Ruolo DEL Fattore Family NEL Modello Della Corporate Governance (tesi Gianfriddo Valeria)-convertito PDF

Title Ruolo DEL Fattore Family NEL Modello Della Corporate Governance (tesi Gianfriddo Valeria)-convertito
Course Contabilità aziendale
Institution Università degli Studi di Foggia
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FOGGIA DIPARTIMENTO DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN ECONOMIA AZIENDALE

TESI DI LAUREA IN CORPORATE GOVERNANCE AND SOCIAL RESPONSIBILITY

Ruolo del fattore family nel modello della Corporate Governance

Relatore: Chiar.mo prof. Giuseppe Calabrese

Laureanda: Valeria Gianfriddo

________________________________________________________ ANNO ACCADEMICO 2019/2020

1

Le imprese nascono tutte con le famiglie. Si tratta, poi, di vedere quanto durano. Gianni Agnelli

2

INTRODUZIONE CAPITOLO 1 LA CORPORATE GOVERNANCE 3. 1

L’evoluzione storico-culturale della Corporate Governance

3. 2

Definizioni di Corporate Governance: concezione ristretta vs

concezione allargata 3. 3

Relazione tra Corporate Governance e strategia aziendale

3. 4

Il dibattito sul finalismo aziendale

3. 5

Creazione del valore economico vs creazione del valore socio-

economico, uno “sguardo” alle teorie 3.5.a. Shareholder model 3.5.b. Stakeholder model: approccio strumentale vs approccio eticonormativo 3. 6

L’azione di governo nella piccola media impresa e nella grande

corporation: la nascita della public company 3. 7

I modelli di Corporate Governance: evoluzione e differenze a livello

mondiale BIBLIOGRAFIA

CAPITOLO 2 L’IMPRESA FAMILIARE 2.1. La realtà imprenditoriale italiana e non 2. 2

Il rapporto tra impresa e famiglia

2. 3

La governance nell’impresa familiare

2. 4

Il passaggio generazionale: il ruolo del discendente

2. 5

L’influenza del Socioemotional Wealth nell’impresa familiare

3

2. 6

La Corporate Social Responsibility nell’impresa familiare 2.6.sub Corporate Social Responsibility e performance economica

2. 7

Valore della famiglia – valore d’impresa: filone funzionalista vs

filone istituzionalista 2. 8

Il difficile rapporto proprietà- famiglia- management: la figura del

“mediatore” BIBLIOGRAFIA

CAPITOLO 3 IL FAMILY BUSINESS NEL MONDO 3. 1

Il caso empirico

3. 2

Path dependence, l’influenza politico istituzionale sulla Corporate

Governance in Italia, U.S.A., Germania, India 3. 3

La rilevanza del gruppo d’impresa in Italia: il Gruppo Ferrero

3. 4

L’influenza dei valori della famiglia Ferrero sul bilancio economico

3. 5

L’impresa familiare e la globalizzazione 3.5.a. Il Family business negli U.S.A.: la multinazionale Walmart 3.5.b. Il Family business in Germania: Volskwagen 3.5.b.bis. Volkswagen e l’economia sociale tedesca 3.5.c. Il Family business in India: Tata BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA

