Vaghezza PDF

Title Vaghezza
Course Semiotica
Institution Università per Stranieri di Siena
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Pensieri sulla vaghezza nel corso della storia della semiotica...


Description

Per Bühler la vaghezza è positiva perchè oltre a essere una caratteristica della lingua essa rappresenta anche il presupposto per la sua creatività. Buhler infatti lega la vaghezza a questioni di tipo situazionale e dialogico: ogni atto del parlare funziona attraverso rappresentazioni artistiche che lasciano spazio all’indeterminatezza dei termini. La gestione della vaghezza rientra quindi nell’ambito del “conferimento di senso a un termine”. Dire che la vaghezza è il presupposto per la creatività linguistica significa dire che senza di essa la lingua verrebbe privata della sua capacitá di adattamento alla ricchezza di ciò che richiede in concreto una formulazione linguistica, cioè operare attraverso simboli plurivochi che comportanto relativi aggiustamenti dei significati e che permettono quindi alla comunicazione di essere svolta al meglio, senza troppi sforzi. Anche per De Mauro il significato di un termine è calcolabile solo all’interno di un contesto situazionale. La lingua vive proprio grazie alla molteplicitá di significati che un termine può veicolare. La vaghezza investe quindi il pianto semantico ma anche il piano pragmatico, cioè la dimensione a cui vengono affidate ai parlanti tutte le possibile determinazioni. Da questo punto di vista, la vaghezza si lega anche all’arbitrarietà. La pluratità di significati attribuili a un segno viene messa in relazione con la creatività espressiva che a sua volta è legata alla creatività detta segnica: la possibilità di realizzare un segno un numero infinito di volte è detta creatività espressiva, mentre la capacità di produrre, data una lingua, un numero infinito di segni è detta creatività segnica. Secondo De Mauro dunque la vaghezza è condizione del segno e investe si significato che significante, questo perché i segni sono plastici, cioè semanticamente plurideterminabili. L’indeterminatezza semantica diviene addirittura caratteristica in virtù della quale una lingua può parlare di tutto. Per Pierce la vaghezza è negativa. Anche se la riconosce come proprietà specifica ineliminabile della lingua, per Pierce essa non rappresenta un vantaggio. Tuttavia, fu il primo a dare una vera e propria definizione di preposizione vaga. La preposizione vaga è una preposizione per cui anche in presenza di termini vaghi, la comunicazione è possibile. Una preposizione è vaga quando è intrinsecamente incerto stabilire se ció che il parlante asserisce sia classificabile come vero o falso. Il fatto che sia “intrinsecamente incerto” è causa dell’indeterminatezza delle abitudini linguistica del parlante. Per Black la vaghezza è positiva. Essa è una proprietà distintiva della semiosi verbale; si rifà dunque alle teorie di Russell per cui la vaghezza è legata al linguaggio naturale. Black è il primo a parlare di vaghezza in termini positivi. Tuttavia è necessario distinguere questa proprietà da altre due consimili: la genericitá e l’ambiguità. Per genericità s’intente l’attribuzione di uno stesso significato a molteplici oggetti, per ambiguità l’attribuzione di più significati a una sola forma fonica. Caratteristica del termine vago e indeterminato è invece quella di non presentare significati diversi. Tuttavia, è necessario distinguere l’indeterminatezza dell’uso di un termine dall’indeterminatezza del termine stesso. Per Lewis il problema della vaghezza di affaccia quando egli tocca il problema della convenzionalità. Per Lewis infatti una lingua è è un’attivitá che si caratterizza per l’uso che i parlanti di una data comuncità fanno di essa. È quindi legata alla questione pragmatica, al suo uso e proprio perchè la convenzionalitá è legata all’uso di una lingua, la vaghezza è una proprietà che a molto a che fare con essa. Per Prieto la vaghezza è legata all’incertezza data dall’emittente al ricevente nella comunicazione. L’incertezza del ricevente deriva dal non sapere quale influenze vuole esercitare su di lui l’emittente e siccome la natura del segno è quella di essere portatore di significato, esso necessita di essere interpretato: la comprensione fra i parlanti si realizzerà quando il ricevente riuscirà a diminuire la sua incertezza, interpretando il

