William Wilson è un racconto di Edgar Allan Poe PDF

Title William Wilson è un racconto di Edgar Allan Poe
Author Federico Sereni
Course Didattica speciale
Institution Università degli Studi Roma Tre
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William Wilson

William Wilson è un racconto di Edgar Allan Poe. Fu pubblicato per la prima volta a

Filadelfia nel 1839. L’argomento principale su cui è fondato il testo è la conflittualità e l’ambivalenza dell’ animo umano. L’autore, in tutto il racconto, si occupa a mettere bene in risalto l’ossessione che il protagonista prova per il suo alter ego. Tormento che, da una parte, crea sentimenti e riflessioni di profonda ammirazione, ma dall’altra contribuisce allo sviluppo di una vera e propria ansia di persecuzione, che spinge il protagonista a volersi liberare del suo “avversario”. Il narratore non è affidabile poiché non ha autostima, dimostra subito la sua incertezza nel dire le cose: “ lasciate che io mi chiami , per il momento, William Wilson”. Il brano è scritto in prima persona ed è una scelta appropriata per questo genere di testo, proprio per far capire meglio al lettore l’ambivalenza dell’uomo, poiché se fosse stato scritto in terza persona non avrebbe reso l’idea di un concetto tanto complicato come quello della “doppia personalità”. Il modo in cui vengono descritti i luoghi assume la funzione sia di specchio che di simbolo. La prima contiene sentimenti e stati d’animo, rimandando ad una corrispondenza emotiva con un luogo. La seconda esprime idee universali condivise riguardo ad un luogo. La funzione di specchio è sottolineata molto quando viene descritta la scuola: per Wilson era vista quasi come un carcere. Anche quella di simbolo è molto frequente soprattutto nella presentazione della casa e della scuola: “la casa era antica e di costruzione irregolare. Le terre attorno , erano ampie”. Il brano inizia con la descrizione della scuola in cui Wilson studia. Era un edificio vastissimo, visto da lui però come un carcere: aveva una chiesa grandissima con vasti archi, erano presenti dei luoghi riservati agli insegnanti che incutevano terrore

agli alunni ed infine c’era il dormitorio per gli studenti. Qui, William trascorreva la maggior parte della sua vita molto serenamente, ammirato molto dai suoi compagni poiché aveva molta inventiva nel creare scherzi di cattivo gusto. Tutti rispettavano le sue decisioni: era un vero e proprio leader. L’unico che non si sottometteva ai suoi ordini, però , era il suo “vice” , che osava spesso contraddire ciò che il protagonista esprimeva. “ Egli era uso, con i gesti e con le parole, mediante un eccezionale potere d’imitazione , a contraffare ogni mio modo d’agire”. E’ proprio in questo momento del racconto che si rivela l’odio tra i due: uguali in tutto, l’unica cosa che li distingueva era la voce, forte ed imponente per il “vero” Wilson, bassa e profonda per il suo alter ego. Il suo “altro sé” , visto e percepito solo da lui, appare contento e divertito ogni qualvolta riusciva nell’intento di ridicolizzarlo e umiliarlo. Più il tempo passava, più la situazione per il protagonista diventava insostenibile ed inaccettabile, al punto da portarlo a rifugiarsi, di volta in volta, in luoghi e paesi diversi, rincorrendo così l’ingannevole possibilità di liberarsi definitivamente dalla sua “metà”. L’alter ego risuonava e si materializzava ovunque Wilson andasse, smascherandolo e umiliandolo in ogni circostanza con determinazione. Nonostante tutto, William fu invaso dalla nuova speranza di riuscire a liberarsi da quello stato di “ schiavitù psicologica” grazie alla sua nuova e apparente sicurezza. Nell’occasione di una festa di carnevale svolta a Roma nel 1918, si arrivò alla resa dei conti: William Wilson, scovato e raggiunto anche in questa circostanza, decide di affrontare una volta per tutte il suo rivale. In un breve duello il protagonista si infuriò con potenza sul suo alter ego, colpendolo ripetutamente fino a sfinirlo. Guardandosi al gigantesco

specchio comparso all’improvviso nella stanza, si accorse di essersi autonomamente fatto danno. “Tu hai vinto” egli disse, “ ed io credo. Ma anche tu, fin da questo istante, sei morto.. morto al mondo, al cielo, alla speranza. Tu esistevi in me.. ed ora.. Ora che sono morto ,guarda in questa mia spoglia, che è la tua, guarda come hai definitivamente assassinato te stesso”. Interessante è la scelta dell’autore di rappresentare il culmine della storia sullo sfondo di una festa in maschera che diventa il simbolo della “finzione scenica”. Il tema dell’ amore-ossessione per se , fa da ponte tra il testo di W.W e il mito di narciso. Nel primo, il protagonista nutre ammirazione e attrazione nei confronti del suo alter ego, che viene vissuto nello stesso tempo come un entità “minacciosa”, che scatena in lui sentimenti di rabbia , dispetto e frustrazione. Nel mito di Ovidio, Narciso viene descritto follemente innamorato della sua immagine rispecchiata nell’acqua, attrazione anche in questo caso esasperata, che provoca in lui una forte ammirazione ed intenso desiderio, per la quale sarebbe disposto a morire....


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