CONCLUSIONI

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INTRODUZIONE Uno dei temi più affrontati nel campo dell’economia aziendale riguarda la Corporate Governance, in particolare l’influenza di quest’ultima sulla Performance aziendale. All’interno di questa ricerca molti studiosi hanno posto la loro attenzione sulla proprietà concentrata, tipica dell’impresa familiare, e di come essa influenzi il rendimento aziendale. Per tale ragione il tema delle imprese familiari suscita, da ormai vari anni, un sempre più interesse negli studiosi dell’ambito. Le famiglie imprenditoriali hanno un compito difficilissimo che merita molto rispetto. Spesso chi le critica non si rende conto di quanto sia difficile mantenere un equilibrio tra il bene della famiglia e il bene dell’impresa che in certi casi sono in antitesi, mentre in altri, più fortunati, viaggiano di pari passo. Sulla base ti tali premesse, l’obiettivo della discussione in esame è quello di capire se in media le imprese familiari del mondo, a prescindere dall’influenza politico-istituzionale del Paese nel quale hanno la sede principale, sono più performanti o no rispetto a quelle non familiari. Attraverso il paper si cercherà di conseguenza di comprendere quali sono i fattori che ne condizionano negativamente o positivamente la redditività. L’elaborato si compone di tre capitoli: si è scelto di utilizzare un approccio prettamente teorico-letterario per quanto riguarda l’elaborazione dei primi due. Nel terzo ed ultimo capitolo, invece, andrò ad analizzare e a confrontare i modelli di Corporate Governance di alcune family business operanti in diversi Paesi. In particolare il primo capitolo s’incentra sulle considerazioni introduttive “teoriche” al tema della Corporate Governance. L’attenzione verrà posta dapprima sull’evoluzione storico culturale del tema seguita dalle diverse

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definizioni assegnate da alcuni autori. Essa si sposterà sul rapporto tra Corporate Governance e strategia aziendale per mostrare come i problemi del governo societario influenzino la strategia e viceversa. A tal proposito, dopo aver dimostrato la relazione esistente tra i due concetti, prenderò spunto dalla tripartizione proposta da Zahra e Pearce, nel 1989, che ha costituito un riferimento costante nei successivi studi in materia. Le tripartizione comprendente una funzione strategica, una di supervisione e una di gestione ambientale, muoverà la focalizzazione su un tema molto importante, oggetto ancora oggi di discussione: il dibattito sul finalismo aziendale. A completamento di ciò analizzerò quindi i principali contributi teorici presenti in letteratura distinguendo tra teorie basate sulla creazione del valore economico e teorie basate sulla creazione del valore socioeconomico. Caratterizzando tali comportamenti le diverse tipologie d’impresa in termini di dimensione, il capitolo procederà con l’identificazione dei diversi modelli di governance tenendo conto anche dei fattori economico-sociali tipici della realtà nazionale. La prima parte del paper si concluderà

quindi con la descrizione dei fattori che

influenzano i differenti modelli di corporate governance a livello mondiale. Nel secondo capitolo, invece, affronterò il tema della governance in relazione all’impresa familiare. Dopo una breve rappresentazione del panorama imprenditoriale italiano basato soprattutto sull’impresa familiare in quanto ne vengono stimate all’incirca 784mila, ovvero l’85 % delle imprese italiane esistenti, l’elaborato affronterà la tematica della governo d’impresa in relazione alle imprese familiari italiane e non, in cui il governo spetta ai membri della famiglia che sono coinvolti nell’attività. Il capitolo descriverà quindi come il passaggio generazionale condiziona il

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controllo familiare d’impresa e la conseguente performance. A tal proposito discuterò riguardo l'influenza che il Socioemotional Wealth ha sull'attività d'impresa, concentrandomi su alcune dimensioni chiave (processi di management, scelte strategiche, governance organizzativa, relazione con gli stakeholder). Sarà interessante parlare di come il SEW condizioni i comportamenti delle imprese familiari e le principali caratteristiche

