Segre - Avviamento all\'analisi del testo letterario (riassunto) PDF

Title Segre - Avviamento all\'analisi del testo letterario (riassunto)
Course Letteratura spagnola
Institution Università del Salento
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Avviamento all'analisi deltesto letterarioLetteratura Inglese Università di Pisa 51 pag.Document shared on docsityCesare Segre, Avviamento all’analisi del testo letterarioParte prima: l’analisi del testo letterarioLa comunicazioneLa letteratura è una forma di comunicazione. La inalità comunicativa è...


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Avviamento all'analisi del testo letterario Letteratura Inglese Università di Pisa 51 pag.

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Cesare Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario Parte prima: l’analisi del testo letterario La comunicazione La letteratura è una forma di comunicazione. La finalità comunicativa è già implicita nell’atto stesso di destinare una propria composizione scritta od orale ad un pubblico. Si noti che la comunicazione ha un valore molto più ampio che informazione: comprende anche elementi non informativi che si configurano come nozioni. La comunicazione letteraria si realizza secondo lo schema di Jakobson: il mittente invia un messaggio al destinatario. Per essere operante, il messaggio richiede in primo luogo il riferimento a un contesto (il referente); in secondo luogo esige un codice comune al mittente e al destinatario; infine un contatto tra il mittente e il destinatario, che consenta la comunicazione. Partendo da questo schema si possono definire le peculiarità della comunicazione letteraria: mittente e destinatario non sono compresenti (appartengono a tempi diversi); opera due diadi-> mittente-messaggio/messaggio-destinatario; il contatto è labile e affidato all’interesse del destinatario per il messaggio; il contesto è ignoto al destinatario; mancanza di elementi paralinguistici (intonazioni, gestualità, ecc…); differenza di codice tra mittente-destinatario; possibilità di rileggere/controllare il contenuto; non è possibile il feedback (il termine indica la possibilità per il destinatario di inviare informazioni verso l’emittente allo scopo di mettere meglio a punto l’emissione). Di fronte a queste difficoltà di comunicazione, vi sono vantaggi rispetto alla comunicazione dialogica. Mentre il controllo filologico permette di verificare la genuinità del messaggio, la possibilità di rileggere consente una comprensione più approfondita. Si badi però alla differenza tra comunicazione orale e fruizione per via di lettura: la fruizione auricolare è condizionata dallo speaker. Avviene nei tempi voluti da lui e fornisce un testo già interpretato. Ciò vale nel medioevo e ancora oggi per testi teatrali, per film, teleromanzi, ecc. L’autore: il mittente del messaggio-opera letteraria è detto autore. È artefice e garante della funzione comunicativa dell’opera. L’autore si è posto in un particolare rapporto con il o i destinatari dove essenziale è la confluenza di codici in un enunciato linguistico, l’opera. La parola autore viene a significare, più ancora che scrittore, promotore, garante e autorità. L’autore produce una nuova costruzione linguistica e ne garantisce la comunicazione. Anche se con varietà di prestigio, nella letteratura colta il nome dell’autore è in genere tramandato. Molti autori cercano di garantire la conservazione del proprio nome mediante firme interne. Nella letteratura a tradizione orale l’anonimato è molto più frequente, a parte il caso estremo dei canti popolari (chansons de geste). Indubbio il rapporto tra esecuzione orale e anonimato: mentre nella letteratura colta è il destinatario a cercare l’opera, qui è l’opera che cerca destinatari. Il lettore: l’autore può avere un destinatario esplicito (committente) o prediletto (musa reale o immaginaria). Il lettore standard non ha legami con l’autore, se non la volontà di accostarsi alla sua opera. Questo lettore si trova tra due poli: comprensione (comprendere i significati dell’opera, operazione critica) e variazione, abbandonandosi a sviluppi liberi. Il lettore che tende verso il polo della comprensione si atteggia nello stesso modo del critico. Una lettura totalmente “spensierata” sarebbe solo possibile se il lettore restasse sordo ai significati. Mentre l’autore è garante della costituzione semiotica del testo, il lettore è artefice e garante dell’azione semiotica dell’opera: con la lettura i significati testuali diventano significati in atto. Il testo costituisce quindi un

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diaframma segnico: prima di esso sta l’impegno dell’emittente, di tradurre significati in segni letterari; dopo di esso l’impegno del destinatario, di recuperare i significati racchiusi nei segni.