segnale. Comunque il ricevente tra due interpretazioni sceglierà sempre quella che gli permette di ridurre maggiormente la sua incertezza e tra due che glielo permettono in uguale maniera sceglierà sempre la più economica, cioè la meno precisa. La situazione di incertezza si riduce grazie al ricorso alle circostanze. Per Wittgenstein la vaghezza fa delle preposizioni ordinarie, ma non punta ad sua eliminazione; tuttavia inizialmente la vede come un ostacolo alla determinatezza delle preposizioni e alla loro analisi. Comunque rimangono frequenti le situazioni in cui la dimensione contestuale o l’intenzione del parlante non riescono a eliminare completamente l’indeterminatezza. Successivamente, nel Tractatus, Witt. comincia a parlare di nozioni di “uso”, che oltre a essere legato all’uso della grammatica comincia a essere presente anche nelle relazioni fra linguaggio e mondo. È l’applicazione, l’uso, che chiarisce quanto resta di inespresso nei segni. Nel 1932, Witt. comincia a parlare di somiglianze di famiglia, cioè espressioni che richiamano concetti vaghi, non caratterizzate da proprietá ben definite ma che possono funzionare anche con approssimazione e incertezza. Questo concetto apre molto spazio alla vaghezza semantica che caratterizza il lessico: colloca la vaghezza sulla dimensione pragmatica, asserendo che le parole assumono i significati che noi diamo a esse mediante spiegazioni. L’incapacità di circoscrivere in modo netto quindi le nostre idee è dovuta al fatto che una definizione reale di essere non esiste. Significa che il mutare delle esigenze espressive determina l’insorgere di sempre nuovi giochi linguistici. Questo fa capire come sia cambiata la concezione di Witt.; la vaghezza alla fine assume infatti le forme di disponibilità all’innovazione e alla creazione linguistica. La pervasività della vaghezza: Un tentativo di sistemazione teorica della vaghezza è la teoria dei propotipi di Eleonor Rosch. Significa che la classificazione delle classi di oggetti è organizzata per prototipi, che corrispondo ai membri più rappresentativi di una data categoria. La categorizzazione tuttavia non è gerarchica ma tiene conto di fattori psicologici. I modelli cognitivi sono legati infatti a esperienze corporee e sociali dell’individuo che motivano il contenuto. Nella categorizzazione dunque il ruolo degli utenti è cruciale. Per gli umani si può propriamente parlare di aire semiotico, un contesto in cui continuamente essi negoziano sensi e segni. Gli utenti agiscono sul piano sintattico del codice realizzano i significati dei segni; sul piano semantico creano sensi che spiegano il significati dei segni; sul piano pragmatico stabiliscono le relazioni semiotiche tra essi in base al loro uso. Quindi la sola presenza degli utenti contribuirebbe a rendere vago e indeterminato la semiosi verbale. Il ruolo dell’arbitrarietà e della non-non creatività: Proprio perchè il linguaggio verbale è basato su un’arbitrarietà radicale esso ci appare intriso di vaghezza. La possibilitá di dilatare i significati così come quella di creare sempre parole nuove lascia ampio spazio all’indeterminatezza. Le lingue storico-naturali nascono infatti dall’azione indiscriminata dei parlanti su una massa indeterminata. L’indeterminatezza diventa fonte delle vaghezza, che diventa una proprietà della lingua ed essendo una proprietà essa investe tanto il significante quanto il significato. Il segno intrinsecamente vago è condizione anche per la non-non creatività della lingua. Con nonnon creatività si fa riferimento alla possibilità che una lingua ha di generare infinite frasi e regole, che possono sostituire le vecchie fino a modificare la lingua stessa. Ma le forme di una lingua sono sempre manipolabili grazie al loro essere vaghe. Sul pianto pragmatico la vaghezza segnica assume due forme: quella di vaghezza pragmatica, che fa riferimento al contesto d’uso, quando essa genera forme che veicolano sensi non attesi all’interno di un atto semiotico e l’incertezza d’uso (o incertezza pragmatica), quando realizza forme incerte per le quali non esiste all’interno del codice una regola condivisa dai parlanti. L’incertezza pragmatica rappresenta una modalità

essenziale della vaghezza, che permette la vita stessa di un dato codice verbale. Indeterminatezza, ambiguità e precisione: Alcuni studiosi scambiano la vaghezza con l’indeterminatezza. L’indeterminatezza è la condizione di possibilità di ciascun codice, mentre la vaghezza investe il segno. Spesso la vaghezza viene anche scambiata con l’ambiguità (lessicale, sintettica e semantica) soprattutto in ambito semantico perchè si tende a guardare la vaghezza come un fenomeno relativo solo al piano del significato. Infatti chi si occupa di ambiguità, spesso valuta la vaghezza con negatività, asserendo che se a un termine ambiguo possano essere attribuiti più significati, ad un termine vago il significato si può attribuire solo in maniera approssimata. In generale: La vaghezza si è rivelata una proprietà, intrinsecamente legata alla lingua, molto utile dal punto di vista comunicativo perchè permette agli utenti di esprimersi in modo economico e preciso, senza dover ricorrere a particolari strategie. Quando valutiamo le competenze linguistico-comunicative del parlante, ci troviamo necessariamente a fare in conti con le forme della vaghezza, perché essa investe i segni nella loro interezza e scaturisce proprio dall’impossibilità di dare delle definizioni “reali” ai sensi veicolari dai segni che gli utenti cercano di esprimere. La sola presenza degli utenti e della discriminazione linguistica che essi compiono sul piano pragmatico di una lingua (il suo uso in veri contesti) quindi contribuirebbe a rendere indeterminato e vago il linguaggio verbale. Nel corso dei secoli la vaghezza é sempre stata vista come un ostacolo da eliminare i da aggirare. Nel tardo Ottocento e all’inizio del Novecento si sono delineate varie ipotesi sul concetto di vaghezza: c’é chi supera le concezioni di Frege, considerando la vaghezza un difetto del linguaggio verbale; chi si rifà alle teorie di Russell, che considera la vaghezza come caratteristica del linguaggio, ma non da eliminare; chi considera la vaghezza come espressione d’ignoranza dovuta ai limiti della conoscenza; chi la classifica tra i problemi non linguistici, attribuendo la vaghezza non tanto al linguaggio ma piuttosto agli oggetti sensibili (sarebbe dunque la vaghezza dell’oggetto descritto a rendere vago il linguaggio); chi sostiene la teoria del “terzo valore di verità” asserendo che le preposizioni contenenti termini vaghi non possano dirsi né vere né false; chi sostiene la logica fuzzy, cioé che alle preposizioni contenenti termini vaghi sia possibile attribuire uno spettro di valori intermedi compresi tra 0 e 1, dove 0 significa completamente farlo e 1 completamente vero...


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