(rapporto

impresa-famiglia,

corporate

governance,

passaggio generazionale) che distinguono questa tipologia d'impresa dalle altre. In particolare verranno definite le dimensioni che lo compongono in quanto verrà mostrato che tale contributo suggerisce come per le imprese familiari sia decisamente importante preservare questo "patrimonio affettivo" nel tempo, e come questo diventi un punto di riferimento che la famiglia utilizza per prendere le più importanti decisioni riguardanti la gestione del business. Affronterò quindi il tema delle imprese familiari di fronte alla responsabilità sociale riferendomi in particolar modo al concetto di Social Responsibility nel capitalismo familiare. Il tutto partirà da una premessa circa l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate e si concluderà con delle brevi considerazioni sul futuro circa la responsabilità sociale dell’impresa familiare. In particolare la questione della strumentalizzazione da parte delle imprese familiari degli obiettivi non economici ai fini del perseguimento di quelli economici, condurrà l’argomentazione sul dibattito tra valore della famiglia e valore d’impresa. La seconda parte della tesi analizzerà quindi in maniera puntuale il rapporto proprietà, famiglia, management per poi concludersi con un tema di particolare importanza per il paper: la famiglia come punto d’incontro tra tradizione e innovazione.

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Infine il terzo ed ultimo capitolo riguarderà il caso empirico. In particolare esaminerò più esempi di Family Business in Italia, U.S.A., Germania e India, ponendo a confronto le diverse pratiche di Corporate Governance operanti rispettivamente nel Gruppo Ferrero, in Walmart, in Volskwagen e in Tata. Introdurrò il case-study con una descrizione prettamente teorica delle diverse pratiche sviluppatesi nel corso del tempo per poi procedere con l’analisi e il confronto dei casi sopracitati. Mi concentrerò dunque sull’influenza che il passato (path dependence), e in particolar modo i diversi sistemi giuridici dei Paesi in questione, hanno avuto sul modello di corporate governance prevalente, in particolare su quello dell’impresa familiare. Focalizzerò dapprima l’attenzione sull’esempio da me scelto per mostrare come l’impresa familiare possa riguardare non solo le imprese di piccoli dimensioni, ma anche quelle di medium-big size mediante il fenomeno del gruppo. Dopo una premessa teorica riguardante la finalità del gruppo d’impresa e il processo generazionale nei gruppi d’impresa in Italia, l’elaborato procederà con un excursus sulla storia del gruppo Ferrero, descrivendone il settore d’appartenenza e la struttura organizzativa che si è andata evolvendo nel tempo, accompagnandone l’espansione mondiale. Tale capitolo prenderà le mosse quindi dai vari approcci teorici occupandosi della descrizione riguardo la relazione tra visione del gruppo Ferrero e valore per gli stakeholder. Il “condividere valori per creare valore” ha consentito al Gruppo Ferrero di diventare non solo l’impresa con la miglior reputazione al mondo, ma anche di prendere parte al podio tra le aziende più redditizie. In particolare vi si rilevano nel gruppo Ferrero la volontà di soddisfare bisogni di appartenenza familiare e la necessità di preservare la continuità e la diffusione dei valori familiari attraverso l’impresa. Infatti, mediante uno studio puntuale dei casi sopracitati, procederò con un’approfondita discussione sulla conservazione dei valori 8

familiari mediante la successione e il conseguente incontro tra tradizione e innovazione per dimostrare come tutto ciò influenza positivamente la performance.

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CAPITOLO I LA CORPORATE GOVERNANCE

1.1. L’evoluzione storico-culturale della Corporate Governance La Corporate Governance rappresenta un tema di estremo interesse non solo per imprenditori, manager, studiosi ed economisti, ma altresì per tutto il mondo politico e l’opinione pubblica. La sua importanza deriva dalla natura interdisciplinare che lo caratterizza. Infatti, da un lato la Corporate Governance costituisce una delle leve fondamentali della competitività delle imprese attraverso il legame che si instaura tra governance e performance, dall’altro incide sull’accountability delle aziende, in quanto è dal modello di governance che dipende l’ampiezza delle responsabilità attribuite ai decisori aziendali e l’efficacia del controllo cui essi sono sottoposti. Performance e accountability sono due fattori chiave dell’attrattività delle imprese per gli investitori. Il dibattito sulla Corporate Governance è stato caratterizzato da un’elevata discontinuità, tanto che, a periodi di numerosi contributi, si alternavano periodi con poche pubblicazioni meritevoli di rilevanza. In particolare la nascita della Corporate Governance può sommariamente coincidere con la creazione della Compagnia Unita delle Indie Orientali (Vereenidge Ostindische Compagnie – V.O.C.). La V.O.C. nasce nel 1602 dalla fusione di sei compagnie locali,