Autore e lettore implicito: si è formulata l’ipotesi che nei testi narrativi si possano individuare tratti precisi non dell’autore storico, ma dell’autore come si rivela nell’opera; un autore depurato dei suoi tratti reali, e caratterizzato a quelli che l’opera postula. Nello stesso modo può essere caratterizzato esattamente il tipo di lettore che l’opera implica, e dal quale i lettori reali differiscono a poco a poco. Il primo viene chiamato autore implicito, il secondo lettore implicito. Possiamo chiamare l’autore implicito destinatore, perché rappresenta quella parte dell’autore reale che ha foggiato il messaggio allo scopo di comunicarlo; il lettore implicito può essere definito il vero destinatario, proprio per le sue differenze dai lettori reali. L’autore implicito è presente in ogni testo letterario. Ma spesso l’autore reale cerca di permanere nel testo, in figura di narratore, e quasi testimone dei fatti. Anche questo narratore è stato spesso confuso con l’autore reale, del quale però è una stilizzazione volontaria e infedele. Va infine ricordata la frequente invenzione di un narratore fittizio, diverso dall’autore, a cui si finge che risalga la narrazione. Chiarificazioni possono venire dalla coppia enunciato/enunciazione, messa in valore da Benveniste: l’enunciazione è l’atto stesso di produrre un enunciato e non il testo dell’enunciato che è nostro oggetto. Il testo letterario è un enunciato (prodotto), che mantiene le tracce dell’enunciazione (atto)là dove il soggetto che vi parla (narratore) è sosia e portavoce del soggetto dell’enunciato (autore in quanto locutore). Le persone o voci: adottando le persone del verbo, l’emittente è IO, il destinatario è TU, l’oggetto della comunicazione è EGLI. Nella comunicazione letteraria i ruoli dell’emittente e del destinatario sono immutabili. Designando con EGLI l’oggetto della comunicazione, IO dà vita a una diegesi, a una narrazione: utilizzando il linguaggio l’uomo descrive gesti e situazioni ed enuncia anche il contenuto dei discorsi. Esiste una competenza narrativa grazie alla quale il destinatario comprende dal discorso dell’emittente di cosa egli stia parlando. Il mittente ha però anche un’altra possibilità, quella di ripetere i discorsi del personaggio-oggetto, e quelli dei suoi interlocutori. Abbiamo in questo caso una mimesi, una imitazione. Si può dire che mimesi equivale a teatro o rappresentazione analoga, diegesi a narrazione. Osservazioni utili per il nesso persona-tempo: solo all’IO è lecito alludere al presente perché EGLI, per il fatto stesso di essere narrato entra nel passato. All’interno del circuito comunicativo IO può solo appartenere a frasi ricolte dall’emittente al destinatario, o a frasi attribuite a terzi fatti oggetto di una narrazione in forma mimetica. Il ricorso ad IO e TU mimetici individua un ampio sottoinsieme di testi letterari. Fra essi hanno la parte dominante i testi teatrali, costituiti da discorsi e gesti. Questo tipo di comunicazione comprende anche testi non teatrali. Il caso più evidente è quello del romanzo epistolare in cui gli interlocutori non si scambiano battute ma lettere. L’ambito si allarga ulteriormente se teniamo di conto dei testi in cui non c’è l’alternanza di parlanti, ma c’è comunque un discorso attribuito ad un IO completamente diverso da quello dell’emittente; un IO con cui l’emittente prova ad indentificarsi. Lo scambio dialogico IO-TU non è possibile in forma pura, ecco allora inserirsi nei loro discorsi delle aree dedicate ad EGLI. Resta ferma, in questo caso, la natura mimetica del dialogo. Vi sono poi ragioni strutturali per cui parti diegetiche possono essere sovrapposte o saldate con quelle mimetiche. Caratterizza la diegesi il fatto che essa ha come destinatario il lettore o ascoltatore. La diegesi, nella forma più semplice, non

