Title | Scheda analitica bell hooks Elogio del margine |
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Course | Arte contemporanea e promozione del territorio |
Institution | Università degli Studi di Genova |
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Museo e decolonizzazione...
SCHEDA ANALITICA b. hOOKS, Elogio del margine, 1991. Gloria Jean Watkins (Hopkinsville,25 settembre 1952) è una scrittrice, attivista e femminista statunitense conosciuta con lo pseudonimo bell hooks. Il nome"bellhooks"derivada quello della madre e della nonna materna. Ella è nata in unazonadove la presenza afroamericana è molto forte anche se relegata “al di là della ferrovia”.
RIFLESSIONI
SU RAZZA E
SESSO (pp. 36 - 46) 1. La sovrapposizione dei discorsi sul sesso e sulla razza risale, negli USA, all’epoca dello schiavismo. All’interno diquestocontestoil corpo della donna nera è strumento in cui razzismo e discriminazione di genere si sovrappongono per fornireuna metafora del dominio coloniale bianco europeo. La dominazione, di cui lo stupro era uno strumento, era vista nell’ottica della castrazione e della perdita di virilità del maschio nero dominato. Stupro come castrazione simbolica(vienefattol’esempio
di un uomo bianco che fa dormire a terra la moglie per stuprare una nera). 2. Questa storia è stata sostituita, oggi, da una nuova narrazione, inventata dai bianchi, in cui il maschio nero ha un desiderio incontrollato di stuprare la donna bianca. Il maschio nero si sente legittimatoastuprarela donna bianca per capovolgere la situazione di dominio. In queste senso viene “costruito”. 3. La conseguenza è chemaschio bianco e nero, oppresso e oppressore, condividono la stessa credenza patriarcale: dominio politico costruito sulla base del dominio sessuale. (In Anima in ghiaccio, di Cleaver, laviolenza sessuale è uno strumento con cui i maschi potevano esprimere la loro rabbia rispetto ad altre forme di dominio). Questo è l’esempio lampante con cui si esprime la lotta di liberazione nera con la riconquista della maschilità. 4. Il sessismo come mediazione con il dominio razziale = maschi bianchi e maschi neri condividono le credenze sui
ruoli sessuali e sull’importanza del dominio maschile. 5. L’autrice femminista Morgan, in un suo saggio, sostiene che tutti gli uomini condividano l’idea della mascolinità come potere espresso attraverso atti di terrorismo (comeades. lo stupro). Non indaga il sovrapporsi tra razzismo e sessismo, come la maggior parte delle femministe radicali. 6. Per bell hooks, razzismo e sessismo sono sistemi interconnessi di dominio. L’equazioneliberazione=virilità causa nelle femministe bianche la convinzione che la lotta contro il razzismo sia del tutto distinta dalla lotta contro il maschilismo, nelle femministe nere la convinzione di tradire i loro uomini se sostengono la lotta femminista. Bisogna respingere la sessualizzazione della liberazione. 7. Oggi viene riproposta questa narrazione. Il maschio nero che stupra la donnabiancaè proposto come problema di sicurezza sociale. Ciò porta alla repressione razziale. In realtà è più probabile che gli
stupri avvengano all’interno della stessa razza. 8. Il video Like a prayer di Madonna, nonostante gli intenti antirazzisti, secondo l’autrice perpetua l’immagine del maschio nero come stupratore. La donna bianca è vista come capace di iniziativa sessuale, indirizza la proprialibertàverso il maschio di colore,rompendo un tabù sessuale. Per mettere fine al dominio razzistabisogna superare il dominio sessuale interraziale. 9. Questo retroterra culturale ha plasmato la reazione dei media all’evento di uno stupro avvenuto in Central Park. Molti dicono che i colpevolidevono esserecastrati o uccisi. Nonostante si dicano traumatizzati dalla violenza,non vedono legami tra la violenza come controllo sociale e violenza come esercizio di controllo dei presunti colpevoli. 10. Le femministe nere hanno denunciato la naturasessista del crimine. E’ironicocheper darecentralità alla denunciadel sessismo nella comunità afroamericana sia stato necessario lo stupro di una