ovvero

Amsterdam,

Delft, Enkhuizen,

Hoorn,

Middelburg e Rotterdam, ognuna delle quali aveva il compito di nominare i 17 Direttori che prendevano parte del Consiglio a cui era affidato il governo della Compagnia. In forza del legame nutrito nei confronti delle

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Compagnie locali, i governatori riuscivano ad avvantaggiarsi dell’acquisto anticipato delle merci. Questo conflitto d’interesse fu sanato nel 1623 stabilendo l’obbligo di effettuare l’acquisto solo per asta pubblica e alle stesse condizioni del mercato, e istituendo il Collegio dei Nove, un organo di controllo che ispezionava l’operato dei Direttori. La forma era simile alle attuali Società per Azioni con piena personalità giuridica: lo statuto garantiva il beneficio della responsabilità limitata ai soci e le azioni erano quotate nell’allora primaria Borsa di Amsterdam. In realtà, il vero dibattito sulla Corporate Governance si avvia con la nascita della public company statunitense nel XX secolo che porta alla 12 separazione tra proprietà e controllo causata dalla necessità di ricercare una figura specializzata che governasse l’impresa, ovvero il manager, per sopperire all’esigenza di frazionare il capitale tra una miriade di azionisti1. Si arriva, così, alla formulazione delle Teorie Manageriali negli anni Sessanta e all’esigenza di creare un meccanismo di tutela degli azionisti, il cosiddetto market for corporate control. Negli anni Settanta l’attenzione degli studiosi si sposta su tre temi importanti: a) l’introduzione dell’audit committee e del principio di indipendenza dei consiglieri; b) l’armonizzazione del diritto societario a livello comunitario2 ;

Adolf Berle e Gardiner Means (1932) realizzarono un’indagine empirica negli Stati Uniti sulla composizione dell’azionariato delle tre più grandi aziende: - la Pennsylvania Road nel settore ferroviario - la American Telephone &Telegraph co. nel settore dei servizi pubblici - la Steel co. nel settore industriale. Il risultato dello studio identificava un forte grado di dispersione della proprietà in quanto, solo in casi isolati il primo azionista deteneva un pacchetto significativo di azioni e in tal caso quasi sempre era un’altra società. 2 Nel 1972 venne elaborata la Quinta Direttiva che invitava le imprese degli Stati Membri ad abbandonare la struttura del Consiglio di Amministrazione ad un livello (unitary o one-tier board) per adottare la struttura a due livelli (two-tier board) tipica dell’esperienza tedesca e olandese. La proposta fu accolta negativamente, soprattutto dai britannici, eliminando l’idea di codeterminazione che vede la partecipazione diretta dei lavoratori nel governo economico. 1