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ha bisogno di evidenziare la persona del narratore: il narratore è postulato dalla narrazione, può rimanere impersonale. Gli scrittori devo aver avvertito, dietro all’impersonalità di questi narratori, una sorta di inumanità. Le varie soluzioni si riportano tutte alla decisione di personalizzare la voce del narratore. Naturalmente la diegesi pura è impossibile: spesso la narrazione riporta discorsi pronunciati dai personaggi. Fondamentale è il fatto che in questo gruppo di testi l’IOTU dei personaggi è inserito all’interno di un EGLI diegetico, a differenza dai tipi mimetici in cui l’IO-TU può contenere degli EGLI. Mentre l’autore non ha contatto con il destinatario, il narratore questo contatto lo intrattiene. Qualunque personaggio narrato può a sua volta farsi narratore di altre vicende, riportare dialoghi dei personaggi da lui narrati, far narrare a sua volta altre vicende dai suoi personaggi, e così via. Un ultimo tipo di comunicazione è quello IO-IO: il destinatario, che è l’emittente stesso, conosce già il messaggio; comunicandolo a se stesso cerca di elevare il rango, introducendo nuovi codici, e lo rende in qualche modo nuovo. I codici sono di carattere formale, primo fra tutti il ritmo. In questo tipo di comunicazione abbiamo una mimesi della comunicazione IO-IO, in cui IO comunicato, come è l’emittente depurato e sublimato. Il punto di vista: la nozione punti di vista indica la necessità per il romanziere di dare l’illusione di un processo reale, inquadrando via via i fatti nella coscienza dell’uno e dell’altro personaggio, ed evitando la neutralità del cosiddetto narratore onnisciente, propria della narrazione classica e dell’epopea. Esistono vari tipi di narratore: omodiegetico, narratore presente come personaggio nella storia; intradiegetico, narratore che analizza gli avvenimenti dall’interno; extradiegetico, narratore che analizza gli avvenimenti dall’esterno; eterodiegetico, narratore assente nella storia; Distanza e prospettiva sono le due modalità essenziali della regolazione dell’informazione narrativa: la distanza può essere parzialmente ordinata sulla linea che va tra mimesi e diegesi, tra completezza e assenza di particolari. A un estremo il discorso diretto, all’altro il discorso narrativizzato. In mezzo il discorso indiretto. Più difficile è definire il concetto di prospettiva narrativa. Quello che è certo è che essa riguarda il rapporto tra la quantità di informazione attribuita a singoli personaggi e quella che il narratore riserva per sé. Todorov indica tre formule base: narratore > personaggio, il narratore mostra di sapere, dice di più di quanto dice o sa ogni personaggio; narratore = personaggio, il narratore sa e dice solo quanto di volta in volta sanno i personaggi; narratore < personaggio, il narratore sa e dice meno dei personaggi. Più articolato lo schema di Genette: con focalizzazione indica il luogo nella cui prospettiva la narrazione è condotta. Avrà dunque focalizzazione zero la narrazione in cui non si assume mai la prospettiva dei personaggi; sono invece a focalizzazione interna le narrazioni dove il fenomeno si riscontra. La focalizzazione interna può essere fissa quando tutto è visto da un solo personaggio; variabile quando più di un personaggio diventa focale; multipla quando lo stesso avvenimento è visto con gli occhi di più personaggi. Si parla poi di focalizzazione esterna quando i personaggi agiscono davanti al narratore senza che egli mostri mai di conoscerne pensieri e sentimenti. Da notare che la narrazione può essere progressiva; spesso i narratori presentano i loro personaggi dall’esterno, e poi lentamente si accostano ai loro pensieri e sentimenti. Molto importante è l’uso dei tempi verbali. Weinrich distingue tra tempi narrativi (imperfetto, passato remoto, trapassato prossimo e condizionale) e tempi

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commentativi (presente, passato prossimo e futuro), il cui alternarsi lungo il testo distingue le parti più diegetiche e quelle di commento e di descrizione; anche in rapporto con le persone verbali dato che IO (o TU) gestisce in genere i tempi commentativi, mentre EGLI i tempi narrativi.