donna bianca, quando le femministe nere ne parlavano già da tempo. 11. Perché decidereseilcrimine è più razzista o più sessista? Come se le bianche si sentissero meglio quando le nere si allontanano dalle condizioni dei maschi neri. Le femministe nere possono occuparsi di entrambe le cose. 12. La vicenda di Central Park ha a che fare anche con il razzismo. È inverosimile che dei maschi neri cresciuti in questa società vedano la donna solo in quanto donna a prescindere dalla sua razza. In una società sessista, fondata sulla supremazia dei bianchi, il corpo delle donne bianche ha un valore superiore rispetto al corpo delledonne di colore.Se teniamo conto sia del genere sia dellarazza, si capiscecomei maschi di colore non abbiano alcun riconoscimento materiale e socialedelfattodipartecipare al patriarcato. Diventano vittime del patriarcato. 13. I maschi neri diventano vittime del patriarcato e capro espiatorio del male della società. Gli eventi di Central Park sono stati una
rappresentazione suicida della risposta alla dominazione razziale. 14. Conclusioni: per vivere in una società più giusta bisogna combattere sia contro il razzismo sia contro il sessismo e creare modelli di lotta femminista che tengano conto delle particolari condizioni dei neri. L'obiettivo principale è revisionare la maschilità per non identificarla più con la lotta di liberazione dei neri.
ELOGIO DEL MARGINE (pp. 62 - 73) 1. L'obiettivo dell'autrice è capire come creare pratiche culturalicontro-egemoniche: avere una prospettiva radicale da cui iniziare un processo di revisione. 2. Il linguaggio è un luogo di lotta, perché scegliere se stare dalla parte della mentalità colonizzatrice o perseverare nella resistenza al fianco degli oppressi caratterizza il nostro modo di parlare di questi temi e il linguaggio che scegliamo. 3. Parlare di spazio e posizione, per l'autrice, è connesso alla sua personale esperienza di vita. Per lei è difficileparlarne.
Eddie George disse chelavoce degli oppressi è una voce spezzata. Dietro questa voce rottac'èdeldolorechenessuno vuole ascoltare. Stuart Hall parla del bisognodiuna"politica dell'articolazione" . L'autrice ha lavorato per cambiare il suo modo di parlare per esprimere nelle sue parole un senso geografico, per esprimere anche da doveviene,nonsolodovesi trova. Ha affrontato il silenzio e l'incapacità di essere articolata. 4. La lingua è anche un luogo di lotta. Parlando di dominio si parla a chi domina. "La lingua che mi ha permesso di laurearmi ha l'odore dell'oppressore"maè
anche un luogo di scontro. "Siamo uniti nella lingua, viviamo nelle parole [...] gli oppressi lottano con la lingua [...] la lingua è un modo per prendere possesso di se stessi, per ricominciare e fare resistenza. " . L'autrice dichiara di utilizzare, nella scrittura del testo, non solo termini e linguaggi propri del contesto accademico, ma espressioni colloquiali della cultura e dello spazio privato da cui proviene. Parole colloquiali nel discorso
pubblico. Il privato è pubblico. Il privato è politico. 5. Nel libro Freedom charter è detto "la nostra lotta è anche una lotta dellamemoriacontrol'oblio". Nelle praticheculturali deineric'è la necessità di ricordare la sofferenza per trovare un mododitrasformare larealtà presente. Dare una nuova visione del vecchio per muovere verso una diversa forma di articolazione. Politicizzarela memoria perfar sì che la nostalgia non siafinea se stessa. 6. L'autrice parla della sua storia personale. Dalla piccola comunità si è trasferita nella città, dove la segregazione razziale non esisteva. Parla del concetto di "casa": cambia con la decolonizzazione. Casa è nessun luogo, perché prevalgono l'alienazione e lo straniamento. Casa è anche tante posizioni diverse ed è quello spazio che favorisceil cambiamento e nuove prospettive con cui vedere la realtà. Per hooks si parte dalla dispersione per creare un nuovo ordine mondiale che riveli cosa siamo e cosa possiamo diventare.