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c) l’importanza crescente degli stakeholder. Ma è nel corso del decennio successivo che la discussione sulla corporate governance attirerà l’attenzione della classe politica e dell’opinione pubblica; infatti, durante gli anni Novanta, il collasso politico-economico dell’Unione Sovietica confermò la maggiore efficacia della libera iniziativa economica, con lo Stato che assume un ruolo di regolatore. Preso atto di ciò, i paesi industrializzati iniziarono a privatizzare e a liberalizzare le proprie economie nazionali, e in quest’ottica il dibattito sulla tipologia della struttura proprietaria che dovessero assumere le imprese trova due pareri contrastanti e opposti: da una parte chi è 16 favorevole all’azionariato diffuso tipico delle public company, dall’altro chi invece preferirebbe l’ingresso nell’assetto proprietario di pochi soggetti in grado di acquisire larga parte delle quote e di garantire la gestione efficiente dell’impresa. E a supporto di quest’ultima posizione vi è la grande criticità che assumono, durante questo decennio, gli investitori istituzionali, quali fondi di investimento e fondi pensione, nella struttura azionaria delle imprese quotate. Il risultato più immediato è l’influenza, e quindi di conseguenza un maggiore grado di controllo, che tale tipologia di shareholder è in grado di esercitare sugli organi responsabili del governo dell’impresa. Anche gli anni Novanta sono caratterizzati da fallimenti di imprese e illeciti commessi dal loro management, così che in Gran Bretagna viene formato un comitato con l’obiettivo di redigere un codice che indichi delle linee guida riguardo un efficiente governo di impresa. Tale codice, che prende il nome dal Presidente del comitato Adrian Cadbury, ancora una volta pone l’attenzione sull’importanza dei consiglieri indipendenti e dell’organo di audit al fine di controbilanciare il potere dei consiglieri esecutivi facenti parte del CdA. L’elaborazione di tale codice spingerà altre potenze

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industriali a riflettere sulla problematica del governo di impresa, favorendo la redazione di codici di best practices e la creazioni di comitati; in particolare

in

Italia,

nel

1999,

viene

redatto

il

Codice

di

autoregolamentazione delle società quotate. Tali codici tuttavia non impongono alle imprese determinati comportamenti e per questo vengono definiti di autodisciplina, avendo l’obiettivo di indurre il management ad evitare condotte opportunistiche e immorali a scapito degli azionisti che invece non sono coinvolti nell’attività decisionale dell’impresa. Proprio per tale motivo, come per il Codice Cadbury, il ruolo dei consiglieri esterni e indipendenti e del processo di auditing risulta essere di fondamentale importanza. All’inizio degli anni Duemila alcuni avvenimenti hanno colpito in maniera pesante i risparmiatori dovuti a pratiche illecite del management. Più grave del danno economico subito dai risparmiatori è però la perdita di fiducia da parte di essi, per cui, al fine di una maggiore tutela degli investitori che non prendono parte all’attività economica e decisionale dell’impresa sono state introdotte norme che attribuiscono più gravi responsabilità penali e civili nei confronti di chi commette tali tipologie di illeciti. Così nel 2002 negli USA viene emanato il SarbanesOxley Act, contenente informazioni riguardo la responsabilità del management e al ruolo svolto dal comitato di audit. In Italia invece, nel dicembre del 2005, è stata emanata quella che viene definita “Legge sul risparmio”, la quale introduce importanti novità in tema di governo di impresa e auditing, con l’obiettivo di tutelare i risparmiatori e di regolamentare maggiormente i mercati finanziari. Nel corso di un secolo la tematica della corporate governance ha assunto quindi sempre maggiore rilevanza per quanto concerne l’attività economica dell’impresa e i risvolti che essa ha sui suoi portatori di interesse, e tutt’ora il dibattito risulta essere molto attuale e delicate. 13

1.2. Definizioni di Corporate Governance: concezione ristretta vs concezione allargata La traduzione letterale di Corporate Governance può essere resa con “governo societario”, intendendo, in questo modo, ogni aspetto dell’agire imprenditoriale. Per comprendere meglio il significato che questa espressione ha assunto occorre calare il termine nella sua dimensione culturale, vale a dire nell’ambito del dibattito che ha impegnato e tutt’ora impegna giuristi, legislatori ed economisti, anche nazionali. Nonostante non vi sia ancora ad oggi una definizione condivisa di Corporate Governance, nella tabella di seguito si riportano alcuni significativi contributi in materia.

Autori

Definizioni di Corporate Governance

Coda V. (1997), Trasparenza informativa e La Corporate Governance si riferisce correttezza

gestionale:

contenuti

condizioni di contesto

e all’insieme dei caratteri di struttura e funzionamento degli organi di g...


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