Il testo Il testo assume un valore particolare nell’analisi letteraria. Nell’uso comune, testo deriva dal latino textus “tessuto”, sviluppa una metafora in cui le parole che costituiscono un’opera sono viste, dati i legami che le congiungono, come un tessuto. Il testo è visto come uno scritto, anche e può essere trasmesso oralmente, sicché testo può indicare il manoscritto o il volume a stampa di una data opera. Il testo è inoltre una successione di significati grafici. Questi significati grafici sono poi portatori di significati semantici. Una recente corrente linguistica, la linguistica testuale, ha proposto una diversa definizione di testo. Il testo è visto come un grande enunciato orale o scritto. La linguistica testuale cerca di individuare le regole in base alle quali noi siamo in grado di costruire enunciati coerenti e di giudicare la coerenza degli enunciati che ci vengono proposti da altri. Può essere utile indicare i tipi di procedimenti linguistici su cui la linguistica testuale si basa: il primo caso è quello dell’anafora, che viene indicata non sono dove c’è ripresa della stessa parola, ma quando la stessa persona od oggetto viene indicato con pronomi. Affine la ricorrenza, più ampio il concetto di coreferenza, cioè comunanza di referente per più parole, che non comprendono solo l’anafora ma anche la catafora, cioè l’anticipo delle forme sostitutive rispetto al sostantivo proprio, e l’uso di sinonimi e parafrasi. I fenomeni indicati possono essere definiti anche come casi di inclusione e implicazione. Secondo Mathesius ogni enunciato conterebbe in genere un tema, cioè una parte che si riferisce a enti e fatti già esposti in precedenza nel testo, e un rhema, che contiene le informazioni nuove a fornire le quali si destina l’enunciato. Il testo quindi può essere visto come una fenomenologia delle alternanze possibili tra temi e rhemi. Molto più esteso è il fenomeno della contiguità lessicale o semantica, costituito dalla ricorrenza delle stesse parole o di parole appartenenti allo stesso campo lessicale, oppure di tratti semantici presenti nei termini usati in un enunciato. La linguistica testuale cerca di individuare le proprietà che rendono un testo coerente: la coerenza è un fatto interno, rispetto a tutto ciò che costituisce altri testi. Notiamo che i testi orali sono fortemente connessi con la situazione. Il legame testo-contesto è indissolubile, e ciò impone una grande attenzione ai fatti pragmatici. Ciò che caratterizza il testo letterario è che esso istituisce una comunicazione sui generis. Emittente e destinatario non si trovano faccia a faccia nemmeno in senso figurativo e si può dire che la comunicazione avviene in due segmenti: emittentemessaggio; messaggio-destinatario. Le conseguenze principali di una comunicazione siffatta sono: l’emittente deve introiettare il contesto nel messaggio, facendo in modo che il messaggio sia autonomo; non è possibile feedback, cioè il destinatario non può chiedere chiarimenti all’emittente, influenzare il seguito della sua emissione; il testo permane in una sorta di potenzialità dopo l’emissione e prima della ricezione, ridotto a quella serie di segni grafici che costituisce il supporto dei suoi significati. Funzioni linguistiche: Jakobson chiama funzione poetica quella che caratterizza il testo letterario, anche se non è esclusiva. La funzione poetica consiste nell’orientarsi