7. I neri di estrazione povera che arrivano all'Università(o in luoghi privilegiati) per non rinunciare alla propria identità devono creare spazi all'interno della cultura dominante: "La nostra presenza è un atto di rottura". Poiché in questo spazio altro rischiamo di essere soli, rischiamo addirittura di morire, è nostro compito creare nuovi spazi di apertura radicale: pratiche culturali che permettano di dare valore alle nostre esperienze e ai nostri valori passati (la vita in famiglia, la vita di un tempo). Questo spazio è il margine: "Là dovela profondità è assoluta" . Non è un luogo sicuro,ma ha bisogno di una comunità capace di far resistenza. 8. Stare nel margine significa appartenere al corpo generale pur essendo esterni. Dove abitava lei, un tempo, i binari erano ilsimbolo della marginalità: al di là dei binari vi erano strade, negozi, ristoranti, in cui i neri non potevano entrare. A loro era concesso andare oltre i binari solo per lavorare come
domestici, prostitute, ecc, ma non potevano viverci. 9. Vivendo all'estremità, gli oppressi hanno potuto comprendere sia il centro che il margine. Essi hanno sviluppato modi di vedere il mondo sconosciuti a granparte degli oppressori, che tengono conto sia del margine che del centro, comprendendo entrambi. La marginalità non è vista solo in senso negativo ma è un luogo di possibilità e resistenza da non abbandonare man mano che ci siavvicina al centro: la resistenza si nutre della marginalità. 10. Ai margini esiste un "contro-linguaggio" che dice no al colonizzatore. Non si deve negare che il margine sia stato e sia uno spazio di privazione, negazione e repressione, ma bisogna riconoscere che esso è anche un luogo di resistenza.Quando si parla del margine, in questo senso gli oppressi sono costretti al silenzio: all'Università i discorsi dell’autrice non furono accolti con favore, fu resa "altro"nello spazio del centro.
11. Per una pratica di resistenza è necessariorientrarenelmargine e parlare con le parole degli oppressi affermando la propria esistenza come soggetti. Il discorso sull'altro che viene fatto al centro è una maschera che nasconde vuoti e assenze. È un discorso che cancella, che "cosifica". Viene detto: "Non è necessario che sia tu a parlare, parlami solo del tuo dolore". Il colonizzatore si sente legittimato a parlare per il dominato e a costruire su dilui un discorso. 12. Bisogna parlare del margine non dal punto di vista del colonizzatore, che lo vede solo come un luogo di repressione, ma vederlo con i propri occhi. Parlare nel linguaggio della resistenza e cancellare le categorie colonizzato / colonizzatore. 13. Ci si può appropriare degli spazi in modo tale da trasformarli. L'appropriazione e l'uso dello spazio sono atti politici. Per parlare, l'autrice usa i vecchi termini della politica "marginalità, lotta, resistenza" che conservano un'eredità politica vecchia,
lavorando per dare loro nuovo significato. 14. Conclusioni: la costruzione di questo nuovo spazio è funzionale alla nostra trasformazione individuale e collettiva, perché in grado di affermare noi come soggetti e darci una posizione da cui poter articolare il mondo. Cosa può significare, traendo spunto da bell hooks, avere un approccio antropologico e non eurocentrico allo studio della società? Come suggerisce l’autrice di pensare il rapporto tra natura, cultura e società? Quali indicazioni di metodo o presupposti di ricerca si possono trarre dalla prospettiva di Bell hooks per un antropologo che fa inchiesta o indagine sulla società? Scheda analitica realizzata da Gabriele Turco e Rossella Valentino...