per la Menegazzi, le offrì di ospitarla e confermò. Era nel bagno, non aveva potuto aprire, forse, nemmeno avrebbe aperto, una signora sola ha sempre un po’ di paura ad aprire. Domandò di nuovo alla vedova Menegazzi, se lei avesse magari qualche idea, qualche sospetto sul conto di qualcuno. Dell’assassino nessuna traccia. Un biglietto azzurrino, quasi appallottolato. Si chinò, lo raccattò e lo spiegò molto cautamente. > chiese don Ciccio alla Menegazzi > rispose lei. La sua camera da letto se la riordinava lei e nessuno vi entrava mai. Ingravallo era stato ad ascoltare a bocca aperta > > . Lo spavento, la le avevano confuso le idee. Aveva 49 anni anche se ne dimostrava 50. Finì esausta con il confermargli che il giovanotto, quel malvivente, aveva tolto la pistola di tasca e qualcosa gli era caduto, proprio lì dove aveva ritrovato il biglietto. Ingravallo adagiò il biglietto in un portafogli e cercò nuovamente la portiera. Risultò che nessun inquilino dello stabile aveva ricevuto ne doveva ricevere nulla quella mattina da nessun pizzicarolo. > fece Ingravallo. > fece la Pettacchioni. > > chiese lui >. Da qualche anno il commendatore Angeloni si era trasferito a via Merulana. Doveva essere un buongustaio a giudicare dai suoi pacchetti. E qualche volta glieli mandavano anche a casa ripeté la portiera. Il dottore Ingravallo tagliò corto furono invitate in questura Manuela la portiera e la signora Teresina Menegazzi per accoglierne ulteriori disposizioni, la seconda, soprattutto per sporgere denuncia del fatto. Il danno era piuttosto forte e si trattava di una rapina aggravata e per un valore alquanto rilevante di 30 mila lire. Il dottore Ingravallo tagliò corto furono invitate in questura. Manuela la portiera e la signora Teresina Menegazzi per accoglierne ulteriori disposizioni, la seconda, soprattutto per sporgere denuncia del fatto. Il danno era piuttosto forte e si trattava di una rapina aggravata e per un valore alquanto rilevante di 30 mila lire. Tra ori e preziosi e 4000 in denaro nel vecchio portafoglio. Il commentatore Angeloni di tenersi a disposizione della polizia. Tenersi a disposizione significò accompagnare don Ciccio. Il commendatore non si dava pace. Ad interrogarlo fu stesso Ingravallo. Momenti di vivacità e di ironia: scatti come

di impazienza. Egli sostenne di non saper nulla di quel fattorino. Alle volte gli avevano mandato a casa del prosciutto. Chi non poteva precisarlo, nemmeno lo ricordava. Comprava dove capitava per tutte le botteghe di Roma dove più gli conveniva. Alla portiera avevate detto una volta che comprate il prosciutto magro a via Panisperna. >. Si rivolse alla portinaia > . Ingravallo tirò un fiato >. Da qualche pallida indiscrezione cioè mezza parola dei due agenti sembra che la polizia sospettasse nel fatto un indiretta e involontaria responsabilità del commendatore Filippo Angeloni che viene condotto al commissariato ma non da grandi indizi in quanto non ricorda nulla e questo rende ancora piu grande il pasticcio. Era chiaro il rapinatore dai Balducci aveva suonato per sbaglio o forse per aver mal compreso indicazioni di terzi. Quindi aveva suonato alla porta di fronte, quella buona. Secondo il dottor Fumi, capo della squadra investigativa, il tipo aveva suonato dai Balducci per garantirsi che nessuno fosse in casa. La signora Liliana solitamente usciva a quell'ora verso le dieci. Assuntina era via, era al paese del padre. La Gina era dalle monache a scuola, il signor Balducci all' ufficio o in viaggio. Ingravallo si stupì di non sentire abbaiare la Lulù e chiese notizie. Il viso di Liliana sì attristò. È scomparsa da più di due settimane ormai. Era di sabato. Probabilmente qualcuno se l'era messa in tasca. Era con la Tina ai giardinetti che la portava a passeggio e invece di badare a lei c'era chi badava a loro. Don Ciccio l'indomani era di pessimo umore. Pioveva e tirava vento, gli ombrelli non ce la facevano. Il primo obiettivo della polizia soprattutto quello del dottor Ingravallo era quello di prendere l'assassino e di identificarlo >. Il tipo come lo aveva descritto la Menegazzi doveva essere un mascalzone di fuori, uno zotico. Mercoledì alle 9 il dottor Fumi sostò con l'occhio sulla generalità di una tizia fermata al Celio a Toraccio. Si trattava di Cionini Ines di anni 20 senza fissa dimora e di professione cucitrice di pantaloni. Il dottor Fumi scosse il capo: un ultimo sbadiglio e restituì la scheda all'agente. Due o tre fermi a casaccio. Prodigio del giorno = sintagma poetico

CAPITOLO 2 Quella mattina di giovedì (17 marzo) Ingravallo si può concedere una scappata a Marino. Si era portato dietro Gaudenzio poi però cambiò idea. Era una giornata meravigliosa una di quelle così splendidamente romane. Lui si era già messo in testa tutto un programma. A Marino nella grotta di Pippo ci stava un vino bianco malvagio di 40 anni nelle bottiglie. Faceva l'effetto del caffè sui suoi nervi molisani, un vino di classe. Il bigliettaio (Merlani Alfredo) escluse di aver visto un giovanotto in tuta ne celeste ne grigia ma confermò di aver visto un uomo con una specie di sciarpa verde, uno mai visto che però non sarebbe riuscito a riconoscere. Non lo conosceva affatto. Erano dunque le 11. Il dottor Ingravallo stava per salire sul tram all'angolo di via D'Azeglio. Erano le 11 del 17 marzo il dottor Ingravallo a via D'Azeglio aveva già un piede sul predellino sul tram. Quando il dottor Ingravallo si sentì chiamare. > > > > >

. Ingravallo stavolta non se la sentì. Dall'interrogatorio venne fuori l'argomento delle nipoti. Rivenne a galla anche la strana mania della vittima di volere a tutti I costi una figlia. il vedovo parlò dei titoli di credito che avevano. Liliana teneva la cassetta di sicurezza alla banca, l'agenzia numero 11 della Commerciale che faceva pure servizio di cassette con delle chiavi moderne: a Piazza Vittorio proprio di fronte al mercato. Poi però ne aveva un altro a Corso Umberto, alla banca del Santo Spirito. il vedovo raccontò che si erano fidanzati e si erano sposati in quella casa. Poi una volta marito e moglie, si volevano bene, si facevano compagnia tra di loro. Giuliano Valdarena aveva subito 3 interrogatori in un giorno. Valdarena e Balducci, cugino e marito, vennero messi a confronto il 19 mattina ovvero il giorno dopo che era sabato. Si guardarono in volto, si parlarono. Sembrava che si incontrassero dopo anni, avvicinati dal dolore, cercando l'uno sulla faccia dell'altro il motivo di tale orribile male, senza tuttavia incolpare l'altro. Giuliano sembrava inquieto a tratti. Don Lorenzo Corpi (confessore di Liliana, uomo grasso, dice a Liliana di avere pazienza e prude...


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