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della lingua verso il messaggio per sé stesso, invece che verso il mittente (funzione emotiva) o il destinatario (funzione conativa). La scelta di un genere o sottogenere è stata determinate, al momento dell’emissione, per la forma del messaggio, e perciò anche per la sua coerenza. Ci sono connessioni strettissime tra scelta dell’argomento, del genere, dei mezzi stilistici e linguistici. La coerenza del testo è proprio la forma di questa connessione. Si deve ricordare che esistono generi più o meno chiusi e sono persino stati studiati i modi di trattare l’inizio e la conclusione delle composizioni. Tutto questo per mostrare che le esigenze di coerenza, evidenti nel discorso comune, sono diverse, più sottili e meno rigide nel testo letterario. Noterò da un lato che il testo letterario può essere apparentemente incoerente, dall’altro che un testo letterario è spesso una somma coerente di diverse coerenze. Può essere utile indicare i principali tipi di coerenza che nel testo letterario coesistono; Dolezel per esempio indica quattro livelli di coerenza, due semantici e due relativi alla testura: coerenza semantica a lunga portata; coerenza semantica a breve portata; coerenza discorsiva a lunga portata; coerenza discorsiva a breve portata. Macrotesto: vi sono dei casi in cui i testi con totale o parziale autonomia vengono raggruppati in un testo più ampio, un macrotesto. La struttura: in letteratura si potrà chiamare struttura uno schema metrico o strofico, la distribuzione della materia in canti o capitoli, ecc. Queste strutture vengono spesso curate dagli autori. È pure un fatto di struttura la divisione di commedie e tragedie in atti e scene, in numero quasi sempre fisso. Ed è ancora un fatto di struttura la distribuzione di parti prosastiche e parti in versi. È pure una struttura quella degli schemi metrici: tanto più ricca di simmetrie, parallelismi e opposizioni quanto più complesso lo schema. Presa un’opera come un tutto, considereremo come sistema l’insieme dei suoi elementi e dei loro rapporti a prescindere dall’uso particolare che nel testo ne viene fatto, e come struttura lo stesso insieme considerato nei rapporti latenti che ai cuoi elementi conferisce la disposizione loro imposta nel testo. Isotopia: insieme di categorie semantiche ridondanti che rendono possibile la lettura uniforme di una storia. Quando parliamo di elementi del testo, possiamo alludere tanto a elementi del significante quando ad elementi del significato. Qualunque analisi del testo deve avere il punto di partenza nel fatto che il testo è costituito da una successione di significanti grafici o monemi, formati da gruppi di grafemi. È questa successione che sviluppa poi i significati. Ma se con Saussure viene fatto di trattare il testo come una costruzione a due livelli, significante e significato, può anche essere utile considerare ulteriori stratificazioni per entrambi i livelli, tenendo conto della varietà di analisi attuabile sia su quello significante sia su quello significato. Uno dei promotori di questa sistemazione è Ingarden: tutta la sua opera è ordinata secondo questi strati, che a suo avviso compongono l’opera letteraria: quelli delle formazioni linguistiche vocali, delle unità del significato, delle oggettività raffigurate, degli aspetti schematizzati. Questa suddivisione dell’opera letteraria in livelli è stata accolta dagli studiosi delle più varie tendenze. Si sono indicati e si indicano questi livelli: fonologico, morfologico, lessicale, sintattico, enunciativo, semantico, simbolico. I livelli morfologico, fonologico, lessicale e sintattico appartengono al discorso, i livelli enunciativo, semantico, simbolico appartengono ai contenuti del discorso. I livelli rimangono classi di carattere grammaticale (fonemi, morfemi, ecc…) o semico; entro queste classi si possono individuare isotopie, in cui si riflettono già le forze di organizzazione concettuale.

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Espressione e contenuto: per il rapporto tra significanti e significati nel discorso, è utile la descrizione data da Hjelmslev. Si tratta di un modello a quattro piani: forma/sostanza dell’espressione; forma/sostanza del contenuto. Questo modello è di stampo saussuriano: espressione=significante; contenuto=significato. Espressione e contenuto sono funtivi della funzione segnica. Poiché, data una manifestazione, la f...


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